Sono cinque anni che faccio l’Orso qui a Valdieri, oltre a fare il sindaco, ma diciamo che mi presto volentieri a fare tutto quanto abbia un legame con la tradizione e la storia locale. Come dicevo sono ben cinque anni che, come vedete, vesto i panni dell’orso in questa festa, una sorta di antico carnevale alpino, ripresa solo pochi anni fa.
Ho ereditato i comandi, se così si può dire, da Din dal Papo, che potrete conoscere in seguito, un anziano guardiaparco, che per quarant’anni ha fatto quel lavoro ed è stato uno fra le prime guardie dell’ex riserva reale di caccia, il quale vestiva l’orso negli anni appena finita la guerra.
Il costume dell’orso, all’epoca, veniva creato direttamente su di lui. Venivano presi diversi fasci di paglia e messi tutto attorno alle gambe e alle braccia. La vestizione era molto delicata e richiedeva parecchio tempo, era capace di durare due, tre a volte anche quattro ore.
Oggi i tempi sono cambiati anche qua e noi per far più velocemente, come avete visto, abbiamo cucito la paglia su una vecchia giacca, in questo modo siamo pronti a vestire l’orso in meno di un quarto d’ora e così facendo possiamo anche esportare la nostra tradizione negli altri paesi.
La storia dell’orso di paglia, quasi tutti la conoscono nelle nostre vallate, è una storia molto antica, una rappresentazione che ha suscitato addirittura l’interesse di alcuni ricercatori ed antropologi dell’università di Torino, che l’hanno addirittura ripresa e studiata dal loro punto di vista sociologico.
Dietro c’è una lunga tradizione agropastorale alla quale i nostri vecchi si allineavano, un vero e proprio rito propiziatorio simbolo del passaggio dall’inverno alla primavera, con la speranza di avere un buon raccolto dalla terra. Questa è rappresentata dall’orso che da selvatico viene domato.
Il momento simbolico del passaggio di stagione, è invece rappresentato da un pupazzo di paglia che viene bruciato in piazza alla fine della festa per simboleggiare la fine dell’inverno e finalmente l’arrivo della primavera.
L’orso è una maschera e in quanto tale deve essere un po’ grottesco, fra le altre cose ho messo un sonaglio, l’ho messo proprio lì perché nel mito si dice che l’orso avesse anche delle incredibili doti di virilità e proprio per questo andava a cercare tutte le femmine del paese. Noi simboleggiamo queste doti con una “canaula” ed un sonaglio appeso da far suonare alle donne che incontrerà durante la sua apparizione.
Al seguito ci sono dei frati che accompagnano l’evoluzione dell’orso e anche loro si fanno baciare un anello, appeso con una croce, dalle donne che incontrano.
Un tempo era bello perché si facevano gli gnocchi in piazza e li mangiavano nel vaso da notte, oggi è più difficile.
I frati un tempo erano vestiti di bianco perché usavano il costume di quando facevano gli apostoli il Giovedì Santo, oggi non si fa più e sono vestiti di marrone.
Il costume dell’orso non viene fatto tutti gli anni perché è molto laborioso, questo durerà per qualche anno, certo dobbiamo restaurarlo di tanto in tanto.
Din dal Papo
Nei miei ricordi erano i ragazzini a vestirsi da orso.
Sono nato nel 1930, nel ’45 avevo quindici anni. La guerra era appena finita ed erano tempi molto duri, solo qua a Valdieri vi erano state molte perdite, c’erano tante famiglie che ancora attendevano i propri figli soldati, la maggior parte non sapevano se ritornavano ancora o no dal fronte quindi diciamo che tutte le feste sono state un po’ ferme, orso compreso.
Però fin da subito, specialmente in noi giovani, c’era una grande voglia di fare qualcosa, di tornare a vivere dopo tanto patimento.
Appena sopra la piazza, per la strada che sale, c’era un la Società Operaia, una vecchia osteria, che fin dai miei primissimi ricordi c’è sempre stata e che era un po’ un punto di ritrovo per Valdieri.
Lì ci andava tanta gente del paese, era tutta gente piuttosto rude, gente abituata alla fatica e a bere, io ogni tanto ci andavo a fare un giro, mi piaceva sentire i loro discorsi.
Tra una bottiglia e l’altra, un pezzo di pane e uno di formaggio, i vari personaggi discutevano sempre di qualcosa, parlavano ad alta voce di campagna, di bestie e vari discorsi da uomini, qualche volta scappava anche la “ciucca”, ma un giorno a qualcuno venne in mente un idea brillante: “Sa! Qui dobbiamo combinare qualcosa, c’è tutta quella paglia lì, sentite…”, qualcuno si ricordava ancora o aveva visto da qualche parte la maschera dell’orso di paglia e il grande falò del “chicio” che veniva bruciato, e così raccontò di come funzionava la cosa.
A sentire queste parole, io ragazzino che ero lì incuriosito dai discorsi, mi sono subito infiammato: “La faccio io questa cosa di cui parlate!”, dissi ai personaggi dietro le bottiglie, tutta gente sui cinquanta , sessant’anni mentre io ne avevo appena quindici.
Tutti erano ben contenti ed io ero entusiasta, tant’è che il giorno dopo hanno iniziato a vestirmi, proprio con la paglia. Una volta vestito, mi hanno trascinato giù per la piazza e non solo, passavamo da una stalla all’altra, dove si faceva la veglia e quasi tutti ci venivano incontro per vedere cos’era questa strana bestia di paglia offrendo chi due uova, chi del miele e altre cose da mangiare e da bere. Ne uscì una bella festa, una ventata di allegria per il paese che ne aveva bisogno. Quella è stata la prima volta che vestivo l’orso. L’abbiamo fatta per qualche anno, poi i tempi sono cambiati e non si è più fatto se non in qualche timida apparizione.
Dopo quasi cinquant’anni di interruzione, dal 2004 si è ripresa la tradizione, io l’ho ancora fatto qualche anno fa, anche se gli anni sono passati anche per me e non osavo neanche più guardare in faccia chi mi ritrovavo davanti, comunque è andata bene lo stesso. Ora ci sono dei baldi giovani, qui del paese, che hanno preso in mano la situazione e la stanno portando avanti con molta passione.
In passato lavoravo da guardiaparco. Mi ricordo bene il giorno in cui ho iniziato, era il 23 settembre. Non ho molta memoria per altre cose, ma questo giorno mi è rimasto impresso perché era appena finita la guerra e di lavoro non ce n’era. Qualche giorno prima, era il 20 di settembre, a Valdieri c’era una grande fiera dove si vendevano, oltre al resto: capre, vacche, pecore, maiali insomma ogni qualità di animali d’allevamento. Questa fiera durava due giorni così che la gente arrivava un po’ da tutti i paesi circostanti. Da noi era passato un signore che comprava sempre della lavanda in quanto aveva un magazzino da erborista e costui, che è anche stato sindaco di Valdieri qualche anno dopo, mi chiede: “Senti, guarda io so che tu sei uno che è sempre di corsa, avrei proprio da darti un lavoro di corsa, ci sarebbe da fare il guardiapesca!”. Io sono stato lì, non mi aspettavo una richiesta del genere, perché allora di lavoro non ce n’era, ma nel vedere sottomano questa straordinaria possibilità di lavoro accettai subito.
Caspita! Ha lasciato passare un giorno ed il giorno dopo mi ha chiamato, sono andato giù da lui e mi ha subito messo a posto i documenti per iniziare a lavorare.
Il giorno dopo ho iniziato a fare il guardiapesca. Dopo appena un anno e mezzo che lavoravo il territorio di guardia si è ampliato notevolmente perché era subentrata la ex riserva di caccia del Re coi i suoi 27000 ettari che arrivava fino al confine con la Francia. Era talmente grande, ben più di una montagna, che hanno subito aggiunto un altro ad aiutarmi, dopo tre o quattro anni siamo poi passati a quattro guardie. Ci siamo sempre aggiustati da soli a svolgere sia le funzioni di guardiapesca che guardiacaccia, ora in più ci toccava far guardia ai camosci, ma all’epoca ce n’erano ben pochi perché la guerra non aveva più lasciato nessuna bestia.
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