Era chiamata "terra dei mastri ramai". Nelle strade vibrava il suono dei martelli che lavoravano i manufatti, il cui baluginio arricchiva di luci le vie. Paioli, caldaie per il latte, sigelle, imbuti e contenitori prendevano forma sotto gli abili colpi degli artigiani.
Questa la rustica atmosfera che caratterizzava Alpette, paese all'imbocco della valle Orco, culla di cultura francoprovenzale. Terra di ramai grazie alle cinque miniere presenti nell'area, da cui veniva
estratto il metallo, poi trasportato nelle diverse fucine, dove, dopo la fusione, cominciava a essere lavorato sotto la forza del maglio. Da qui, con i carri trainati dai buoi, arrivava nelle botteghe, in cui i "Pigmalioni" alpettesi lo modellavano. Pezzi informi diventavano, grazie alla loro maestria, opere pregiate, come le caffettiere di Balaccio, create dalla famiglia Sandretto, il cui laboratorio si trovava in località Getta.
Getta.
Nel Novecento, poi, il richiamo della città industrializzata e le grandi fabbriche, come Fiat, Pininfarina e Bertone, depauperarono questa terra: i mastri ramai emigrarono a Torino, in cerca di occupazione come carrozzieri.
Dal 1983, però, si cerca di riportare indietro le lancette del tempo e far rinascere quell'arte: su iniziativa del Comune e grazie all'appoggio della Regione, della Provincia e della Comunità Montana Valli Orco e Soana, sono stati organizzati corsi annuali per la lavorazione a mano del rame, secondo tecniche antichissime. Ma non solo. La cultura, la storia e le radici di Alpette rivivono grazie all'Ecomuseo del Rame, del Lavoro e della Resistenza, in cui sono esposti più di 800 pezzi: oggetti in rame risalenti alla fine del 1800 e attrezzi per la lavorazione del metallo e della terra.
Il museo, nato su iniziativa del Comune e con il contributo della Provincia di Torino, si inserisce nel circuito degli Ecomusei provinciali, è certificato Herity e aderisce al “progetto Cultura Materiale”, che mira alla creazione di una rete ecomuseale costruita sotto l'egida della conoscenza e della coscienza identitaria di una comunità rispetto alla realtà territoriale in cui è nata e in cui si è sviluppata.
All'interno della struttura, però, vi è anche una raccolta di fotografie e documenti del periodo della Resistenza. Segni di quella lotta partigiana, di quella ribellione antifascista e di quel desiderio di
libertà concretizzatosi anche sulle pendici delle montagne della Valle Orco. Afflato radicale custodito con rispetto dall'attivissima sezione locale dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
Storia, passi, vite e battaglie ai piedi del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Passeggiate in luoghi incantati tra betulle, borgate, castagni e pascoli: cima Mares, monte Soglio e Mon Soffietto, per citare le più suggestive.
Ma ad Alpette anche le stelle sembrano più vicine. E così in questo altopiano panoramico sembra quasi di poter toccare il cielo grazie al Polo Astronomico "Don Giovanni Capace": un osservatorio con una cupola di 5,5 metri, il cui telescopio principale è dotato di un riflettore Ritchey-Chretien di una potenza tale da scorgere gli astri più deboli del pianeta Plutone, e un planetario, inaugurato nel 2010 e promosso dall'amministrazione del sindaco Silvio Varetto nell'ambito di un più ampio progetto di sviluppo turistico, che permette di studiare il cielo e i suoi fenomeni proiettandoli sulla cupola. Un'iniziativa, questa, che ha lo scopo di far avvicinare soprattutto i ragazzi all'astronomia attraverso visite, incontri, seminari e star party.
Cielo e terra, passi e stelle, passato e presente risuonano in quelle strade, in quei prati, in quei boschi in una concatenazione vitale che salda, come i mastri ramai un tempo, il cammino di chi li attraversa.
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