Da sempre ho sentito dire a Pomaretto o in val Germanasca, per indicare il mese di febraio =lo més de belier [lu me, lu dërsèt1 dë blíe] in luogo del più comune mes de feurier [fëwryè Vialaret Roure, fyuryè Finistrèlas G.C.; fyuría Prajalat G.C. 68; fyuryé Clavieras G.C.; fyurī Ols-Sarritzu] diffuso nelle Valli nord, derivato da febrier< lat. FEBRĀRIUS forma secondaria di FEBRUARIUS da FĔBRUUS = che purifìca.
La forma belier = febrier, è presente en basa als Atlas [ A.I.S. 317 A.L.F. 562, A.L.I. 76, A.L.E.P.O] en qualquas valadas a començar dal nòrd vers lo sud, de la val San Martin bëlìe [Pons, Genre; Morosi; ALF p.982 Maisètas]; en bassa val Cluzon blíe [Envers de Pinascha-Griset; AIS p. 152/ ALEPO Pramòl; G.C. San Girman ], blē [Prarostino]; en val Pèli blé/ blìe [Angrogna-Sappè; ALI p. 76 Serre d’Angruènha], b’lī [ Villar Pellice , Bobbio Pellice -Morosi, ALF p. 992 Bobbi Pellice, blē Rorà -Morosi]; in val Pò blíe [Crissolo, Ostana-Grassi,Oncino- Grassi, ALEPO], blē [S. Lorenzo di Paesana- Grassi].
Abbiamo pure questa forma nel franco-provenzale di Coazze bléy accanto a fevrey [ Canobbio 1972]
E’ pure presente in val Grana, nel comune di Monterosso a SantoLucío della Coumboscuro:
Belie/ febbraio
Com’è bello guardare in queste
sere di belìe/ febbraio
la luna posarsi sulle creste
mentre il cielo
è tutto nero
e nessuna voce
In questo villaggio della val Grana, sembra sia una forma decisamente residuale poiché il tipo più diffuso è“febrier”3 come in quasi tutte le valli a sud della val Po. L’ALEPO [ Monterosso Grana] ha effettivamente rilevato sia la forma febrier che il tipo belier. La sua presenza mi è stata confermata recentemente da Janòt Arneud, poeta di Santa Lucìa.
In Occitania grande, in base all’ALF, la forma belier è presente solamente nel punto 609 bíye nella Correze; Mistral riporta belier come forma presente nel basso Limosino4, tipo che ritroviamo nel vocabolario di G. Gonfroy.5
Anticamente questo mese era l’ultimo dell’anno che iniziava il primo di marzo; per questa ragione il decimo mese dell’anno ha preso il nome di dicembre.
Per i latini FEBRUARIUS era il mese della purificazione dedicato al dio Februus ( il purificatore) e alla sua parte femminile Februa (la purificatrice). Si trattava di due forze purificatrici. Februus e Februa che si opponevano ad un demone della natura, Febris ( la febbre), per ciò che rappresentava per i latini, per le febbri provocate da un territorio ricco di paludi e acquitrini come quello del Lazio di più di due mila anni fa.
Nel mese di febbraio vi erano parecchi riti di purificazione accanto ad altri funebri dedicati ai Mani6. Altri riti venivano chiamati Lupercali, i quali dovevano assicurare la fertilità per le donne. La Chiesa romana nel VII secolo adottò una festa della Chiesa d’Oriente: la presentazione al tempio del Signore. La presentazione del primogenito al Tempio e la purificazione rituale della madre doveva, secondo la legge ebraica, essere effettuata dopo quaranta giorni dalla nascita. Essendo questo avvenimento stato fissato il 25 dicembre, la purificazione della Vergine veniva a cadere il due di febbraio, nella stessa data in cui i pagani veneravano la dea Iunio Februata, Giunone purificata; la stessa dea veniva pure onorata in quel periodo con il nome de Iunio Sospita, la salvatrice. Come si può comprendere la festa della purificazione della Vergine si sovrapponeva su di una festa pagana. In effetti la Vergine viene pure definita la salvatrice. Questa festa è pure indicata con il nome di Candelora poiché in quel giorno si benedicono e si distribuiscono ai fedeli le candele, che secondo la credenza popolare, hanno delle virtù protettive contro i malanni, i nubifragi e pure nell’agonia. Questa festa fu istituita dalla Chiesa per togliere ai fedeli l’antica abitudine d’andare in processione con delle fiaccole accese in onore della falsa dea Februa,
Secondo alcuni studiosi l’accensione delle candele veniva fatto grazie ad un cero come quello di Pasqua; la cerimonia aveva due significati, uno legato all’universale religione cosmica, l’altro all’insegnamento evangelico. Il cero simbolizza il nuovo fuoco vitale che prepara la primavera, fuoco purificatore e fertilizzante e nello stesso tempo il Cristo, la luce del mondo che rischiara la via verso il cielo.
Ora ritorniamo al nostro belier che dovrebbe derivare da una supposta forma *BELARIU7, quasi sicuramente calco sul tipo FEBRARIU.
Il R.E.W. 1027 lo fa derivare da běllus e aggiunge la voce provenzale beliero “schönes Wetter= bel tempo”. Mistral beliero/ belieiro “ periodo di bel tempo”
Nelle Valli abbiamo pure questa voce ma alle volte con un altro significato , quella di fulmini che si vedono d’estate in lontananza, senza tuono:la fai beliero, e nelle basse valli fa blera8. L’interpreta zione di far beliero èm quella di fare luce, di rischiarare la notte.
Contrariamente al quanto scritto nel REW penso che l’etimologia di belier debba essere ricercata seguendo una traccia simile a quella che ha dato vita a febbraio / febrier.
Il REW propone la radice běllus ma per quale motivo questo mese dovrebbe essere bello e sostituirsi ad una forma presente in tota la Romania e pure nelle lingue non romanze ? Credo piuttosto che la radice debba essere trovata nella religiosità celtica che doveva caratterizzare le nostre terre.
La conquista de la Gallia da parte dei romani e la cristianizzazione hanno cancellato dalla nostra memoria tutto ciò che erano la religione e le credenze della nostra gente celto-ligure creando alle volte dei sincretismi religiosi che sono sopravvissuti ai secoli nascosti tra le pieghe della religione cristiana. Tuttavia abbiamo una certa conoscenza della religione celta grazie all’archeologia, all’epigrafia e agli studi di Gaidoz, di Bertrand e di D’Arbois de Jubainville in Francia e altri ancora e un po’ di documentazione d’area irlandese. Sappiamo che esisteva un dio Belenus> Belins da belos “ chiaro, luminoso” che i romani avevano associato ad Apollo. Il culto del dio Belenus era ben diffuso in tutto il territorio abitato dai galli, da Aquileia a Bordeaux. Ne abbiamo traccia nella toponomastica dell’alta val Varaita con il comune de Bellino [blins] località dove poteva esserci un santuario9 dedicato a questo dio.
Il REW 1027a , riporta pure *belos “ hell ( chiaro) glänzend ( risplendente, lucente)10.
Il periodo invernale, che dalle feste solstiziali porta all’equinozio di primavera, quando il sole, divenuto adulto, tocca e supera l’equatore celeste iniziando il tempo più luminoso dell’anno, è segnato da feste e cerimonie di segno diverso; qualcuna orgiastica e indiavolata come il carnevale e altre purificatrici e penitenziali come la Candelora, il mercoledì delle ceneri e tutto il periodo quaresimale. Questo antico ultimo mese dell’anno, in cui la luce del sole riprende forza, che porta alla primavera, poteva un tempo essere dedicato a questo dio ancestrale del panteon celto-ligure e aver dato vita al nostro mese di belier, segnando così un’autonomia gallica rispetto alla romanità.
Forse come Apollo, Belenos poteva associare le due qualità di dio guaritore e dio della luce: : armato d’un arco poteva lanciare le sue frecce, i lampi e illuminare il cielo.
A mio avviso quindi, in una parte dell’area occitana, sul modello del latino febrariu, è nata una forma indigena legata al dio Belenus, all’essere luminoso, portatore di luce e per questo salvatore e puricatore: *belariu> belier.
La presenza di belier in aree alle volte isolate, basso Limosino, Valli valdesi e val Pò (un tempo pure valdese), val Grana, val Sangone, fa pensare ad una diffusione in un territorio un tempo ben più vasto ma eroso dal tipo maggioritario febrier.
Bibliografia
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S. Canobbio, Le caratteristiche lessicali della parlata dell’alta val Sangone: una proposta metodologica, Tesi U.Torino, 1972
A. Cattabiani, Calendario, Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno, 1991
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C. Grassi, Correnti e Contrasti di lingua e cultura nelle Valli cisalpine di parlata provenzale e franco-provenzale, 1958
I. Griset, La parlata Provenzaleggiante di Inverso Pinasca (Torino) e la penetrazione del piemontese in Val Perosa e in Val San Martino,1966
J.A. Mac Culloch, La Religione degli Antichi Celti,
C. Merlo, I nomi romanzi delle Stagioni e dei Mesi, studiati particolarmente nei dialetti ladini, italiani, franco-provenzali e provenzali, 1904
Pandemia, Almanacco Pagano, festività e miti dell’antica Roma, 2004
T.G.Pons, A. Genre, Dizionario del Dialetto Occitano della Val Germanasca, 1997
C. Tagliavini, Storia di Parole, 1983
Il 17 febbraio è il giorno di festa civile più importante per i valdesi e ricorda il giorno del 1848 fu promulgato da parte del re Carlo Alberto, il decreto o editto di emancipazione che dette le libertà civili ai valdesi e poco dopo agli ebrei del regno di Sardegna.
2Questa poesia, scritta da Anneto (Arneodo) de la cl. I de la Sancto Lucìo, apparve sul numero 18 (abril 1967) del giornalino “Coumboscuro”
4Per basso Limosino s’intende il dipartimento della Correze dove la forma belher< belier è documentata in diversi proverbi: Jénier empruntet dous jours o bélhé per barra lo vielho dins lou fougier; si bélhé n’es pas boutélhé, meinajo toun granier; bélhé lou bla part dei terrié ( G. Clement -Simon, RLR 1880)
7C. Merlo pg115 aveva proposto, in seguito ripreso dal REW, * BELLARIU “verosimilmente abbiam qui un derivato di bellus, un * bellariu (v. prov. beliéro *-aria “beau temps, plusieurs jours de beau temps”
9A Bellino, soprattutto nella località di Ruaa la Glieisa, vi sono, murate, un certo numero di teste di pietra, sicuramente materiale di reimpiego che potrebbe provenire da un luogo di culto dedicato al dio Belenus. Una di queste teste, murata all’incontrario, alla base del campanile della chiesa, presenta una corona di raggi che sembrano dei lampi. Potrebbe essere la figura di Belenus?
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