La pubblicazione del libro Viaggio in Occitania (Virtuosa-Mente, 2019), dedicato a tre autori della letteratura occitanica del ‘900, non nasce dal nulla. Sicuramente, essa sembra costituire un exploit nella compagine degli studi italiani di Filologia Romanza, ma è stata preparata da alcuni anni di vita accademica inedita per lo studio dell’occitano moderno e contemporaneo.
Sino ad una decina di anni fa, infatti, ho coltivato temi di ricerca bene o male inscritti nel perimetro della Filologia Romanza, la disciplina che insegno, restando nell’ambito della medievistica (mi sono laureata curando l’edizione critica del trovatore narbonese Guiraut Riquier).
A poco a poco, però, ho cominciato ad emanciparmene, occupandomi della posterità del medioevo. D’altra parte, la mia inclinazione verso la fortuna della disciplina in secoli postmedievali trovava conforto, ormai da molto tempo, nell’esistenza istituzionale di cattedre votate ad un analogo percorso per quanto concerne la cosiddetta “Permanenza del classico” nelle società moderne e contemporanee.
Perché non avviare un campo di ricerca analogo? Iniziai dunque con un corso che si chiamava Riscritture novecentesche della letteratura romanza medievale (a.a. 2009-2010) e di lì a poco proseguii con l’assegnare una tesi magistrale sulla riscrittura che Manuel Vázquez Montalbán aveva fatto dell’Erec et Enide di Chrétien de Troyes. La filologia romanza naturalmente c’entrava, dato che l’antico allievo del grande Martín de Riquer aveva congegnato questo omaggio al maestro con la “congiura” di molti filologi romanzi spagnoli. V’è da aggiungere che il campo delle riscritture letterarie di testi romanzi annovera molti filologi, e di primo piano, insospettabili nuovi autori, tra cui Michel Zink, cui ho dedicato uno studio che verte sul suo Déodat ou la transparence. Un roman du Graal. La via per uno dei filoni prediletti dal mio insegnamento, quello dei medievalismi era tracciata.
E l’occitano? L’anno di svolta è stato il 2015. Entro la posterità delle lingue romanze, infatti, avevo maturato l’interesse per la fortuna diseguale delle lingue romanze dal medioevo in avanti. Proprio in quell’anno, il 2015, sensibile ai diritti dei vinti, organizzai un convegno internazionale dal titolo L'Europa romanza. Identità, diritti linguistici e letteratura. L’occitano, sotto questo riguardo, è emblematico: lingua d’eccellenza nel medioevo, si era ridotta a lingua subalterna nel corso dei secoli, ad opera del francese, sino a cancellare, anche nel comune sentire, la consapevolezza ch’essa aveva dato voce, «pur alternando slanci e ristagni», come dice Fausta Garavini, a secoli di letteratura, sino ad oggi. E Fausta Garavini è stata, anche per quanto mi riguarda, colei che ha calato la sua arte maieutica, orientata all’occitano, sulle mie incipienti propensioni verso la diversa fortuna delle lingue romanze.
Ma il 2015 aveva comunque segnato l’apice di una tendenza, ormai perspicua da alcuni anni, ad abbracciare senza soluzione di continuità medioevo e post-medioevo negli strumenti della Filologia Romanza. Almeno all’estero, intendo. Proprio nella cultura e nella lingua egemone per eccellenza, l’inglese, James Thomas aveva curato Grains of Gold: An Anthology of Occitan Literature, oltre 700 pagine che dal medioevo giungono ad includere il XXI secolo occitano. Una nota bibliografica non indifferente: l’editore indipendente, Francis Boutle, aveva varato una collana dedicata a «Lesser Used Languages in Europe»1.
E in Italia? Nello stesso anno, Fausta Garavini dedica un dossier della storica rivista «Paragone» a La letteratura occitanica oggi. Quanto mai opportuno, perché della bella e varia letteratura occitanica moderna e contemporanea si sa veramente poco in Italia. Come sono arrivata a fare il passo ardito di assegnare delle tesi in occitano? Non certo per la convinzione di essere pronta o perché sentissi (non lo sento neppure adesso) di avere una competenza compiuta della lingua e della letteratura occitanica moderna. Posso asserire di aver osato assegnare tesi in occitano, visto il forte interesse che via via i miei studenti manifestavano verso quella branca della mia disciplina. Ed è seguendo le loro inclinazioni e i temi che loro preferivano all’interno dell’offerta del mio nuovo corso Fortuna delle letterature romanze (oggi, Il medioevo romanzo nelle letterature contemporanee) che ho diretto le loro ricerche, aprendo una breccia in un campo inedito per la Filologia Romanza.
Il mio studio sui Troubadours de lunchour, ovvero sui poeti delle vallate occitane, Bodrero e Salvagno, e la partecipazione, dal 2016, al Festival di Ostana, animato da Ines Cavalcanti, mi ha aperto le porte di una comunità che, valorizzando l’occitano, si apre però al mondo, dove tante lingue madri sono state sacrificate dal colonialismo politico o culturale.
Ancora due anni di conoscenza e ospitalità offerta ad autori occitani, poeti e prosatori, giovani e meno giovani, e con l’occasione di un Erasmus siglato con Montpellier, ed ecco favorita l’ideazione del mio “E nadi contra suberna”. Essere “trovatori” oggi. Convegno Internazionale organizzato presso l’Università degli Studi di Ferrara nel novembre 2018 (di cui si stanno preparando gli Atti, per la gentile disponibilità di Marie-Jeanne Verny).
Ecco in breve la “preistoria” di Viaggio In Occitania. Un viaggio nella storia dimenticata di una letteratura sommersa, ma capace di regalarci grandi emozioni. Un affascinante romanzo di d’Arbaud, che ci insegna ad amare anche la Bestia che è l’Altro da sé; una meditazione sulla morte e la palingenesi della sovranità terrena nel poema di Delavouët; un affondo nell’ umanità ibrida e imperfetta che indaga Ganhaire. L’incanto di una lingua suggestiva, negata per secoli, ma ancora miracolosamente plasmabile ai generi più disparati; commovente per chi, come me, ne ha studiato solo lo stadio cristallizzato nel medioevo trobadorico e invece pulsa ancora di vita. E infine un impegno etico nel dare udienza alle voci molteplici che ci parlano, anche quando sommessamente, ed interpellano specie chi cura la trasmissione del patrimonio culturale, che non deve essere appannaggio solo di un’unica voce che parla più forte.
1«Languages we have covered so far include Breton, Esperanto, Frisian, Galician, Maltese, Manx, Norman, Occitan and Welsh».
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