Mari di grano
Questa poesia è quasi un testamento. I mari di grano che Varujan descrive qui crescevano, in fatti, in una nazione che egli sa prossima al martiri – ricordiamo che aveva Il Canto del Pane in tasca quando fu deportato e ucciso - una nazione quindi più simile al “capretto” soffocato dal grano, che al grano stesso che cresceva libero. Eppure benedice il grano, e nella sua benedizione dà il suo consenso al martirio. Come il capretto nella poesia, e come quello morto al posto di Isacco, egli muore in nome del Pane del domani. Siobhan Nash-Marshall
Passano i venti –
ed i miei grani dolcemente si risvegliano;
per le loro vene scorre un fremito immenso.
Giù dai fianchi verdeggianti del colle
passano i mari.
Passano venti –
e straripa, tanto s’infuria, il turgido campo
che morirà soffocato il capretto che vi pascola.
Per il grembo della valle odeggiante
passano mari.
Passano venti –
e si squarcia, si ricuce splendido
il manto sventolante del grano.
In mezzo all’ombra, tra le faville di luce
Passano mari.
Passano venti –
sotto le spighe, dove la luna ha stillato
il latte della sua anfora, ondeggiano i chicchi.
Dalle aie fino al villaggio, dal villaggio al mulino
passano mari.
Passano i venti –
e vibra di smeraldi il prato infinito.
Canta il passero spra una spiga dondolante
mentre sotto di lui, del grano infuriato
passano i mari,
passano i venti,
passano i venti
Papaveri
Dalla collaborazione dell’uomo con la terra e con gli animali Dio fa nascere la vita: il grano. Non contento di ciò, Egli fa crescere in mezzo ai campi del pane di domani l’amore di oggi – il papavero scarlatto – in cui si rispecchia e si arricchisce il nostro rapportocon il pane stesso: “nelle loro coppe purpuree / berremo il mistero delle spighe”. “E dalla sua bontà abbiamo tutti ricevuto, grazia su grazia”, dice San Paolo. Siobhan Nash-Marshall
Cogli, sorella, questi papaveri nel recinto –
sanguinanti come cuori innamorati.
Nelle loro coppe di cristallo
berremo l’onda del sole.
Tanto divampano di fiamme
che il loro incendio brucia i campi sterminati.
Nelle loro coppe di fuoco
berremo le scintille del sole.
Cogli, sorella, come la quaglia nascosta
tra i grani che dolcemente vezzeggiano.
Nelle loro coppe scarlatte
berremo il sangue dei solchi.
Chini sui nidi delle allodole
fluttuano i grappoli di raggi rossi.
Nelle loro coppe rubino
berremo la promessa della primavera.
Cogli, sorella, non i papaveri, ma la fiamma;
avvolgi nel loro incendio il tuo grembiule verginale.
Nelle loro coppe delicate
berremo i fuochi di giugno.
Fiori sbocciati sulle tue tenere labbra,
conversano con il grano vibrante.
Nelle loro coppe purpuree
berremo il mistero delle spighe.
Coglili, sorella, perché di essi c’incoroneremo
per la gioiosa festa di domani, al villaggio.
E in queste coppe, danzando,
berremo il vino dell’Amore.
commenta