In alcuni luoghi delle Valli, per indicare la scopa/ escoba1, forma più conosciuta nell’area occitana, equivalente ai tipi qui più diffusi ramaça [Angrogna, val Pellice, val Pò2, bassa val Varaita, Celle Macra-Conte, Robilante-Roccavione-Aa.Vv ] o ramaç (m.s.)[ ramás Bobbio Pellice- Schüle-Wyss, Angrogna: ërmas G.C. San Germano Chisone, Val Germanasca-Pons, Genre, Inverso Pinasca-Griset; armås Villaretto Roure, G.C. Fenestrelle; armå: G.C. Pragelato, roumá G.C. Clavieres-Cesana; armà Rochemolles-Masset, aȓmās Oulx-Sarritzu1970/71; rumà Salbertrand-Baccon, ramas “balai” Queyras-Chabrand, DeRochas].
Nella parlata di Embrun-Ecoureta dou Parpaioun, troviamo la forma la rama “ balai pour la cour en branches”.
Nelle parlate francoprovenzali abbiamo remasse Stich 1998, ramás Coazze-Canobbio 1972, rumas/ rimas “ ramazza fatta di rametti..” e rumasa/ rimàsa Giaglione-Aa.Vv. 2011, ramàssi Ceres-Genta,Santacroce 2013. In base all’ALF rmase e forme simili sono ben rappresentate in Savòia
ramassa secondo il REP è una forma d’origine galloromanza dal lat. * RĀMAM+ĀCĔAM; penetrata nella lingua italana “ramàzza/ ramàccia”. Effettivamente in francese abbiamo il verbo ramasser= rabastar, rabalar e parecchie forme derivate ma non è presente ne ramasse ne ramace mentre la forma ramõ < ramaç è presente in tutto il nòrd della Francia, a: Pas de Calé, Nòrd, Somme, Oise, Aisne, Ardennes, Meuse ecc. e in tutto il Belgio di lingua francese.
Il gran poeta della Val Varaita Barbo Tòni Baudrier, in una delle sue poesie utilizza una parola particolare, devìo: scopa [e la masco, la masco sla devìo]. Com’è documentato nel volume antologico curato da D. Anghilante3, il nostro poeta aveva lasciato una nota ad una parola, nel racconto piemontese: Lionòta e Brandojin: “dëvia= ramassa ( a mè pais: Fraisse; miraco da Deverra, dea latin-a dla ramassa)”
La parola devìo, come ha pure scritto D.Anghilante, è presente nei vocabolari di Bellino-Bernard
e di Sampeyre-Rabo dove, quest ultimo, segnala doe forme ramasso e dëvìio con dëviià= scopare.
Pure Grassi nel suo lavoro del 1958 aveva rilevato la parola in val Varaita a Maddalena di Pont Chianale[ dəviyyω], Bellino [dəvíω], Castel Delfino [dəvíω], Villar [dəvíω].
Il vocabolario enciclopedico Lo Saber de J. Bernard, riporta per Bellino non solo la voce devìo[de bouosc] = ramazza fatta con rami di ontano ma pure il diminutivo devìeto, il verbo devìar = scopare, spazzare e devià = colpo dato con la scopa.
Ritroviamo una forma simile a l’Elva-Bruna Rosso, con edvìo e il verbo edvìar forme che si ripresentano soprattutto nelle Alpi Marittime:
Monterosso Grana-Durbano: devijar con ramaso
Rittana- Cesana: svía con ramàssa
Entracque -Ghigo/ P. Audisio( 1958): adviλä/ azviλä e i verbi adviλar/ azviλar
Robilante/ Roccavione: ësvìa con ramasa
Vernante- Giordano: ësvìa con ramasa
Brigasco ( Viozene e Carnino )- Massajoli, Moriani: dëvía, dëviàa (verbo) e dëvìe “ rami lunghi di erica”
C.Grassi 1958 reporta svil’l’a per Entrcque. dviya/ dviǵa per Roascha e dviǵüm “ spazzatura” per Limonetto.
Il REP presenta dëvia [dəvía] e scrive che la parola è attestata nel vocabolario di Brovardi (ined.):
sembra provenire dal lat. volg. DĒ+VIAM “ strada” parallelo al fr. a. e m(oderno) desvoier “spingere fuori dalla via, scartare”.
Anche Mistral registra questa voce: develho “ balai, dans les Alpes-Maritimes. Ne l’ALF ne l’ ALP 1173 balai hanno rilevato questa voce; non è presente in Alibert.
In Liguria l’AIS ha registrato al Sassello dvía e a Calizzano dvíya; duija nel parlare ligure di Ormea-Colombo.
La voce divilia “granata o scopa” è presente nel Glossario Medievale Ligure de G. Rossi dagli Statuti medievali di Onelia e di Triora: Etiam tres divilias pro scopando granum
Una parola simile è stata registrata in Lombardia, duvia= betulla. “ Ė comune l’uso di questa voce nella frase: Scova, legna de Duvia = scopa, legna di betulla”5 Probabilmente la parola devía = escoba ha influenzato e sostituito, visto il materile utilizzato, rami di betulla, la parola originaria.
C. Salvioni 6 in Etimologie, trattando del lombardo duvia, scrive” così duvia può in una certa misura sostituire la voce che designa questa pianta; onde si dirà legna de duvia... Col sostantivo, va di conserva, a Milano, un verbo indeviá, ripulire il grano colla duvia…..Fuori di Lombardia, ritorna la voce nel mont. vigghia, in vigliare ecc…. E nel sic. divigghia fascia di virgulti o frutici per uso di scopa nelle aje, nelle stalle, divigghiari scopare, piazz7. d’v’gghié togliere la buccia al grasso, d’v’gghiöngh barbasso.
F. Cherubini8 scrive: “ Anche i siciliani chiamano Divigghia la scopa di spine che adoprano per iscopar l’aja, il che dicono Divighiari.”
Salvioni, citando altri autori pensa che la voce possa derivare da un* develliare < DEVELLERE,
E.G. Parodi 9 cita le voci toscane vigliaccio, vigliolo e pure vigliume: « nome collettivo dei frantumi di spighe sfuggite alla battitura, dei minuzzoli di paglia … vigliare separare i vigliacci, scegliere.» In Val San Martin-Pons, Genre, vi è il verbo dëvilhâ “ togliere dall’aiata, col rastrello, spighe e pagliuzze in modo che grano e pula siano pronti per la ventilazione.” Lo stesso verbo è presente a Pragelato ( inf. Renzo Guiot) dëvilhô. Sempre questo verbo è presente nel volume di G. Monaco de Valloriate.
Il vocabolario della Crusca, riporta: VIGLIARE. Separare con granata, e con frasca dal monte del grano, o delle biade quelle spighe, o baccello, che hanno sfuggito alla trebbiatura…
VIGLIATURA. Il vigliare… VIGLIUOLO. Spighe o Baccelli separati dal grano, o biade battute dopo la prima trebbiatura.
Come scrisse Barba Tòni Baudrier esisteva nel pantheon romano una dea Deverra che proteggeva la casa, la sua pulizia e le nascite e perciò presiedeva alle scope, alle granate, alle ramazze.
La nostra devilha -ligure occitana -si avvicina alla forma siciliana divigghia, come devilhar e divigghiari, appartenenti alla famiglia di vigliare < * VERGLIARE < * VERRUCULARE rifatto sul latino VERRERE “ pulire, spazzare via”. In ultima analisi possiamo dire che la dea Deverra ci ha lasciato una bella eredità.
In conclusione si può affermare che la famiglia lessicale di devilha apartiene più all’area italica che non a quella galloromanza.
1A differenza della vicina Provenza, nelle Valli, la parola escoba < scopa ALF 107 ALP 1173 è stata registrata esclusivamente in alta valle Stura (AIS Pietraporzio) come a Guardia Piemontese in Calabria. Nell’alta valle Stura escoba si trova da Ponte Bernardo in su. Qui è anche presente la forma ramaso nel senso di “scopa grossolana utilizzata per pulire la stalla”. In quasi tutte le Valli abbiamo l’accrescitivo escobaç [skubas, eykubas, ēkubås, ikubå] con il solo significato di fruciandolo “ attrezzo costituito da una lunga pertica alla cui cima sono legati degli stracci o dell’erba di palude denominata lescha [le:ʧo] utilizzato per pulire il forno dalle ceneri prima di infornare il pane”. Questa pulizia è detta escobar [skubar, eykubā, ēkubå:, ikubå:]. In valle Stura, almeno da Aisone abbiamo per escobaç, il tipo penaj e penajar lu furn, pulire il forno.
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