Portare a morire gennaio è un'antica tradizione che si è tramandata a Groscavallo, nelle alte Valli di Lanzo (TO). L'ultimo giorno di gennaio gli abitanti si riuniscono e passando festosi da una stalla all'altra trasportano un fantoccio antropomorfo realizzato con vecchi abiti riempiti di paglia e foglie e vestito da un ragazzo del paese, che impersonifica Giné. Il fantoccio, rappresentazione simbolica di gennaio, viene malmenato con calci e bastonate fino alla morte. Nel vicino paese Forno Alpi Graie è attestata la medesima tradizione, ma il fantoccio assume le somiglianze di un orso.
Questa particolare tradizione è sicuramente da collegare alle festività di carnevale, connesse a loro volta agli antichi riti di rinnovamento, di purificazione e di rinascita.
Tali riti molto arcaici hanno probabile origine nei culti agrari, nelle feste della fertilità, quei riti propiziatori con una fondamentale funzione sociale. Nelle culture legate a una percezione ciclica dell'anno, questi riti sono fondamentali perché rappresentano la fine di un ciclo che corrisponde alla nascita di un altro. E' l'eterno ritorno. La morte del vecchio è necessaria affinché avvenga un rinnovamento, una rinascita. Ma “il vecchio”, il fantoccio, è anche capro espiatorio di tutti i mali dell'anno passato e per questo va distrutto, ucciso, bruciato. Questo momento delicato di passaggio da una dimensione a un'altra, dalla morte alla rinascita, rappresenta un luogo liminare, di confine, rappresenta il caos. Il carnevale è il mondo alla rovescia, il capovolgimento dell'ordine prestabilito, un tempo in cui tutto è permesso, un tempo di abbondanza, un tempo in cui i ruoli sociali sono rovesciati, in cui lo sfogo è concesso e libero. E' il caos a dominare, necessario affinché si possa rigenerare e ricostituire l'ordine cosmico, specchio dell'ordine sociale. Questi rituali seguono sempre schemi precisi: processo, condanna, testamento, funerale (la morte sovente è col fuoco), del capro espiatorio. Negli stessi canti tradizionali si trova ancora traccia di alcuni di questi passaggi, come nelle “canzoni bugiarde”, che rappresentano e descrivono il mondo alla rovescia o il testamento dell'asino, in cui varie parti del corpo vengono lasciate a specifiche persone. Caratteristica di questi canti è l' iteratività, la ripetizione di brevi moduli, di schemi, e l'ironia, l'assurdità. Caratteristiche fondanti del carnevale.
Le origini di queste feste si perdono nella notte dei tempi, ma il loro significato e la loro funzione hanno attraversato culture e luoghi. Si trovano nelle feste greche dionisiache, nei saturnali romani, nelle “navi dei folli” di retaggio celtico, nel portare a morire gennaio di Groscavallo.
Sebbene la tradizione a Groscavallo fosse interrotta da decenni è per merito della sua comunità, senza intervento esterno, senza “regia”, e soprattutto per la volontà e l'entusiasmo di un gruppo di giovani che dal 2014 si è ripresa, tornando a vivere dopo un lungo sonno.
Infatti dal 2014 la pro loco di Groscavallo organizza l'ultimo sabato sera di gennaio una carovana itinerante di musica, canti e maschere con a capo Ginè , portato a morire. Il percorso va dalla frazione più alta, Forno Alpi Graie, fino a quella più bassa, Bonzo e prevede tappe nei ristoranti e nei locali del comprensorio al fine di coniugare l'antico rito carnevalesco con la tradizione enogastronomia del territorio montano. D'altronde il cibo e le libagioni sono da sempre base fondante dei riti propiziatori. Certamente non manca la musica, infatti sono ancora conosciute e cantate nelle Valli di Lanzo le tradizionali “Martine”, caratteristiche del periodo carnevalesco.
La terza edizione si svolgerà sabato 30 gennaio 2016 con partenza prevista per le ore 18.30 presso la piazza di Forno Alpi Graie. Seguiranno le tappe: ristorante Ca di martu, bar Cit ma bun, albergo Pialpetta, ristorante Il Setugrino e conclusione nella frazione Bonzo con vin brulé.
Al programma di quest’anno parteciperà l'associazione culturale Chambra d'Oc e, su invito della pro loco, il gruppo musicale Blu l’azard che nel loro progetto artistico, di cui si trova traccia nel cd Enfestar, valorizzano il patrimonio di musiche e canti della tradizione francoprovenzale, tra cui il canto della “Martina”, e nello stesso spirito condiviso reinterpretano la cultura musicale di appartenenza in modo creativo.
Particolarmente significativo è che siano stati gli abitanti stessi di Groscavallo ad aver ridato vita all'antico rito. E' infatti nella valenza sociale la forza di queste feste che sono comunità, creano comunità, mantengono legata la comunità. E' in una società unita che è possibile dare valore all'esistenza, esorcizzare paure e solitudini, dare forma al proprio territorio e reinventarsi sistemi esistenziali in grado di gestire e non subire i cambiamenti politici e sociali, in un continuo alternarsi di morti, nascite e rinascite.
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