Dopo S.Antonio Abate (v. Valados Usitanos n°52), ancora un santo della stagione fredda: S.Stefano, il primo martire del Cristianesimo (perciò "protomartire"), festeggiato il 26 dicembre.
L'iconografia del santo è semplice, caratterizzata da un attributo facilmente individuabile: le pietre della sua lapidazione. Una vicenda lineare, la sua: Stefano è uno dei diaconi a cui gli apostoli, per rendersi più liberi nella loro attività di proselitismo e predicazione, delegano compiti assistenziali. E fra i sette diaconi, lui si distingue per i suoi poteri di guaritore e per il suo attivismo. Deferito davanti al Sinedrio, Stefano viene condannato e l'esecuzione ha luogo non lontano da Gerusalemme. E' qui che il santo cade sotto le pietre, forse nel 33 d.C.
Nome di battesimo molto comune, Stefano è nelle valli più settentrionali Etyènne o Tyènne (con le consuete varianti fonetiche e i soliti diminutivi e vezzeggiativi). Più a sud troviamo Estève, Stève, Tève... Benchè poco frequenti, gli attestati di una specifica devozione a questo santo fanno riferimento alle modalità del suo martirio e ai suoi poteri taumaturgici. Una devozione di scalpellini a S.Stefano è stata segnalata a Sanfront e Rossana. Una sua competenza contro il morso di cani è ricordata a Oncino, nella cui chiesa parrocchiale si conservava la "chiave di S.Stefano", una vecchia chiave che veniva imposta sulla piaga provocata dal morso (in aree diverse dalla nostra c'era chi invocava, in quella stessa emergenza, altri santi: varie chiese lombarde -ad esempio- conservavano a inizio ottocento una chiave miracolosa di S.Bellino).
Qui di seguito, P.A.Bruna-Rosso (1896-1990) rievoca la distribuzione di palle benedetto a Elva nel giorno di S.Stefano. La stessa pratica rituale è ricordata (ma non sempre alla stessa data) in altre parrocchie della Val Maira dove aveva luogo con modalità analoghe a quelle qui descritte; almeno in un caso -Roccabruna- è ricordata la partecipazione di fedeli provenienti da parrocchie vicine (Dronero in particolare). Il giorno di S.Stefano a Elva era anche quello che vedeva il parroco offrire un pranzo ai cantori e ai rilassati degli altari della parrocchiale.
La grafia è la stessa del "Piccolo dizionario del dialetto occitano di Elva", modellata sulle regole del Felibrige.

Generalmént Elvo lou més ed Desèmbre èro enveloupa da et grosses neva, se le vies da na rua a l'auto éroun dubèrtes lou 26, journ de la fèsto de Sant Estève, 'nt l'estréches vies, que esmiavoun trinchées 'nt la néu en filo indiano se veìo venir tanto gént per la Mésso-grando. Aquél journ la Guiéso èro piéno, bén et pi que le festes pu soulennes; Deinial, Pasques, S.Brancàci, S.Quìri.
Acò que atirravo tanto gént, èro lou micoun benesi que tùchi an èro douna ai presént a la Mésso-grando.
'Nt aquél journ s'encountravo ed persounes que da raire es veìoun a la Mèsso, ma aquél journ qui èro pa malate mancavo pa per avér lou micoun benesi. Per quarcun èro l'ùnic pan bianc ed froumént que butàvoun sout la dént, durant l'annado. I micoun èroun pourta 'nt la Guiéso ent grosses cistes ou cavagnes, après èsse esta benesi dal préire (alouro èro Doun Marquis), a la fin de la Messo èro destrebui dai massìer, que dounàvoun en micoun a testo; quàrqui bardas mal educa aproufitant de la fourfouio ed gént, arribàvoun a avéne dui. Lou micoun benesi mancavo a edgun, lou prèire n'ourdinavo davantage ai panatìer d'Estrop.
Retournant a caso lou micoun èro reparti tra persounes e animal: vacho, saumo, chan, féo ecc. Tùchi èroun benesi dal micoun, perqué i gandiésse san, que defendésse da le masches, que ent aqui tèmp avìo la superticioun e le masches poulìoun far tàntou mal a les mina e al bestiam.
Per recoumpensar lou préire, bén et famihes i pourtàvoun en pan ed sèi, d'aquél pan que se fasìo 'nt i més ed nouvèmbre ou ed desèmbre per tout l'an.
D'aquél témp, aquélo santo tradicioun es perduo, coume se pèrdoun toutes le coses que èroun cares a nosti Rèire: frairanço, ajut, pieta, amour.
A remplaçar la bounta es venguo la marrìo pianto de l'envidio; perfin sus l'auto mountagno l'or, lou séisse, la supèrbio a trasfourma la mentalita, ma edcò empourta la tranquillita a la gént. Edgun es countèn, tùchi pién d'ancieta.