Organizzate dalle associazioni culturali Lou Soulestrelh e Valados Usitanos, si sono tenute a Frassino due giornate di studio - in dicembre e in marzo - dedicate al problema della grafia. La partecipazione è stata, soprattutto l'otto marzo, piuttosto buona.
I convenuti si sono trovati d'accordo sulla necessità di adottare una grafia fonematica come strumento di studio, documentazione e riproposta del patrimonio culturale delle valli. Va tuttavia detto che questa unanimità circa il lavoro immediato da fare non ha messo in ombra la complessità obbiettiva del problema linguistico, complessità che nessuno si nasconde. È indubbio infatti che il discorso sulla grafia porta lontano, perché non si può fare una scelta definitiva sulla grafia senza aver prima fatto una scelta altrettanto definitiva sulla lingua che si vuole parlare (oggi, ma soprattutto domani e cioè quando i dialetti locali avranno esaurito la loro funzione). E cioè: una lingua di tipo regionale per il nostro versante, modellata su una variante dialettale centrale e conservativa, come potrebbe essere, ad esempio, quella di Argentera? Oppure una lingua unica per tutta l'0ccitania, modellata sul linguadociano o sul provenzale mistraliano del basso Rodano? O altro ancora? Ma a sua volta, una scelta linguistica di questo tipo suppone altre scelte di carattere politico: e cioè, dove vogliamo andare, a tempi lunghi? Verso una reale unificazione, e quindi verso la creazione di una cultura nazionale occitana, oppure pensiamo che il lavoro di documentazione e riproposta esaurisca in sé stesso le proprie finalità. Vogliamo dare un domani alla cultura occitana, oppure pensiamo che l'oggi (e più ancora l'ieri) non abbia prospettive di sviluppo?
Ma proprio perché nelle nostre valli manca ancora - bisogna ammetterlo - una precisa coscienza occitanista, come pure manca nell'Occitania transalpina una forza popolare capace di finalizzare a un obiettivo politico la vita culturale, proprio per queste ragioni, le grandi scelte linguistiche vanno rinviate. Abbiamo la fortuna, sul nostro versante, di avere dei dialetti vivi e vitali, magari inquinati e depauperati, ma sostanzialmente integri: ebbene, sta proprio qui, in questo variopinto mosaico di dialetti, il punto di riferimento a cui si dovrà fare capo per i prossimi venti anni. Nel frattempo matureranno le grandi scelte politiche.
Le scelte odierne sono dunque provvisorie. Si tratta di adottare un codice grafico - semplice e funzionale - che, rinunciando a qualsiasi pretesa di definitività, fornisca all'utente (a tutti i livelli di utenza) uno strumento immediato di espressione, una specie di minimo comune denominatore che permetta la traduzione grafica fedele dei tratti dialettali essenziali, tralasciando le particolarità minime, le inflessioni, etc.
In questa direzione, i lavori di Frassino hanno rappresentato un grosso passo in avanti. Da Frassino siamo usciti con due ipotesi. La prima, che sembra sostenuta dal Soulestrelh, rilancia il sistema grafico adottato all'inizio degli anni '70 dall'Escolo dou Po. (1) La seconda, più integralmente fonematica, è la nostra. Le due ipotesi hanno un'ampia base comune di intesa. Anche noi siamo partiti dalla grafia dell'Escolo dou Po, accettandola in gran parte, ma chiedendone una razionalizzazione in riferimento a tre punti:
-l'impiego alternativo dei grafemi qu e gu (davanti ad e, ë, i) e rispettivamente c e g (davanti ad a, o, oe, ou, u) rappresenta una grave deviazione dal principio fonematico. Proponiamo di impiegare rispettivamente k e g con valore sempre velare.
-il fenomeno della palatalizzazione delle vocali ha nelle nostre valli una estensione notevolissima: sotto questo profilo, il sistema grafico mistraliano cui fece riferimento la commissione dell'Escolo dou Po (modellato su un dialetto in cui il fenomeno è limitato ad u) si dimostra inadeguato. Proponiamo l'impiego, molto più semplice e funzionale, della dieresi.
-riteniamo opportuna una notazione delle semivocali y (notazione frequente nella nostra tradizione grafica, soprattutto in campo toponomastico e onomastico), w e ¨w (molto più frequenti e caratterizzanti nelle nostre valli che non nei dialetti di riferimento mistraliano). Sull'impiego e sul valore delle semivocali può essere di preziosa guida il ben noto saggio di C. Grassi, "Correnti e contrasti di lingua e cultura....". Grassi ha adottato, ben prima di noi, questo stesso sistema di notazione delle semivocali.
Ma attenzione: il sistema grafico che oggi proponiamo, prima di essere un punto di arrivo, vuole essere un momento di sperimentazione. Proviamolo, e poi ritroviamoci a discuterne e magari a modificarlo, semplificarlo o completarlo.
Ch e j sono occlusive palatali come in "ciabatta" o in "gioco"
k e g sono sempre occlusive velari come in "casa" o in "ghiro"
dz è affricata come in "zebra"
ts è sibilante interdentale sorda come in "azione"
s è sibilante dentale sorda come in "sera"
z è sibilante dentale sonora come in "casa"
lh è palatale come in "famiglia"
nh è n palatale come in "pugno"
sh è sibilante palatale sorda come in "scena"
zh è sibilante palatale sonora come nel francese "joli"
th si usa nelle valli Chisone e San Martino. Es.:"unth"(unto)
n finale è faucale. Es.:"pan"(pane)
nn finale è palatale. Es.:"pann"(panno)
y e w sono semivocali come in "ieri" e "uovo"
la dieresi sulle vocali ne indica la palatalizzazione come nelle voci francesi "subir", "oeuf","peser". Lo stesso vale per la semivocale w
l'accento tonico è sempre segnato se cade sulla e: in questo caso è indica l'apertura ed é la chiusura. L'accento tonico sulle altre vocali è indicato soltanto se cade sull'ultima sillaba o su sillabe precedenti la penultima (parole ossitone e proparossitone: si impiega l'accento grave)
l'accento circonflesso serve ad evidenziare situazioni affatto particolari, caratteristiche di determinate zone, come ^r intermedio fra l ed r, caratteristico di un'area intorno ad Oulx.
(1)Vedi, al proposito, i nn. 5 e 9 della rivista Novel Temp e inoltre gli articoli La nuova grafia del "patouà' e Noterelle di grafia apparsi in Lou Soulestreln, numeri di agosto 1973 e dicembre 1974.
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