La treccia di Marietta.
Il raccoglitore di capelli ha tagliato,
la bella ragazza
ha la testa rasata
Allo specchio si è guardata
piengendo i ruoi ricciolini,
se ne è andata la sua beltà
al taglio delle forbici.
Alla Messa non si osa andare,
il fazzoletto alla friulana,
vede qualcuno si va a nascondere
e perde la testa.
Una veste per la Messa,
una stoffa a fiori,
in cambio della sua treccia,
il raccoglitore di capelli le ha dato.
Che le dirà il suo moroso
nel vedere quella testa rasata?
Incolpa sua madre
che male l’ha consigliata.
L’ama sempre Giovanni,
I capelli torneranno di nuovo
al solletico dei ricciolini
gli farà tanti bacini.
Non piangere Marietta
la treccia biondina
farà da parrucca
a una bella inglesina.
Era cosa crudele,
nei tempi passati,
il vedere le belle ragazze
con la testa rasata.
Testamento del Gian-Domenico.
Nel 1900 e fischia
trovandomi negli ultimi istanti,
ho pensato bene di fare
due righe di testamento.
E allora:
Lascio, lascio
a Giacu Suculer
il cappello nuovo
da capo dei cantonieri.
A Silvio d' Martin
bisognerebbe levargli tutti i grattacapi.
Ma gli lascio
il corano del profeta d'Allah,
visto che vuol far l'Ayatollah.
Lascio, lascio
una lira a Gian Liun
per ogni parola spesa a Limone
a proposito della famosa sparizione
e chissà che in questo modo
oltre al capitale recuperi anche gli interessi.
Lascio, lascio
per il giorno delle elezioni
un trogolo di maccheroni
e un paiolo di toma molle,
per quelli che son stufi
di Polenta e Gorgonzola.
Lascio, lascio
al nostro amico 'Stiene dal Ciuciu
i testicoli d'un caprone
e la pelle di un coniglio.
Lascio, lascio
un fiasco di petrolio
agli Arabi e ai Marocchini:
per tutti noi riservo
una damigiana di vino.
Lascio, lascio
una bella gerla
a quei due che interpretano
Padrino e Madrina.
Lascio, lascio
a Trumè d' Melu
un reggimento di artiglieria
per sparare coi cannoni alla seggiovia.
Lascio, lascio
ai visitatori di San Silvestro,
che se ne vadano al più presto,
non vogliamo male ai forestieri,
ma i mortaretti se li caccino nel deretano.
Lascio, lascio
ai Giardinieri dei Drigu
un paiolo bucato
per mungere il montone.
Lascio, lascio
ai coscritti dell'anno scorso
un barilotto di acqua gassata,
è il maresciallo che me lo ha consigliato.
Lascio, lascio
un treno di mandarini
a quello dei Vurlet che si chiama Pierino,
ma glielo lascio alla sola condizione:
che lo divida coi socialisti in prigione.
Lascio, lascio
al nostro prete Don Romano
che tutta Limone gli dia una mano,
non per lui che ne ha già troppi,
ma per gli anziani che ne hanno veramente pochi.
Lascio, lascio
alla Sposa che è bella,
un paio di mutandine di latta,
e allo Sposo, che è dei Mach,
gliene lascio anche un paio,
caso mai, per combinazione,
avessero qualche tentazione.
A quelli di Limonetto,
che sono famosi lavoratori,
lascio, lascio
un materasso a righe
per riposarsi di tutte le fatiche.
Lascio, lascio
un cannone
a quelli della Gegia, che sono avari:
per non spendere qualche milione
si sono mangiati tutta la stagione.
Lascio, lascio
a quelli della Badìa
un panciotto rammendato
ed un frac ammuffito.
Lascio, lascio
a coloro che vanno a caccia
la pelle puzzolente di un caprone
per mostrarsi altezzosi in piazza.
Lascio, lascio
quale compenso a Samarcanda,
che ha confezionato il vestito dell'Arlecchino,
un bacio da parte di Cichinot,
anche se è già un po' vecchiotto.
Lascio, lascio
alle Tupinas,
quasi tutte Figlie di Maria,
che se mangiano a casa
non vadano a dormire altrove.
Lascio, lascio
a Tito d'Enria,
che il cappello bianco ha buttato via,
un bottiglione ed un barilotto
lassù ai Gianet.
A Riccardo Demaria e Giuseppe Purìn
lascio, lascio due preoccupazioni,
gli farò passar la ronda
quando amoreggiano nella Curt Riunda.
Lascio, lascio
al nostro Podestà
tutti i grattacapi che ha già
ed aggiungo ancora un po'
per calmare la maggioranza.
Lascio, lascio,
a quelli che in municipio sono impiegati,
un materasso a fiori,
basta che non dormano da seduti.
E a quelli che nel Comune
lavorano alle intemperie, alla pioggia e al sole
raccomando di non dormire in piedi.
Lascio, lascio
a Nicola Facaud, il comunista,
una tessera da socialista,
se vuol rimanere nell'A.P.T.
dovrà cambiar partito.
Lascio, lascio
una coppia di talpe nere
a Bastian Ciciot
che vuol fare il giardiniere.
Lascio, lascio
ai vecchietti della petanca,
che non hanno mai la mano stanca,
una tettoia o un capannone
dalla nuova amministrazione.
Lascio, lascio
una caramella a quelle donne
che hanno la lingua lunga una spanna,
ma che sia al gusto dell'assenzio
se non si fanno gli affari loro.
Lascio, lascio
già pronto il frazionamento
ai pescatori che hanno fatto due associazioni.
Alla prima, che sono in tanti,
lascio le trote da La Morta alla Laverìa.
E a quella di Americo di Valentin
lascio le fario che sono nelle fogne.
A quel coglione che incendia ai Gara
gli propongo un altro gioco,
gli lascio una candela
per bruciacchiarsi sotto la cintola.
Lascio, lascio
a quelli dell'A.N.A.S. di Torino
che non salgano più al Col di Tenda a far casino.
Se la galleria la lasciano stare
fra mille anni si potrà ancora passare.
Lascio, lascio
un bel palazzo del ghiaccio,
lo facciano dove vogliono
basta che lo facciano in fretta.
Perché se è lungo come il piano regolatore,
pochi di noi gli sentiranno l'odore (lo potranno adoperare).
Lascio, lascio
a Eraldo Cellario
che l'han fatto Cavaliere,
che non si monti la testa,
per me il sindaco non lo farà mai
sarà solo sempre consigliere.
Lascio, lascio
ai finanzieri,
che lascino stare quei poveri panettieri,
perché è sicuro che fin da domani
per fare il pane useranno la crusca.
Ai turisti di fine anno
che vengono quassù e fanno solo danno
lascio, a quei mascalzoni,
un trogolo di lardo di Savoia.
Lascio, lascio
ai socialisti
che si scaldano il pisello
per far la lista
un Limone che è molto acerbo,
con pochi grassi e tanti magri.
Lascio, lascio
un'ampolla d'olio santo
ai commercianti che chiudono i battenti,
ma a quelli che restano, prometto fin d'ora
un'altr'anno i Finanzieri li mando in Val Stura.
Lascio, lascio
a quelli che vogliono fare i banchieri a Limone
prima di prestar soldi, far ben attenzione,
e se poi credono di fregare un nativo di Roaschia
devono alzarsi presto al mattino.
Lascio, lascio
ai maestri di sci di Limone
che i più vecchi vadano in pensione,
ai più giovani lascio una slitta
se faranno una scuola sola.
Lascio, lascio
la barba di Nino Bisuchin
al nostro socio Tumá il ciabattino,
non sarà una gran capigliatura,
ma è sempre meglio che la testa pelata.
Lascio, lascio
al nostro turista fai da te,
che un'altra volta vada solo a Palanfrè,
a Santo Domingo bisogna andare con l'Alpitour
prendere non solo l'andata, ma anche il ritorno.
Lascio, lascio
alla gente di Limone
ancora una raccomandazione;
ricordatevi di tirare il fiato:
i loculi nuovi non sono iniziati
e i vecchi son tutti occupati.
Lascio, lascio
agli operai comunali
un buon barilotto di barbera.
Ma che vadano tutti a berlo in Trincera
senza andare a finire alla Bomboniera.
Lascio, lascio
un po' più di grinta
a quei tre che all'opposizione fan solo finta
e vorrei loro ricordare,
che son stati votati per darsi da fare
e non per andare a scoreggiare
sulle poltrone della sala consigliare.
Lascio, lascio
un bel po' di indulgenze
al buon pastore che in America è andato
per recuperare un agnello ben abbronzato.
Lascio lascio
tre trottole, una lippa e due schizzetti
ai cacciatori che bisticciano come bambini
per quel chinghiale la faccio io la divisione:
lo portino a noi, lo dividiamo boccone a boccone.
Lascio lascio
all'Ostetrica e al Medico in particolare
di curare amorevolmente i commercianti
che han tutti male al collo
a furia di guardare all'insù se nevica
oppure se è solo una perturbazione passeggera.
Lascio lascio
a quello che ha fatto il testamento,
che non è dei più alti;
gli lascio una panchetta
per farlo crescere di una spannetta.
Lascio lascio
a quelli che si presenteranno
alle prossime elezioni
ciò che si diceva nella Curt di Bridun:
il Limone si taglia a fette,
non si mangia a bocconi.
E se qualcuno non è contento
di ciò che ha avuto nel testamento,
me lo dica e un'altra volta
vedrò di dargli qualcosa in più.
Ora che vi ho regalato
tutte le mie proprietà;
tagliatemi la testa, buttatemela in terra:
un'altr'anno ci sarà nuovamente
un Gian Domenico di Gara.
I tre mercanti
C'erano una volta tre mercanti che tornavano dalla fiera di Bèlcaire; ma non avevano fatto affari.
Di sera, si fermarono in un bosco; aprirono i borselli, li girarono sotto-sopra: fra tutti, non avevano cinque soldi per bere una bottiglia.
Uno si ritrovò un po' di farina, e un altro due uova: ne fecero una focaccetta. Ma siccome, divisa in tre, sarebbe bastata solo per un assaggio, decisero che colui che, la notte, avesse fatto il sogno più bello, se la sarebbe mangiata tutta.
La mattina raccontarono ciò che avevano sognato:
Io ho visto due angeli che mi venivano a prendere e mi portavano in cielo
Io, due diavoli che venivano a prendermi per trascinarmi all'inferno.
E tu?
Io ho sognato che due angeli ne portavano uno in cielo, e due diavoli trascinavano l'altro all'inferno. Allora, quando ho visto che tutti e due eravate partiti, e che io ero tutto solo…. ho mangiato la focaccia!