(Le parti di testo in grassetto sono scritte di mia mano; il resto è opera degli autori dei testi ed è stato riprodotto integralmente).
La rivista "Coumboscuro" ha adottato sin dagli inizi degli anni Sessanta la grafia mistraliana, che continua ad usare tuttora.
Sul N.2 del 1962 fu pubblicata la seguente tabella di riferimento per la lettura dei testi:
u = u francese e piemontese (es.dur)
ou = u italiano (es.uva)
ç = s dura (es.borsa) corrispondente alle forme italiane con z (es.speranza)
cioun = terminazione di parola con s dura (v.discussione) corrispondente dell'italiano "azione, emozione"
qui, que = italiano chi, che
j = g italiano (es.gioco)
Nel corso degli anni alcuni autori dell'Escolo iniziarono ad adottare alcuni grafemi che si distanziavano dalla tabella sopra riportata; si segnalano in particolare:
-<ci>, <c> e <cc> in finale di parola ([ʧ]) passa progressivamente a <ch>: ad esempio da ciansoun si passa a chansoun; in finale di parola da especc, nuec si passa a espech, nuech;
-<c> in finale di parola sostituirà la <q> ([k]): ad esempio da bosq a bosc, da stanq a stanc;
-emerge l'uso della <z> (per [s] e [z]): ad esempio in tourzù, zut, bezelà, fratelanzo, esperanzo, Prouvenzo;
-emerge anche l'uso di <gu> ([g]) al posto di <gh>: ad esempio in auguio;
-in rari casi, e soprattutto per gli autori delle valli occitane in provincia di Torino, compare <lh> ([ʎ]): ad esempio in alcuni testi di Teofilo Pons della valle Germanasca troviamo soulelh, brilhant (Lou garc, 1964), travalhàr (Jan Tranquile e sa maire, 1964);
-l'uso di <h> intervocalica per indicare lo iato: ad esempio in meravìho.
Sul N.11 del 1965 la redazione aggiungeva alla tabella sopra riportata le seguenti indicazioni:
cha, cho, chou = italiano cia, cio, ciu (chabro: ciabro)
gue, gui = italiano ghe, ghi
ce, ci = se, si (italiano sera)
La tabella più completa apparsa su "Coumboscuro" in questi primi anni Sessanta fu pubblicata sul N.16; la redazione spiegava: "per opportune ragioni di omogeneità, nel seno di una più ampia tradizione linguistica, si sono seguiti i criteri ortografici della parlata provenzale del Rodano, adottati da Federico Mistral e dal movimento mistraliano":
ou = u italiana
u = u francese
ch = c dolce palatale (chambro = pron.ciambro)
j = g dolce palatale, davanti ad i (journ = pron.giurn)
que, qui = it che, chi
gue, gui = it. Ghe, ghi
ce, ci = se, si dure (silenci: silensi)
-Sulle sillabe terminali toniche delle parole uscenti in A non viene segnato l'accento di troncamento (es.verita)
-Così pure per le sillabe toniche uscenti in I e U (es.feni: finito; agu: avuto)
-L'accento si mantiene invece nei troncamenti di parole in E ed O (es.perqué: perché, acò : ciò)
-Le sillabe toniche in corso di parola vengono segnate con accento quando la pronuncia può apparire incerta e nei dittonghi OU (es.iòu= uovo) ed EU (néu = neve).
Sul N.20 la redazione aggiungeva le seguenti indicazioni:
-é: e acuta (liéch: letto)
-è: e grave (vèel: vitello)
e sul N.37 precisava che:
-vengono accentati i dittonghi OU (es.iòu: uovo) ed EU (es.nèu: neve).
Sul N.44 del 1972, in risposta alla Proposta di grafia per la trascrizione delle parlate provenzali d'Oc delle valli cisalpine, la redazione elencò le proprie obiezioni alla grafia che prenderà il nome di "concordata" o "dell'Escolo dóu Po:
1) S sonora: scriveremo, come da anni: BASSO = bassa (e non «baso»); GRASSO = grassa (e non «graso»); BRASSO = bracciata, unità di misura (e non «braso») ecc.
Riteniamo la S unica, in funzione di sonorità, forzatura non inseribile senza un senso di fastidio nel meccanismo percettivo del lettore; esteticamenite una dissonanza non immune da sciatteria, con riflessi negativi nell'armonia d'insieme del sistema. Come per il linguaggio della pittura e della scultura, così anche per i segni della grafia esiste una bellezza formale.
2) S preceduta da consonante: analogamente, scriveremo DANÇO = danza (e non «danso»), ESPERANÇO = speranza (e non «esperanso»), FORÇO = forza (e non «forso ») .
Se ciò potrà presentare una lieve patina di francesismo, (non si tema, siamo immuni da centralismi: chi, finora, è stato più anticentralista di «Coumboscuro»?), nulla di male: a noi spetta caratterizzarci specialmente in funzione antiromana, lasciando alle genti d'Oc transalpine di vedersela con Parigi.
3)DITTONGHI con a, o, + ou: li renderemo con àu, òu, accentando la a e la o. Non già perché questo è il criterio mistraliano, ma per non cadere anche qui in brutture grafiche: si consideri quale carico di vocali si accumuli infelicemente in «biòou» = bue, in «diàou» = diavolo, in draiòou = sentiero, pista.
commenta