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Nòvas n.217 Març 2022

Il risorgimento della Cina sulla Nuova Via della Seta

La renaissença de la China sus la Nòva Via de la Sea

di Peyre Anghilante

italiano

Da circa trent’anni l’occidente (e il mondo) sta assistendo alla rinascita di un paese che per secoli aveva sembrato voler dimenticare. Questo paese è la Cina, antica potenza e impero millenario, che pareva essere rimasto, se non certo ai margini della storia, (“quella che conta”, come direbbe qualcuno), confinato al ruolo di potenza regionale, e che invece nell’ultimo secolo è creciuto a tal punto da minacciare la supremazia occidentale (leggasi USA).

La culla della cività cinese fu il Fiume Giallo, all’incirca nello stesso periodo delle civiltà mesopotamiche e nilotiche nel secondo millennio a.C. La cultura degli Han (nome dell’etnia all’origine del popolo cinese), si diffuse gradualmente, assimilando le etnie a lei prossime. La dinastia Qin (da cui deriva il nome Cina) e poi la dinastia Han diedero un’unità al sentimento di appartenenza comune e crearono una Cina imperiale unita. Fu durante questo periodo che si delineò quel reticolo di itinerari terrestri, marittimi e fluviali lungo i quali per molto tempo si sviluppò il commercio fra l’impero cinese e quello romano che oggi tutti conosciamo come Via della Seta. Nel XIV secolo, la dinastia Yuan, il cui fondatore fu Kublai Kan, l’imperatore alla cui corte fu ospite Marco Polo, dominerà il più vasto impero del suo tempo.

Una storia esemplare di come la Cina si sentisse, e fosse, un impero è contenuta nel volume di Paul Strathern “Storia del mondo in dieci imperi”. Si legge nell’introduzione: “All’alba del XV secolo, la Cina era, per certi versi, la civiltà più avanzata del mondo. Era la terra di cui, qualche tempo prima, Marco polo aveva decantato le meraviglie in Europa. Nel 1405 Zhu Di, meglio noto come Yongle, terzo imperatore della dinastia Ming, ordinò all’ammiraglio Zheng He di partire dalla Cina con la sua flotta per esplorare «gli oceani del pianeta»... La flotta annoverava più di trecento grandi giunche di legno a vela progettate per la navigazione oceanica e governate da oltre 28 000 uomini; la nave del tesoro appartenuta all’ammiraglio, di cui oggi è visibile una riproduzione a Nanchino, era lunga 137 metri. Per oltre quattro secoli, i mari del globo non avrebbero visto flotte comparabili a quella di Zheng He, fino alla Prima guerra mondiale”. La flotta dell’imperatore, in sei spedizioni, giunse nell’Indo-Pacifico, navigò dall’India al Golfo Persico, fino all’Africa. Nel settimo viaggio di Zheng He, leggendario e dal quale non avrebbe più fatto ritorno, sarebbero avvenute imprese strabilianti, dalla scoperta dell’Australia e dell’America alla navigazione attraverso il Passaggio a Nordovest. Conclude l’autore: “Negli anni che seguirono la morte dell’ammiraglio Zheng, avvenuta in India nel 1433, a corte avevano preso il potere nuovi ministri confuciani che «erano ostili al commercio e... a ogni cosa proveniente dall’estero». Fu emanata una serie di decreti (interdizione marittima) che vietavano alle navi cinesi di far vela verso paesi stranieri. Le documentazioni ufficiali dei viaggi di Zheng He furono distrutte e la flotta imperiale venne confinata in porto, dove presto cadde in disuso... Questi decreti ebbero come conseguenza indesiderata l’isolamento della Cina dal mondo. La civiltà Ming, un tempo progressista e aperta, iniziò a fossilizzarsi e «una delle principali epoche di buongoverno, ordine e stabilità sociale della storia umana» sprofondò nel declino”. Così la cina, da ambiziosa potenza di mare, si rifugiò sulla terra e in sé stessa, fattore avrebbe influenzato alquanto il suo avvenire. Nel 1912 l’ultimo imperatore abdicò e venne fondata la Repubblica di Cina, alla quale è seguita, dopo la “grande rivoluzione culturale” di Mao Zedong, nel 1949, la Repubblica Popolare Cinese, fino all’attuale presidente Xi Jinping.

Oggi la Cina sta cercando di ritrovare il suo passato di grande potenza. Per fare questo, oltre all’evidente progresso economico, scientifico, tecnologico e militare, un altro aspetto fondamentale è la pedagogia nazionale. Spiega Giorgio Cuscito, esperto in geopolitica e collaboratore della rivista Limes: “Oggi il governo cinese ha chiarissima l’idea, il piano con cui forgiare la propria identità nazionale e lo declina in tantissimi modi. Lo scopo finale è il cosiddetto “risorgimento della nazione”, formula ufficiale utilizzata da Pechino per stabilire quello che è il progetto di ritorno della Cina al ruolo di potenza. Poiché la Cina si sente un impero. Concezione presente anche nel nome: Cina viene da Chung Quo, significa “impero del centro”. Per fare questo Pechino ha bisogno di una popolazione fedele, cioè che creda nei dettami del Partito Comunista... Ha poi bisogno di una popolazione giovane, entusiasta e fiduciosa nel futuro... Nella pedagogia cinese si identificano questi tre elementi fondamentali: il mito, la predestinazione e il trauma. Riguardo al mito, la pedagogia cinese vuole che gli abitanti della Repubblica Popolare siano di etnia Han, e quindi eredi in qualche modo di questa dinastia, una delle più grandi della storia cinese... Andando a ritroso si giunge all’Imperatore Giallo, uno dei sovrani mitologici che hanno fornito ai cinesi i principali fondamenti. Quindi i cinesi sono tali perché sono di etnia Han e quindi figli del Dragone, dell’Imperatore Giallo. Riguardo alla predestinazione, essa è legata al ruolo che un tempo aveva la Cina, che si percepiva centro del mondo, non come centro geografico, ma come centro culturale. La Cina si sentiva una civiltà superiore al resto del mondo dal punto di vista morale, culturale, al punto che non sentiva neanche l’esigenza di cartografare i propri confini, perché l’impero era il mondo, il resto erano “barbari”... cartografare i confini avrebbe significato limitare la portata dell’impero. Riguardo al trauma, esso è più recente. Quando a cavallo fra il 1800 e il 1900 i cinesi capiscono di non essere più al centro del mondo, lo capiscono perché subiscono l’invasione da parte delle altre potenze straniere... C’è un nesso molto forte fra il trauma di aver perso il mandato celeste e la necessità di ricuperarlo”. Quando si hanno le idee chiare...

In quest’ottica di ritorno a potenza globale, che vista dal lontano l’Occidente suona così terribilmente vicina (se si pensa a quanti nostri stati, non ultima la Francia, hanno coltivato tali miti), la Cina sta cercando di diventare una potenza marittima, estendere la propria influenza economica e politica e mantenersi unita. Molti sono i problemi che il paese deve affrontare al suo interno, alcuni dei quali nodali: il divario di ricchezza fra la costa e l’interno; il divario etnico e culturale fra il centro e la periferia, dove vivono etnie con usi e costumi molto diversi dal nucleo del paese, compreso grosso modo fra le città di Pechino, Shanghai, Guangdong e Yunnan; il problema di Hong Kong e di Taiwan. Il governo sa che nel futuro, almeno fino al 2049, centenario della Repubblica Popolare Cinese, anno fino al quale giungono per ora le previsioni ed i progetti dei governanti, dovrà affrontare grandi sfide, sia all’interno che dal punto di vista estero. Cercando di assicurarsi la fedeltà delle minoranze che abitano le parti periferiche del paese, poiché le periferie servono come cuscinetto a protezione del nucleo Han, il governo cerca di assimilarle, imponendo l’apprendimento delle tradizioni, della lingua Han (il cinese mandarino) e della storia nel modo che giudica corretto.

Ad oggi, la popolazione della Cina è costituita per il 90 per cento da cinesi han, mentre il rimanente 10 per cento è formato da minoranze. In ogni caso, la Cina è talmente popolosa che solo gli uiguri, popolo turcico musulmano, ammontano a oltre 11 milioni di persone. Purtroppo per gli uiguri, Urumqui, capitale dello Xinjiang, regione in cui abitano e perciò di etnia turca e a maggioranza musulmana, è una delle città designate come snodo in territorio cinese della Nuova Via sella Seta, progetto economico, ma non solo, che il paese ha intrapreso da ormai qualche tempo e che dovrebbe aiutare la Cina ad espandere la propria influenza in Europa e nel mondo. In particolare, Urumqui fa parte della cosiddetta Via della Seta Terrestre, che attraverso l’Asia giunge fino alla Spagna. Altri percorsi sono la Via Marittima, che costeggiando l’Asia Orientale e Meridionale giunge al Mar Mediterraneo attraverso il canale di Suez, e il corridoio economico Cina-Pakistan, che dalla città di Kashgar, sempre nella regione dello Xingjang, giunge al porto di Gwada, dal quale si collega con la Via Marittima.

La minoranza uigura, come le altre presenti in Cina, si troverà di fronte alla grande sfida di riuscire a conservare la sua identità. Il problema, tuttavia, è più grande. Se è vero che molte comunità e popoli hanno da sempre minacciato la libertà altrui cercando di imporre la propria volontà, che la Via della Seta è molto antica (Urumqui ne è stata sempre stata un importante luogo di passaggio), che la Cina comunque si sente minacciata dall’egemonia americana e dagli stati che le sono ostili nel proprio continente, come l’India, la Thailandia, o la Corea del Sud, la filosofia che si è data questo paese a lungo termine potrebbe essere così pervasiva da rivelarsi infine “inadeguata” alle esigenze di convivenza fra le comunità umane, non solo nello Xingjang, ma nel mondo intero.

Perseguendo l’obiettivo di divenire una potenza marittima, di estendere la propria influenza attraverso l’ambizioso progetto della Nuova Via della Seta e attuando una “adeguata” pedagogia nazionale, dopo il secolo americano (e forse scampiamo il prossimo, quello nuovo), esemplare, la Cina pensa forse di giungere all’era di un nuovo Impero Celeste? Possibile che ci debba sempre essere il secolo o l’epoca di qualcuno? Eppure un antico detto di Confucio dice, a chiare lettere, Quello che non vuoi che venga fatto a te stesso, non farlo agli altri”. Non c’è dubbio, Confucio aveva ragione. Chissà se i cinesi sapranno ascoltarlo.

occitan

Da a pauc près trent’ans l’occident (e lo mond) ista assistent a la renaissença d’un país que per de sècles avia semelhat voler desmentiar. Aquel país es la China, antica potença e empèri millenari, que pareissia èsser restat, se ren certament ai marges de l’estòria (“aquela que compta, coma diria qualqu’un), confinat al ròtle de potença regionala, e que en revenge dins lo darrier sècle es creissut a una mira tala da menaçar la supremacia occidentala (léser USA).

La cuna de la civiltat cinesa foguet lo Flume Jaun, a pauc prè dins lo mesme períod d’las civiltats mesopotàmicas e nilòticas dins lo second millenari a.C. La cultura Han (non de l’etnia a l’origina dal pòpe chinés), se difondet gradualament, en assimilant las etnias pròchas a ela. La dinastia Quin (d’ente deriva lo nom “china”) e puei la dinastia Han doneron un’unitat al sentiment d’apartenença comun e creeron una China impriala unia. Foguet durant aqueste períod que se dessenhet aquel malhum d’itineraris terrèstres, marítims e fluvials lo lòng di quals per de temp se desvolopet lo comèrci entre l’empèri chinés e aquel roman qu’encuei tuchi conoissem coma Via de la Sea. Dins lo XIV sècle, la dinastia Yuan, dont lo fondator, Kublai Kan, l’emperaire dont a la cort foguet òste Marco Polo, dominarè lo pus vast empèri de son temp.

Un’estòria exemplara de coma la China se sentesse, e foguesse, un empèri es contengua dins lo volum de Paul Strathern “Estòria dal mond en detz empèris”. Se letz dins l’introduccion: “A l’alba dal sècle XV la China era, per cèrti vèrs, la civiltat pus avançaa dal mond. Era la tèrra dont, qualque temp derant, Marco Polo avia vantat las meravilhas en Euròpa. Dins lo 1405 Zhu Di, mielh conoissut coma Yongle, tresen emperaire de la dinastia Ming, ordenet a l’amiralh Zheng He de partir da la China abo sa flòta per explorar «lhi oceans dal planeta»... La flòta comptava mai de tres cent grandas joncas de bòsc a vela projectaas per la navigacion oceànica e governaas da passa 28 000 òmes; la nau dal tesòr apartengua a l’amiralh, dont enquei es visibla una reproduccion a Nanchino, era lònja 137 mètres. Per mai de quatre sècles, las mars dal glòbe aurion pas vist de flòtas comparablas an aquela de Zheng He, fins a la Premiera Guerra Mondiala”. La flòta de l’emperaire, dins sies expedicions, arribet dins l’Indo-Pacífic, naviguet da l’India al Golf Pèrsic, fins a l’Àfrica. Dins lo seten viatge de Zheng He, legendari e dal qual seria pas pus tornat, serion avenguas d’empresas esmeravilhantas, da la descubèrta de l’Austràlia e de l’Amèrica a la navigacion a travèrs lo Passatge a Nòrd-Oest. Achaba l’autor: “Dins lhi ans que segueron la mòrt de l’amiralh Zheng, avengua en Índia dins lo 1433, a la cort avion pilhat lo poer de nòus ministres confucians que «eron obstils a lo comèrci e... a que se sie provenent da l’exterior». Foguet emanaa una seria de decrets (interdiccion marítima) que proïbion a las naus chinesas de far vela vèrs de país estrangiers. Las documentacions oficialas di viatges de Zheng He fogueron destruchas e la flòta imperiala confinaa dins lo pòrt, ente lèu passet d’usatg. Aquesti decrets augueron coma consequença indesiraa l’isolament de la China dal mond. La civiltat Ming, un temp progressista e ubèrta, comencet a se focalizar e «una d’las principalas èpocas de bòn govèrn, òrdre e estabilitat sociala de l’estòria umana» tombet en decadença”. Parelh la China, da ambiciosa potença de mar, se refugiet sus la tèrra e en ela, factor que auria ben influençat son avenir.dins lo 1912 lo darrier emperaire abdiquet e foguet fondaa la República de China, a la quala seguet, après la “granda revolucion culturala” de Mao Zedong, la República Popular Chinesa, fins a l’actual president Xi Jinping.

Encuei la China ista cerchant de retrobar son passat de granda potença. Pr’aquò far, en mai de l’evident progrès econòmic, scientífic, tecnològic e militar, un autre aspèct fondamental es la pedagogia nacionala. Explica Giorgio Cuscito, expèrt en geopolítica e collaborator de la revista Limes: “Encuei lo govèrn chinés a ben clara l’idea, lo plan abo lo qual forjar son idea nacionala e lo declina dins un tantíssimas manieras. La mira finala es la se disenta “renaissença de la nacion”, formula oficiala adobraa da Pequin per establir aquel qu’es lo projèct de retorn de la China al ròtle de potença. Daus que la China se sent un empèri. Una concepcion presenta bèla dins lo nom: China ven da Chung Quo, signífica “empèri dal centre”. Per far aquò Pequin a da manca d’una populacion fidèla, o ben que cree dins lhi dictats dal Partit Comunista... A puei da manca d’una populacion jove, entosiasta e confianta dins l’avenir... Dins la pedagogia chinasa s’identíficon aquesti tres elements fondamentals: lo mite, la predestinacion e lo trauma. Regard al mite, la pedagogia chinsa vòl que lhi abitants de la República Populara sien d’etnia Han, e donca eretiers d’un qualque biais d’aquela dinastia, una d’las pus grandas de l’estòria chinesa... en anant enreise s’arriba a l’Emeraire Jaun, un di sobeirans mitològics que an fornit a lhi chinés lhi principals fondaments. Donca lhi chinés son tals perqué son d’etnia Han e donca filhs dal Dragon e de l’Emperaire Jaun. Regard a la predestinacion, ilh es lia al ròtle que un temp avia la China, que se percebia centre dal mond, ren coma centre geogràfic, mas coma centre cultural. La China se sentia una civiltat superiora a la rèsta dal mond dal ponch de vista moral, cultural, al ponch que sentia pas nianca l’exigença de cartografar si confins, perqué l’empèri era lo mond, la rèsta eron de “barbars”... cartografar lhi confins auria volgut dir limitar la portaa de l’empèri. Regard a lo trauma, al es pus recent. Quora a caval entre lo 1800 e lo 1900 lhi chinés capisson d’èsser pas pus al centre dal mond, lo capisson perqué subisson l’invasion da part d’las autras potenças estrangieras... Lhi a un liam mai que fort entre lo trauma d’aver perdut lo mandat celèst e la necessitat de lo recuperar ”. Quora un a las ideas claras...

Dins aquesta prospectiva de retorn a potença globala, que vista da lo luenh Occident sòna tant terriblament vesina (se un pensa a quanti nòstri estats, ren última la França, an cultivat aquilhi mites), la China ista cerchant de devenir una potença marítima, esténder son influença econòmica e política e se mantenir unia. Mai d’un son lhi problèmas a son interior, dont qualqu’un nodal: l’escart entre richessa entre la còsta e ‘interior; la diferença étnica entre lo centre e la periferia, ente vivon d’etnias abo d’usatges e costumas ben diferents dal núcleu dal país, comprés truc e brancha entre las vilas de Pequin, Shangai, Guandong e Yunnan; lo problèma de Honkong e de Taiwan. Lo govèrn sa que dins l’avenir, almenc fins a lo 2049, centenari de la República Populara Cinesa, an fins al qual arribon per aüra las previsions e lhi projècts di governants.

Al temp que siem, la popolacion de la China es constituïa per lo 90 per cent da de chinés han, mentre que lo restant 10 per cent es format da de minoranças. De tot bias, la China es talament populosa que masque lhi uigurs, pòple turc musulman, s’elevon a mai de 11 milion de personas. Malaürosament per lhi uigurs, Urumqui, capitala de lo Xingjang, la region ente demoron e pr’aquò d’etnia turca e a magiorança musulmana, es una d’las vilas designaas coma nos dins lo territòri chin´s de la Nòva Via de la Sea, projèct econòmic, mas ren masque, que lo país a entreprés fai desenant qualque temp e que deveriaajuar la China a espànder son influença en Euròpa e dins lo mond. En particular, Urunqui fai part de la se disenta Via de la Sea Terrèstra, que a travèrs l’Àsia arriba fins a l’Espanha. D’autras dralhas son la Via Marítima, que en costejant l’Àsia Orientala e Meridionala arriba a la Mar Mediterrànea a travèrs lo canal de Suez, e lo corredor econòmic China-Pakistan, que da la vila de Kashgar, sempre dins la region de lo Xingjang, arriba a lo pòrt de Gwada, ente se jonh abo la Via Marítima.

La minorança uigura, coma las autras presentas en China, se rtobarè derant a la granda esfida de arribar a gardar lor identitat. Lo problèma, totun, es pus grand. Se es ver que un baron de comunitts e de pòples depuei l’ora an menaçat la libertat de lhi autri en cerchant d’empausar lor volontat, que la Via de la Sea es pro antica (Urumqui ne’n es totjorn istaa un important luec de passatge), que la China coma que sie se sent menaçaa da l’egemonia americana e da lhi estats que lhi son obstils dins son continent, coma l’Índia, la Thailàndia o la Corea dal Sud, la filosofia que s’es donaa aqueste país a òng tèrme poleria resultar talament pervasiva da se revelar enfin “inadeqüaa” a las exigenças de convivença entre las comunitats umanas, ren masque dins lo Xingjang, mas dins lo mond entier.

En perseguent l’objectiu de devenir una potença marítima, d’esténder son influença a travèrs l’ambiciós projèct de la Nòva Via de la Sea e en actuant una “adeqüaa”pegagogia nacionala, après lo sècle american (e benlèu nos escapem d’ aquel que ven, lo nòu), exemplar, e que la China de rejónher l’èra d’un nòu Empèri Celèst? Possible que lhi deve totdia èsser lo sècle o l’època de qualqu’un? E pura una vielha dicha de Confucio ditz, a claras letras: “Çò que vòs pas que vene fach a tu, fa-lo pas a lhi autri”. Aquò es segur, Confucio avia rason. Vai sauber se lhi chinés saberèn l’escotar.


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