So bene che nelle nostre valli un tempo – ma forse ancora oggi- vi era l’abitudine, d’inverno, di consumare in compagnia, un gatto, per far festa.
Normalmente si faceva pure uno scherzo verso qualche sempliciotto invitato per l’occasione e alla fine del pranzo uno dei buontemponi iniziava a miagolare e in quel momento tutti, a parte il sempliciotto, miagolavano pure loro e quel poveraccio, che pensava di aver mangiato un buon coniglio in civet, s’accorgeva di essere stato abbindolato da quella compagnia di buontemponi.
Ma questa volta il gatto ha salvato sia la testa che la pelle.
Sarà stato qualche giorno prima di Natale che vidi, mentre accatastavo la mia legna da ardere appena spaccata di fianco alla porta della mia cucina, qualcosa di bianco che fuggiva. Un gatto mi sono detto ma non dei miei.
In quel periodo qui al numero 4 della borga ta Favout ve n’erano parecchi. La più vecchia era Nena, una gatta che arrivava dai Pirenei, da San Julià d’ Andorra e che aveva dato vita a una lunga progenie. Vi erano i suoi nipoti Gilda, una gattina un po’ tozza, tartarughina e Moretto tutto nero che aveva fatto razza con una gatta grigia molto socievole alla quale avevamo dato il nome di Agostina i quali avevano dato vita ad Albertina, una gatta tigrata che non ha mai dato il minimo disturbo.
Agostina era giunta un 15 di agosto con un compagno di sventura Magù, un gatto che sembrava ceco come mela, dagli occhi cisposi e una zampa malformata, che non aveva che due dita. Qualcuno che non sapeva come disfarsi di due gattini, che avevano pure qualche problema di salute, aveva approfittato in quel giorno di festa , per affidarli a due bimbe innocenti.
Insomma nella nostra casa i gatti non mancavano, anzi aumentavano.
In quei giorni di dicembre faceva un freddo del diavolo, un po’ di neve copriva la campagna. Come stavo dicendo da qualche giorno vedevo un gattino bianco macchiato di nero che veniva nel mio cortiletto in cerca di un po di mangiare cercando di non farsi vedere. Si nascondeva dietro a tutto ciò che poteva servire da nascondiglio. Pensai che fosse il gatto di qualche vicino che attirato dal cibo veniva ogni tanto a mescolarsi ai miei gatti.
Sicuramente quel gattino, che avrà avuto sette o otto mesi, era stato regalato a qualche bambino per gioco e crescendo e crescendo aveva preso un posto indesiderato in casa.Si sa finché sono piccoli e carini va tutto bene ma crescendo le cose cambiano e possono divenire un problema; per questo era stato abbandonato in campagna nella speranza che qualcuno lo trovasse e l’adottasse.
Pròprio in quei giorni stavo travasando il vino mettendolo in un’altra vasca dietro a casa, nella tinaia dietro casa.
Naturalamente il vino nuovo lascia sul fondo della vasca della morchia, una fanghiglia che contiene un po’ di tutto, le bucce e i semi degli acini e tutto ciò viene messo nel torchio dove scola e può ancora dare un po di vino che viene raccolto in una tinozza posta sotto la vasca del torchio.
Lo morchia scola pian piano e goccia dopo goccia, il vino riempe il recipiente che con una bigoncia viene messo o in una barrique o in una vasca.
Stavo andando a letto quando sento dietro alla porta della mia camera che affaccia su di un lungo balcone in pietra, un debole miagolio miu-miu. Apro la porta dopo aver acceso la luce, guardo in giro e vedo qualcosa di viola ai miei piedi.
Un gatto completamente bagnato di vino, chiedeva aiuto. Era quel gattino bianco e nero che aveva completamente cambiato di colore !
L’ho raccolto e si è lasciato acchiappare, l’ho portato e messo in bagno e con l’acqua tiepida ho iniziato a fargli la doccia per togliere quel violetto che lo copriva completamente. Il poveretto si è lasciato lavare senza lamentarsi; dopo con un asciugamano l’ho asciugato e frizionato per bene. Ho pensato che il gatto avesse freddo. Quindi l’ho messo sul sofà e coperto con una piccola coperta. Per tutta la notte non si è mosso ed è stato li al caldo.
Al mattino, ben asciutto, lo misi fuori e vidi la traccia, il segno del vino che il povero gattino si era lasciato dietro per raggiungere la mia camera.
Semplicemente era caduto nel mastello del vino raccolto dalla morchia della vasca, Nel recipinte non vi era molto vino ma tuttavia era stato sufficiente per fargli cambiare di colore. Ecco il gatto al vino !
Come ho già detto non eravamo lontani da Natale pensai di dargli un nome. Dall’italico Natalino gli ho affibbiato il nome di Talin, il gatto al vino che aveva trovato la sua nuova casa.
Da allora que gatto è la mia ombra, mi aspetta sempre se sono via e quando scendo dall’auto inizia a rotolarsi in segno di gioia.
Ha pure preso la brutta abitudine di passare lunghe ore sulla poltrona della mia cucina, vicino alla stufa e sul mio letto, su una copertina a lui dedicata, nelle notti d’inverno quando fa molto freddo.
Ora è qui vicino a me senza sapere che scrivo di lui, di un gatto caduto nel vino e chiamato Talin.
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