All'inizio degli anni Settanta nacque quello che Domenico Canciani e Sergio De La Pierre definiscono "l'altro occitanismo" (1); se fino ad allora il movimento etnista provenzale dell'Escolo dóu Po era il solo ed unico gruppo presente nelle valli piemontesi, e "Coumboscuro" l'unico giornale, a partire dal 1971 lo scenario mutò completamente e nacquero numerose associazioni che si impegnavano sul piano politico oltre che su quello culturale e linguistico.
In quell'anno furono infatti fondati il M.A.O. (Movimento Autonomista Occitano), sotto la guida di François Fontan (2), ed il C.A.O.A. (Comitato Autonomia Occitana d'Azione). Alcuni aderenti del C.A.O.A., del M.A.O. ed altri occitanisti decisero di fondare un giornale alternativo a "Coumboscuro" dando vita nel settembre del 1972 a "Lou Soulestrelh", il quale avrebbe dovuto essere il portavoce dei Comitati d'Iniziativa per l'Autonomia delle Valli Occitane.
Tuttavia la collaborazione tra gli aderenti al M.A.O. e gli altri occitanisti nella redazione del giornale "Lou Soulestrelh" iniziò ad incrinarsi fino ad indurre questi ultimi a fondare l'U.D.A.V.O. (Unione degli Autonomisti delle Valli Occitane).
Nel 1974, gli occitanisti del M.A.O. uscirono infine dal giornale per fondare "Ousitanio Vivo".
Siamo negli anni Settanta: il contesto socio-politico in cui nasce il giornale è profondamente diverso da quello in cui era sorto "Coumboscuro"; i motivi che hanno spinto questo gruppo di giovani a fondare "Ousitanio Vivo" sono enunciati nella prima pagina del primo numero:
La prima cosa che viene da dire è finalmente (...). Era necessario e così abbiamo iniziato. (...) Perché diciamo finalmente? Gruppi del Movimento si sono costituiti in più valli; il lavoro d'informazione della popolazione occitana ha sempre maggior campo d'azione; i problemi della popolazione occitana dei quali il Movimento può e deve occuparsi sono sempre più numerosi e gravi. Alcuni hanno aspetto particolare altri rivestono interesse generale, ma è importante che tutti siano portati a conoscenza e dibattuti. Il giornale si propone di portare in primo piano innanzi tutto l'aspetto politico della questione occitana, riferendosi in particolar modo alle valli occitane d'Italia, cioè il fatto che siano come una colonia e quindi si debba agire per la loro decolonizzazione. È necessario allora avere ben chiari quelli che sono i modi per realizzare questo: quale lavoro svolgere, quali tappe conquistare volta per volta fino al raggiungimento di risultati sempre più avanzati verso l'autonomia. (3).
Il focus della questione occitana si sposta dunque sul piano politico.
Il problema della lingua, e dello scrivere in occitano, resta in primo piano, ma esso assume il significato di lotta per la propria identità inserendosi nella più generale lotta per il riconoscimento dell'autonomia in quanto minoranza etnica e linguistica. Nell'articolo Che cos'è l'Occitania, l'autore spiega che la lingua, la quale "tende a lasciare sempre più posto ad altre lingue o dialetti" perché "spesso considerata un patuà e come tale disprezzata", in quanto "manifestazione culturale, è il solo mezzo che permette di riconoscere una nazione" (4).
Tuttavia, viene spontaneo chiedersi, qual'è la nazione invocata dal Movimento?
Diversamente da "Coumboscuro" che riconosceva il legame soltanto con la Provenza (ed in virtù di quel legame definisce la lingua "provenzale"), essa si configura come "Occitania Grande", la quale comprende le valli italiane (Dora, Germanasca, Chisone, Pellice, alta val di Susa, Po, Varaita, Maira, Grana, Stura, Gesso, Vermenagna, Alta Corsaglia, Pesio ed Ellero), le regioni francesi del Limosino, dell'Alvernia, della Provenza-Alpi-Costa Azzurra e in parte l'Aquitania, la Linguadoca-Rossiglione e il Rodano-Alpi. Nonostante sia frammentata in una miriade di dialetti, la lingua, definita dalla rivista "occitano", è la medesima.
Considerando quindi la nazione occitana come "una colonia" dello Stato italiano, il M.A.O. si batteva per la sua decolonizzazione, ovvero per il riconoscimento di una Regione Autonoma a Statuto Speciale sul modello della Valle d'Aosta e del Trentino Alto-Adige (5).
Come spiega Dario Anghilante in un'intervista del 1981, "verso la fine degli anni Sessanta vengono evidenziandosi alcuni fatti: lo spopolamento stava conducendo ad una vera e propria disperazione sul piano demografico; la gente era attirata dalla nuova industrializzazione soprattutto piemontese, nel contempo le Valli vengono invase dalla speculazione turistica. Si profila così una realtà di colonizzazione: privazione dell'identità culturale, svuotamento demografico, sfruttamento economico" (6).
È sufficiente sfogliare le prime edizioni e leggere i titoli degli articoli per rendersi conto di quali sono gli argomenti trattati dal giornale e le rivendicazioni politiche avanzate dal M.A.O.: La montagna occitana: ai problemi occitani, soluzioni occitane (N.1, p.2); Libertà per i popoli oppressi (N.2, p.3); Le lotte di liberazione nazionale nel mondo (N.4, p.1) (7); Spopolamento. Ricerche sulla situazione demografica nella valli occitane (N.3, p.3); Lega italiana per l'articolo 6 per i diritti delle minoranze linguistiche (N.10, p.1); Occitanismo come azione politica (N.15, p.1); Fremes Usitanes: La vito es decò nosto, lücen per nosto liberasiùn (N.18, p.1); Essere donne nelle valli occitane (N.29, p.1); La scuola nella valli occitane (N.,28, p.1); Riflessioni per la decolonizzazione occitana (N.34, p.1); Paesana lancia il «suo» turismo (N.39, p.2); Irlanda del Nord: una lotta di liberazione nazionale (N.44, p.1); Le autonomie basca e catalana(N.45, p.1).
Come si vede dai titoli sopra enunciati, i problemi di cui si occupava "Ousitanio Vivo" negli anni Settanta riguardavano sì le valli occitane piemontesi, ma non solo. La prospettiva della politica locale guardava alla politica nazionale e a quella mondiale: le rivendicazioni autonomiste erano quelle degli occitani, ma anche dei baschi, dei catalani, degli irlandesi; le grandi battaglie femministe degli anni Settanta avevano un'eco anche nei piccoli paesi e nelle borgate del cuneese; lo spopolamento e l'emigrazione verso i centri urbani riguardava le valli ma anche i centri rurali di tutta Italia; l'importanza di incentivare un turismo sostenibile e rispettoso dell'ambiente e della cultura locale è un problema che ancora oggi fa discutere.
Alcune di queste tematiche fondamentali saranno portate avanti dal giornale nei decenni successivi; si leggano ad esempio alcuni degli articoli archiviati nel Tresòr de Lenga Corpus Testuale":
in Abu na cusienso autunumisto din i aministrasiun usitane l'autore sostiene che i programmi politici "polun ren fermase mec ai pichoti u gros prublemo dal paìs, devun punchar a en descurs de reneisenso de la muntanho usitano, de üniun a travers la valado e i valades"; allo stesso modo, Giovanni Antonio Richard ribadisce che "la nuostro, deòu esser na pulitico che ten cunte de nuostro cultüro e de nuostro siviltà, na pulitico sü mezüro de nuostro gent e de nuostro tero, facio da nuzautre e da chi ubé nuzautre viou tüci giurn, a cumensar da la rüà a la cümüno e la vadado" (Pulitico e Menestro); in Per gardà les eskoles dins les valades e in N'esfors per tyene düberte i noste eskole, Dino Matteodo tratta del problema, ancora attuale, della chiusura delle scuole e delle pluriclassi nei comuni montani e nelle borgate; in I nasyun ke volen viure prenun la parolo, l'autore parla di "sulidaryetà enternasyunalo bu tute i nasyun kulunizaa e la pratiko de l'enter-nasyunalisme dedin l'Estat italyan e dedin l'Ewrupo": per raggiungere questo scopo, si deve "bastir, pyan pyanet, n'ünhun bu i nasyunalità minuritarye de l'Estatat italyan e de l'Ewrupo".
La produzione letteraria di questi anni risente del clima politico ed in essa ritroviamo i temi trattati negli articoli di attualità.
Nella canzone Lu fuec es encá rous, Dario Anghilante tratta del tema dello spopolamento delle valli, della necessità di creare nuove opportunità di lavoro ("I ome soun mort ou soun partì; / qui resto isì tout soulet, / fatigo a fà lou fen e anà a la meiro / ma isì vol restà, vol trabaià") e della speculazione edilizia ("La tero es mac paouro per nouzautri / i fai i sordi ai fourestie"); nel finale, l'autore invita "l'uomo occitano" ad affermare i suoi diritti e la sua libertà:
Ome que scoutes mio chansoun
tu as na lengo en noum touto na storio
i t'an mai dich que tu sies n'ome d'Oc
la tero tio es tero d'Ousitanio..
Tu pos pa lisà muere aqueste pople
es lou tiou ome d'Oc.
es lou tiou ome d'Oc
es ouro de veire que as lou drech a sercha
la libertà... là libertà.
E di nuovo sul tema della perdita della terra ritorna il medesimo autore nella canzone Bóouco, Bóouco laddove un giovane ragazzo, costretto ad alzarsi alle quattro del mattino per andare a lavorare lontano, lamenta: "Aviou de tero i me l'an pià, / aviou na caso i me l'an pià, / aviou n'animo i me l'an decò pià".
Simili ai temi trattati da Dario Anghilante sono quelli della poesia di Sergio Sodano Isì la gent ("Eiro pos veire se boouques a tio ruà /'co lou bosc da i porte t'an pià, /se trobes encà tio cazo l'es jo bel / (...) I an lisà anar vio touto la gent").
La modernizzazione avanza, distruggendo senza distinzione tutto ciò che le si para davanti: Sodano accenna alla deturpazione del paesaggio dovuta alla costruzione di nuove strade ("per far na vio novo n'an ruinà en troupel /«na vio novo per demourar la gent /que vien pistounià tie champ de frument»"), Alessandro Fina, in I Piloun tramolen, alla demolizione dei piloni votivi (" 'nte la vogo / de la coustrusioun, /que l'ei ouromai na drògo./ Si se prezento l'oucazioun /í bòouquen pa se la peno pago / (...) Tout acò coumo se la fous pa nen, /senso reflete soque l'ei lou ben, /pa mec aquel predicà da i preire /ma touto na manero de vive /moustrà da i nosti réire").
In Pavouno e Materin Masino Anghilante protesta contro i turisti poco rispettosi della vita locale che, calpestando il prato quando il raccolto è maturo, fan sì che le sue due mucche piangano d'inverno "per la grupio vuido e per gaire de lach".
Resta, per parafrasare Ines Cavalcanti di Tero d'Usitanio una fredda terra non più lavorata, lasciata sola, senza più patate, nè grano nè segala; sui solai batti-grano e aratri non più adoperati; nelle case tutto abbandonato e senza gente; un'Occitania (Ousitanio) -così la descrive Giacomo Bellone di Limone- come una vecchia baita invasa dalle ortiche, come una povera madre coi seni vuoti senza latte per i propri figli, che ha venduto le sue figlie più belle (le valli Vermenagna, Maira, Varaita e le altre) come vacche da mungere.
Se la politica è il tema che caratterizza "Ousitanio Vivo", non si può dire tuttavia che il giornale tratti esclusivamente di questo.
Molti sono gli articoli che parlano di lingua (si veda ad esempio Ma fà a parlà usitan), di cultura (30 ans d'occitanisme), di folclore (L'abaio 1977), di eventi e manifestazioni (Amassada generala de l'Institut d'Estudis Occitans), di altre riviste (Novel Temp e Valados Usitanos) e di concorsi letterari (Concors Ideo d'OC 1987). Ampio spazio è inoltre dedicato alla letteratura: troviamo racconti (L'es dör dir "vuì"), poesie, fiabe e favole (Coumare la merlo), pièce teatrali (Presepi vivent a Acelh Val Maira), testi di canzoni (Lingero), proverbi (Pruverbi a nosto modo), modi di dire e persino barzellette.
Si deve inoltre tener presente che il M.A.O.scomparve, almeno politicamente, nella seconda metà degli anni Ottanta, e quindi, a partire da quel periodo, "Ousitanio Vivo" non può più essere considerato l'organo di stampa del Movimento Autonomista Occitano (8). Il giornale è diventato l'organo dell'associazione culturale Ousitanio Vivo, fondata da coloro che precedentemente erano nel M.A.O.
Esso porta avanti alcuni degli obiettivi che sono emersi nel congresso tenutosi nel 1989 tra gli occitanisti che appartenevano al M.A.O.; ed in particolare il progetto di un Istituto di studi occitani sul modello dell'I.E.O.francese: a testimonianza di ciò è la scelta, accanto alla grafia dell'Escolo dóu Po, della grafia normalizzata codificata sulla base della grafia classica e promossa dall'Institut d'Estudis Occitans.
Come spiega Dario Anghilante, uno dei fondatori del M.A.O., in un'intervista:
Nella prima parte degli anni Ottanta, il Movimento serbava ancora la speranza di costruire qualcosa, ma in seguito ci siamo resi conto che era un cammino difficile. Non c'erano possibilità....la gente delle valli non aveva ancora una coscienza di appartenenza. Il cammino era lungo e non si poteva ancora avere un risultato politico. Abbiamo capito che il risultato politico, che significava una Regione Autonoma, non era possibile ottenerlo in quel momento e quindi abbiamo continuato a lavorare per far crescere questa coscienza. Abbiamo potenziato l'attività del giornale, delle pubblicazioni, di tutto ciò, ma il movimento politico ha perso la sua funzione verso la fine degli anni Ottanta (9).
"Ousitanio Vivo" diede quindi impulso alla produzione editoriale, pubblicando ad esempio il primo romanzo in occitano cisalpino Steve,scritto da Giovanni Bernard; la raccolta di poesie Poësia Occitana, che raggruppa le poesie che hanno partecipato al concorso Poësia d'Oc del 1987; il libro Baìo Baìo sull'evento folcloristico che si tiene ogni cinque anni in Valle Varaita; Occitania di Sergio Salvi, l'autore che ha scritto Le lingue tagliate; Calendal di Frédéric Mistral tradotto da Mirella Tenderini; il dizionario Lou Saber di Giovanni Bernard di Bellino; e infine l'Eli, Vocabolari a figuras.
NOTE.
(1)Domenico Canciani e Sergio De La Pierre, Le ragioni di Babele, Francoangeli, Milano, 1993, p.53.
(2)François Fontan fondò in Francia il P.N.O. (Partito Nazionalista Occitano) e fu costretto all'esilio nel 1964 per motivi politici; si rifugiò a Sampeyre dove divenne una figura di riferimento per alcuni membri del "nuovo occitanismo".
(3)Esce Ousitanio Vivo, in "Ousitanio Vivo", aprile 1974, N.1, p.1.
(4)Che cos'è l'occitania, Ivi, p.1 e 5.
(5)Che cosa vuole il Movimento Autonomista occitano, ivi, N. 2, p.1. L'obbiettivo è enunciato esplicitamente nell'art.2 del Programma del M.A.O.: "L'obbiettivo principale del Movimento è la costituzione di una Regione Autonoma a Statuto Speciale nell'ambito dello Stato italiano, in applicazione dell'art. 6 della Costituzione della Repubblica italiana", in Autonomia, Indipendenza, Separatismo, ivi, N. 7, p.1.
(6)Dario Anghilante in un'intervista pubblicata su Il Manifesto, 2 marzo 1981, cit.in Domenico Canciani e Sergio De La Pierre, op.cit., p.55.
(7)"Ovunque nel mondo i popoli oppressi, le «nazioni proibite», lottano per la loro indipendenza, per la loro decolonizzazione politica, economica, culturale-linguistica. In ogni numero di «Ositanio Vivo» parleremo brevemente di queste lotte, che noi consideriamo identiche alle nostre, anche se i mezzi utilizzati sono sepsso diversi, come diverse sono le situazioni di ogni nazionalità", ivi, N. 4, p.1.
(8)Cfr.Laura Pla-Lang, Occitano in Piemonte:riscoperta di un'identità culturale e linguistica?, Peter Lang, Frankfurt, 2008, p.78.
(9)Sano Naoko, Una lenga en chamin, Chambra d'òc, Saluzzo, 2008, p.88
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