In questi ultimi tempi c’è stata un’accelerazione da parte di tutti gli enti nella richiesta di invio on line della documentazione relativa a pratiche di vario tipo, per ognuna un suo procedimento e una difficoltà di apprendimento. E fin qui pazienza, i tempi cambiano, andiamo verso una modernizzazione telematica con la quale gente della mia età tribola a tenere il passo. D’altronde anche mia nonna, quando è scesa giù da Elva, ha tribolato ad abituarsi ad alcune cose allora definite moderne, che al suo paese natio non aveva mai posseduto.
Quello che è tuttavia intollerabile è che la modernizzazione on line venga definita come un assunto assoluto e eguale per tutti ancor prima che vengano messi a punto i normali procedimenti di funzione della struttura.
Questo argomento ben riassume la reale difficoltà di incontro tra paese immaginario e paese reale. Il paese immaginario è quello che i politici ci descrivono e con il quale quotidianamente si confrontano per fare le leggi, i decreti, le circolari attuative e quant’altro; il paese reale è quello dei territori ed il divario tra i due è sempre più grande, è il gioco di due parti che non si incontrano mai. Da lungo tempo la politica ha smesso di ascoltare i territori, soprattutto se marginali.
Un ricordo nitido della mia infanzia è quello dei politici appartenenti a tutti i colori e a tutti i partiti che salivano ad Elva e venivano a dialogare con la gente, arrivavano sulla piazza di Elva, stringevano mani e ascoltavano i problemi che la gente gli poneva. Non mitizzo nulla, non erano molto diversi nelle loro ambizioni più profonde e inconfessate dai politici di oggi, ma tuttavia il sistema elettorale li obbligava in qualche modo a confrontarsi. Esisteva un equilibrio tra quanto imponevano le segreterie dei partiti e il contatto con il territorio.
L’Uncem rende visibile questo scollamento attraverso un questionario sul “Digital divide” rivolto ai Comuni della montagna piemontese. I dati che arrivano sono negativi, risultano gravi mancanze nei territori, anche per linee telefoniche.
“Le linee telefoniche fisse e mobili, non funzionanti, o con carenze gravi sono il principale problema da risolvere nelle aree montane del Piemonte. Questo, unito alla difficoltà di vedere i canali Rai e Mediaset sul digitale terrestre e a navigare su internet a velocità decenti, ci porta verso uno studio di un’azione efficace contro gli operatori nazionali del settore delle telecomuicazioni che hanno abbandonato le “zone a fallimento di mercato” per rivolgersi solo alle “remunerative aree urbane”.
Sono 553 i Comuni montani e in questa azione legale annunciata dall’UNCEM potrebbero unirsi altre regioni alpine.
I comuni, i professionisti, gli operatori di settore sono obbligati a usare internet per lavoro, ma la loro attività è fortemente penalizzata dalla lenta connessione e così si trovano a pagare per un servizio che non hanno. Dalle risposte al questionario il 90% considera la velocità di navigazione in internet più bassa di quella pagata e il 95% vorrebbe navigare a velocità più elevate. Sempre il 90% vorrebbe la fibra ottica e il 92% una copertura wi.fi gratuita nei luoghi pubblici del proprio Comune.
Penso che i 553 Comuni del Piemonte dovrebbero creativamente inventarsi uno sciopero. Smettono di inviare alla Prefettura e ai vari uffici burocratici le pratiche che gli vengono richieste. Mandano solo le pratiche utili, quelle che se non inviate danneggerebbero il territorio. Le altre si stampano in cartaceo, si caricano su un carro trainato da un cavallo di Merens e si portano direttamente a piedi nei luoghi deputati.
Forse anche la montagna deve inventarsi un sistema creativo per protestare.
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