Nel conflitto che oppone il governo spagnolo agli indipendentisti di Catalogna, il famoso musicista catalano ha abbracciato la causa dei separatisti e ci spiega il perché.
Sarah Halifa-Legrand Pubblicato il 04 ottobre 2017
Che cosa avvertite oggi di fronte alla grave crisi attraversata dalla Catalogna?
Sono dispiaciuto. Domenica scorsa, Madrid ci ha riportati di quarant’anni indietro. Penso che la reazione in generale abbia provocato una grave rottura tra il governo spagnolo e la Catalogna. Vi assicuro che la Catalogna non sarà mai più come prima. Possiamo presentare tutti gli argomenti al mondo contro il referendum illegale ma trascinare a terra donne anziane, trattare dei cittadini senza difesa con una tale violenza è assolutamente ingiustificabile.
Questa dimostrazione di violenza marca l’incapacità totale del governo spagnolo ad accettare la differenza, ad accettare che si possa sentire l’appartenenza ad un’altra cultura. Lo stato Spagnolo nega la realtà. Si rifiuta di riconoscere il problema. Ignora il tutto. Non parla con i Catalani. Parla esclusivamente al resto degli Spagnoli.
Il governa indipendentista avrà anche lui la sua parte di responsabilità in questa escalation?
Entrambe le parti hanno responsabilità. Ma cosa si può fare quando l’interlocutore con cui si deve negoziare rifiuta ostinatamente la discussione? Il presidente catalano e il sindaco di Barcellona hanno mandato una lettera al Sig. Rajoy per chiederle un incontro; ma non hanno mai avuto risposta. Come risolvere il problema? Rajoy non ha mai cercato una soluzione politica; ha esclusivamente cercato soluzioni giudiziarie. La sua unica risposta è stata appellarsi alla legge. Se avessimo sempre dovuto rispettare le leggi, gli schiavi sarebbero ancora schiavi, le donne non potrebbero votare e i lavoratori non avrebbero diritti. Le leggi non sono sempre giuste, di conseguenza le società le hanno fatto evolvere per adattarle. Non ci si può invocare la legge come qualcosa di inamovibile.
Come si spiega che il governo spagnolo si rifiuta ad ogni forma di dialogo?
Il Presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy rimane sulla linea dell’ideologia franchista che confidava nella costruzione di una Spagna "una, grande y libre" ("una, grande et indipendente"). Ed è quello che ci ha portati ad una guerra civile. Ed era già in nome a questo principio che aveva contestato davanti al Tribunale costituzionale il nuovo statuto della Catalogna che allargava la sua autonomia, "l'Estatut", che però era stato approvato dai Catalani per referendum e accettato dal parlamento della Catalogna, dal Congresso dei Deputati e dagli Corts, nel 2006. Si trattava solo di un’attualizzazione dello statuto di autonomia che la costituzione del 1978 aveva già riconosciuto.
Nel 2006, i Catalani non chiedevano l’indipendenza. Chiedevano solo di essere riconosciuti come una nazione. Ma il tribunale costituzionale ha negato, la Catalogna non è una nazione e non ci sono cittadini catalani. Non è stata la Catalogna ha rompere il dialogo con la Spagna, è stata Madrid.
È per quest’incapacità del governo spagnolo ad accettare la nostra differenza che abbiamo richiesto di poter votare. Volevamo solo sapere quante persone vogliono restare nella Spagna in queste condizioni e quante vogliono uno statuto indipendente, cioè misurare questo sentimento di appartenenza o di divisione. In ogni democrazia ci sono delle persone che pensano in modo diverso. Non bisogna criminalizzare le opinioni. In Catalogna ci sono delle persone di destra, delle persone di sinistra, delle persone che pensano che si starebbe meglio in una Catalogna libera e altre che pensano che si starebbe meglio restando nella Spagna. Cosa c’è di cosi brutto nel sapere cosa pensa il popolo?
Dovete sapere che in principio, io non ero indipendentista. Sono un musicista che si sente bene in tutte le città del mondo, dove c’è musica. Ma questo rifiuto di rispettare il legame tra le persone e la loro cultura, questo rifiuto di lasciarli esprimere quel che risentono, m’ha portato ad abbracciare la loro causa. Trovo inaccettabile questa rigidità assoluta e tutto quel che ne consegue. Ma la Spagna crede veramente di poter ridurre al silenzio milioni di Catalani con la forza?
Perché i Catalani provano un bisogno profondo di rivendicare il loro attaccamento alla loro cultura?
Questo movimento in Catalogna chiede di ascoltare le persone, chiede di metterle al centro della politica. Gli Stati sono delle costruzioni politiche. Ma le persone fanno parte di una cultura. Dovete ascoltarci, vogliamo vivere in un’Europa che rispetti tutte le culture, tutte le lingue, tutti i modi di essere. Ed è quello che è scritto nella Costituzione europea. Il problema in Catalogna è che abbiamo il sentimento di non avere un posto in Spagna. Voglio bene alla Spagna, mi sento bene in tanti posti in questo paese, mi piace la cultura spagnola, ma mi piacerebbe sentirci riconosciuti e rispettati. Purtroppo non è cosi.
"Ci sono soluzioni per far si che la Catalogna si senta bene in Spagna”
Pensate un attimo, se un ministro dell’Educazione nazionale spagnolo avesse il desiderio di “spagnolizzare” i giovani catalani…. Quando ero bambino, sono stato obbligato a parlare il castigliano a scuola. Sul mio atto di nascita è stato necessario scrivere "Jorge" e non "Jordi". Portare un nome catalano era vietato. Con la transizione abbiamo finalmente acquisito questi diritti elementari. Ma si vede bene che la Spagna non sopporta ancora che questa differenza sia affermata.
Il catalano è una lingua antica quanto il francese. Deriva dalla lingua d’Oc, la lingua dei trovatori. Eppure non la si può parlare nel parlamento spagnolo e tanto meno nei tribunali di Catalogna dove ci si deve esprimere esclusivamente in castigliano. Facciamo parte di una nazione culturale molto antica. E noi chiediamo che quest’idea sia rispettata. Non è una questione di populismo o di soldi come possiamo sentire a volte. È una questione di dignità e di riconoscimento.
Visto l’impasse in cui si trova la Catalogna, siete comunque a favore del fatto che il governo catalano dichiari un’indipendenza unilaterale, a rischio che la Spagna intera sprofonda nel buio?
Vi rispondo con un’altra domanda: cosa si può fare quando dall’altra parte della sponda vi è una chiusura totale? Cosa può fare il governo della Catalogna? Immaginate che la Catalogna e la Spagna formino una coppia. Pensate che sia possibile per una coppia trovare un modo per viver insieme se non si rivolgono neanche più la parola? Cosa ha fatto il governo inglese quando la Scozia ha chiesto la sua indipendenza? Non li ha repressi, ha semplicemente detto: “Non andate via, vi facciamo delle proposte per fare si che vi sentite meglio con noi”. In Spagna ci hanno risposto invece minacciando di rinchiuderci e poi reprimendoci con la polizia. L’ultima possibilità che ci rimane è di dire: visto che il dialogo è impossibile, prendiamo la strada più difficile, anche se non è quella che desideravamo prendere.
In seguito non so cosa succederà. Penso che si troverà una soluzione solo tramite una mediazione che richiederà alla Spagna di sedersi e di discutere. È da tanto che l’Europa avrebbe dovuto svolgere quel ruolo e non capisco come possa chiudere gli occhi. Sarà sicuramente perché è capeggiata da partiti di maggioranza di destra, che non hanno una spiccata sensibilità per questo tipo di rivendicazioni.
Purtroppo in Francia vedo che Emmanuel Macron non è molto sensibile a questo tipo di problema per l’evidente motivo che la Francia Giacobina ha operato per soffocare le diverse culture presenti nel suo territorio, fino ad arrivare a francesizzarle. Se l’Europa non interviene, commetterà un grave errore.
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