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I motivi della Passione di Cristo nella letteratura occitana:
il "Camin de la Crous" di Mas–Felipe Delavouët

Lhi motius de la Passion de Crist dins literatura occitana: lo "Camin de la Crous" de Mas–Felipe Delavouët

Laureando: Giacomo Pavan
Relatore: Ch.ma Prof.ssa Monica Longobardi
Tesi di laurea scaricabile a fondo pagina

italiano

Giugno 2017.

Vagavo indaffarato e distratto tra i polverosi scaffali della biblioteca di lettere dell’Università di Ferrara in via Savonarola. Per uno studente magistrale in Filologia Moderna (Culture e tradizioni del Medioevo e del Rinascimento) questo è un luogo di culto, un rifugio dove alimentare e confermare un sapere ancora fluido e in fase di altalenante costruzione. Tra la selva di pensieri che assillavano allora la mia mente, spiccava l’imminente sessione d’esami estiva. Non so bene cosa, disorientato, cercassi quel giorno tra le migliaia di libri e riviste che, nel loro ordine maniacale, mi accoglievano in un cartaceo abbraccio culturale.

D’improvviso, dentro un’angusta stanza a lato di un ombroso corridoio dove di frequente mi era capitato di sostare per consultare dei libri inseriti nei programmi d’esame di un qualche corso, scorsi la prof.ssa Monica Longobardi che, ricurva su di una vecchia fotocopiatrice inceppata e tra dei grossi volumi, preparava le ultime lezioni dell’anno. Proprio quelle ultime lezioni a cui nel pomeriggio avrei attentamente assistito. Avevo infatti scelto, mosso da un neonato interesse viscerale per la poesia, di frequentare il corso di Fortuna delle Letterature Romanze da lei tenuto. Non ero del tutto a conoscenza di cosa fosse la filologia romanza, complice, a mia discolpa, una formazione triennale di stampo musicologico che aveva escluso necessariamente un argomento di così estrema importanza letteraria e culturale. Decisi di seguire le lezioni di quel corso, ai miei occhi innovativo, del tutto attratto e affascinato dall’oggetto del corso stesso: un viaggio nella terra luenchenca delle periferie trobadoriche tra autori occitani contemporanei (Mistral, d’Arbaud, Marcela Delpastre, Aurélia Lassque, Joan Ganhaire), taluni delle vallate alloglotte piemontesi (Bodrero, Salvagno), e altre personalità poetiche (Ida Vallerugo), per colmare una lontananza culturale ancora percorribile in virtù delle matrici culturali della letteratura provenzale e ancora tutelabile malgrado il disinteresse della società accademica italiana.

Cordialmente venni accolto e assorbito in quella nicchia da un inaspettato saluto da parte della prof.ssa Longobardi. Si ricordava di me o meglio del mio computer nero con cui a lezione prendevo assiduamente appunti, talvolta sconnessi e non precisi. Colpito da questo interesse umano e da questa inaspettata accoglienza mi intrattenni, balbettante, parlandole della mia passione per la poesia religiosa contemporanea (che amavo e tuttora amo leggere e meditare) e chiedendole se fosse a conoscenza di qualche autore occitano contemporaneo che riprendesse temi di natura cristiano-religiosa.

In quell’estivo istante inaspettato e totalmente casuale iniziai a concepire la mia tesi.

Ci congedammo allora con la promessa di aggiornarci per valutare la stesura di un elaborato finale.

In un primo momento mi venne segnalata dalla prof.ssa Sola Deitas, complesso esordio poetico del 1962 del poeta e sacerdote mistico rivoluzionario Jean Larzac, nonché primo esempio di via crucis poetica Novecentesca in occitano. Un’opera poetica impegnata in cui la sfilacciata grammatica dell’uomo contemporaneo viene meditata, quasi pregata, nelle stazioni della via crucis alla ricerca di una sorgente, Cristo, che risolva le incognite e le problematicità di un uomo e di un mondo contemporaneo in declino.

Trattandosi però di un’opera vasta, complessa nella forma e densa di simbolismi e riferimenti ermetici, mistici e dottrinali decidemmo, dopo un’abbozzata traduzione e un parziale approfondimento, di dirigersi versi altri lidi.

La scelta ricadde provvidenzialmente su di un autore provenzale grande e misterioso che alternava la sua attività di poeta al ritmato lavoro dei campi del suo maso: Mas-Felipe Delavouët (Marsiglia 1920 – Grans 1990) che nel 1964, varcata la soglia dei quarantaquattro anni, scrisse il Camin de la Crous (Cammino della croce), una meditazione poetica sulla via crucis che vide la stampa solo due anni dopo, nel 1966, a tiratura limitata e che in seguito venne ristampata, nel 1971, all’interno del secondo dei cinque che formano Pouèmo, unica e organica collezione poetica (o potremmo dire poema unico di vita) in cui l’autore raccolse (tra il 1971-1991) molti testi poetici elaborati e pubblicati precedentemente affiancati da nuove opere, dando vita a uno dei più grandi e prodigiosi monumenti letterari contemporanei prodotti in area occitanica.

Il Camin de la Crous si inserisce poi in una sottostruttura più articolata intitolata Triptique dóu Marrit Tèms (Trittico del cattivo tempo) un trittico letterario che, secondo un’ipotesi avanzata dallo studioso William Calin, prende spunto dalla vita di Gesù benché l’identità del re protagonista del trittico stesso rimanga, per volontà dell’autore – la cui religiosità è nota – ambigua, lasciando spalancata al lettore ogni possibilità di interpretazione.

In quattordici stazioni di alessandrini il poeta ripercorre, con un’implicita voce narrativa, le vicende della condanna e della morte del Re-Cristo in un testo dal tono solenne e asciutto che, se da un lato lascia poco spazio all’emozione o ad artifici retorici, dall’altro si carica di un forte simbolismo testimoniato dalla costellazione di immagini che popolano un testo in cui è stato possibile rinvenire anche molteplici riferimenti biblici, patristici e mitologici. In questa selva di simboli metaforici e allegorici l’immagine dell’albero riveste un’importanza simbolica e una presenza del tutto particolare. L’albero, sintesi del mondo vegetale, simboleggia per Delavouët, nell’intreccio delle sue radici e nella rete dei suoi rami, tutte le genealogie umane e, dando a vedere la successione delle stagioni, ricorda e permette all’uomo di comprendere il ciclo dell’esistenza universale. Il tronco è un ponte vivente tra forze solari e terra sottostante, un vettore di una comunicazione cosmica cielo-terra che coinvolge l’umanità fin dai tempi di Adamo e che proprio con quest’ultimo si è compromessa. Il senso e il culmine del Camin doloroso sta allora nella progressiva identificazione e poi simbiotica trasformazione del Re-Cristo morente e della croce, rispettivamente da albero vivo a legna e viceversa, ricomponendo, in questa metamorfosi, la frattura creatasi tra cosmo-cielo e terra con Adamo e l’albero della conoscenza.

L’analisi del Camin de la Crous è risultata inoltre arricchita dal confronto con il Camin de la Crous de Gardian, un’analoga via crucis, ma concettualmente più semplice, scritta sempre da Delavouët nel 1979 per assecondare le richieste di Daniel Campiano, parroco di Salin–de–Giraud, che desiderava realizzare per i gardians (i noti mandriani della Camargue) della sua parrocchia una via crucis per il Venerdì Santo. Nella tesi mi sono preoccupato inoltre di tracciare, in un breve capitolo di sintesi iniziale, il tema della presenza dei motivi della Passione di Cristo nella letteratura occitanica (e nell’area romanza), dal Medioevo al Novecento.

Ringrazio in questa sede, a conclusione della precedente presentazione, la prof.ssa Longobardi: la scoperta affascinante del mondo provenzale è merito suo; in aggiunta a lei sarò eternamente grato per avermi coinvolto nel Convegno Internazionale «E nadi contra suberna». Essere “trovatori” oggi (Ferrara, 20-21 novembre 2018) e per aver inserito il mio contributo “La via crucis dei gardian. Una Passione occitana” all’interno del programma del convegno stesso. La bellezza dei versi di Delavouët non sarebbe emersa nella traduzione italiana senza l’apporto, il confronto, la correzione e il parere della prof.ssa e poetessa Estelle Ceccarini (Aix-Marseille Université) a cui va ogni mio riconoscimento. La mia gratitudine va rivolta anche a Claude Mauron per avermi fornito, con estrema gentilezza, integralmente l’opera poetica di Delavouët. Con l’augurio di incontrarla presto a Grans dove ha fatto della sua casa il Centre Mas-Felipe Delavouët (http://www.delavouet.fr), ringrazio la vedova del poeta, Mme Arlette Delavouët a cui appartengono i diritti dei testi in occitano e che, in via del tutto eccezionale, mi ha concesso di riprodurre e pubblicare (Tutti i diritti riservati © Centre Mas-Felipe Delavouët – Arlette Delavouët). In questi mesi sta lavorando alla presentazione di una ristampa del Camin de la Crous che verrà presentata a Grans il 1 giugno 2019.

Ringrazio infine Ines Cavalcanti e l’associazione Chambra d’Oc per avermi offerto la possibilità di pubblicare e condividere il frutto di quello che per me è stato un lungo, ma gratificante camin.

G. P.

Tutti i diritti riservati © Centre Mas-Felipe Delavouët – Arlette Delavouët)

occitan

Junh 2017.

Vagavo afarat e destrach entre las estatgieras possierosas de la bibliotèca de letras de l’Universitat de Ferrara en via Savonarola. Per un estudent en Filologia Modèrna (Culturas e tradicions de l’Atge Mesan e de la Renaissensa) aqueste es un luec de cult, un refugi ente norrir e afortir un saber encara fluid e dins un moment en fasa de balançanta contruccion. Dins la forèsta de pensiers que alora tormentavon ma ment, se distinguia l’imminenta session d’exams estiva. Desorientat,ai pas ben çò que cerchèsse aquel jorn entre lhi miliers de libres e revistas que, dins lor òrdre maniacal, m’aculhion dins un abraç cultural de papier.


An un bòt, dins la pichòta estància da cant a un ombrós corredor ente sovent m’era arribat de sostar per consultar de libres inserits dins lhi programas d’exam d’un qualque cors, ai entrevist la prof.ssa Monica Longobardi que, corbaa sus una vielha fotocopiatritz emboschaa en al metz de gròs volums, preparava las darrieras leiçons que auriu seguit atentament. De fach aviu cernut, mogut da un vielh e visceral interès per la poesia, de frequentar lo cors de Fortuna delle letteraure Romanze da ilhe tengut. Saubiu pas gaire çò que foguesse la filologia romànica, bèla a causa, per me’n lavar, d’una formacion triennala de tipe musicològic que avia exclús necessariament un argoment d’una tala importança luterària e culturala. Coma aquò ai decidat de seguir las leiçons d’aquel cors, a mi uelhs innovatiu, encharmat dal tèma dal cors: “Un viaggio nella terra luenchenca delle periferie trobadoriche tra autori occitani contemporanei (Mistral, d’Arbaud, Marcela Delpastre, Aurélia Lassaque, Joan Ganhaire), taluni delle vallate alloglotte piemontesi (Bodrero, Salvagno), e altre personalità poetiche (Ida Vallerugo), per colmare una lontananza culturale ancora percorribile in virtù delle matrici culturali della letteratura provenzale e ancora tutelabile malgrado il disinteresse della società accademica italiana”.


Cordialament siu estat aculhit e absorbit dins aquela nicha da un salut inatendut da part de a prof.ssa Longobardi. Se sovenia de mi, o mielh de mon computer nier abo lo qual a leiçon d’un contun preniu d’aponchs, de bòts descosuts e pas precís. Tochat da aquel interès uman e da aquela aculhença inatendua me siu entretengut, begoleant, en lhi parlant de ma passion per la poesia religiosa contemporànea (que amavo e amo encara léser e meditar) e en lhi demandant se foguesse a conoissença de qualque autor occitan contemporàneu que reprenesse lhi tèmas de natura cristiana-religiosa. Dins aquel inatendut e dal tot casual instant estiu ai començat a concéber ma tèsi. Nos sem congedats abo la promessa de nos ajornar per valutar la redaccion d’un elaborat final.

D’abòrd m’es istat assenhat da la prof.ssa Longobardi Sola Deitas, complèx exòrdi poètic dal 1962 dal poèta e sacerdòt místic revolucionari Jean Larzac e premier exèmple de via crucis poètica dal ‘900 en occitan. Un’òbra poètica empenhaa ente la gramàtica desfilaa de l’òme contemporàneu ven meditaa, esquasi pregaa, dins las estacions de la via crucis a la recèrcha d’una sorsa, Crist, que resòlve las incògnitas e las problematicitats d’un òme e d’un mond contemporàneu en declin. Mas en se tractant de un’òbra vasta, complèxa dins la forma densa de simbolismes e referenças erméticas, místicas e doctrinalas, avem decidut, après una revirada esboçaa e un parcial aprofondiment, d’anar sus qualquaren d’autre.

La chausia es tombaa providencialament sus un autor provençal grand e misteriós que alternava son activitat de poèta al ritmat trabalh di champs de son mas: Mas-Felipe Delavouët (Marsiglia 1920 – Grans 1990), qu’ental 1964, passat lo suelh di quaranta quatre ans, escrivet lo Camin de la Crous, meditacion poètica sus la via crucis que a vist l’estampa ren que dui ans après, ental 1966, a tiratura limitaa, e qu’es istaa puei restampat ental 1971 dins lo second di cinc volums que formon lo Pouèmo, única e orgànica colleccion poètica (o poleríem dir poèma únic de vita) ente l’autor a reculhit (entre lo 1971-1991) un baron de tèxts elaborats e publicats precedentement aflancats da d’òbras nòvas, en donant vita a un di pus grands e prodigiós monuments literaris contemporàneus produchs dins l’àrea occitana.

Lo Camin de la Crous s’inserís puei dins una sosestructura pus articulaa entitolaa Triptique dóu Marrit Tèms, un tríptic literari que, second un’ipòtesi avançaa da l’estudiós William Calin, s’inspira a la vita de Jesús, ben que l’identitat dal rei protagonista dal tríptic rèste, per volontat de l’autor – dont la religiositat es conoissua – ambígua, en laissant dubèrta al lector tota possitat d’interpretacion.

Dins quatòrze estacions d’alexandrins lo poèta repercor, abo un’implícita vòutz narranta, las vicissitudas de la condamna e de la mòrt dal Rei-Crist dins un tèxt dal tòn solemne e eissuch que, se d’un cant laissa pauc despaci a l’emocion e a d’artificis retòrics, de l’autre se charja d’un fòrt simbolisme testimoniat da la constellacion d’images que pòblon un tèxt ente es istat possible trobar bèla mai d’una referença bíblicas, patrística e mitològica. Dins aquesta forèsta de símbols metafòrics e allegòrics l’image de l’àrbol reviest un’importança simbòlica e una presença dal tot particulara. L’àrbol, síntesi dal mond vegetal, simboleja per Delavouët, dins l’entrenosament de sas raïtz e dins la la ret de sas branchas, totas las genealogias umanas e, en donant a veire la succession d’las sasons, recòrda e permet a l’òme de comprene lo cicle de l’existença universala. Lo tronc es un pònt vivent entre las fòrças solaras e la tèrra en dessot, un vector d’una comunicacion còsmica cèl-tèrra que concèrn l’umanitat despuei lhi temps d’Adam e que pròpi abo el s’es compromesa. Lo sens e lo som dal Camin dolorós demora alora sins la progressiva identificacion e puei simbiòtica transformacion dal Rei-Crist murent e de la crotz, respectivament da àrbol viu a bòsc e vicevèrsa, en recompausant, dins aquesta metamòrfosi, la fractura se creaa entre lo còsme-cèl e la tèrra abo Adam e l’àrbol de la conoissença.

L’anàlisi dal Camin de la Crous, en mai, es resultaa enrichia dal confront abo lo Camin de la Crous de Gardian, un’anàloga via crucis, ma conceptualament pus simpla, escricha sempre da Delavouët ental 1979 per acontentar Daniel Campiano, curat de Salin-de-Giraud, que volia realizar per lhi gardians (lhi famós bergiers de la Camarga) de sa parròquia una via crucis per lo Venre Sant. Dins la tèsi, puei encara, me siu preocupat de traçar, dins un brèu capítol de síntesi iniciala, lo tèma de la presença di motius de la Passion de Crist dins la literatura occitana (e dins l’àrea romànica) da l’Atge Mesan al Nòu Cent.

Remerciu aicí, a conclusion de la precedenta presentacion, la prof.ssa Longobardi: la descubèrta fascinanta dal mond provença es mérit siu; de mai lhi serei eternament grat per m’aver mesclat dins l’encòntre internacional “«E nadi contra suberna». Essere “trovatori” oggi (Ferrara, 20-21 novembre 2018) e per aver inserit mon contribut “La via crucis dei gardian. Una Passione occitana” dins lo programa de l’encòntre. La belessa di vèrs de Delavouët seria pas emerjua dins la revirada italiana sensa l’apòrt, lo confront, la correccion e lo vejaire de la prof.ssa e poetessa Estelle Ceccarini (Aix-Marseille Université), a la quala vai tot mon reconoissiment. Ma gratiduda vai decò a Claude Mauron per m’aver fornit, abo un’extrèma gentilessa, integralament l’òbra poètica de Delavouët. abo l’auguri de l’encontrar lèu a Grans ente a fach de sa maison lo Centre Mas-Felipe Delavouët (http://www.delavouet.fr), remerciu la veva dal poèta, Mme Arlette Delavouët, a la quala apartenon lhi drechs di tèxts en occitan e que, en via dal tot excepcionala, m’a permés de reproduire e publicar (Tuchi lhi drechs reservats © Centre Mas-Felipe Delavouët – Arlette Delavouët). Dins aquesti mes es a trabalhar a la presentacion d’una reedicion dal Camin de la Crous, que venerè presentaa a Grans lo 1 de junh.

D’en darrier remerciu Ines Cavalcanti e l’associacion Chambra d’òc per m’aver ufèrt la possibilitat de publicar e partatjar lo fruch d’aquel que per mi es istat un chamin lòng, mas gratificant.