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Dopo l’uscita di un documentario sul canale franco-tedesco ARTE che parlava del percorso fatto dal Comune negli ultimi trentacinque anni siamo stati invasi da richieste di giovani che volevano trasferirsi ad Ostana. Specialmente tedeschi; famiglie intere alla ricerca di una vita più a misura d’uomo, a contatto con la natura; incuranti del salto nel buio.

Un ragazzo, Class, se ne è arrivato dopo una semplice telefonata ed è stato ad Ostana tutta l’estate aiutando nel lavoro volontario e entrando a far parte della comunità a pieno titolo. Prima di ritornare in Germania per la tesi di laurea ha acquistato, dando fondo alle proprie risorse finanziarie, una casa in frazione Champet. Casa non proprio abitabile ma lui si accontenta; orgoglioso del tetto in lose appena rifatto. Per il lavoro è disponibile ad adattarsi a quello che gli verrà offerto. Un giovane in più sul territorio a partire da gennaio, dopo la laurea: covid permettendo.

Altre richieste non abbiamo potuto favorire per le limitate possibilità di accoglienze che offre il paese.

C’era la famiglia Schön che voleva acquistare una fattoria e trasferirsi subito ad Ostana; altri con desideri più o meno simili. Tutti impossibili da esaudire stante le possibilità che offre la nostra montagna.

Negli anni Ostana ha favorito e accolto parecchi arrivi di giovani (rapportati alle possibilità del paese) e l’età media dei residenti (quelli effettivi che stanno qui tutto l’anno) è di 44 anni; ora però, se non cambia qualcosa, sarà difficile avere ulteriori arrivi se non di persone che lavorino via web (con tutti i limiti dell’attuale servizio ….). Noi vorremmo che arrivassero anche persone che possano riportare in paese una piccola parte delle tradizionali attività economiche.

E’ possibile che in inverno i bovini debbano tutti scendere a valle (dopo la monticazione estiva) e il latte lo dobbiamo bere dai cartocci? Che dobbiamo comprare carne più o meno “spinta” dagli allevamenti di pianura? Lo stesso per gli ortaggi in quanto produrli in minuscoli appezzamenti (il trattore sovente è più lungo del terreno da lavorare ….) divisi tra decine di proprietari è attività eroica e spesso antieconomica. Ovviamente cercando tra i terreni meno pendenti dove le macchine agricole possano lavorare senza pericoli.

La filiera alimentare è stata spezzata ed occorre ricostruirla, ovviamente con forme nuove.

In tanti decenni pieni di buoni principi la montagna è stata lasciata sola dalla politica che ignorava e ignora quanto essa potrebbe essere importante per lo sviluppo del Paese e per l’equilibrio idrogeologico e sociale del territorio.

La recente ennesima alluvione ne è la palese dimostrazione. Tutti a dare la colpa alla cementificazione selvaggia e nessuno ha riflettuto che sopra al colle di Tenda cemento non ce n’è e forse le violenze fatte alla montagna, modificando il corso naturale dell’acqua, hanno dato una mano al verificarsi del disastro.

E che non è colpa del destino cinico e baro se qualcuno ha costruito nel letto (o sui bordi) dei torrenti con i relativi permessi concessi con leggerezza (per essere buoni..).

Di questa ennesima alluvione si parlerà per pochi giorni e poi tutto finirà nel limbo degli argomenti che non interessano a chi decide di cosa si deve parlare.

La superficialità di troppi giornalisti non aiuta a tirar fuori i veri problemi e chiamare le cose con il loro nome. Ma ormai è sempre così: come capita con le persone morte in incidenti o altri atti più o meno cruenti che diventano tutti santi. E si dà la patente di eroe con estrema leggerezza! I veri eroi stanno da altre parti ma a nessuno questo interessa!

Per dare spazi alla nuova abitabilità in montagna occorrerebbe che la politica (tutta) comprendesse la necessità e l’urgenza di interventi adeguati che oltretutto non impatterebbero più di tanto sui già disastrati conti pubblici ma che, anzi, avrebbero un veloce tornaconto in termini di sviluppo economico e quindi di tasse pagate.

Essenzialmente gli interventi dovrebbero essere:

  1. Detassazione per le attività economiche svolte (veramente) in montagna; graduate per settore e favorendo in particolare quelli legati all’ambiente e all’agricoltura;

  2. Possibilità di soddisfare gli obblighi scolastici con sistemi innovativi volti a contrastare l’abbandono scolastico e la discesa delle famiglie per rendere “umane” le frequenze dei figli;

  3. Finanziamenti, in parte a fondo perduto ma con garanzie, per chi investe in macchinari agricoli e presenta progetti adeguati, specialmente dedicati ai giovani che vogliono intraprendere nei propri territori montani. Pensiamo solo ai nostri boschi abbandonati al degrado;

  4. Aiuti ai Comuni per contrastare il dissesto geologico, prevenire frane e incendi, ripristinare le antiche consuetudini di gestione del territorio. I tagli folli ai trasferimenti e i prelievi fiscali arrivati a livelli tragici hanno praticamente annullato le possibilità di interventi comunali in montagna. Fanno eccezione i Comuni che hanno dato spazio alle speculazioni edilizie e che oggi possono contare sulle conseguenti entrate.. Noi non riusciamo più neanche a riparare i danni fatti dai cinghiali alle cunette lungo le strade che ovviamente non vengono indennizzati;

  5. Gestione dei trasporti locali fatta con fantasia ed efficienza;

  6. Politiche regionali adeguate con obbiettivi chiari e realisti che rendano concreti e ben tarati gli interventi europei. Per fare un esempio: siamo sicuri che questa gestione della PAC sia proprio l’ ideale per favorire la corretta monticazione o che non sia piuttosto un incoraggiamento a soddisfare solo la parte burocratica dei processi e la fame di soldi di troppe aziende agricole che vengono in montagna solo con questo obbiettivo contribuendo, con un pascolamento scorretto, al degrado dei nostri pascoli?

  7. Una politica nazionale di ricomposizione fondiaria.

Se riflettiamo senza pregiudizi sul problema degli spezzettamenti delle proprietà nella montagna ( in quella dove non vale il sistema del “maso chiuso”) dovuto alla frammentazione conseguente ai passaggi ereditari, ci rendiamo conto che occorre fare un nuovo ragionamento. La proprietà privata, ma c’erano e ci sono ancora le proprietà collettive (usi civici e altre forme), erano tali allo scopo di soddisfare le esigenze di vita delle famiglie e quindi ogni pezzetto di terra era prezioso visto in questa ottica.

Ma ora che senso ha mantenere una proprietà in capo a persone emigrate e sparite nel nulla decenni o secoli indietro? Che senso ha tenere incolti pronti all’arrivo dei rovi o del rimboschimento selvaggio (con essenze di nessun pregio) la maggior parte degli antichi coltivi? Non sarebbe meglio affidarli ai Comuni (e quindi alla collettività) per favorirne l’utilizzo? Ovviamente se l’antico proprietario si facesse vivo il bene verrebbe restituito previo rimborso del valore delle eventuali migliorie apportate.

Tutto questo attraverso procedure certe ed efficaci che mettano il Comune al riparo dai contenziosi che potrebbero altrimenti nascere.

E altri piccoli interventi fatti da una politica che sia convinta che non è possibile continuare ad ignorare territori che rappresentano poco meno del 50% del territorio nazionale.

Ovviamente questo non capiterà e la montagna dovrà farcela da sola.

La pandemia da Covid-19 e le sue conseguenze hanno portato alla luce la fragilità degli attuali modelli di sviluppo e di governo della società: modelli unici, costruiti e pensati nelle città e per le città, ma applicati ovunque, senza considerare l’“identità” dei luoghi, con ripercussioni negative in tutti quei territori dalle caratteristiche peculiari come quelli di montagna.

Ma la montagna, aldilà delle parole, è e sarà ignorata dalla politica, sempre più parolaia ed inetta, e dai vari potentati aggrappati agli interessi economici di parte. Non parliamo poi dei burocrati che hanno dimostrato, e stanno dimostrando, la loro incapacità anche nell’affrontare l’epidemia. In Francia (che fa quasi il doppio dei tamponi dell’Italia) se un privato vuole farsi un tampone va in una struttura a scelta e lo Stato gli rimborsa la spesa. Sta succedendo così ai francesi che in questi giorni arrivano in Italia accompagnati dal loro tampone negativo. Noi abbiamo persone che hanno avuto il virus senza aver visto e vedranno il tampone.

Dopo mesi di epidemia non siamo in grado di fare i tamponi che servirebbero; magari in modo mirato per non bloccare il paese. Le scuole sono allo sbando e ogni preside applica le regole a suo modo. Per fortuna i giovani sono meno aggrediti dal virus.

Questa è l’Italia destinata ad un perenne stato vegetativo!

Ostana 23 ottobre 2020