Nei nostri paesi si sente ancora raccontare di quando, per la festa del paese o per le elezioni imminenti, di qualunque genere esse fossero, salivano in processione, anche nei paesi più sperduti i candidati per parlare con le popolazioni, per sentire i loro problemi. Ognuno di loro aveva nel paese una base di appoggio, qualcuno che lo accompagnava e pubblicamente si faceva carico dei problemi della collettività. Con le nuove leggi elettorali tutto questo è da tempo terminato. Così oltre che abitare in territori marginali abbiamo anche la difficoltà che non c’è più rappresentanza, non c’è più alcuna necessità per i candidati di arrampicarsi in paesini con pochi abitanti, né tantomeno di candidare qualche rappresentane dell’area. L’Uncem del Piemonte (Unione Nazionale Comuni ed Enti Montani), sempre più preoccupata da quello strano rapporto che si è venuto a creare tra i consiglieri regionali del territorio e popolazione, ha constatato che le residenze confermano drammatici scompensi tra città e tra zone urbane e rurali. Se la democrazia è anche rappresentanza, allora viene da dire che per i territori montani la democrazia è a rischio. Andiamo a vedere che cosa dice l’Uncem al proposito.
A Torino risiedono 21 Consiglieri regionali, uno ogni 43mila abitanti. Dieci Consiglieri hanno la residenza in provincia, uno ogni 139mila persone. A Cuneo, in città, risiedono invece cinque Consiglieri, uno ogni 11mila abitanti; tre Consiglieri in provincia, uno ogni 178mila. Già questi scarni dati confermano i grandi scompensi tra eletti ed elettori sul territorio, causati dall'attuale sistema elettorale regionale. "Siamo rimasti impressionati anche noi - spiega il presidente Lido Riba - dall'analisi delle residenze degli attuali Consiglieri regionali. Perché le differenze sono evidenti, eccessive. Discrepanze che minano la democrazia, la rappresentanza, la possibilità dei cittadini di sapere chi viene eletto e a chi fare riferimento, per poter monitorare l'attività e suggerire proposte per il loro territorio, nell'interesse dell'intero Piemonte". Le conseguenze dell'attuale legge elettorale regionale - che l'Assemblea di via Alfieri dovrà modificare nei prossimi mesi - non sono meno drammatiche del “Porcellum” nazionale, penalizzando pesantemente alcune aree del Piemonte e favorendone altre. In primo luogo Torino città, ma non solo. Alessandria non ha neppure un consigliere regionale residente in città, ma ne ha 3 (uno ogni 115mila abitanti) che vivono in provincia. Forte scompenso anche a Biella: in città è residente un Consigliere regionale (per 45mila abitanti) e anche in provincia vive un Consigliere, anche se i residenti sono tre volte tanti, oltre 140mila. La situazione diventa peggiore a Novara, dove in città (105mila abitanti) risiedono 3 Consiglieri regionali, uno ogni 35mila persone; in provincia, risiede un solo Consigliere ma i residenti sono ben 266mila! Più equilibrio, ma comunque numeri da correggere, a Verbania (un Consigliere residente nella città che conta 31mila abitanti e tre in provincia, uno ogni 44mila), a Vercelli (un Consigliere residente in città dove vivono 47mila persone e tre in provincia, uno ogni 44mila abitanti). La situazione migliore, di equilibrio, ad Asti: un Consigliere residente nella città (76mila abitanti) e due in provincia (uno ogni 72mila).
Ma come rimediare a questi vuoti di rappresentanza? L'Uncem rafforza la sua azione: "I Comuni hanno già depositato in Consiglio regionale la proposta di legge elettorale regionale che cambia radicalmente e riequilibra questi numeri - prosegue il presidente Riba - istituisce 50 circoscrizioni uninominali da 75mila abitanti in media, che eleggono ciascuna un Consigliere regionale. Solo così ogni porzione omogenea del territorio piemontese può essere adeguatamente e certamente rappresentata in Consiglio. Alcune legislature fa, Asti è stata addirittura priva di Consiglieri. Non deve succedere". Molti Comuni stanno continuando a dare il parere positivo alla proposta di legge. "Non può essere a rischio la democrazia - spiegano i primi cittadini di Alpette, Ostana, Pomaretto, Canosio, Druogno, primi firmatari e autori del testo – e oggi è senz'altro in crisi. E pensare che le altre proposte di legge in discussione in Consiglio mirano a modificare il meno possibile l'attuale legge elettorale. Sembra assurdo, ma la logica rientra nella volontà di conservare la ‘specie’, o meglio, il posto. Non ci stiamo e chiediamo a tutti i Comuni di aderire a quella che molti hanno già chiamato ‘rivoluzione’. Crediamo non sia corretto definirla così. Si tratta semplicemente di un sistema equo, che riorganizza democraticamente la rappresentanza, toglie privilegi, riduce le spese delle campagne elettorali e dà al territorio la certezza di una voce. Gli amministratori, gli imprenditori, i rappresentanti delle associazioni locali, tutti i cittadini devono avere nelle istituzioni riferimenti chiari, riconoscibili, con i quali parlare e confrontarsi per il bene della collettività. Oggi non è così e, numeri alla mano, si può veramente parlare di una lobby della città capoluogo di regione, trasversale ai partiti e alle coalizioni, che muove le scelte e le indirizza a vantaggio delle aree urbane, a svantaggio di quelle a domanda debole, come le pianure votate all'agricoltura e la montagna".
Come si fa a far crescere una classe dirigente territoriale in queste condizioni? Come si concilia tutto questo con lo Statuto della Regione Piemonte che in un suo specifico articolato parla di sviluppo regionale per aree di “vocazione”?
Come Chambra d’oc, associazione che lavora sui territori di montagna delle Provincie di Cuneo e di Torino a favore delle popolazioni di minoranza linguistica occitana, non possiamo che essere d’accordo con la proposta dell’Uncem. D'altronde il nostro Presidente, Giacomo Lombardo, che è Sindaco di Ostana, è tra i primi firmatari della proposta. Invitiamo pertanto i Comuni a sostenere questa proposta, a farla loro, a credere che sia possibile cambiare il futuro della montagna.
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