1-Storia, lingua, cultura in Francoprovenzale
La letteratura offre alla scrittura, che sia in prosa o versi, la possibilità di tramandare i valori e le tradizioni di una civiltà o di una cultura. Si è abituati a parlare di letteratura francese, italiana, inglese, insomma delle grandi identità nazionali, ma sopravvive, grazie al lavoro di una “nuova” generazione e di una nuova sensibilità verso le minoranze linguistiche, un tipo di letteratura in lingua madre che conta, tra le particolarità, una buona rappresentanza femminile per la poesia e racconti moderni per bambini e adulti.
2-Vino del ghiaccio
Il Piemonte, si sa, è una regione in cui l’aspetto enologico è davvero caratterizzante. E questo succede anche in territori dove meno ce lo si aspetterebbe, come quelli di montagna dove si è diffusa la pratica di ottenere il vino dalla fermentazione dei grappoli congelati (bevanda che, appunto, si definisce “vino del ghiaccio”) accompagnata da una vendemmia più tardiva delle uve e con un particolare tipo di lavorazione sicuramente non usuale.
3-Il focolare (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Il focolare è quella parte di abitazione che subito fa ricordare le sere invernali passate al caldo, riuniti attorno a questo fulcro che annulla le distanze generazionali e “trasporta” un ricco bagaglio di tradizioni culturali fatte di aneddoti e storie raccontate e tramandate di generazione in generazione.
4-Il burro (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
La lavorazione del latte è una di quelle attività che hanno costituito la base alimentare di molte generazioni familiari che vivevano e lavoravano nei territori di montagna, ma il burro è anche un alimento che racconta storie, storie di fatica e di semplicità, di tradizioni e di legami con il territorio.
5-La madia (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Le madie sono dei mobili rustici e nascono come contenitori di legno rettangolari a coperchio ribaltabile e a sponde alte utilizzate per impastare il pane casereccio, quindi come piano lavoro, o per custodirvi lievito madre o la farina, ma anche per conservarvi il pane una volta pronto: un mobile “d’altri tempi”, ma che, di fatto, non invecchia mai!
6-Il formaggio (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Il formaggio è il tipico prodotto che ha accompagnato nel corso dei secoli l’alimentazione degli abitanti di montagna, ma questo non è solo un alimento: è una tradizione, uno scrigno di sapienza e di arte del “fare” che è bene preservare perché, alla fine, diciamolo… quanto è buono gustarsi una bella fetta di toma d’alpeggio?
7-Il banco del fabbro (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Il bancone del fabbro era un luogo di lavoro specializzato che serviva per produrre o lavorare oggetti in metallo che accompagnavano molti aspetti della vita montana: venivano realizzati chiodi, serrature, complementi per oggetti in legno, utensili da lavoro. L’officina del fabbro era un luogo centrale per la vita del paese e spesso aggregava le persone che qui si recavano per le proprie esigenze.
8-Il letto (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Il letto nella tradizione delle case di montagna solitamente non è molto grande perché vi era l'esigenza di dormire vicini, soprattutto per riscaldarsi nelle fredde notti invernali. Ovviamente non aveva nulla a che vedere coi letti soffici e morbidi dei giorni contemporanei, ma da sempre il letto rappresenta il momento della quiete e del riposo dopo le lunghe giornate di lavoro.
9-La tavola (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
La tavola è il luogo in cui viene consumato il pasto e che riunisce i componenti della famiglia: un tempo essa era composta da piatti di terracotta e posate di legno con cui si attingeva alla polentiera, un contenitore più grande che conservava la polenta, uno degli alimenti base della dieta di montagna, che, talvolta, era accompagnata anche dalla carne. Nonostante la semplicità, la tavola di un tempo vedeva gioia, allegria dello stare insieme, ma anche fatiche e difficoltà.
10-Il gipeto (serie biodiversità in Valle Susa, 2021)
Il gipeto: il gigante della Valsusa. Questo volatile, chiamato anche avvoltoio degli agnelli, è un rapace molto particolare. Si nutre delle ossa e del midollo osseo delle sue prede. Estinto sulle Alpi nel 1913, è tornato a popolare le nostre montagne grazie ad un ambizioso progetto di reintroduzione, che abbraccia anche altri territori delle Alpi, tra cui Austria e Svizzera.
11-Il lupo (serie biodiversità in Valle Susa, 2021)
Il lupo è un mammifero molto adattabile, veloce e resistente che tende a vivere nelle zone con elevata quantità di prede (cinghiali, cervi) o bestiame incustodito. Un tempo presenza costante nei territori valsusini, ha rischiato l’estinzione a causa delle attività umane e degli abbattimenti, ma oggi stanno gradualmente tornando a ripopolare i territori di montagna.
12-L’albero della susina (serie biodiversità in Valle Susa, 2021)
La coltivazione del ramasin è prerogativa di microclimi collinari, ma essendo una pianta poco esigente in fatto di cure colturali ed interventi fitosanitari e resistente al freddo, può essere coltivata fino ad oltre 1.200 metri di altitudine senza problemi. Inoltre il ramasin si adatta bene alle varie tipologie di terreno. Il frutto è una piccola susina di circa 1,5 per 3 centimetri, di forma ovale, che a seconda della varietà assume una tonalità dal giallo ambrato al blu fino al viola intenso. E se è buono a gustarsi sia direttamente dalla pianta al consumatore che sotto forma di preparazioni artigianali, è altrettanto bello da vedere. La fioritura di ramasin, che avviene in genere tra fine marzo e la prima decade di aprile, ammanta infatti la pianta di bellissimi fiori bianchi.
13-L’acqua (Paróles dou trezor – Giaveno)
L’acqua è un elemento prezioso che, nei tempi passati, aveva molteplici funzioni, soprattutto quella piovana: essa veniva raccolta per bagnare gli orti e abbeverare gli animali, per lavare gli indumenti nei lavatoi, per l’igiene quotidiana. Quando pioveva troppo, gli abitanti delle borgate si recavano con secchi per pulire i canali che altrimenti si sarebbero intasati.
14-Il frassino (Paróles dou trezor – Giaglione)
Il frassino è una pianta molto robusta che caratterizza gran parte del basso paesaggio delle valli alpine, come la Valle di Susa. Gli usi che se ne potevano fare riguardavano sia le foglie (usate come foraggio per le capre nei momenti di scarsità d’erba) sia il legno (usato per produrre attrezzi e mobili).
15-La resina (Paròles dou trezor – Gravere)
La resina viene soprattutto ricavata dalla corteccia degli abeti bianchi e, sebbene oggigiorno essa sia una sostanza non proprio “amica” specie dei vetri delle macchine perennemente da pulire, un tempo era molto usata per far riassorbire gli ematomi e veniva ricavata direttamente dalla pianta per colatura.
16-Il carnevale (Parolès dou trezor – Coazze)
Il carnevale, soprattutto nei paesi delle vallate alpine come Coazze (ma ce ne sono molti altri in Valle Susa), ha mantenuto vive delle tradizioni molto antiche, alcune risalenti all’antica eredità pagana di cui questo territorio è molto ricca. Oltre ad essere un momento di convivialità e divertimento, era anche l’occasione per diventare” qualcun altro nascosto dietro le tipiche maschere.
17-Il cielo (Paròles dpu trezor – Frassinetto)
Il cielo in montagna regala spettacoli difficilmente visibili in altri contesti, soprattutto quelli urbani; non è sempre facile trovare in ambiente montano un cielo sereno perché spesso vi è molto passaggio di nuvole, ma quando questo accade si prova una grande sensazione di pace e rilassatezza.
18-La piazza (Paròles dou trezor – Gravere, Mollar)
Questo spazio cittadino era molto importante nelle borgate di montagna perché costituiva (e per molti versi ancora oggi costituisce) il fulcro del paese, il luogo dove avvenivano gli incontri quotidiani con i compaesani, il luogo di ritrovo per il mercato che metteva in comunicazione merci e persone, era il luogo centrale per la partenza delle manifestazioni religiose che aggregavano il paese.
19-La scuola (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Le piccole scuole di montagna rimandano a un tempo di ricordi e di infanzia che oggi, in parte, si è perso: il banco in legno con calamaio e portapenne, la lavagna di ardesia, la stufa che scoppiettava e scaldava gli scolari nelle fredde giornate invernali, la maestra che insegnava le basi della lettura, del far di conto e della scrittura: un tempo di giochi ma anche di apprendimento per la vita “da grandi”.
20-La genziana (Paròles dou trezor – Balme, valli di Lanzo)
La genziana è una pianta particolarmente utile in montagna e usata per diversi scopi, in particolare con funzione di medicinale in quanto dava beneficio per i disturbi gastrici di umani e animali e per la produzione di un distillato ancora usato al termine di pasti un po’ “pesanti” come ottimo digestivo.
21-Le masche (Paròles dou trezor – Frassinetto)
Le Masche o streghe, nell’immaginario collettivo erano in genere delle donne brutte e vecchie che vivevano in campagna o nei piccoli borghi di montagna, lontane dalla civiltà. Erano delle donne dai poteri magici, capaci di sortilegi malefici ed inquietanti. Furono, infatti, protagoniste di leggende dalle vicissitudini controverse, crudeli e molto spaventose ed erano usate per macabre storie della buonanotte con i bambini un po’ troppo vivaci.
22-Il paese (Paròles dou trezor – Ceresole Reale)
I paesi di montagna presentano caratteristiche che li accomunano e li rendono dei piccoli gioielli incastonati tra i pascoli e le vallate alpine: la piccola chiesa, le case di pietra e legno, le botteghe in cui un tempo si svolgevano molteplici attività economiche ed artigianali, la scuola, spesso un edificio minuscolo ma in cui si sentivano le risate e i giochi dei bambini; i ritmi di vita moderni hanno imposto spesso un abbandono di queste “isole felici” senza tempo.
23-Gli attrezzi per la lavorazione della lana (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia)
La filatura, con le operazioni strettamente connesse, era un lavoro tipicamente invernale; in questa stagione venivano quindi usate sia le lane della tosatura primaverile, sia quelle della tosatura autunnale. Per filare la lana in passato si usavano il fuso e la rocca, anche per altri tipi di materiali come la canapa e il lino.
24-Il sindaco (Paròles dou trezor – Giaglione)
Il sindaco, soprattutto nei piccoli paesi, ha molte responsabilità, anche se non sembrerebbe così, ma in realtà ci sono molte difficoltà cui odver prestare attenzione e far fronte, dalla mancanza di fondi economici al mantenimento dei servizi come scuola e ufficio postale perché spesso a rischio con la conseguenza del continuo spopolamento in favore dei centri urbani più grandi. E poi la missione più complicata: mantenere la concordia tra i cittadini.
25-Intervista a Gigi Ubaudi sulle canzoni e musiche in frp – Valli di Lanzo
Le musiche e le canzoni in francoprovenzale non si sono diffuse in modo omogeneo nei territori di questa lingua madre rimanendo spesso confinate all’interno dei singoli paesi e delle piccole borgate perché si preferiva utilizzare il piemontese e qualche volta l’italiano; esse nascono spesso con il tono scherzoso ed irriverente della presa in giro di qualche difetto o situazione di un altro paese confinante con cui ci possono essere delle “scaramucce”, in genere riguardanti le ragazze.
26-Lou tsamin francoprovensal – 1° tappa Novalesa
28 giorni di percorso, più di 500 chilometri in viaggio tra Piemonte, Savoia, Alta Savoia, Vallese svizzero, Valle d'Aosta, un percorso a più “soste” per vivere i luoghi della lingua francoprovenzale a partire dalla prima tappa: Novalesa.
27-Lou tsamin francoprovensal – tappa Valli di Lanzo
Un altro territorio legato alla lingua francoprovenzale e tutelato dalla legge 482 per le minoranze linguistiche è quello delle Valli di Lanzo che sono tre valli delle Alpi Graie piemontesi, comprese tra la Valle dell'Orco a settentrione e la Val di Susa a meridione. Solcate da vari torrenti (in ogni valle chiamati Stura), che confluiscono nel fiume Stura di Lanzo, prendono il nome dalla cittadina di Lanzo Torinese, posta su un'antica morena glaciale al termine delle valli: anche questi territori hanno visto il passaggio di una delle tappe del cammino francoprovenzale.
28-La storia della pita di Gravere
“La Pita” venne costruita nel 1775 da un tal “Pin Saret” che la utilizzò inizialmente come mulino per poi trasformarla in frantoio. In essa venivano schiacciate le mele per ricavare un sidro da unire al vino prodotto con le uve meno mature e ottenere, in questo modo, la “piqueta”: un vinello gradevole e dissetante di pronto consumo. La ruota del mulino della Pita girava incessantemente nei mesi invernali e attorno ad essa si radunavano le persone delle varie frazioni di Gravere e dei comuni limitrofi in lunghe veglie notturne. Nel 1960 “la Pita” cessò di funzionare e venne abbandonata; poco per volta, come tanti altre testimonianze della storia locale, stava andando in rovina e rischiava di essere definitivamente cancellata dai ricordi. Nel 1996 l’ultimo suo proprietario Edoardo Morello la donò all’Amministrazione Comunale e dal 1999 viene qui allestito il presepe della comunità.
29-Il carbone (Paròles dou trezor – Giaveno)
Il carbone di legna era un materiale prezioso perché serviva a tanti scopi: far funzionare le fucine dei fabbri, per diverse attività economiche, per il riscaldamento domestico; molto spesso le famiglie che vivevano in montagna e producevano questa importante risorsa scendevano fino nelle grandi città come Torino per trasportarlo e venderlo.
30-I mestieri di un tempo in montagna (Selvaggio – Giaveno)
In prevalenza in montagna nei tempi passati si viveva di agricoltura, ma spesso era necessario integrare con altri lavori, come il muratore o, in alcuni momenti particolarmente difficili, a emigrare in Francia; altre attività praticate erano la tessitura e la lavorazione dei rastrelli che erano affidate a un gruppo ristretto di famiglie delle borgate durante l’inverno e poi, nelle fiere primaverili, i prodotti venivano commercializzati con i paesi limitrofi, ma arrivavano anche fino a Torino.
31-Le stelle (Paròles dou trezor – Frassinetto)
Le stelle non vengono chiamate per nome: quando si è in montagna è sufficiente perdersi nella loro luminosità e vederle brillare come in città non si può fare e, in determinati periodi dell’anno, affidare speranze e desideri.
32-Intervista su antichi mestieri e abitudini di vita a Ceresole Reale
Ci sono ancora persone che, nei paesi delle vallate alpine, come Ceresole Reale, possono fornire preziose testimonianze su abitudini e tradizioni di vita cui oggi non si è più abituati: svegliarsi nel cuore della notte per portare al pascolo le mucche in estate, fare colazione con polenta e formaggio mentre si è in alpeggio, portare la legna con la mula, praticare un mestiere differente in inverno, come il falegname; una vita scandita dal lavoro, semplice, ma ricca di amicizia e condivisione.
33-Proverbi e racconti in frp
Nell’antica saggezza dei montanari la signora Adalgisa Pognant documenta un antico rapporto vivo tra la comunità rurale ed alpina e l’ambiente severo e non sempre facile della vita di un tempo di cui fa parte un ricco e colorito bagaglio di miti e leggende che avevano tra i protagonisti principali creature magiche e a volte molto dispettose come le streghe o i maghi.
34-I ripiani sotto le finestre (Museo etnografico “Vita montana in Val Cenischia”)
Le case di montagna di un tempo avevano necessità di utilizzare tutti gli spazi possibili, talvolta adoperando soluzioni ingegnose ma molto funzionali come i ripiani sotto alla finestra che servivano per conservare principalmente gli oggetti della cucina come mestoli e schiumarole e che venivano “mascherati” attraverso una tenda; sullo stesso principio si concepivano gli armadi a muro.
35-Natale (Paròles dou trezor)
Il Natale, oltre ad essere uno dei periodi più magici dell’anno, porta con sé tanti gesti simbolici che rimandano a tempi antichi in cui il centro della festa erano le cose semplici: la gioia di preparare la casa con addobbi e dolci, la preparazione per la messa di mezzanotte, la degustazione di prelibatezze a cui si era rinunciato durante l’anno, la famiglia riunita senza differenze di età davanti al fuoco crepitante.
36-Il tessitore di Coazze
La tessitura era un’arte riservata alle donne, essenziale e indispensabile per la vita del passato, che avveniva sotto la direzione di maestre del mestiere o, nell’ambiente rurale, di madri e nonne. Nelle campagne, e non, ogni donna, ultimati i lavori domestici, sedeva davanti al telaio a pedali e con l’uso dei piedi e delle mani trasformava in tessuto i fili di fibre vegetali coltivate nei campi, o la lana delle pecore e delle capre delle masserie. A Coazze l’antico mestiere viene portato avanti da un uomo, cosa insolita ma non qui!
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