Sono ritornato alla mia baita, come un innamorato che ritorna per vedere la sua bella, dopo un bel po' di assenza. Alla mia baita sono unito da una catena: una catena di ricordi, di miseria e di affetti, che nessuna fiamma può intaccare. Per farsi una baita, i miei avi hanno faticato, hanno lavorato, portando pietra su pietra. Persino la fame hanno patito per lasciarmi una baita. L’affetto dei miei avi mi scioglie il cuore; il mio pensiero ritorna ai primi anni della mia infanzia: mi sembra di riornare in braccio a mia madre e spartire una bambola di zucchero con sorelle e fratelli. Alla mia baita ho imparato la nostra bella parlata. Mi ricordo quando mia madre mi diceva: “Vai a giocare, ma resta poco; devi far mangiare gli agnelli: alla nostra baita chi lavora, mangia. Hai sette anni, devi già guadagnarti il pane!”.
Il piu grande piacere che ho avuto è stato quando ho saputo che il poeta Mistral ha chiamato fratelli i nostri padri e noi, dopo di loro siamo “mantenaires” di quell'Onore!
Qui i miei occhi si gonfiano nel guardare la natura che si risveglia nella bella conca di Elva e sento la musica della nostra aria fine, che mi dice: “Resta qui e gioisci!”.
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