UN PO' DI STORIA
All'epoca dei trovatori esisteva una certa unità grafica dovuta soprattutto al fatto che i dialetti occitani non avevano ancora raggiunto quell'alto grado di frammentazione che li caratterizza oggi, fatto che si suole imputare alla non raggiunta unità politica e all'asservimento alla corona di Francia.
Nel 1539 la Francia, con l'editto di Villers Cotterêts, sanzionava l'uso del francese come lingua pubblica e il Piemonte fece altrettanto sanzionando l'uso dell'italiano nel 1561.
Da quest'epoca in avanti si assisterà quindi ad un acutizzarsi sempre più profondo della crisi della grafia occitana, iniziata ben prima l'editto del 1539. I secoli XVI, XVII, XVIII presentano un abbandono totale di questa maniera di scrivere per altre in cui regna un totale disordine. Bisognerà attendere sino al 1846 perché l'Honnorat di Digne rilanci il sistema grafico della lingua antica nel suo Dictionnaire Provençal Français in cui è chiara la visione dell'unità linguistica occitana. Intanto nel mezzogiorno francese imperava la grafia Roumanilliana a torto chiamata Mistraliana. Infatti in una lettera del 1852, Mistral così scriveva all'amico Roumanille: «Se sapeste, ora che la benda è caduta, se sapeste come mi sembra ridicola la nostra ortografia, sareste stupito. E in effetti ve lo chiedo, qual'è la lingua che non ha singolare né plurare e può stabilire tali equivoci: ama=amare, amato, amate. È come beffarsi di tutte le regole: è volere trasformare la nostra bella lingua in un orrido "dialetto" incomprensibile per chi non ne sia l'autore. Non posso concepire quale deità malfacente ci aveva fatti tanto ottusi, tanto cechi, tanto ostinati in un simile "patos". Mi strapperei la pelle, quali opere maestre inimitabili, scolpite sul rame del buon senso, s'aveste seguito il sistema d'Honnorat con qualche addolcimento..». Nel 1895, il canonico limosino Josep Roux (1834-1905) torna alla grafia classica nella sua «Gramatica Limozina».
Più tardi, con un altro sforzo compiuto dai lengadociani P.Estiu e A.Perbòsc si mise a punto un sistema ancor più perfezionato, quello detto occitano caratterizzato dalla restaurazione dei grafemi lh, nh, dell'r per gli infiniti etc. Questo sistema venne subito utilizzato per un buon numero di opere e evolverà un po' nell'insegnamento del Collegio d'Occitania fondato nel 1921.
Tutto ciò farà nascere delle polemiche feroci nel seno del Felibrige (Associazione fondata nel 1854 dal Mistral), tra «Occitani» e «Provenzali», questi ultimi non solo fedeli ad un sistema grafico ma fautori dell'imposizione della forma linguistica rodaniana a tutto il territorio d'Oc (teoria del diritto di capo d'opera). Un altro passo in avanti si avrà nel 1935 con il lengadociano Lois Alibert.
Il suo sistema, perferionatore di quello Estiu-Perbòsc, verrà adottato dalla Società di Studi Occitani divenuta poi Istituto di Studi Occitani (I.E.O.).

L'I.E.O. E LA GRAFIA OCCITANA.
L'I.E.O. ha senz'altro avuto il merito d'aver organizzato la seconda rinascita della terra d'Oc.
Una rinascita su basi scientifiche, culturali, sociali veramente degna di attenzione.
Il lavoro svolto ogni anno è imponente: decine e decine di libri, riviste etc. vengono stampati sotto la sua egida. Le organizzazioni regionali organizzano corsi nei vari dialetti nelle scuole del mezzogiorno francese; è significativo il fatto che ogni anno aumenta il numero degli studenti che si cimentano con le prove di «Occitano» per il conseguimento del diploma di studi medi superiori «bacaloreat» (nel 1973 sono stati più di 5000).
Il tutto adattando l'ortografia Alibertina, un'ortografia nata con la lingua «che riprende e modernizza le nozioni dei trovatori per mezzo del vettore che corrisponde ad una sola e medesima immagine grafica, sottintendendo le varietà fonetiche più caratteristiche dei nostri dialetti. Adottata oggi dalla quasi totalità degli scrittori (sia quelli appartenenti al Felibrige ma di regioni diverse da quella Provenzale) largamente insegnata, costituisce l'incastro pratico dei dibattiti che sussistono e si dispiegano, dei progressi che si fanno». Aggiungeremo che una ortografia è un «fatto storico» dunque relativo. Si può concepire una vita linguistica senza ortografia? Fu il caso dei tempi passati in cui non v'era norma autoritaria nello scritto. Oggi non è possibile e neppure auspicabile nessuna soluzione autoritaria che centralizzi la lingua d'oc attorno ad un dialetto o ad un parlare. Sta di fatto che questa ortografia è l'unica che possa mantenere un legame tra i vari dialetti d'Oc mettendo a suo agio colui che parla per condurlo metodicamente alla pagina scritta, alla coscienza d'una unità relativa, sufficente allo sviluppo d'una letteratura vivente.

CONVENZIONI GENERALI DELLA GRAFIA NORMALIZZATA.
Innanzi tutto questa grafia utilizza 23 lettere: a, b, c, d, e, f, g, h, i, j, l, m, n, o, p, q, r, s, t, u, v, x, z.

La pronuncia delle vocali:
-A si pronuncia: a se tonica salvo particolarità locali - ex.Chabra pr. Ciabro-, o, a, ä ë (muta) se atona - ex ciabro, ciabra, ciabrä, ciabrë-.
-E, é, è come in italiano.
-I, ì come in italiano.
-O, ó si pronuncia u - ex conóisser= cunùise, conoscere.
-ò si pronuncia o - ex vòl = vol, vuole.
-u si pronuncia ü - ex luna = lüno etc.

La pronuncia dei dittonghi:
Dittonghi discendenti sono quelli ove l'accento cade sulla prima vocale
ai (aquila) = aigla p. aiglo
au (paura) = paur p. pau
ei (chiesa) = gleisa p. gleizo
eu/éu/èu (bere) = bèure
òi (cuocere) =còire p. coire
oi (otre) = oire p. uire

Dittonghi ascendenti quelli dove l'accento cade sulla seconda vocale
ia (viaggio) = viatge p. viage
ie (vergine) = vierge p. vierge.

Casi particolari:
Il dittongo iu può essere sia discendente che ascendente; a mo' d'esempio confrontiamo la parola vivere:
Val Chisone: viure
Val Germanasca: vìure
Quindi secondo la pronuncia indicheremo iu o ìu.
Dittonghi falsi: alcuni dittonghi vengono segnati in un certo modo per amor di etimologia. Infatti questi sono imputati alla caduta di una consonante intervocalica.
aü che proviene dall'occit. medio adu. serratura = oc. m. clav[adu]ra = alp. clav[aü]ra
si possono avere due o più pronuncia: aüro/eüro/eiro/eiro/öiro
ex claveüro/lclaveiro/clavöiro.
ao pure per la caduta di intervocalice ex cacciatore = oc. m. caç[ado]r = alp.chaç[ao]r
si possono avere due o più pronuncie: aur/au/ou ex ciasaur/ciasau/ ciasou.

La pronuncia delle consonanti:
in genere conservano il suono che hanno in italiano salvo la j che si comporta come la g e viene usata davanti alla u, a, o, ò.

La pronuncia dei digammi:
Questi sono il risultato della composizione di due consonanti o di una consonante e una vocale.
CH può avere tre suoni secondo le aree dialettali ex c(i) come nell'it.cima; (cappello=chapel p. ciapel/tsapel/ chapel) ts ha il suono duro della z; ch come la sc dell'it. pesce.
LH può avere tre suoni (id. id.)
ex gli come nell'it. famiglia; i come nel piemontese di famija; gi nell'interno della parola; c(i) in finale.
Quindi la parola figlio = filh potrà essere pronunciata: figl/fii/fic;
ape = abelha potrà essere abeglio/ abeio/abegio.
NH ha un solo suono, come nell'il. gn ex montagna = montanha/muntagno.
G/J ex ge, gi, ju, ja, jo possono avere tre suoni: g(i) di Giovanni, angelo dz ha il suono dolce della z gallina= jalina p. gialino/dzalino/ galino; g come g/j in francese;
angelo= Ange/angel p. ange, andze; viaggio =viatge p. viage, viadze.
TG/TJ come G/S.
Ç, CE, CI prendono il suono s di suora; cipolla =cèba=sèbo.
Provenza=Provença p. Provenso.
QUE, QUI hanno il suono di che, chi italiano.
QUA, QUO hanno il suono di ca, cu it.; ex quatro = quatre p. catre; quando = quora p. curo.
GUE, GUI hanno il suono di ghe, ghi italiani ex guerra = guerra p. ghero
GL di cui g è pronunciato duro; ex ghiacciaio = glacier, glasiè.

Altre soluzioni grafiche vengono applicate per suoni derivati da altri, fatto che non ha altro riscontro nei dialetti occitani salvo alcune aree marginali dell'Alvernia, del Delfinato, dove i gruppi latini bl, cl, fl, gl, pl vengono trasformati in altrettanti bi, chi, fi, ghi, pi
(fenomeno analogo a quello dell'italiano letterario). Quindi la normalizzazione non può accettare le grafie bi, qui, fi, gui, pi, ma propone delle soluzioni intermedie quali: blh, clh, flh, glh, plh, ex chiave=clhau, chiau; blù=blhòi, bioi.
La frase: la famiglia di mio zio ha comprato una capra, una vacca e 4 galline, potrà avere all'incirca la stessa scrittura con un notevole vantaggio nell'ambito tipografico.
La familha de mon/mìu/meu barba/oncle a 'chatat una fea/feia, una vacha e quatre jalinas/jalines, avrà le seguenti pronunzie:
Val Susa (Oulx): La famiglië 'd mun unclë a chatà ünë feë, ünë vachë e catrë jarina.
Val Chisone (Pragelato): La famiglië 'd mun unclë a 'tsatà ünë feië, ünë vatsë, e catrë dzalina.
Val Germanasca (Perrero): La famiglio de mun barbo a 'ciatà üno feo, üno vacio, e catre gialina.
Val Pellice (Bobbio): La famiglia de mun barba a 'ciatà üna fea, üna vacia e catre gialine.
Val Po (Ostana): La famigliä de miu barbä a'ciatà na feä, na vaciä e catre gialine.
Val Varaita (Bellino): La famiio de miu barbo a 'ciatà na feo, na vacio e catre gialines.
Val Maira (S. Michele P.): La famigio de miu barbo a 'ciatà na feo, na vacio e catre gialinos.
Val Grana (S. Lucia): La famiio de miu barbo a 'ciatà na feo, na vacio e catre gialine.
Val Stura (Argentera): La famiglia de mun barba a 'ciatà üna fea, üna vacia e catre gialinas.
Val Gesso (Trinità): La famigliä de me barbä a 'ciatà ünä feä, ünä vaciä e catre gialinäs.
Val Vermenagna (Limone): La famigia de miu barba a tsatò na fea, na vatsa e catre dzalinne.
Valli Ellero, Corsaglia e Maudagna: La famiia de me barba a (catà) na fe, na vacia e catre gialine.
Quindi sulla scorta di queste brevi regole, lacunose, possiamo affermare che la Grafia Normalizzata permette di usare una maniera di scrivere comune, a prescindere dal lessico, lasciando intatta la pronuncia salvo particolarità ben differenziate e accomunanti.
Nei prossimi numeri prenderemo in esame le particolarità più importanti di alcuni dialetti alpini proponendo di volta in volta le corrispondenti soluzioni grafiche.