Marinai che si avventuravano nella nebbia fitta, silhouettes di pioppi allineati sugli argini, spartane capanne di canna affacciate sulle rive del fiume: ecco come si è presentato ai miei occhi, tra un verso e l’altro, il paesaggio del delta rodaniano alla prima lettura di alcuni passi de Lou Pouèmo dóu Rose (Il Poema del Rodano) di Mistral (1830-1914), scrittore occitano premio Nobel in letteratura. Immagini per niente nuove a me, che in un altro delta sono cresciuta, quello del fiume Po. Possibile che anche laggiù, oltre le Alpi, le popolazioni fluviali vivessero un tempo in villaggi quasi primitivi, devote e timorose insieme di quel fiume che a loro tanto dava quanto toglieva?
Ero alle lezioni iniziali del corso di Fortuna delle letterature romanze della professoressa Monica Longobardi; un percorso che ci avrebbe portato a scoprire, attraverso l’opera di autori occitani moderni, la Provenza mitica, antica patria dei trovatori. Un’affermazione in particolare aveva catturato la mia attenzione: “La Camargue, angolo estremo della Provenza, è stata comparata per le sue caratteristiche naturali di habitat paludoso al delta del Po”. Ho pensato che forse allora un fondo di verità c’era nelle mie supposizioni. In seguito sono rimasta stupita per l’enorme quantità di similitudini che ho trovato tra i due territori: luoghi che condividevano un passato e delle radici romanze e una storia dove il ruolo principale è stato giocato, così come succede anche altrove, dalla natura.
Non era la prima volta che sentivo parlare di un paragone tra i due delta e infatti ho verificato che già esistevano gemellaggi, nati principalmente con lo scopo di scambiarsi nozioni riguardanti lo sfruttamento delle materie prime in territori così simili. In entrambi i casi infatti il paesaggio è dominato da spazi aperti e verdeggianti, da distese lagunari prive di un confine ben distinto tra acqua e terra, paradiso dell’avifauna. Ma qualcos’altro è stato determinante per la decisione di avventurarmi in questa ricerca: il concetto di “geopoesia” o “letteratura di paesaggio” e cioè quel tipo di letteratura che ci permette di ricostruire l’immaginario di un determinato territorio grazie alla descrizione dei luoghi naturali e delle tradizioni dei popoli autoctoni. Sarei stata in grado di ritrovare elementi comuni anche nelle rappresentazioni di autori locali dei delta?
La risposta è stata positiva. Ho avuto modo di avvicinarmi alle opere in Langue d’Oc di scrittori come Frédéric Mistral e Joseph d’Arbaud, padri della rinascenza occitana del XIX e XX secolo, ma anche ai più datati testi nati con l’obiettivo di rivalutazione della Provenza, come quelli del medievale Gervasio di Tilbury e dell’umanista Pierre Quiqueran de Beaujeu. All’approfondimento della caratterizzazione specifica della Camargue si è affiancata l’individuazione di uno spirito di universalismo naturale in scrittori contemporanei quali Max Rouquette o Marcela Delpastre. Per quanto riguarda il mio delta invece ho attinto al patrimonio artistico del secondo dopoguerra, che risponde alle istanze del nascente movimento neorealista itliano, in letteratura così come nel cinema e nella fotografia. Personaggi chiave sono stati allora in questo caso il ferrarese Giorgio Bassani, il duo Celati-Ghirri, registi come Soldati e Vancini, ma anche voci meno conosciute come quella di Arturo Malagù che in un romanzo ci presenta il vecchio mondo dei “fiocinini”, i pescatori di frodo di anguille delle Valli di Comacchio. Senza contare il tentativo di scovare qualche dialettale che evocasse il paesaggio fluviale padano della mia zona, anche questo rivelatosi utile e fruttuoso.
Affascinata dalla volontà degli autori del Midi di conservare attraverso la scrittura la memoria delle proprie terre natali e con la speranza che la lingua delle minoranze continui ad essere salvaguardata, ho cercato di costruire, sebbene a grandi linee, una galleria degli artisti che nel mio delta si sono dedicati ad immortalare la loro realtà ed hanno fatto sì che questa non venisse completamente dimenticata. Tutto ciò assecondando il mio punto di partenza ovvero il tentativo di comparazione tra i delta, quello italiano del Po, e quello francese del Rodano.
Ringraziando Ines Cavalcanti per avermi offerto l’opportunità di esporre il mio lavoro di tesi su “Chambra d’òc”, colonna portante della promozione non solo della lingua occitana, ma anche di altre minoranze linguistiche e del loro potenziale letterario, mi auguro che la mia ricerca possa risultare gradita a tutti coloro che si dimostreranno interessati agli argomenti trattati, nel nome della diversità culturale e delle nostre radici comuni romanze.
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