Teofilo G.Pons, Dizionario del dialetto valdese della Val Germanasca (Torino), Torre Pellice (Società di Studi Valdesi) 1973, pp.C-275, con 2 cartine e 16 Tavole f.t.

La pubblicazione dell'atteso Dizionario di T.G. Pons - che esce con un certo ritardo rispetto alla data di stampa, in parte a motivo di difficoltà di ordine tipografico di cui si vede traccia nella lunga lista dell'errata-corrige - viene a colmare una grossa lacuna nel campo degli studi sulle parlate valdesi. Esso si presenta del resto anche come la prima opera del genere nell'ambito delle raccolte dialettali relative alle varietà di provenzale parlate sul versante italiano delle Alpi.
Con un lessico di "oltre 7000 vocaboli", che include la quasi totalità del patrimonio dialettale della Val Germanasca, e "oltre 700 proverbi, 350 nomi di piante e fiori di montagna" (p. X), il Dizionario, benché "destinato al pubblico 'patoisant' in genere, piuttosto che ai linguisti e ai dialettologi di professione" (p. X), costituirà anche per questi ultimi un ottimo strumento di informazione e di lavoro.
Precedono la raccolta vera e propria, un'ottantina di pagine introduttive, che comprendono: Notizie geografiche sulla Valle (pp. XIII-XVI), Cenni storici sulle vicende del popolo valdese (pp.XVII-XXI) e sui contatti e rapporti di questa con Le parlate delle aree circostanti (provenzale d'oltralpe e piemontese) e con le lingue di cultura (italiano e francese) che sulla parlata hanno variamente influito (pp.XXXIII-XXXIX). Quindi le indicazioni per la lettura del testo, Segni di trascrizione e note fonetiche (pp.XLI-XLV), e una piccola grammatica, Appunti morfologici (pp. XLVII-LXXXIV), ambedue di A.Genre. Infine, una Bibliografia dialettale valdese (a cura di T.G.Pons e A.Genre) che dà conto "degli scritti attinenti alle parlate valdesi attuali o recenti" (letteratura e studi vari)", per i quali non si disponeva sinora di un elenco bibliografico (pp. LXXXVII-C). Completano il volume, un centinaio di interessanti disegni etnografici di G.Grill (Tavv.f.t,) e due Cartine (area occitanica e Val Germanasca) di P.Oudry.
L'idea di preparare un Dizionario valdese risale al 1890. Nacque in seno alla 'Société d'Histoire Vaudoise' (l'attuale 'Società di Studi Valdesi'), nella quale l'interesse per il patrimonio dialettale delle Valli era stato suscitato dal fiorire in quegli anni di studi storico -linguistici sui testi della letteratura valdese medioevale e, in misura minore, sulle stesse parlate valdesi (cfr. per un'informazione più ampia, le pp.XXX e XXXI del Diz.).
A proposito di questi ultimi, va ricordato che in quegli stessi anni era uscita sull'Archivio Glottologico Italiano (XI (1890), pp.309-415; XII (1892), pp. 28-32) l'importante ricerca di G.Morosi su 'L'Odierno linguaggio dei Valdesi del Piemonte, imperniata sulla parlata di Prali, in cui si riportava una notevole messe di vocaboli. La raccolta era destinata ad arricchirsi successivamente, poiché l'autore aveva in mente (v. Morosi, op.cit., p.328) di ampliare il suo lavoro in varie direzioni, "riprendendo", tra l'altro, e "completando l'opera di Chabrand e Rochas d'Aiglun" (Patois des Alpes Cottiennes (Briançonnais et Vallées Vaudoises) et en particulier di Queyras, Grenoble-Paris 1877), nella quale i termini relativi alle nostre parlate -su cui gli autori erano del resto male informati- si trovano inseriti, senza alcuna indicazione che li evidenzi, nel materiale raccolto oltralpe che costituisce il nucleo del lavoro. La morte di Morosi, sopravvenuta poco tempo dopo, pose fine anche a questo progetto.
Già in precedenza però era apparso in Germania il lavoro di A.Rösiger, relativo alle colonie valdesi del Württemberg, Neuhengstett (Bourset), Geschichte und Sprache einer Waldenser-Colonie in Württemberg, Greifswald 1883, con un glossario di circa 450 vocaboli. E anche in seguito, mentre del Dizionario progettato dalla 'Société d'Históire Vaudoise' non si parla più, si registra tutta una serie di studi che rivelano, sia pure talvolta in forma marginale, e quindi con risultati quantitativamente modesti, un ininterrotto interesse per la registrazione del nostro lessico e si pongono pertanto su un'ideale linea di prosecuzione che dal progetto iniziale della 'Société d'Histoire Vaudoise' giunge sino al presente Dizionario. Citeremo fra questi: Die Sprache der Waldenserkolonien in Serres und Neuhengstett (Württemberg) ZRPh, 50 (1930), pp.437-483, di K.Boger e E.F. Vogt, con le risposte alle 1920 domande del questionario dell'Atlante linguistico francese; Waldensian Speech in North Carolina, ZRPh, 54 (1934), pp.500-513, di U.T.Holmes, con le risposte alle prime 412 domande dell'Atlante italo-svizzero; Beiträge zur Wort und Sachkunde des Germanasca-Gebietes, 'Archivum Romanicum', 23 (1936), pp.377-430, di E.Hirsch (circa 700 voci); La parlata provenzaleggiante di Inverso Pinasca (Torino) e la penetrazione del piemontese in Val Perosa e in Val San Martino, Torino 1966, di Ilia Griset, con un indice di circa 1500 vocaboli; ecc. Un importante contributo recano poi le inchieste (8 complessivamente) degli Atlanti linguistici francese, italo-svizzero e italiano (v.nella Bibliografia cit.sopra).
Ora, tanto dal punto di vista metodologico, quanto nei risultati, il Dizionario di Pons si qualifica, e in parte è ovvio, come qualcosa di alquanto diverso, nei confronti: sia dei glossari aggiunti alle monografie, in genere con funzione di riferimento; sia delle inchieste svolte per conto (o sul modello) degli atlanti linguistici, sulla base di un questionario ridotto e precostituito, concepito per un rilevamento da effettuarsi su scala nazionale; sia anche del Dizionario del 1890 che, a giudicare dal rapporto presentato nel 1891 alla 'Société d'Histoire Vaudoise' dalla commissione incaricata della sua compilazione (v.P.Rivoire, Rapport présenté à la Société d'Histoire Vaudoise sur la méthode à suivre dans la composition d'un Dictionnaire Vaudois, 'Bull.d. la Soc. d'Hist, Vaud.', 9 (1891), pp, 75-79), avrebbe dovuto farsi con criteri di raccolta non molto dissimili da quelli adottati nelle inchieste per gli atlanti linguistici.
Frutto di oltre cinquant'anni di ricerche portate avanti con lo scrupolo dello studioso e con la coscienza, l'amore e la dedizione di un 'patoisant' che crede nei valori espressi dalla parlata che viene registrando, l'opera di Pons è molto più di un elenco di voci dialettali. A chi sappia leggerlo, esso offre un vasto panorama degli usi e costumi della Valle, della vita sociale ed economica di questa comunità montanara a lungo esclusa da contatti regolari col mondo esterno, a motivo della fedeltà ad un ideale religioso e di libertà che ne ha fatto una minoranza tra le stesse finitime minoranze montane di parlata provenzale. Una comunità che tuttavia ha saputo reagire ed uscire dall'isolamento in cui era costretta, aprendosi alla cultura esterna con una tenacia e uno slancio che, date le circostanze e le condizioni di vita, hanno per certi aspetti del prodigioso. Il prezzo pagato per raggiungere questa meta, difficilmente può essere inteso da chi non ha vissuto o conosciuto la miseria e i drammi quotidiani della nostra gente. Queste cose appartengono in parte al passato, fortunatamente. Un passato abbastanza vicino comunque: il tempo non ha cancellato ancora la traccia dei campi ricavati sulle rocce con terra di riporto per trarne qualche prodotto in più, degli squallidi casolari in cui la povertà costringeva le famiglie dopo le fatiche giornaliere. Un riflesso di tutto ciò traspare chiaramente nel Dizionario, attraverso la fraseologia, i proverbi, le espressioni caratteristiche. E insieme note di costume, di ambiente; vestigia di antiche e ingenue credenze; illuminazioni sulla moralità locale, non di rado ancora improntata a un rigore di stampo calvinista; e così via.
Quanto al lessico, della cui ricchezza si è già detto, non sarà inutile rilevare che l'averne iniziata la raccolta mezzo secolo fa ha permesso all'Autore di includervi una lunga serie di vocaboli, attinenti per esempio alla terminologia dell'artigianato o alla nomenclatura botanica, che sarebbe quasi impossibile raccogliere al giorno d'oggi.
Nelle pagine introduttive, le notizie geografiche e storico-linguistiche saranno certamente utili, oltre che ai destinatari del Dizionario, anche e soprattutto a quanti sono digiuni di cose valdesi.
Gli Appunti morfologici, per quanto contenuti necessariamente in limiti ristretti, dovrebbero infine bastare, assieme al capitolo Segni di trascrizione e note fonetiche, a dare un'informazione generale sulle caratteristiche articolatorie e grammaticali più salienti della parlata. In particolare, qualora venisse varata dalla Regione la proposta che prevede l'introduzione nelle scuole elementari (e medie inferiori?) di un insegnamento relativo al patrimonio culturale locale, essi potranno anche essere utilizzati dagli insegnanti per le lezioni.
Fra le "pecche" del Dizionario, si può segnalare una certa povertà di rinvii (che avrebbero facilitato la lettura) tra le forme sinonimiche, o la mancata traduzione dei proverbi,per la quale i non 'patoisants' dovranno ricorrere ai numerosi lavori sull'argomento pubblicati in precedenza dall'Autore (v, la Bibliografia cit.). Altri comunque potranno, con maggior obbiettività, giudicare l'opera sotto questo aspetto.
E' ora auspicabile che la lettura del Dizionario provochi nei 'patoisants' della Valle una collaborazione attiva (il discorso riguarda la prossima edizione) che contribuisca ad arricchire l'opera -che rispecchia eminentemente la situazione di Massello- di quelle voci che eventualmente non vi comparissero, certo comunque che essa è destinata a costituire, per gli utenti della parlata, uno stimolo alla presa di coscienza del valore delle proprie tradizioni e, per i 'patoisants' delle valli vicine, un punto di riferimento e un incitamento alla raccolta e pubblicazione di lessici analoghi. Il che rappresenterà un altro merito non piccolo dell'Autore.