L’inverno è in ginocchio:
i maiali uccisi,
fatti i ciccioli,
la testa del gallo falciata,
la festa, il fantoccio bruciato.
Siamo usciti dai nostri gusci
tutti un po’ mascherati
rincorrendo la fantasia del “netta orecchie”.
Carnevale in fretta è finito,
la quaresima se lo porta via,
le raganelle con il loro rumore
gridano: “Pasqua è alla porta”!
Uscirà l’orso
tra gennaio e marzo?
Spiriti invernali morti...
pozzanghere brinate negli orti.
Germogli, tuttavia,
fanno capolino timidi,
dimenticando l’autunno
che gli ha oppressi.
Cuori: garighe prosciugate,
dove i rovi le lupe e le serpi
sono diventate padroni di quegli incolti
avvinghiati dalle ortiche.
Aspettano la bella stagione,
che qualcuno li possa ripulire dalle erbacce
dissodare i sentimenti, li rendere fecondi,
aspettando che il meglio
rinnovi nuovi fiori.
Forse innaffiati coi sudori,
forse coi pianti di chi vuole
ancora avere amori.
Come il campanile resta in attesa
che le rondini un giorno
possano fare ritorno,
così fa la valle con la sua gente.
Delle sue figlie e dei suoi figli
andati giù come una valanga,
partiti giovani dai loro borghi
facendo il volo della colomba Bianca.
Tornerà la primavera
nel cuore di chi,
come me,
vuole il volo
fino al campanile
del proprio paese.
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