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Nòvas n.175 Febrier 2018

Per un dizionario etimologico dell’Occitano alpino (n. 3): Belier [ bëlíe/ blíe/ blī/ blē] = febrier, feurier ; febbraio

Per un diccioari etimològic de l’occitan alpenc (n.3): Belier [ bëlíe/ blíe/ blī/ blē] = febrier, feurier ; febbraio

de Franco Bronzat 
http://www.chambradoc.it/Per-un-dizionario-Etimologico-dellOccitano-Alpino1.page

Per un dizionario etimologico dell’Occitano alpino (n. 3): Belier [ bëlíe/ blíe/ blī/ blē] = febrier, feurier ; febbraio
italiano

Da sempre ho sentito dire a Pomaretto o in val Germanasca, per indicare il mese di febraio =lo més de belier [lu me, lu dërsèt1 dë blíe] in luogo del più comune mes de feurier [fëwryè Vialaret Roure, fyuryè Finistrèlas G.C.; fyuría Prajalat G.C. 68; fyuryé Clavieras G.C.; fyurī Ols-Sarritzu] diffuso nelle Valli nord, derivato da febrier< lat. FEBRĀRIUS forma secondaria di FEBRUARIUS da FĔBRUUS = che purifìca.

La forma belier = febrier, è presente en basa als Atlas [ A.I.S. 317 A.L.F. 562, A.L.I. 76, A.L.E.P.O] en qualquas valadas a començar dal nòrd vers lo sud, de la val San Martin bëlìe [Pons, Genre; Morosi; ALF p.982 Maisètas]; en bassa val Cluzon blíe [Envers de Pinascha-Griset; AIS p. 152/ ALEPO Pramòl; G.C. San Girman ], blē [Prarostino]; en val Pèli blé/ blìe [Angrogna-Sappè; ALI p. 76 Serre d’Angruènha], b’lī [ Villar Pellice , Bobbio Pellice -Morosi, ALF p. 992 Bobbi Pellice, blē Rorà -Morosi]; in val Pò blíe [Crissolo, Ostana-Grassi,Oncino- Grassi, ALEPO], blē [S. Lorenzo di Paesana- Grassi].

Abbiamo pure questa forma nel franco-provenzale di Coazze bléy accanto a fevrey [ Canobbio 1972]

E’ pure presente in val Grana, nel comune di Monterosso a SantoLucío della Coumboscuro:

Belie/ febbraio

Com’è bello guardare in queste

sere di belìe/ febbraio

la luna posarsi sulle creste

mentre il cielo

è tutto nero

e nessuna voce

si sente per le vie2

In questo villaggio della val Grana, sembra sia una forma decisamente residuale poiché il tipo più diffuso è“febrier”3 come in quasi tutte le valli a sud della val Po. L’ALEPO [ Monterosso Grana] ha effettivamente rilevato sia la forma febrier che il tipo belier. La sua presenza mi è stata confermata recentemente da Janòt Arneud, poeta di Santa Lucìa.

In Occitania grande, in base all’ALF, la forma belier è presente solamente nel punto 609 bíye nella Correze; Mistral riporta belier come forma presente nel basso Limosino4, tipo che ritroviamo nel vocabolario di G. Gonfroy.5

Anticamente questo mese era l’ultimo dell’anno che iniziava il primo di marzo; per questa ragione il decimo mese dell’anno ha preso il nome di dicembre.

Per i latini FEBRUARIUS era il mese della purificazione dedicato al dio Februus ( il purificatore) e alla sua parte femminile Februa (la purificatrice). Si trattava di due forze purificatrici. Februus e Februa che si opponevano ad un demone della natura, Febris ( la febbre), per ciò che rappresentava per i latini, per le febbri provocate da un territorio ricco di paludi e acquitrini come quello del Lazio di più di due mila anni fa.

Nel mese di febbraio vi erano parecchi riti di purificazione accanto ad altri funebri dedicati ai Mani6. Altri riti venivano chiamati Lupercali, i quali dovevano assicurare la fertilità per le donne. La Chiesa romana nel VII secolo adottò una festa della Chiesa d’Oriente: la presentazione al tempio del Signore. La presentazione del primogenito al Tempio e la purificazione rituale della madre doveva, secondo la legge ebraica, essere effettuata dopo quaranta giorni dalla nascita. Essendo questo avvenimento stato fissato il 25 dicembre, la purificazione della Vergine veniva a cadere il due di febbraio, nella stessa data in cui i pagani veneravano la dea Iunio Februata, Giunone purificata; la stessa dea veniva pure onorata in quel periodo con il nome de Iunio Sospita, la salvatrice. Come si può comprendere la festa della purificazione della Vergine si sovrapponeva su di una festa pagana. In effetti la Vergine viene pure definita la salvatrice. Questa festa è pure indicata con il nome di Candelora poiché in quel giorno si benedicono e si distribuiscono ai fedeli le candele, che secondo la credenza popolare, hanno delle virtù protettive contro i malanni, i nubifragi e pure nell’agonia. Questa festa fu istituita dalla Chiesa per togliere ai fedeli l’antica abitudine d’andare in processione con delle fiaccole accese in onore della falsa dea Februa,

Secondo alcuni studiosi l’accensione delle candele veniva fatto grazie ad un cero come quello di Pasqua; la cerimonia aveva due significati, uno legato all’universale religione cosmica, l’altro all’insegnamento evangelico. Il cero simbolizza il nuovo fuoco vitale che prepara la primavera, fuoco purificatore e fertilizzante e nello stesso tempo il Cristo, la luce del mondo che rischiara la via verso il cielo.

Ora ritorniamo al nostro belier che dovrebbe derivare da una supposta forma *BELARIU7, quasi sicuramente calco sul tipo FEBRARIU.

Il R.E.W. 1027 lo fa derivare da běllus e aggiunge la voce provenzale beliero “schönes Wetter= bel tempo”. Mistral beliero/ belieiro “ periodo di bel tempo”

Nelle Valli abbiamo pure questa voce ma alle volte con un altro significato , quella di fulmini che si vedono d’estate in lontananza, senza tuono:la fai beliero, e nelle basse valli fa blera8. L’interpreta zione di far beliero èm quella di fare luce, di rischiarare la notte.

Contrariamente al quanto scritto nel REW penso che l’etimologia di belier debba essere ricercata seguendo una traccia simile a quella che ha dato vita a febbraio / febrier.

Il REW propone la radice běllus ma per quale motivo questo mese dovrebbe essere bello e sostituirsi ad una forma presente in tota la Romania e pure nelle lingue non romanze ? Credo piuttosto che la radice debba essere trovata nella religiosità celtica che doveva caratterizzare le nostre terre.

La conquista de la Gallia da parte dei romani e la cristianizzazione hanno cancellato dalla nostra memoria tutto ciò che erano la religione e le credenze della nostra gente celto-ligure creando alle volte dei sincretismi religiosi che sono sopravvissuti ai secoli nascosti tra le pieghe della religione cristiana. Tuttavia abbiamo una certa conoscenza della religione celta grazie all’archeologia, all’epigrafia e agli studi di Gaidoz, di Bertrand e di D’Arbois de Jubainville in Francia e altri ancora e un po’ di documentazione d’area irlandese. Sappiamo che esisteva un dio Belenus> Belins da belos “ chiaro, luminoso” che i romani avevano associato ad Apollo. Il culto del dio Belenus era ben diffuso in tutto il territorio abitato dai galli, da Aquileia a Bordeaux. Ne abbiamo traccia nella toponomastica dell’alta val Varaita con il comune de Bellino [blins] località dove poteva esserci un santuario9 dedicato a questo dio.

Il REW 1027a , riporta pure *belos “ hell ( chiaro) glänzend ( risplendente, lucente)10.

Il periodo invernale, che dalle feste solstiziali porta all’equinozio di primavera, quando il sole, divenuto adulto, tocca e supera l’equatore celeste iniziando il tempo più luminoso dell’anno, è segnato da feste e cerimonie di segno diverso; qualcuna orgiastica e indiavolata come il carnevale e altre purificatrici e penitenziali come la Candelora, il mercoledì delle ceneri e tutto il periodo quaresimale. Questo antico ultimo mese dell’anno, in cui la luce del sole riprende forza, che porta alla primavera, poteva un tempo essere dedicato a questo dio ancestrale del panteon celto-ligure e aver dato vita al nostro mese di belier, segnando così un’autonomia gallica rispetto alla romanità.

Forse come Apollo, Belenos poteva associare le due qualità di dio guaritore e dio della luce: : armato d’un arco poteva lanciare le sue frecce, i lampi e illuminare il cielo.

A mio avviso quindi, in una parte dell’area occitana, sul modello del latino febrariu, è nata una forma indigena legata al dio Belenus, all’essere luminoso, portatore di luce e per questo salvatore e puricatore: *belariu> belier.

La presenza di belier in aree alle volte isolate, basso Limosino, Valli valdesi e val Pò (un tempo pure valdese), val Grana, val Sangone, fa pensare ad una diffusione in un territorio un tempo ben più vasto ma eroso dal tipo maggioritario febrier.

Bibliografia

A.I.S. Atlas Italo- Suisse

A.L.F. Atlas Linguistique de la France

A.L.I. Atlante Linguistico Italiano

A.L.E.P.O Atlante Linguistico Etnografico del Piemonte Occidentale

G.C. Glossarium Circumpadanum

L. Alibert, Dictionnaire Occitan-Français, 1977

S. Canobbio, Le caratteristiche lessicali della parlata dell’alta val Sangone: una proposta metodologica, Tesi U.Torino, 1972

A. Cattabiani, Calendario, Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno, 1991

D. Droixhe, L’étimon des Dieux, 2002

C. Grassi, Correnti e Contrasti di lingua e cultura nelle Valli cisalpine di parlata provenzale e franco-provenzale, 1958

I. Griset, La parlata Provenzaleggiante di Inverso Pinasca (Torino) e la penetrazione del piemontese in Val Perosa e in Val San Martino,1966

J.A. Mac Culloch, La Religione degli Antichi Celti,

C. Merlo, I nomi romanzi delle Stagioni e dei Mesi, studiati particolarmente nei dialetti ladini, italiani, franco-provenzali e provenzali, 1904

Pandemia, Almanacco Pagano, festività e miti dell’antica Roma, 2004

T.G.Pons, A. Genre, Dizionario del Dialetto Occitano della Val Germanasca, 1997

C. Tagliavini, Storia di Parole, 1983

Il 17 febbraio è il giorno di festa civile più importante per i valdesi e ricorda il giorno del 1848 fu promulgato da parte del re Carlo Alberto, il decreto o editto di emancipazione che dette le libertà civili ai valdesi e poco dopo agli ebrei del regno di Sardegna.

2Questa poesia, scritta da Anneto (Arneodo) de la cl. I de la Sancto Lucìo, apparve sul numero 18 (abril 1967) del giornalino “Coumboscuro”

3Forma di referenza in tutta l’area occitana

4Per basso Limosino s’intende il dipartimento della Correze dove la forma belher< belier è documentata in diversi proverbi: Jénier empruntet dous jours o bélhé per barra lo vielho dins lou fougier; si bélhé n’es pas boutélhé, meinajo toun granier; bélhé lou bla part dei terrié ( G. Clement -Simon, RLR 1880)

5Gonfroy Gerard, DictionnaireNormatif Limousin-Français, 1976

6Manes lat. Le anime dei defunti, i buoni spiriti onorati come divinità minori.

7C. Merlo pg115 aveva proposto, in seguito ripreso dal REW, * BELLARIU “verosimilmente abbiam qui un derivato di bellus, un * bellariu (v. prov. beliéro *-aria “beau temps, plusieurs jours de beau temps”

8Lemma, Piasco, Brondello, S. Front, Busca, Villafalletto.

9A Bellino, soprattutto nella località di Ruaa la Glieisa, vi sono, murate, un certo numero di teste di pietra, sicuramente materiale di reimpiego che potrebbe provenire da un luogo di culto dedicato al dio Belenus. Una di queste teste, murata all’incontrario, alla base del campanile della chiesa, presenta una corona di raggi che sembrano dei lampi. Potrebbe essere la figura di Belenus?

10Il REW riporta l’occitano belet “blitz” (eslussè/ eslussi). Alibert (1977) ha belejar “ faire des éclairs” e beleg” éclair”.

occitan

Ai totjorn entendut dire a Pomarét o en val San Martin, lo més de belier [lu me, lu dërsèt1 dë blíe] a la plaça dal plus comun mes de feurier [fëwryè Vialaret Roure, fyuryè Finistrèlas G.C.; fyuría Prajalat G.C. 68; fyuryé Clavieras G.C.; fyurī Ols-Sarritzu] difuzat dins las Valadas dal nòrd, que nos ven de febrier< lat. FEBRĀRIUS forma segonda de FEBRUARIUS de FĔBRUUS = que purifiá.

La forma belier = febrier, ilh es presenta en basa als Atlas [ A.I.S. 317 A.L.F. 562, A.L.I. 76, A.L.E.P.O] en qualquas valadas a començar dal nòrd vers lo sud, de la val San Martin bëlìe [Pons, Genre; Morosi; ALF p.982 Maisètas]; en bassa val Cluzon blíe [Envers de Pinascha-Griset; AIS p. 152/ ALEPO Pramòl; G.C. San Girman ], blē [Prarostino]; en val Pèli blé/ blìe [Angrogna-Sappè; ALI p. 76 Serre d’Angruènha], b’lī [Lo Vilar, Buèbi -Morosi, ALF p. 992 Buèbi, blē Rorà -Morosi]; en val Pò blíe [Criçòl, Ostana-Grassi,Oncin- Grassi, ALEPO], blē [S. Laurenç de Pisana- Grassi]

Avem decò cèsta forma dil franco-provençal de Coassas bléy de caire a fevrey [ Canobbio 1972]

Ilh es tamben presenta en val Grana, dins la comuna de Montros, a Santa Lucía de la Comba’scura:

Belie

Coumo es bèl beicar ent aquisti

sere de belìe

la luno pausàsse s’i creste

dal temp que lou ciel

es tout nìe

E pus deguno vous

se sent per i vìe2


En cest vialatge de la val Grana, pareis siè una forma decidament residuala que la forma generala de aicèsta valada es “febrier”3 comà en quasi totas las valadas al sud de la val Pò. L’ALEPO [ Monterosso Grana] a efectivament relevat siè la forma febrier que belier. Sa presença m’es istaa confermaa recentement per Janòt Arneud, poeta de Santa Lucìa.

En Occitania granda, en basa a l’ALF, la forma belier es presenta ren que dins lo ponth 609 bíye dins la Correza; Mistral repòrta belier coma forma presenta dins lo bas Limosin4, que retrobem dins lo vocabolari de G. Gonfroy.5

Anticament aicest mes era lo darrier de l’an que l’an començava lo primier de març; es per aiquò que lo dezen mes de l’an a pres lo nom de dezembre.

Per los latins FEBRUARIUS era lo mes de la purificacion dediat al dius enfernal Februus (lo purificaire) e a son aspect fumel Februa (la purificaira). La se tractava de doas fòrças purificairas. Februus e Februa que se opausavan a un demòni de la natura, Febris (la feure/ febre), per çò que rapresentava per los latins, per las feures provocaas de un territòri riche en sanhas e en aiguestres comà quel de la region lasiala de mai de dosmila ans fai.

Dins lo mes de feurier li eran tuts de rites de purificacion mas decò de rites funèbres dediats als dius Manes6. Li era tamben de rites que se sonavan Lupercals, que duvian asegurar la fertiletat, la drugiera, per las fèmnas. La Gleisa romana ent al VII segle adoptec una fèsta de la Gleisa d’Orient: la presentacion al temple dal Senhor. La presentacion de l’ainat al Temple e la purificacion rituala de la maire duviá, segond la lei ebraica, se passar tot just apres de quaranta jorns de la naissença. En estend que cest aveniment era istat fixat lo 25 de dezembre, la purificacion de la Vierja es chaüta lo dos de feurier, dins la meseima data que los pagans veneravan la deessa Iunio Februata, es a dire Junon purifiaa; la meseima deessa veniá decò onoraa dins quel periòde abó lo nom de Iunio Sospita, es a dire la salvaira. Comà poem comprener la fèsta de la purificacion de la Vierja es anaa se sobrepausar sus una fèsta pagana. En efet la Vierja ven decò nomaa la salvaira. Cèsta fèsta ilh es decò nomaa Chandeliera perquè dins quel jorn se beneisissan e se donan als fideaus de chandeelas, que segond la creiença populara, an de vertuts protectivas contra las malandruènhas, los auratges e mesme dins l’agoniá. Cèsta fèsta foguec instituiá per la Gleisa per chavar l’antica costuma als fideaus d’anar en procession abó de faraças alumaas en onor de la faussa deessa Februa.

Segond qualque estudiós l’alumatge de las chandéelas, veniá fait per meian d’un cire comà quel de Pascas; la cerimoniá aviá doas significacions, l’una gropaa a l’universal religion cosmica , l’autra a l’ensinhament evangelic. Lo cire simboliza lo novel fuòc vital qu’aprèsta la prima, fuòc purificaire e emprenhaire e dins lo meseime temps, lo Crist, la lutz dal mond que esclarzis la viá vers lo ciel.


Aüra anim a nòstre belier que deu venir de una forma sopausaa *BELARIU7, quasi de segur calque sus la forma FEBRARIU.

Lo R.E.W. 1027 lo fai venir de běllus e li jonh la votz provençala beliero “schönes Wetter= bel temps”. Mistral beliero/ belieiro “ série de beau temps”

Dins las Valadas avem tamben la votz mas de còps abó un’autra significacion, quèla dals eslussés que se veion luènh l’istat, sença tron: la fai beliero, e dins las bassas valadas fa blera8. L’interpretacion de far beliero es quèla de far clar, d’esclarzir la nuèit.

Contrariament a çò que n’en ditz lo REW, penso que l’etimologia de belier deu èsser recherchaa dins una draia semblanta a quèla qu’a donat vita a febrier.

Lo REW prepausa la raitz běllus mas perquè cèst més deuriá èsser bel e se sobstituir a una forma presenta en tota la Romania e meseime dins de lengas pas romanas? Creoc plus tòst que la raitz deu èsser trobaa dins la relijositat celtica que duviá caracterizar nòstros territòris.

La conquesta de la Galia de caire dals romans e la cristianizacion an esbachat de nòstra memòria tot çò que eran la religion e las creienças de nòstra gent celto-ligura en creent de còps de sincretismes relijós qu’an sobreviscut als segles escondut dins las pleas de la religion cristiana. Totun ‘os avem una certena conoissença de la religion celtica mercés l’arqueologiá, l’epigrafiá e los estudis de Gaidoz, de Bertrand e de D’Arbois de Jubainville en França e d’autri encara e de un pauc de documentacion d’airal irlandés. Sabem que existiá un dius Belenus> Belins de belos “ clar, luminós” que los romans avian associat a Apolon. Lo culte al dius Belenus era ben difuzat en tot lo teritòri abitat per los galés, de Aquileia a Bordeu. N’avem una traça toponomastica en auta val Varaita abó la comuna de Belins [blins] luòc adont la li poiá èsser un sanctuari9 dediat a cest dius.

Lo REW 1027a , dona tamben *belos “ hell ( clar) glänzend ( resplendent, luzent)10.

La periòda uvernala, que de las fèstas solsticialas adutz al equinòssi de prima, quand lo solelh, vengut adulte, tocha e randa l’equator celèste en enchaminent lo temps plus luminós de l’an, ilh es marcaa per de fèstas e cerimoniás de signe diferent; qualquasunas drilhantas e endiaulaas comà lo Carneval e d’autras purifiantas e penitencialas comà la Chandeliera, lo mercre de las cenres e tota la periòda de la Quaresma. Cest antic darrier mes de l’an, adont la lumiera dal solelh repren fòrça, que adutz a la prima, poiá en còp èsser dediat a cèst dius ancestral dal panteon celta-ligur e aguer donat vita al nòstre mes de belier, marcant perparelh un autonomiá galésa faça a la romanitat.

Beleu comà Apolon, Belenus poiá associar las doas qualitat de dius garissaire e de dius de la lumiera: armat d’un arc poiá lançar sas flechas, los eslussés e enluminar lo ciel.

A mon veiaire donca, dins una partiá de l’airal occitan, sus lo model dal latin febrariu, es naissuá una forma indigena gropaa al dius Belenus, al èsser luminós, portaire de lutz e per aiquò salvaire e purificaire: *belariu> belier.

La presença de belier en de airals de còp isolats, bas Limosin, Valadas valdesas e val Pò (un viatge decò valdesa), val Grana, val Sangon, fai pensar a sa difusion dins un airal un viatge ben plus eslarjat mas malhat dal tipe majoritari: febrier.


Franco Bronzat





Bibliografia

A.I.S. Atlas Italo- Suisse

A.L.F. Atlas Linguistique de la France

A.L.I. Atlante Linguistico Italiano

A.L.E.P.O Atlante Linguistico Etnografico del Piemonte Occidentale

G.C. Glossarium Circumpadanum


L. Alibert, Dictionnaire Occitan-Français, 1977

S. Canobbio, Le caratteristiche lessicali della parlata dell’alta val Sangone: una proposta metodologica, Tesi U.Torino, 1972

A. Cattabiani, Calendario, Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno, 1991

D. Droixhe, L’étimon des Dieux, 2002

C. Grassi, Correnti e Contrasti di lingua e cultura nelle Valli cisalpine di parlata provenzale e franco-provenzale, 1958

I. Griset, La parlata Provenzaleggiante di Inverso Pinasca (Torino) e la penetrazione del piemontese in Val Perosa e in Val San Martino,1966

J.A. Mac Culloch, La Religione degli Antichi Celti,

C. Merlo, I nomi romanzi delle Stagioni e dei Mesi, studiati particolarmente nei dialetti ladini, italiani, franco-provenzali e provenzali, 1904

Pandemia, Almanacco Pagano, festività e miti dell’antica Roma, 2004

T.G.Pons, A. Genre, Dizionario del Dialetto Occitano della Val Germanasca, 1997

C. Tagliavini, Storia di Parole, 1983


Lo dersèt de belier es lo jorn de fèsta civila plus emportant per los valdés e soventa lo jorn que ental 1848 fuguec signat, de caire dal rei Carlo Alberto, lo decret o edit d’emancipacion que donec las libertats civilas als valdés e just apres als ebreus dal reialme de Sardènha.

2Aicèsta poesiá, escrita per Anneto (Arneodo) de la cl. I de la Sancto Lucìo, es pareissuá dins lo numre 18 (abril 1967) dal jornalét “Coumboscuro”

3Forma de referença en tot l’airal occitan

4Per bas Limosin s’entend lo despartiment de la Correza adont la forma belher< belier ilh es documentaa en qualque proverbi: Jénier empruntet dous jours o bélhé per barra lo vielho dins lou fougier; si bélhé n’es pas boutélhé, meinajo toun granier; bélhé lou bla part dei terrié ( G. Clement -Simon, RLR 1880)

5Gonfroy Gerard, DictionnaireNormatif Limousin-Français, 1976

6Manes lat. Las anmas dals morts, los bonis esprits onorats comà de divinitats minoras.

7C. Merlo pg115 aviá prepausat, puèi repres dal REW, * BELLARIU “verosimilmente abbiam qui un derivato di bellus, un * bellariu (v. prov. beliéro *-aria “beau temps, plusieurs jours de beau temps”

8Lèma, Peasc, Brondél, S. Front, Buscha

9A Belins, sobretot dins lo vielatge nomat Ruaa la Glieisa, la li a, muraas, de tèstas de peira, segurament material de reemplei que porriá venir de un luòc de culte dediat al dius Belins. En particulier una de cèstas tèstas, muraa a l’encontrari a la basa dal clochier de la gleisa, presenta una corona de rais que pareisson d’eslussés. Poriá-la èsser la figura de Belenus? (fotografiá)

10Lo REW repòrta l’occitan belet “blitz” (eslussè/ eslussi). Alibert (1977) a belejar “ faire des éclairs” e beleg” éclair”.


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