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Morres de Vermenanha e Ges

L'orso di paglia di segale a Valdieri

L'ors de palha de sèel a Vaudier

Intervista a Emanuel Parracone

L'orso di paglia di segale a Valdieri
italiano

Sono cinque anni che faccio l’Orso qui a Valdieri, oltre a fare il sindaco, ma diciamo che mi presto volentieri a fare tutto quanto abbia un legame con la tradizione e la storia locale. Come dicevo sono ben cinque anni che, come vedete, vesto i panni dell’orso in questa festa, una sorta di antico carnevale alpino, ripresa solo pochi anni fa.

Ho ereditato i comandi, se così si può dire, da Din dal Papo, che potrete conoscere in seguito, un anziano guardiaparco, che per quarant’anni ha fatto quel lavoro ed è stato uno fra le prime guardie dell’ex riserva reale di caccia, il quale vestiva l’orso negli anni appena finita la guerra.

Il costume dell’orso, all’epoca, veniva creato direttamente su di lui. Venivano presi diversi fasci di paglia e messi tutto attorno alle gambe e alle braccia. La vestizione era molto delicata e richiedeva parecchio tempo, era capace di durare due, tre a volte anche quattro ore.

Oggi i tempi sono cambiati anche qua e noi per far più velocemente, come avete visto, abbiamo cucito la paglia su una vecchia giacca, in questo modo siamo pronti a vestire l’orso in meno di un quarto d’ora e così facendo possiamo anche esportare la nostra tradizione negli altri paesi.

La storia dell’orso di paglia, quasi tutti la conoscono nelle nostre vallate, è una storia molto antica, una rappresentazione che ha suscitato addirittura l’interesse di alcuni ricercatori ed antropologi dell’università di Torino, che l’hanno addirittura ripresa e studiata dal loro punto di vista sociologico.

Dietro c’è una lunga tradizione agropastorale alla quale i nostri vecchi si allineavano, un vero e proprio rito propiziatorio simbolo del passaggio dall’inverno alla primavera, con la speranza di avere un buon raccolto dalla terra. Questa è rappresentata dall’orso che da selvatico viene domato.

Il momento simbolico del passaggio di stagione, è invece rappresentato da un pupazzo di paglia che viene bruciato in piazza alla fine della festa per simboleggiare la fine dell’inverno e finalmente l’arrivo della primavera.

L’orso è una maschera e in quanto tale deve essere un po’ grottesco, fra le altre cose ho messo un sonaglio, l’ho messo proprio lì perché nel mito si dice che l’orso avesse anche delle incredibili doti di virilità e proprio per questo andava a cercare tutte le femmine del paese. Noi simboleggiamo queste doti con una “canaula” ed un sonaglio appeso da far suonare alle donne che incontrerà durante la sua apparizione.

Al seguito ci sono dei frati che accompagnano l’evoluzione dell’orso e anche loro si fanno baciare un anello, appeso con una croce, dalle donne che incontrano.

Un tempo era bello perché si facevano gli gnocchi in piazza e li mangiavano nel vaso da notte, oggi è più difficile.

I frati un tempo erano vestiti di bianco perché usavano il costume di quando facevano gli apostoli il Giovedì Santo, oggi non si fa più e sono vestiti di marrone.

Il costume dell’orso non viene fatto tutti gli anni perché è molto laborioso, questo durerà per qualche anno, certo dobbiamo restaurarlo di tanto in tanto.

 

Din dal Papo

 

Nei miei ricordi erano i ragazzini a vestirsi da orso.

Sono nato nel 1930, nel ’45 avevo quindici anni. La guerra era appena finita ed erano tempi molto duri, solo qua a Valdieri vi erano state molte perdite, c’erano tante famiglie che ancora attendevano i propri figli soldati, la maggior parte non sapevano se ritornavano ancora o no dal fronte quindi diciamo che tutte le feste sono state un po’ ferme, orso compreso.

Però fin da subito, specialmente in noi giovani, c’era una grande voglia di fare qualcosa, di tornare a vivere dopo tanto patimento.

Appena sopra la piazza, per la strada che sale, c’era un la Società Operaia, una vecchia osteria, che fin dai miei primissimi ricordi c’è sempre stata e che era un po’ un punto di ritrovo per Valdieri.

Lì ci andava tanta gente del paese, era tutta gente piuttosto rude, gente abituata alla fatica e a bere, io ogni tanto ci andavo a fare un giro, mi piaceva sentire i loro discorsi.

Tra una bottiglia e l’altra, un pezzo di pane e uno di formaggio, i vari personaggi discutevano sempre di qualcosa, parlavano ad alta voce di campagna, di bestie e vari discorsi da uomini, qualche volta scappava anche la “ciucca”, ma un giorno a qualcuno venne in mente un idea brillante: “Sa! Qui dobbiamo combinare qualcosa, c’è tutta quella paglia lì, sentite…”, qualcuno si ricordava ancora o aveva visto da qualche parte la maschera dell’orso di paglia e il grande falò del “chicio” che veniva bruciato, e così raccontò di come funzionava la cosa.

A sentire queste parole, io ragazzino che ero lì incuriosito dai discorsi, mi sono subito infiammato: “La faccio io questa cosa di cui parlate!”, dissi ai personaggi dietro le bottiglie, tutta gente sui cinquanta , sessant’anni mentre io ne avevo appena quindici.

Tutti erano ben contenti ed io ero entusiasta, tant’è che il giorno dopo hanno iniziato a vestirmi, proprio con la paglia. Una volta vestito, mi hanno trascinato giù per la piazza e non solo, passavamo da una stalla all’altra, dove si faceva la veglia e quasi tutti ci venivano incontro per vedere cos’era questa strana bestia di paglia offrendo chi due uova, chi del miele e altre cose da mangiare e da bere. Ne uscì una bella festa, una ventata di allegria per il paese che ne aveva bisogno. Quella è stata la prima volta che vestivo l’orso. L’abbiamo fatta per qualche anno, poi i tempi sono cambiati e non si è più fatto se non in qualche timida apparizione.

Dopo quasi cinquant’anni di interruzione, dal 2004 si è ripresa la tradizione, io l’ho ancora fatto qualche anno fa, anche se gli anni sono passati anche per me e non osavo neanche più guardare in faccia chi mi ritrovavo davanti, comunque è andata bene lo stesso. Ora ci sono dei baldi giovani, qui del paese, che hanno preso in mano la situazione e la stanno portando avanti con molta passione.

In passato lavoravo da guardiaparco. Mi ricordo bene il giorno in cui ho iniziato, era il 23 settembre. Non ho molta memoria per altre cose, ma questo giorno mi è rimasto impresso perché era appena finita la guerra e di lavoro non ce n’era. Qualche giorno prima, era il 20 di settembre, a Valdieri c’era una grande fiera dove si vendevano, oltre al resto: capre, vacche, pecore, maiali insomma ogni qualità di animali d’allevamento. Questa fiera durava due giorni così che la gente arrivava un po’ da tutti i paesi circostanti. Da noi era passato un signore che comprava sempre della lavanda in quanto aveva un magazzino da erborista e costui, che è anche stato sindaco di Valdieri qualche anno dopo, mi chiede: “Senti, guarda io so che tu sei uno che è sempre di corsa, avrei proprio da darti un lavoro di corsa, ci sarebbe da fare il guardiapesca!”. Io sono stato lì, non mi aspettavo una richiesta del genere, perché allora di lavoro non ce n’era, ma nel vedere sottomano questa straordinaria possibilità di lavoro accettai subito.

Caspita! Ha lasciato passare un giorno ed il giorno dopo mi ha chiamato, sono andato giù da lui e mi ha subito messo a posto i documenti per iniziare a lavorare.

Il giorno dopo ho iniziato a fare il guardiapesca. Dopo appena un anno e mezzo che lavoravo il territorio di guardia si è ampliato notevolmente perché era subentrata la ex riserva di caccia del Re coi i suoi 27000 ettari che arrivava fino al confine con la Francia. Era talmente grande, ben più di una montagna, che hanno subito aggiunto un altro ad aiutarmi, dopo tre o quattro anni siamo poi passati a quattro guardie. Ci siamo sempre aggiustati da soli a svolgere sia le funzioni di guardiapesca che guardiacaccia, ora in più ci toccava far guardia ai camosci, ma all’epoca ce n’erano ben pochi perché la guerra non aveva più lasciato nessuna bestia.

occitan

Son cinc ans que fau l'ors aicí a Vaudier, per de pus fau lo séndic, mas disem que me presto volentier a far tot aquò qu'aie un liam abo la tradicion e l'estòria locala. Coma disiu son ben cinc ans que, coma veietz, vesto lhi draps de l'ors en aquesta festa de l'ors de sèel, na sòrta de vielh carnaval alpin, repilhaa masque pauqui ans passats.

Ai eretat lhi comands, se parelh se pòl dir, da Din dal Papo, que polaretz conóisser après, un vielh gardaparc, que a fait per quarant'ans aquel trabalh e al es estat un entre las primas gardias de l'ex resèrva reiala de chaça, que vestia l'ors enti ans just passaa la guèrra.

Lo costum de l'ors, a l'època, venia bastit directament sus ele. Venion pres divèrs fais de palha e butat tot a la viron di chambas e di braç. La vesticion era pustòst delicaa e demandava un baron de temp, era bòna a durar doas, tres o de bòt decò fins a quatre oras.

Encuei lhi temps son chambiats decò aicí e nosautri per far pus lèst, coma avetz vist, avem cosut la palha sus na vielha jaca, en aqueste biais sem prompt a vestir l'ors in menc de quinze minutas e fasent parelh polem decò exportar nòstra tradicion dins d'autri país.

L'estòria de l'ors de palha, esquasi tuchi la conoisson dins las nòstras valadas, es n'estòria ben vielha, na rapresentacion que a atirat bèla que l'enterès de cèrt recerchaires e antropòlogs de l'universitat de Turin, que l'an represa e estudiaa dal lor ponch de vista sociològic.

Darreire la lhi a na lònga tradicion agropastorala a la quala lhi nòstri vielhs s'alinhavon, un ver e pròpi rite propiciatòri símbol dal passatge da l'unvèrn a la prima, abo l'esperança d'aver puei na bòna culhia da la tèrra. Aquesta es representaa da l'ors que da salvatge ven domat.

Lo moment símbol dal passatge de sasons, es ensita representat da un chicho de palha que al ven brusat en plaça a la fin de la festa per sinhifiar la fin de l'unvèrn e finalament l'arribaa de la prima.

L'ors es na barboira e ben pr'aquò deu esser un pauc grotesc, entre las autras causas ai butat un pichòt escarlin, l'ai butat pròpi aquí perqué ental mite se disia que l'ors auguesse decò d'encrediblas dòtas de virilitat e ben pr'aquò anava a cerchar totas las femnas dal país.

Nosautri representem aquestas dòtas abo na "canaula" e un escarlin pendut da far sonar a las fremas qu'al encontrarè durant son aparicion.

D'après a l'ors la lhi a decò de frats que acompanhon son evolucion e decò lor, se fan baisar n'anèl pendut abo na crotz da las femnas que encontron.

Un bòt l'era mai bèl perquè se fasion las colhetas en plaça e las minjavon dins lo topin da nuech, encuei aquò qui es pus mal far.

Un bòt lhi frats eron vestit de blanc, perquè adobravon lhi costums de quora fasion lhi apòstols lo Jòus Sant, encuei se fai pus e son vestits de marron.

Lo costum de l'ors ven pas fait tuchi lhi ans perqué es ben complicat, aquest durarè per qualque an, segur que devem l'arranjar de tant en tant.

 

Din dal Papo

 

Dins mi recòrds eron lhi garrions a se vestir da ors.

Siu naissut ental 1930, ental '45 aviu quinz'ans. La guèrra era apena finia, eron temps ben durs, masque aicí a Vaudier lhi avia agut un baron de mòrts, ben de familhas atendion encara si filhs soudats, la granda part sabion pas se ilh serion encà retornats dal frònt o pas donca disem que totas las festas son estaas un pauc fèrmas; decò l'ors.

Mas fins d'abòrd, especialment en nosautri joves, la lhi avia na granda vuelha de far qualquaren, de tornar mai a viure après aver tant patit.

Just passaa la plaça, per la via que monta, la lhi avia la "Società Operaia", un vielh òste, que fin da lhi miei premiers recòrds era sempre existut e era un pauc lo punch de referença per Vaudier.

Aquí lhi anava tanta gent dal país, era tota gent pustòst dura, gent acostumaa a la fatiga e a beure, quié de tant en tant anavo amont a far un vir, me'n plasia auvir lor descors.

Entre na botelha e l'autra, un tòc de pan e un de formatge, lhi divèrs personatge devisavon totjorn sus qualquaren, parlavon a votz auta de campanha, de bèstias e d'autri descors da òmes, qualque bòt escapava decò la choca, mas un jorn a qualqu'un venet en ment n'idea brilhanta: "Sa! Aquí chal combinar qualquaren, la lhi a tota aquela palha aquí, sentetz...", qualqu'un se recordava encara o avia vist da qualque cant la barboira de l'ors de palha e lo gròs farò dal "chicho" que venia brusat, e parelh contet de coma foncionava la causa.

A sentir aquestas paraulas, quié garrion qu'ero aquí encuriosit dai descors, me siu sus lo colp enflamat: "La fau quié aquesta causa que disetz!", a dich ai personatge darreire las botelhas, tota gent sus di cinquanta , seissant'ans, dal temp que quié n'avio apena quinze.

Tuchi eron ben contents e quié ero entosiasta, tant'es que lo jorn d'après an tacat a me vestir, pròpi abo la palha. Un bòt vestit, m'an rabelat aval per la plaça e pas masque, passàvem da na vòuta a l'autra, ente se fasion las velhaas e esquasi tuchi venion encontra per veire çò que era aquela dròlla bèstia de palha donant qui dui uous, qui de mèl e d'autras causas da minjar e da beure. Ne'n sortet na bèla festa, un briu d'alegria per lo país que n'avia de manca. Aquel es estat lo prim bòt que vestiu l'ors. L'avem faita per na man d'ans, puei lhi temps son chambiats e s'es pus fait se ren en qualque timida aparicion.

Après esquasi cinquant'ans d'enterrupcion, dal 2004 s'es repilhaa la tradicion, quié l'ai encara fait qualque an passat, bèla se lo temps es passats decò per quié e m'encalavo nimanc pus a beicar ental morre qui me trobavo denant, en tot cas l'ai fait. Aüra la lhi a de joves desgordit, aicí dal país, que an pres en man la situacion e son en chamin de la portar anant abo tanta passion.

Ental passat ai trabalhat coma gardaparc. M'arcòrdo ben lo jorn que ai començat, era lo 23 de setembre. Ai pas gaire de memòria per d'autras causas, mas aquel jorn al m'es estat de dins perqué l'era pena finia la guèrra e de trabalh lhi n'via pas. Qualque jorn denant, era lo 20 de setembre, a Vaudier la lhi avia na granda fiera ente se vendia, per de pus a la rèsta: chabras, vachas, feas, puercs en soma d'onhi sòrta de bèstias d'enlevatge. Aquesta fiera durava dui jorns parelh que la gent arribava un pauc da tuchi lhi país vesin. Da nosautri era passat un senhor que achatava totjorn de lavanda perqué al avia un magazin d'erborista e aquest, que es decò estat séndic de Vaudier qualque an après, me demandet: "Sent, gacha, mi sai que tu sies un qu'es sempre de corsa, auriu pròpi da te donar un trabalh de corsa; la lhi seria da far lo gardapescha!". Mi siu estat aquí, m'atendiu pas na demanda dal genre, perqué alora de trabalh n'avia pas, mas en avent sotman aquesta extraordinària possibilitat de trabalh, l'ai acceptaa sus lo colp.

Contach! A laissat passar un jorn e lo jorn d'après al m'a chamat, siu anat aval da ele e m'a d'abòrd butat a pòst lhi documents per tacar a trabalhar.

Lo jorn d'après ai tacat a far lo gardapescha. Passat just n'an e metz lo territòri de garda al s'es ben eslarjat perqué era passaa dessot decò la ex resèrva de chaça dal Rei abo si 27000 ectars que al arribava fins al confin abo la França. Era talment grand, ben pus que na montanha, que an d'abòrd ajontat n'autre a ajuar-me, passats tres o quatre ans sem puei passats a quatre gardas. Nos sem totjorn arranjats da solets a debanar sie las foncions de gardapescha sie aquelas de gardachaça, en mai nos truchava far garda ai chamós, mas a l'època la lhi n'avia ben gaire perqué la guèrra avia pus laissat deguna bèstia.