Questo articolo sarà breve, come imperativo categorico, per dare spazio a ciò che è più importante, la poesia, e in questo caso ad una voce quanto mai meritevole di essere ascoltata. Il poeta in questione è Velimir Chlebnikov. Nato in Russia nel 1885, nell’Oblast di Astrachan, visse a cavallo fra il XIX e il XX secolo, conducendo una una vita travagliata, ad ogni modo eccezionale, fino al 1922, anno della sua morte, a quanto pare per “consumazione”.
Fu un personaggio unico, indescrivibile in poche parole. “In Persia, dove era sceso con l’Armata Rossa nella primavera del ’21, si sostentava di pesci gettati a riva dalle onde del Caspio. Per comprarsi del cibo, a Enzeli, vendette al mercato camicia e calzoni, vestendosi di tela di sacco, ma subito dopo, incontrata una mendicante, le diede tutto il denaro”. Si interessò di tutto, dalla storia alla scienza, alla matematica, alla linguistica, ovviamente all’arte, alla psicologia, al simbolismo e a quel molto di più che cercò di comprimere nelle sue poesie. Giunse a ricercare una lingua transmentale e fu uno dei principali esponenti del Futurismo, dando vita ad una lingua poetica detta “zaum”, pur essendo capace di esprimere il suo sentire anche con estrema semplicità:
Quando stanno morendo, i cavalli respirano,
quando stanno morendo, le erbe intristiscono,
quando stanno morendo, i soli si spengono,
quando stanno morendo, gli uomini cantano. ¹
Pensando a Chlebnikov mi vengono in mente tre parole: profondità, vertigine, radice-presenza. La sua poesia è il risultato di una continua ricerca interiore che spazia in ogni tempo: “L’arte di Chlebnikov oscilla tra gli accorgimenti d’un primitivismo illusivo e le macchinose visioni dell’avvenire, quasi sempre del resto enunciate al passato. Già la sua posa di mago e profeta ed astrologo è connessa con questo sentimento del primordiale”. In un’ottica esistenziale turbolenta, angosciata, ma anche meditativa, come traspare dalla poesia qui sopra, e mistica visionaria, ciò ch’è facilmente percepibile in tutta la sua opera e nella poesia-motivo a quelle che verranno presentate, dalla quale sono tratte le parole contenute nel titolo dell’articolo.
Pur senza rendersene conto, e di certo meno noto di altri, è stato probabilmente uno dei più grandi poeti del ‘900 e anima, benché ai margini, dell’atmosfera antropologica in cui ha vissuto. E la sua poesia continua ad essere attuale. Simpaticamente, avrei intitolato, questo articolo “Dalla Russia con amore”. Pochi autori, infatti, a mio avviso, hanno vissuto e saputo descrivere l’anima profonda del loro paese quanto egli, ciò che trabocca ad ogni istante dalle poesie che nella sua intensa e fugace vita ha saputo concepire. Una poesia rivelatrice, con cui scottarsi serenamente, senza paura del dolore. La scelta delle poesie sarà manchevole, scarna, ma non credo insignificante, è impossibile. Come aprire un libro di Ungaretti, o guardare un quadro di Rotko.
Oggi il mondo sta scricchiolando – Astaroshna! – e il paese di questo grande poeta, che egli amò visceralmente, è percepito come nemico (forse che, fra tutti gli aggettivi, dovremmo considerare la controparte un amico?). Scusate, che tristezza. Non importa, continueremo a leggere le poesie di Chlebnikov, Mandel’stam, Achmatova, Puškin, i romanzi di Tolstoj, Bulgakov, Dostoevskij, persino i trattati di Solovev e le teorie d’attuali invisi come Dugin, ad ascoltare Ciaikovskij, Prokofev, Shostakovic, Stravinskij, ad emozionarci davanti ai quadri di Kandinskij e di Chagall. Ma davvero, stiamo scherzando? Perché esiste l’arte e la bellezza, nonché la conoscenza, le quali sono al di sopra dei conflitti umani e al più, se prese sul serio, possono aiutare ad esplorarli, comprenderli e forse a risolverli.
Spero davvero che queste poesie tocchino la sensibilità del lettore, poiché come sola arma d’offesa possiedono la capacità di emozionare, far ragionare e procurare piacere intellettuale e dunque non potranno far altro che accrescere la conoscenza di sé stessi e del mondo, oggi purtroppo, come noi ad ogni istante, anch’esso sull’orlo del precipizio. Il fondo è immaginabile. Il punto è fermarsi e riflettere, pensare. Invito a osservare le immagini disponibili del personaggio in questione, a partire da quella qui proposta, ma soprattutto da quella in fronte al gioiello letterario italiano del 1968, pubblicato dalla casa editrice Einaudi, dal quale sono tratte le preziose citazioni qui presenti. Vestito in divisa, con lo sguardo serio che trapassa l’obiettivo, pare chiederci, da buon poeta, comunicativo e intelligente, in questo caso telegrafico: “Quando c’era Adamo ed Eva, chi vinceva, chi perdeva?”. Buona lettura.
Мирооси данник звездный,
Я омчусь, как колесо,
Пролетая в миг над бездной,
Задевая краем бездны,
Я учусь словесо.
Preposto al servizio delle stelle,
io giro, come una ruota,
che s’invola all’istante sull’abisso,
che finisce sull’orlo del precipizio,
io imparo le parole.
(traduzione di Maria Pia Pagani)
Mi sono visibili
Mi sono visibili il Cancro, l’Ariete,
e il mondo è solamente una conchiglia,
dove fa da perla
ciò di cui sono malato.
Tra fischio di fremiti incede uno scalpito, una specie di Č,
e allora le onde e i pensieri mi parevan parenti.
Come vie lattee qua e là spuntano donne.
Di affabile banalità
è inebriata la nebbia.
Stanotte amare poteva persino una tomba...
E il vino serale
e donne serali
si intrecciano in un’unica ghirlanda,
di cui sono il fratello minore.
Bobeòbi
Bobeòbi si cantavano le labbra
veeòmi si cantavano gli sguardi
pieeo si cantavano le ciglia
lieeej si cantava il sembiante
gzi-gzi-gzeo si cantava la catena:
così sulla tela di alcune corrispondenze
fuori della dimensione viveva il Volto.
Девушки, те, что шагают
Сапогами черных глаз
По цветам моего сердца.
Девушки, опустившие копья
На озера своих ресниц.
Девушки, моющие ноги
В озере моих слов.
Le ragazze, quelle che camminano
con stivali di occhi neri sui
fiori del mio cuore.
Le ragazze che abbassano le lance
sui laghi delle proprie ciglia.
Le ragazze che lavano le gambe
nel lago delle mie parole.
Vento-canto
Vento-canto.
Di chi e su che cosa?
Impazienza
ha la spada d’esser palla.
Gli uomini vezzeggiano il giorno della morte,
come un fiore prediletto.
Sulle corde dei grandi, credete,
suona adesso l’Oriente.
Forse un nuovo orgoglio
ci darà il mago delle splendide montagne,
e, battistrada di molta gente,
indosserò la ragione come un bianco ghiacciaio.
Io discesi giovane da solo
Io discesi giovane da solo
nella notte profonda,
sino a terra ricoperto
dai tesi capelli.
C’erano intorno la notte
e una gran solitudine,
avevo voglia di amici,
voglia di me stesso.
Accesi i capelli, avventandomi
con brandelli di riccioli,
accesi dei campi, degli alberi –
e tutto si fece più gaio.
Ardeva il campo di Chlebnikov.
E l’Io fiammeggiava nel buio.
Adesso me ne vado,
dopo aver appiccato
il fuoco coi capelli,
ed invece dell’Io
è rimasto il Noi!
Incedi, severo varjago!
Arreca la legge e l’onore.
Годы, люди и народы
Убегают навсегда,
Как текучая вода.
В гибком зеркале природы
Звезды - невод, рыбы - мы,
Боги - призраки у тьмы.
Gli anni, gli uomini e i popoli
fuggono via per sempre,
come l’acqua fluente.
Nel duttile specchio della natura
le stelle fan da rete, noi da pesci,
i numi sono spettri in grembo al buio.
«Ecco la barca...»
«Ecco la barca,
compagno Gul Mullā! Sali, ti porteremo!
Sei senza denaro? Non fa niente.
Sali! Anche così ti porteremo!»
a gara ciargottavano le chiatte.
Mi metto accanto a un vecchio.
È bonario e bello, e a tratti intona canti sulla Turchia.
Frusciano i remi. Vola un cormorano.
Si va da Enzeli a Qazvīn.
Ch’io rechi fortuna? Perchè sono tanto
smaniosi di traghettarmi?
È che in Persia non c’è cosa più degna
che essere un Gul Mullā, un tesoriere
dell’aureo inchiostro della primavera
nel primo giorno del mese di Aj.
Ruzzando, gridare Aj
ad Aj, pallida luna,
quando appare da destra.
Dare all’estate un po’ del proprio sangue,
ed alla primavera crini d’oro.
Ogni giorno mi stendo sulla sabbia,
e così mi addormento.
La legge delle altalene
La legge delle altalene prescrive
d’aver calzature ora larghe ora strette.
Al tempo di farsi ora notte ora giorno,
ora al rinoceronte ora all’uomo d’essere signori della terra!
Из мешка
На пол рассыпались вещи.
И я думаю,
Что мир —
Только усмешка,
Что теплится
На устах повешенного.
Dal sacco
si sparsero al suolo le cose.
Ed io penso
che il mondo
è soltanto un sogghigno,
che luccica fioco
sulle labbra di un impiccato.
Russia, tu sei tutta un bacio nel gelo!
Russia, tu sei tutta un bacio nel gelo!
Azzurreggiano strade notturne.
Un lampo azzurro amalgama le labbra,
azzurreggiano insieme quello e quella.
Nelle notti talvolta un lampo vola
dalla carezza di labbra accoppiate.
E a un tratto aggira lesto le pellicce
il lampo, azzurreggiando senza sensi.
Ma luccica la notte, saggia e nera.
(traduzione di Angelo Maria Ripellino)
И вечер темец,
и тополь земец,
и мореречи,
и ты, далечe!
E il vento è buio,
e il pioppo è terra,
e il mare chiacchiera,
e tu, lontano.
La cavalletta
Allettando con scrittura dorata
di sottilissime vene,
una cavalletta ha posato nel panier della pancia
molte eriche e erbe costiere.
Pìn, pìn, pìn! S’è spezzato lo zenzero.
Oh, cignamente!
Oh, illumina!
La libertà arriva nuda
La libertà arriva nuda,
gettando nel cuore dei fiori,
e noi, andando al passo con lei,
al cielo diamo del tu.
Noi, guerrieri, con coraggio picchiamo
con il braccio su scudi severi:
governo del popolo sia,
e sia sempre, per sempre, qui, là.
Alle finestre vertigini cantino,
in mezzo a canti sull’antico cammino,
del suddito fedele del Sole,
il popolo che si è liberato.
Мне мало надо!
Краюшку хлеба
И каплю молока.
Да это небо,
Да эти облака!
Poco mi serve.
Una crosta di pane,
un ditale di latte,
e questo cielo
e queste nuvole.
Adesso, io, son come tutti
Adesso, io, son come tutti.
Molta pena.
La semina cattiva.
A chi piace e è simpatica
la stecca?
Mi voglion bene? – A te?
Sì.
Tu sei una stella.
Non
ci sono cieli
e non ce ne saranno.
Il riso sveglia il silenzio.
Se voi amate anche voi stessi
Se voi amate anche voi stessi,
allora in voi non sarò mai preghiera, io.
Ma uno sguardo azzurro è un dono eterno,
e l’ombra torce il tempo in querce.
Vedevo un giovane profeta
Vedevo un giovane profeta
che si chinava sui capelli di vetro
di una cascata, dentro un bosco.
Dentro il burrone c’era un’aria di montagna,
e dei giganti, in mantelli verdi,
fatti di piante ostili e velenose,
muovevano un rosario con la mano.
Участок — великая вещь!
Это — место свиданья
Меня и государства.
Государство напоминает,
Что оно все еще существует!
La stazione di polizia è una gran cosa!
È il punto d’incontro tra me e il governo.
E al governo torna in mente
che quel punto esiste ancora.
I pidocchi ottusamente adoravano me
I pidocchi ottusamente adoravano me,
tutte le mattine si arrampicavano per il vestito,
tutte le mattine io li giustiziavo –
senti gli scoppi –
ma loro comparivano ancora, quieta risacca.
Il mio divino bianco cervello
ho donato, Russia, a te:
sii me, sii Chlebnikov.
Ho piantato palafitte nel cervello del popolo, e perni,
ho fatto io la casetta-palafitta
«Noi siamo: quelli che saranno».
Tutto questo l’ho fatto come un povero,
come un ladro, maledetto ovunque dagli uomini.
Quando c’era Adamo ed Eva
Quando c’era Adamo ed Eva,
chi vinceva, chi perdeva?
(traduzione di Paolo Nori)
¹(traduzione di Angelo Maria Ripellino)
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