Il lavoro sul dialetto è stato fatto perché, contrariamente a quello che si pensava, è durato pochi anni, in pochi anni non c’è più stato nessuno che lo parlava, perché le maestre hanno sempre obbligato tutti a parlare l’italiano, noi per adeguarci abbiamo sempre parlato in italiano e così i nostri figli non lo conoscono più. Allora abbiamo pensato con gli alpini, siamo stati d’accordo anche con gli alpini, di raccogliere un po’ di parole vecchie, un po’ di modi di parlare e per fare questo ci siamo trovati diverse volte e abbiamo provato a buttare giù il significato, sarebbe una specie di vocabolario un po’ alla buona. L’abbiamo fatto non troppo bene, si potrebbe migliorare, ma in ogni caso è meglio che niente.
Allora abbiamo messo, prima di tutto abbiamo messo un po’ di storia del nostro paese, storia del nostro paese che ha ancora un vocabolario di tipo francoprovenzale, come tutti gli altri paesi qui della Valle di Susa, a venire giù dalla Dora, dalla parte sinistra della Dora ci sono diversi paesi, Bussoleno, Chianocco fino a qui. Ad esempio il nostro... perché noi non parliamo mai di “dialetto”, diciamo sempre... né di “patois”, questo lo dice chi ha studiato. Ma noi diciamo “parlare a nostro modo”, e anche quando dicono “sei un rubianese”, noi non siamo rubianesi, noi siamo “gente di Rubiana”, che è un modo di dire che abbiamo sempre usato.
Allora la nostra storia è stata così fino, fino a dopo la guerra e poi, dopo la guerra sono arrivati tanti da Torino che ci hanno insegnato il piemontese e poi dopo le maestre hanno fatto, hanno completato e siamo passati all’italiano.
Sul nostro, nostro libro, lo chiamiamo libro ma non è un libro, è un libretto, abbiamo messo qualche nota che spiega un po’ la differenza tra il piemontese e il nostro modo di parlare. La prima novità è che la nostra parlata ha conservato la H [la h aspirata in sostituzione in taluni casi della s o della f], per esempio ci sono tantissime parole che hanno la H e che le altre parlate hanno perso. Ad esempio mahà vuole dire ammazzato, hindre sono le ceneri e ci sono diverse altre parole con la H.
Poi c’è un’altra parola, un altro modo di dire che non si riscontra in altri posti e sarebbe la A rappresentata con due puntini [Ä] che sarebbe... ad esempio sämpa, vuol dire sempre, oppure hämpa, hämpa è un attrezzo che serve per togliere le patate e che assomiglia a una zappa ma ha una punta con un profilo un po’ bombato.
E poi altre parole, ne leggo qualcuna per comodità, ad esempio la E, la È, ad esempio pèla, una padella,un gatto maschio è un vèrou, uno scoiattolo sarebbe una bèra.
Invece la E chiusa sarebbe lén che vuol dire, andà lén, andare presto, vérou è il vetro, le scarpe sono i chaouhé.
Poi ci sono tante parole che si possono scrivere anche come in francese, per esempio il reul, la luna quando ha l’alone, l’alone nella luna si chiama reul, a allora ‘la luna ha l’alone, o il vento o la pioggia”, che vuol dire che va sempre bene.
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