trelhar [ trejar val Maira, val Varacha, Gap; treʤar val Maira – San Michèl de Prats; tërʎā Oncin, trëʎā Ostana, Val Pò ] se rejoir, s’amusar, juar, sautar e correr per juòc
trelha [ treja/ -o val Maira,treʤo val Maira – San Michèl de Prats ] it. esultanza, fr. transport de joie, oc. Valeas moment joiós, de juòc, de amusament.
In questo periodo in cui il gioco è confinato tra le pareti domestiche e i giovani non possono riunirsi per divertirsi, prendo in considerazione un verbo che sembra perso nelle nebbie dei nostri antenati.
Barbo Tòni Baudrier, il nostro grande poeta delle Valli, ha adoperato in ben ventiquattro componimenti il verbo trëiar : Bel Veire, De sée, ecc e sempre con il senso di trastullarsi, di giocare.
Diego Anghilante, scrive: Trëiâ: giocare. “ Secondo Boudrìe termine adoperato dai vecchi ( de Fraisse en val Varaita n.a.t.) a proposito dei giochi infantili durante l’intervallo a scuola. Il Bruna Rosso ( v. en bib.) riporta treiar col significato di “ gioire, saltare per la gioia, esultare”.
Sembrerebbe che questo verbo, con questo significato, sia, oggi, quasi sconosciuto nelle valli come nell’area alpina occitana. Effettivamente non vi è che il vocabolario di Elva, che riporta pure il sostantivo treio “esultanza”; gli altri vocabolari del nostro territorio, come quelli della zona francese, che ho consultato, non lo riportano.
Tuttavia ho trovato la sua presenza in un documento proveniente da Gap. Si tratta di un testo dal titolo: “ Los Amusaments des Gapençais en « Patois de Gap de la Fin dal XVIII siègle “ scritto da par Théodore Gautier1, publicato sul Bulletin de la Societé d’Etudes des Hautes Alpes del 1885 (pg 303-319).
T. Gautier scrisse questo racconto il 10 dicembre del 1822 e in una nota ci ha lasciato scritto che « La pièce suivante,..n’est qu’un cadre bien ou mal choisi, dans lequel j’ai tâché de faire entrer les mots patois de mon enfance ...». Nel suo testo, Gautier prende in considerazione più di un gioco praticato a Gap nella sua infanzia, cioè verso la fine del XVIII secolo, e con un po’ di nostalgia per quando era un ragazziono, scrive “ mi sembra di essere ancora li.
L’autore ne cita parecchi praticati negli antichi quartieri di Gap sia d’inverno dove molti scivolavano sul ghiaccio (s’esquillio, s’esquilliansar su lou glàs) sia nella buona stagione., sino ad un gioco, una vera battaglia a colpi di pietre tra due gruppi di giovani denominata cocoara ( coucouaro), dove poteva addirittura scapparci i morto.
Per gli altri giochi, Gautier, adotta il verbo juar ma in un caso scrive: “d’autres treyen à crous ou pielo, et achimoulavoun les soous des bediguas que sabien pas deivirar la ma;” altri giocano a testa e croce e raggranellano qualche soldo dagli stupidotti che non erano in grado di girare la mano. Abbiamo quindi una sicura testimonianza della presenza di questo verbo al di là delle Valli.
In questo caso non si tratta di un gioco di movimento ma di un gioco di destrezza; a testa e croce, nelle varie denominazioni locali.
Nessun vocabolario etimologico riporta questo verbo, neppure quelli canonici come quelli di S.J. Honnorat o il Tresòr dal Felibritge, ne il REW o il REP o il Du Cange.
Il verbo è ancora conosciuto in val Maira e non solamente all’Elva. Mariano Allocco ( 1950) originario di Alabaretto mi haassicurato che trejar era utilizzato nel senso di divertirsi, di giocare ecc. Tuttavia mi ha detto che era molto utilizzato nella parlata dei più aziani. Anche ad Arma Macra, l’ inf. Piero Demino 1951, mi ha detto che si dice quando si parla di bambini che corrono di qua e di là: i treja = ilh sauta e cor, salta e corre. A San Michele di Prazzo, il mio informatore Corrado Cesano, classa 1955, m’a ditto che la forma locale è normalmente treʤar. Quando me lo ha comunicato era al pascolo e ha pure aggiunto che: i ʧan sun propi entren a treʤar, se demòren “ i cani stanno proprio giocare” ha aggiunto. E’ risaputo che a San Michele di Prazzo e a Limone Piemonte lh (ʎ) > si pronuncia ʤ nel corpo di parola e ʧ in finala di parola; solelh> suleʧ / sonalha >sunaʤo. Tutto ciò ci permette di comprendere in quale naniera, in qualche caso, poter scrivere un termine delle nostre parlate di cui non conosciamo l’etimologia. Questo è successo ad esempio per charamalhar [nevicare], che nelle valli della Varacha, Maira e Grana viene pronunciato ʧaramajar ma a San Michele ʧaramaʤar.
Tuttavia ho avuto una piacevole sorpresa, che ha confermato il ragionamento fatto per San Michele. Rosina Peiretti (1951) di Oncino mi ha detto che localmente si dice tërʎā allor quando dei ragazzi si saltano addosso, corrono, scappano: lej mejnā tërʎën. Non avevo pensato alla presenza di questo verbo in val Po, poiché la vicina val Varaita pare l’abbia perso. Il verbo è pure presente a Ostana. In particolare nel capitolo “ I giochi di movimento” nel numero 12 della rivista del Civico Museo etnografico “ Ostana Alta Valle Po” (in bib.); qui possiamo leggere: “ Trëlhà- Correre. Non si tratta di un vero e proprio gioco, in quanto consiste correre e saltare in libertà. -Apré anavën trëlhà, la diamënjo méc pitost anavën...trëlhà sal Pion da Charm …..Trëlhà nous lhi dixiën, squèrsaçià parélh, juavën a la loto.Dopo andavamo a trëlhà, la domenica solamente piuttosto andavamo a.. sul Piano della Charm...Trëlhà si diceva, scherzare così, giocavamo alla lotta.
Vanamente ho indagato l’etimologia di trelhar.
Una voce che potrebbe aver dato vita al nostro verbo ci viene dal latino trĭchĭla REW8894 “ laubhütte” [capanna di frasche]; gen. treğa, logodorés triya “laube” [pergola], francés treille, prov. trelha dal medesimo valore. Impossibile pensare ad un passaggio semantico tra il significato di trelha occitano, cosa intrecciata e treio/ treʤo fr.transport de joie, oc. delle valli momento giocoso, gioco, di intrattenimento. Bisogno dire che con questo abbigliamento grafico Levi riporta il verbo trelhar ma con il valore di: grimper, s’ateller come une treille.
Aggiungo a questa nota etimologica, una voce gallica che ci viene dal glossario di Vienne. Si tratta della parola treide = piede che risala ad una voce che risale ad una parola più antica * traget ( Delamarre 2003 pg 299) che l’autore mette in relazione con una antica parola francese triège “ trace, chemin” “ con la quale è forse imparentata.” Delamarre scrive ancora: “ La radice sembra quella del got. ƥragjan “ correre “ (*tragh-) in rapporto col greco trékhō “ correre” (*dhregh-)… “ Gallico, greco ?
In questo caso si resta in una situazione incerta ma ho potuto stabilire con certezza la presenza nelle nostre Valli di una famiglia lessicale sconosciuta ai grandi vocabolari della nostra lingua.
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