Arnold de Boer (Zea, The Ex, Makkum Records) ha intrapreso la sua carriera musicale come cantante e chitarrista a metà anni Novanta fondando Zea. All’inizio la band Zea era composta da cinque elementi, più tardi è diventata un duo e dal 2009 è una band composta da un elemento solo che si avvale della collaborazione di diversi artisti a seconda dei progetti (realizzazione di album o esibizioni dal vivo). Zea ha pubblicato sette album, l’ultimo dei quali, intitolato Summing, in collaborazione col pianista e improvvisatore Oscar Jan Hoogland (MR29, 2020).
Nel 2009 De Boer è stato invitato dalla leggendaria band underground olandese The Ex a diventare il nuovo cantante e chitarrista del gruppo.
Al momento, ha realizzato quattro album con questa band, l’ultimo dei quali è 27 Passports, uscito nel 2018.
Negli ultimi dieci anni, con la sua etichetta discografica Maccum Record De Boer ha inoltre pubblicato musica di produzione propria e un’ampia selezione di musiche “coraggiose” provenienti da ogni parte del mondo.
Nel 2017, Zea ha pubblicato il suo primo album in lingua frisona, Moan gean ik dea, che è stato molto ben accolto a livello internazionale.
Nel 2021 esce il secondo disco in lingua frisona: Witst noch dat d’r neat wie.
Le composizioni di Zea in lingua frisona sono personali, intime e dirette, i testi sono poetici.
De Boer lavora sia su testi propri sia su composizioni di altri scrittori, poeti e cantautori. Nel suo nuovo album, Zea utilizza poesie di Bert Schierbeek, Hans Faverey e Benjamin Mays.
Oggettivamente, nella creazione di questo nuovo album in lingua frisona, appare sempre più chiaro che la lingua gioca un ruolo molto centrale: lingua come fonte, lingua come muro, lingua come arma, lingua come tempo, lingua come il nulla, lingua come storia, lingua come forma musicale. Questo emerge in molti brani.
Siccome Zea pubblica la sua musica a livello internazionale e lui stesso vive ad Amsterdam, dove parla principalmente olandese e inglese, oltre che al Frisone parlato in famiglia, appare scontato che i testi del suo nuovo album vadano tradotti e pubblicati anche in Inglese e Olandese. Queste sono le tre lingue che orbitano attorno a Zea, padroneggiate da De Boer, maneggiate e utilizzate singolarmente e in relazione tra loro. Curiosa la storia dei testi delle canzoni. Il testo di Hein Ersel, ad esempio, De Boer l’ha trovato in un numero di una rivista letteraria chiamata De Tsierne, pubblicata in Suriname nel settembre del 1952, era in lingua frisona (tradotto da Anne Wadman). Ma l’origine di tale testo era in Sranan (lingua creola di origine inglese) quantunque ce ne fosse anche una versione in olandese, da qualche parte. Quindi lo Sranan appare qui come una quarta lingua. Simile situazione di commistione linguistica la troviamo nel caso della traduzione in lingua francese della poesia Roeiers di Hans Faverey. De Boer ha trovato un libro di poesie di Faverey (tradotte in francese), in un negozio di Parigi, più tardi ha anche trovato una bella traduzione in lingua inglese della stessa poesia (J.M. Coetzee).
E potrebbe esistere anche una traduzione in lingua Gullah (lingua creola parlata in Carolina del sud, Georgia e Florida) della poesia I have just a minute di Benjamin E Mays, che è cresciuto in South Carolina, negli Stati Uniti, dove questa lingua minoritaria è parlata tuttora? E sarebbe possibile che esistesse una versione Wùhànhuà (variante di cinese parlata a Wuhan) della canzone Fuort dello stesso De Boer, visto che il testo nasce nel periodo del Covid 19? Queste sono le suggestioni che si creano con ogni testo di ogni canzone. C’è una “quarta lingua” che costituisce un ponte verso il resto del mondo, la connessione con il non conosciuto e il non controllato. E così sorge l’idea di scovare, in ognuno dei quindici testi, sia la “quarta lingua” che i ponti verso il resto del mondo, di dare alle stampe un bel libro accompagnato dal LP o dal CD, di presentare questa pubblicazione in Frisia e nel resto dei Paesi Bassi, Europa, nel Mondo, preferibilmente esibendosi con ospiti. E l’idea di usare il design, la stampa e altri materiali visivi come i video per raccontare la storia personale del linguaggio come fonte di incertezza e pluriformità, come antidoto all’assolutismo e al dogmatismo; linguaggio come forma di musica che lavora contro i cervelli rigidi.
MOTIVAZIONE
Viene conferito il Premio Ostana Musica 2024 a Arnold De Boer, in arte Zea, per l’uso della propria lingua madre, il frisone, come una forma di musica declinata in un pensiero attento alla contemporaneità, sensibile alla storia, intelligente e comunicativo.
Arnold De Boer ha una carriera di musicista e cantante prolifica, negli ultimi vent’anni ha suonato in più di quaranta Paesi in sei continenti ed è notevole che, ovunque vada, canti per lo più in frisone.
Per il suo attivismo artistico, linguistico, culturale, ha fondato un’etichetta discografica con la quale promuove il proprio lavoro di diffusione del frisone ma anche musiche e lingue provenienti da tutto il mondo.
Nello spirito che contraddistingue le minoranze linguistiche e le minoranze in genere Arnold De Boer non appartiene e non è interessato al panorama mainstream ma si muove in seno a una rete internazionale con la quale promuove collaborazioni, scambi, confronti, conoscenze, consapevolezze.
Arnold De Boer è un musicista, un poeta, un viaggiatore, che si confronta con altre culture all’interno di un processo di osmosi non troppo distante dal fare trobadorico e dai suoi temi etici, civili, politici.
Il riconoscimento gli viene dato anche per saper essere trasversale, per il suo elogio al multilinguismo, al rispetto, per la consapevolezza che ogni lingua esprima qualcosa di unico e che questa unicità, all’interno della moltitudine, va preservata, innovata, vitalizzata e che le parole sono significato.
Viene premiato per la capacità di comunicare a più generazioni e a più comunità, culturali e sociali, per fare del pensiero musica e per farsi portatore di messaggi attraverso il suono della propria lingua madre.
Arnold De Boer, in arte Zea, vede il linguaggio come fonte di incertezza e pluriformità, come antidoto all’assolutismo e al dogmatismo; il linguaggio come forma di musica che lavora contro i cervelli rigidi e anche per questo un riconoscimento meritato.
Discografia
2000 – Kowtow To An Idiot CD (dream 7)
2003 – Today I Forgot To Complain CD (dream 25)
2003 – We Buried Idie Rock Years Ago 7” (dream 24)
2005 – One Bomb Fits All – Remix 12” (dream 26)
2006 – Insert Parallel Universe CD (dream 33)
2009 – We Better Boil Soup Of The Grown-Ups 7” (mr 1)
2009 – Super Cosmotics, split 7” (mr 2)
2010 – The Beginner CD / LP (mr4)
2012 – Bourgeois Blues 7” (mr5)
2014 – The Swimming City CD / LP (mr10)
2015 – The 7” Cassette (mr15)
2017 – Moarn Gean Ik Dea CD / LP (mr20/SR79)
2019 – Agency 7” (mr26)
2020 – Summing CD / LP (mr29)
2021 - Witst noch dat d’r neat wie LP / CD (mr33/SR119)
Concerti
1999 - Ruïne van Brederode en Stedelijk Museum Amsterdam met live soundtrack voor Nosferatu (W F Murnau)
2000 - Noorderslag Festival, Lowlands Festival, VPRO Club Lek, Studio Brussel
2001 - New York, UK tour, Paradiso
2003 - SXSW, CMJ, USA tours, UK tour, Melkweg
2004 - The Ex Convoi Tour, Germany, Denmark, France, UK tours
2005 - Moers Festival, Canada tour, Russia tour
et cetera.
Progetti
1999 - live soundtrack bij de film Nosferatu (W F Murnau, 1927) onder andere in het Stedelijk Museum
2001 - VPRO 3voor12 - Op Weg Naar Stadskanaal, een documentaire waarin Zea een jaar lang wordt gevolgd
2007 - Zea & Soli Brass, compositie en optreden met de Friese brassband Soli Brass op het Freeze Festival
2008 - Optredens en workshops in Ethiopië als onderdeel van een muzikaal uitwisselingsprogramma van The Ex
2012 - bouw van een studio in Oyarifa, Accra, Ghana
2012 - 2019 Optredens, uitwisseling en samenwerking met King Ayisoba in Ghana en Europa
2017 - Zea & Kosten Koper vs Drumband Hallelujah Makkum voor de opening van Welcome to the Village 2017
2018 - Deelname documentaire In de Armen van Morpheus; geluidsonderzoek Exploding Head Syndrome
2019 - Locatie productie Bongo Bar programmering akoestisch project van drie dagen op Welcome to the Village
2020 - Portretten in Poëzie; optekenen van verhalen van oude Friezen in poëzie, muziek en beeld
2020 - MINIMAL GUITAR; loop, beeld, schrijf en opname project langs de Ring A10, Amsterdam
2021 - SONGLINES; loop, beeld, schrijf en opname project in Wageningen
Premi e riconoscimenti
1998 - tweede prijs Kleine Prijs van Sneek
1999 - tweede prijs Popprijs van Amsterdam
2003 - Stimuleringsprijs Gemeente Amsterdam
2009 - Gouden Kalf; speciale juryprijs voor muziek
productie van de film Kan Door Huid Heen
2017 - Bernlefprijs voor Friestalige album “Moarn gean ik dea”
2018 - Roskilde Festival Charity Foundation Support
voor Makkum Records internationale samenwerking.
PER SAPERNE DI PIÙ:
facebook.com/zeamusic / instagram.com/zeamakkum / youtube.com/nowzea / soundcould.com/zea / zeamusic.bandcamp.com /
INTERVISTA A ARNOLD DE BOER “ZEA”
a cura di Flavio Giacchero
La lingua madre come forma di musica
che lavora contro i cervelli rigidi
• Avrai già risposto a questa domanda, ma per noi è importante: quale motivazione ti ha spinto a scrivere e cantare in frisone.
È cominciato con la morte di mia madre. È mancata nel 2011, molto giovane, aveva 59 anni e aveva combattuto il cancro per otto anni. Avevo un concerto programmato all’ OEROL festival nell’isola di Terschelling, dove si parla frisone e decisi di andarci e suonare. Erano passati solo due giorni dalla sua dipartita, stavamo ancora organizzando il funerale. Ero molto triste. Stavo seduto nel camerino del caffè dove avevo appena suonato. Ero al buio, non ero riuscito a trovare l’interruttore. Ho preso una penna e il block notes che porto sempre con me e ho acceso la torcia del cellulare. Scrivere e suonare mi aiuta a esprimere le mie emozioni, ho cominciato a scrivere. Avrei voluto scrivere qualcosa riguardo mia madre ma non potevo scrivere nulla in Olandese o in Inglese. Nonostante avessi scritto molte canzoni in inglese in passato, questa volta l’unica lingua che riuscii ad usare fu quella che avevo sempre usato e condiviso con lei. Così ho scritto una canzone in Frisone. La canzone si intitola “Ik Kin Der Net By” che significa sia “non posso prenderlo” che “non riesco a capirlo”. La canzone è pubblicata sul mio primo album in Frisone intitolato “Moarn gean ik dea” (Domani morirò). Ho trovato con facilità gli accordi che funzionavano sulle parole e sulla melodia che le accompagna. In quel momento è stato come se nella mia mente si aprisse una porta verso una stanza di cui non conoscevo l’esistenza, ma in cui potevo e tuttora posso produrre una musica più personale e intima, che è diventata la mia musica di oggi.
• Qual è il tuo pensiero riguardo alle minoranze linguistiche e il concetto di minoranza in genere: sociale, politica, culturale, ideale.
Diversità e varietà sono un dono. Crescere avendo a disposizione più di una lingua è un antidoto contro la rigidità mentale. Quando, fin dall’infanzia, comprendiamo che c’è più di un modo di vedere le cose e di descriverle, diventiamo persone con la mente più aperta, più creativi, socievoli e ricchi in tutti gli aspetti della vita. Un tipo particolare di persona con una propria espressività, sonorità, cultura e tradizione. Fa di noi il perfetto antidoto contro l’assolutismo. Assolutismo che a mio modesto parere deve essere nel mondo prevenuto con ogni possibile mezzo.
• Com’è la situazione del frisone nei Paesi Bassi?
Circa settant’anni fa la gente che parlava Frisone ha dovuto letteralmente combattere per mantenere la lingua, contro l’oppressione del governo nazionale che non accettava il fatto che questa lingua fosse parlata nelle situazioni formali e ufficiali come ad esempio nell’ambito delle pratiche burocratiche o legali. Oggi la lingua Frisone si studia all’Università ed è usata a volte anche nel parlamento nazionale, tuttavia, è della scorsa settimana la notizia che ad un impiegato di una grande banca commerciale è stato vietato di parlare Frisone con un cliente, nonostante entrambi fossero lingua madre e avessero concordato sul fatto di potersi capire meglio in Frisone.
• Secondo te che valore ha l’amicizia nella musica, anche in relazione alle tue numerose collaborazioni?
A mio parere la comunità musicale, il lavoro di gruppo, lo scambio e l’amicizia sono ciò che conta di più. Penso anche che tutto ciò definisca la musica che facciamo. All’interno di un gruppo con valori condivisi, noi, come esseri umani, creiamo un tipo di musica completamente differente rispetto a quella che produrremmo all’interno di una semplice relazione basata su relazioni di mercato. E, a parte questo, è semplicemente fantastico e divertente suonare con gente proveniente da tutto il mondo, scambiarsi le nostre differenti sonorità, scale, ritmi e melodie.
• Come selezioni gli artisti e i progetti che promuovi con la tua etichetta discografica Makkum Records e puoi raccontarci qualcosa del processo creativo che ti porta alla realizzazione di un disco?
Gli artisti che pubblico con la mia etichetta sono tutti amici prossimi. Mi piace la loro musica e mi fa piacere aiutare a diffonderla nel mondo. Ho costruito una rete e un metodo di lavoro che può aiutare le persone a diffondere la loro musica. Ma cerco anche di incoraggiare la gente a farlo da sola il più possibile.
Per me ogni nuovo album si crea partendo da schizzi, idee, versi che scrivo nel mio quaderno degli appunti e da melodie che registro sul cellulare. Quando poi trovo il tempo, o meglio quando dopo essere stato troppo indaffarato in altre questioni comincio a diventare nervoso e irritabile, allora capisco che devo imporre a me stesso di sedermi e creare musica in modo da sentirmi meglio. Allora le canzoni possono prendere la loro forma. E con le canzoni arriva anche l’album. E assieme all’album arrivano le idee artistiche che connettono le cose, l’ordine delle canzoni, il filo rosso che unisce le storie. A volte il titolo dell’album è già pronto in anticipo rispetto agli altri processi, in quel caso le canzoni che in qualche modo rientrano nella cornice scelta, si “selezionano” da sole. Ma i miei album non nascono attorno ad un solo concetto. Ci sono sempre numerose linee e storie e anche collaborazioni. Il paradosso di un musicista che lavora da solo è che hai bisogno di altra gente per creare qualcosa che trascende se stesso.
• In molte tradizioni musicali, storiche e contemporanee, c’è notevole utilizzo dell’improvvisazione all’interno di strutture predefinite. Cos’è per te l’improvvisazione, che valore ha questa pratica e consideri importanti delle strutture predefinite?
L’improvvisazione sta entrando sempre di più nella mia musica. Dal momento che sono entrato nella band chiamata The EX, ho conosciuto molti musicisti fantastici provenienti dal mondo dell’improvvisazione e ci ho suonato assieme. The Ex ha fatto parte della scena del jazz improvvisativo, e non solo, fin dai primi anni Novanta e l’improvvisazione è diventata una parte importante delle canzoni del gruppo. Rimangono comunque canzoni con parole, musica, ritmi, ritornelli e dinamiche stabilite. Quindi una struttura c’è, ma è elastica, c’è spazio per suonare liberamente e per composizioni istantanee il che è fantastico e rende molto facile per noi invitare ogni genere di musicisti dal mondo del jazz improvvisativo. E rende anche possibile formare una band con il leggendario saxofonista etìope Getatchew Mekuria, da cui ho imparato molto. La scena “Addis-swing” o “ethio-jazz” di cui ha fatto parte ha un bellissimo e vibrante modo di suonare. Attraverso le scale, Getachew improvvisava molto. È stato fantastico lavorare sulla sua musica con lui.
Alcuni anni fa ho intrapreso una collaborazione come duo, con Oscar Jan Hoogland, pianista, suonatore di clavicorde elettrico, improvvisatore. Il punto di partenza della nostra musica è spesso una delle mie canzoni, ma le parole, idee e melodie che sviluppiamo diventano dei plateau che possono essere scambiati, spostati, messi vicini o sovrapposti. Improvvisiamo su strutture minime, due canzoni possono fondersi in una e una singola idea può svilupparsi in tre canzoni. Molto divertente.
La visione della serie “On the edge” curata da Derek Bailey per la BBC, che riguarda il mondo dell’improvvisazione musicale nelle diverse culture del mondo mi ha permesso di scoprire molto. Mi ha portato ad ascoltare la musica in un modo diverso e a scoprire quanto la musica è, può essere, e forse dovrebbe essere improvvisazione. Proprio come le nostre conversazioni, la vita di ogni giorno. Non dovremmo attenerci così tanto a strutture scolpite nella pietra. Sono le storie la parte importante e le storie possono essere raccontate in infiniti modi diversi.
• I tuoi testi non sono mai banali e racconti sempre delle storie con risvolti sociali, come ad esempio questioni legate al colonialismo, al razzismo, all’oppressione politica... Come nasce un tuo testo e quali finalità ti poni?
Un mio testo nasce spesso da una frase, un pensiero, spesso una reazione al mondo che incontro o all’espressione di una sensazione che ho. Questa frase di solito ha un’energia racchiusa nel suo significato ma anche un’energia nella sua melodia. Come le parole si seguono l’un l’altra, il ritmo, l’allitterazione e la rima, tutti sono fattori importanti e quando sono “buoni” danno forza al significato. Questa che potrebbe essere una semplice, essenziale e vecchia verità che riguarda la poesia, è per me essenziale. Provo emozioni come tristezza, dolore, senso di perdita e conflitti interni, le provo nel contesto della realtà sociale e politica che mi circonda. Ma non le espongo in modo sensazionalistico o propagandistico, non sono un tipo da punto esclamativo in questo senso. Preferisco il punto interrogativo. Mi piace quando parole, poesia e versi mi fanno pensare e mi piace fare lo stesso coi miei ascoltatori. Quando le persone ballano con un punto interrogativo sospeso sulle loro teste, sono felice.
• I tuoi testi sono poetici e molti sono ispirati da poeti, qual è il tuo rapporto con la poesia, cosa pensi della poesia?
Per me musica e poesia sono una cosa sola. Il linguaggio è una forma di musica. Come cantautori dobbiamo essere anche poeti, e come poeti dobbiamo essere anche musicisti, dobbiamo cantare e suonare. E come pubblico è necessario prestare la stessa attenzione che si presterebbe ad un festival di poesia. L’energia e l’attenzione che si ricevono in questo tipo di eventi è impareggiabile.
• Nel tuo ultimo disco Witst noch that d’r neat wie, uno dei brani fa riferimento al filosofo danese Kierkegaard e alla famosa opera Aut-Aut (Enten-Eller) dove tu crei un divertente gioco linguistico. Al di fuori della filosofia di Kierkegaard, in molti contesti di musica di tradizione orale “etica ed estetica” convivono, cioè certe modalità musicali sono connesse a modalità etiche. Qual è la tua esperienza e qual è il tuo pensiero a riguardo?
A questo riguardo mi viene in mente il filosofo Theodore Adorno, che quasi capovolge il dualismo di Kierkegaard e pone l’estetica al di sopra dell’etica. E penso a Hannah Arendt che sottolinea il fatto che come società dobbiamo fare riferimento a qualcosa che sta fuori dalla società, che sia un Dio o un Contratto Sociale, o forse qualcosa di metafisico come la musica? Penso ai musicisti del Ghana nord orientale con cui suono e vado spesso in tournée. Loro sono molto focalizzati sulla loro tradizione Griot e cantano sempre di questioni complesse e degli spiriti dei loro antenati. E poi penso anche a Woody Guthrie e Lead Belly, il primo ci ha fatto tutti cantare “This land is your land, this land is my land” e l’altro “We’re gonna bring Hitler down”. Da un lato l’arte è pensiero rivolto al futuro, dall’altro lato l’abilità estetica è innata in ogni essere umano ed è essenziale per la sopravvivenza. Ci vorrebbe una lunga serata e probabilmente qualche buon drink per approfondire l’argomento, perché questo soggetto è più facile da esplorare in forma di dialogo.
• Ho letto in qualche informazione su di te che hai una formazione in filosofia e antropologia. Segui queste discipline? E quanto è importante secondo te una formazione culturale per un musicista?
Leggo tuttora libri di filosofia, antropologia, sociologia e di altre materie scientifiche. Mi fanno pensare e capire e spesso mi offrono parole nuove; linguaggio per esprimere i miei pensieri e le mie emozioni. I libri, film e documentari sono cibo per i miei testi. E posso forse non essere al 100% “No pop, no style, I’m strictly roots“ ma comunque mi piace ascoltare e capire da dove un artista proviene. È un ottimo punto di partenza per scambio e sperimentazione. Se non porti in un qualche modo con te la tua storia e le tue radici nel tuo percorso attraverso le arti, non avrai nulla da scambiare con chi incontrerai sul tuo cammino.
• Connessioni, evoluzioni, involuzioni tra i due dischi in frisone...
Il secondo disco è più estroverso, mi addentro nel mondo e costruisco un ponte verso l’inconosciuto invitando l’ascoltatore a tradurre i miei testi in una lingua minoritaria che non padroneggio ma che comunque ha un legame con la canzone che ho composto. Morte e Perdita sono soggetti che ritornano nell’ultimo album, ma in modo diverso, più intangibile.
• Come sei diventato musicista o perché hai scelto questa strada?
Mio padre iscrisse me e mio fratello alla banda musicale del mio paese quando avevamo sette e otto anni. Dal tamburo rullante passai alla tromba e quando mio fratello aveva 16 anni comprò una chitarra. Abbiamo imparato a suonarla da soli. Più tardi sono stato tra i fondatori di una band chiamata Zea che al momento attuale è diventata il mio progetto da solista. Ho scoperto che vedere ed incontrare il mondo riesce meglio se fatto attraverso la musica. Può essere che la musica mi abbia scelto e a questo non ho mai fatto obiezioni. Il sentiero è infinito.
• Da musicista, artista, poeta, viaggiatore, come vedi il nostro futuro?
Più bene che male.
ANTOLOGIA
TESTO FRISONE
Witst noch dat d’r neat wie (track 01)
Witst noch dat d’r neat wie
Hielendal niks net nada
Do hoegdest net te klauwen
Want jokte wie der net
Witst noch dat d’r neat wie
Neat te krijen, neat te finen
Gjin auto’s sels gjin fytsen
Want der wie gjin dyk
Witst noch dat d’r neat wie
Gjin grûn, gjin loft, gjin sinne
Gjin kjeld, gjin koarts, gjin myten
Neat wie smolten of beferzen
Want d’r wie gjin tiid
Dêr ’s de doar, balte de kok
Do hast dyn iten op
Bûten stie de buorfrou klear
Sy nam my by de hân
Sy sei: It hôf is hjir omheech
Meitsje dyn bûsen leech
De loft stiet swier
It kuollet danich ôf
Mar witst noch dat d’r neat wie
De kiste siet my strak om ’t liif
Myn earmen stutsen út
Minsken hearden it fan fier
Hoe ’t buorman har ôfbruts
Hy smarde my goed yn
It wachtsjen wie begûn
Ik sakke fluch
Ik lei op geastgrûn
Mar witst noch dat d’r neat wie
Wolst hjir wol even wei gean
Hjir komme aanst minsken te iten
Wolst do hjir wol even wei gean
Hjir komme aanst minsken te iten
TESTO ITALIANO
Ricordi? Non c’era nulla (track 01)
Ricordi? Non c’era nulla
Niente del tutto, zero, nada
Nessun bisogno di grattarsi
Perché non c’erano pruriti ancora
Ricordi non c’era nulla
Nulla da trovare, nulla da ottenere
Nessuna automobile, nemmeno biciclette
Perché non c’erano strade
Ricordi non c’era nulla
Nessun terreno, nessun sole, nessun cielo
Nessun freddo, nessun tepore, nessuna febbre
Niente in fusione o in congelamento
Perché non c’era il tempo
Quella è la porta, gridò il cuoco
Hai finito di mangiare
Fuori il vicino stava aspettando
Mi prese per mano
Disse il cimitero è in questa direzione
Meglio che svuoti le tue tasche
Con un cielo così pesante
Presto farà freddo
Ma ti ricordi non c’era nulla
La bara avvolta stretta attorno al mio corpo
Con le mie braccia che spuntano fuori
Da lontano la gente poteva sentire
Il vicino che le strappava via
Mi ha oliato con cura
L’attesa era cominciata
Mi consumai rapidamente
Giaccio in terreni sabbiosi
Ricordi non c’era nulla
Potresti andartene da qui
La gente sarà presto qui a mangiare
Potresti per favore andartene
La gente sarà presto qui a mangiare
Witst noch dat d’r neat wie? Potrebbe essere nata nella mia mente semplicemente pensando allo spazio e al tempo, l’inizio dell’inizio, l’assenza di cause per cui si possa morire. Oppure pensando a certe persone che vogliono che altre persone se ne vadano, che lascino un luogo, un paese, un pianeta. Ma è anche nata in Polonia, a Wroclaw, e anche Utrecht nei Paesi Bassi. Un giorno qualunque stavo passando il tempo tra la prova suoni e il concerto nella zona ristorante di una sala da concerto a Utrecht, e qualcuno dello staff mi consegnò un bigliettino con su scritto “Wil jij hier zo weg gaan? Hier komen straks mensen te eten.” Che significa “potresti andartene di qui? La gente comincerà presto a venire qui a mangiare”. Questo fatto mi fece tornare in mente una scena vissuta precedentemente in un bar a Mleczny, un milkbar, in Polonia. Un cliente abituale seduto ad un tavolo nel mezzo del locale si considerava un filosofo elargendo lunghi monologhi a chiunque gli prestasse un minimo di attenzione. Finchè il cuoco gli urlò dalla cucina “Quella è la porta, hai finito di mangiare!”
TESTO FRISONE
Boarne (track 04)
Sjoch, swij en lústerje
Wy traine it ferlijen
Skilje
moarn dyn garaazje
De bannen moatte nij
Omearmje
ien kâld blok moarmer
Meitsje dy winterklear
Hâld op mei
flokken, gûlen, razen
neat wolle
Beleavje bittere kjeld
Ik sjoch dyn
eagen ferstienjen
dyn mûle lûkt wei
Dyn hege learzens fan glês
dyn sjaal rûkt nei klaai
Der lizze hjir bern te sliepen
dy kinne net sûnder heit
Fluch, kom út dy steech
Der komt in auto oan
Mar rin net
dwers troch de,
dwers troch de tunen
Brûk even dyn ferstân
Toe klim net
boppe op dat ferekte stânbyld
Der hingje kamera’s
Hy hat d’r
tûzenen, tûzenen omlein
De Banda genoside wie dat
Eagen ferstienje
dyn mûle lûkt wei
Dyn hege learzens fan glês
dyn sjaal rûkt nei klaai
Der lizze hjir bern te sliepen
dy kinne net sûnder heit
TESTO ITALIANO
Fonte (track 04)
Guarda, fai silenzio e ascolta
Ci tempriamo nelle difficoltà
Chiama
Il tuo meccanico domani
Devi cambiare le gomme
Abbraccia
Un freddo blocco di marmo
Preparati per l’inverno
E smetti
Di maledire, piangere e gridare
Abbraccia l’amaro freddo
Vedo i tuoi
Occhi congelarsi
La tua bocca rimpiccolirsi
La tua sciarpa sa di terra
I tuoi stivali di gomma sono diventati ghiaccio
Ci sono bambini che dormono qui
Che hanno veramente bisogno del papà
Esci in fretta da quel vicolo
C’è una macchina in arrivo
Ma non camminare diretto
Verso i giardini
Usai tuoi sensi per favore.
Dai, non ci si arrampica
Sopra a quella dannata statua
Ci sono telecamere
Ha trucidato
Migliaia e migliaia di persone
È chiamato genocidio di Banda
Vedo i tuoi
Occhi congelarsi
La tua bocca rimpicciolirsi
La tua sciarpa sa di terra
I tuoi stivali di gomma sono diventati ghiaccio
Ci sono bambini che dormono qui
Che hanno veramente bisogno del papà
Pensando alla canzone Boarne potrei dire che la creazione dell’album è iniziata nel 1621 nelle Isole Banda, l’attuale Indonesia. Un comandante Olandese chiamato Jan Pieterszoon Coen commise e comandò un genocidio contro la popolazione locale per assumere il controllo delle isole e ottenere il monopolio sul commercio delle spezie. La città olandese di Hoorn onorò Coen erigendo una statua che è stata oggetto di pesanti controversie negli ultimi cento anni.
TESTO FRISONE
Fuort (track 05)
Moatst d’r klear foar wêze
Moatst it spul mar lizze litte
Moatst meikomme, dat kin aanst wol
Moatst klear stean gean by de doar
Moatst even sizze wêr’st bist
Moatst ophâlde mei omhingjen
Moatst no alwer pisje
Moatst sjen, de auto stiet al foar
Moatst hjir no wer wêze
Moatst dat earst ek noch
Moatst even om ’e tiid tinke
Moatst de boel net stikke litte
Moatst fluch troch dy doar gean
Moatst sjen datst hjir wei komst
Moatst dy oan ’e ôfspraak hâlde
Moatst it no net wer ferjitte
Kom jong wêr wachtest op
Jas oan, skuon oan
Kom jong wêr wachtest op
Wy soene al earder fuort
Wy soene al folle earder
Moatst antwurd jaan ast roppen wurdst
Moatst bôle mei tsiis of fleis
Moatst net prate mar trochite
Moatst sjen datst de klean oan krigest
Moatst de klok yn ’e gaten hâlde
Moatst binnen wêze at de bel giet
Meist in oar ek wol even helpe
Wolst ophâlde mei dat geklier
Kom, wy gean
Kaai, beurs mei
Kom, stean gean
Tas, telefoan
Toe, avensearje
Ljocht út, doar ticht
Hee, toe no even
Bist dochs net siik wol
Mar wachtsje, ik sjoch it al
De hiele wrâld, de hiele wrâld stiet stil
TESTO ITALIANO
Via (track 05)
Meglio essere pronti
Meglio lasciar stare questo per ora
Meglio venire adesso e lasciare quello per più tardi
Meglio stare in attesa alla porta
Meglio che tu mi dica dove sei
Meglio smetterla di gironzolare
Devi veramente fare di nuovo la pipì?
Guarda, la macchina è già pronta qui di fronte
Devi veramente tornare qui di nuovo?
Veramente devi fare quella cosa prima?
Meglio tenere traccia del tempo
Meglio non lasciare che le cose sfuggano di mano
Meglio affrettarsi attraverso quella porta
Meglio uscire in fretta
Meglio attenersi ai programmi
Meglio non dimenticare di nuovo
Dai, cosa stai aspettando?
Giacca e scarpe indossate
Dai, cosa stai aspettando?
Dovremmo essere già partiti
Avevamo programmato di partire molto prima
Meglio rispondere quando ti chiamano
Vuoi formaggio o carne nel tuo panino?
Meglio prendere i tuoi vestiti
Meglio non parlare ma mangiare
Meglio tenere gli occhi sull’orologio
Meglio essere in casa quando suona la sirena
Meglio dare una mano a qualcuno in cambio
Puoi per favore smetterla di rompere?
Dai, andiamo
Chiavi, portafoglio
Dai, alzati
Borsa, telefono
Dai sbrigati
Luci spente, chiudi la porta
Per favore, sbrigati adesso
Non sei malato vero?
Ma aspetta, ora capisco
È il mondo intero
È il mondo intero che è in stallo.
Anche questa è nata Wuahn. La mia canzone “fuort” parla di chi sta tentando di lasciare casa, ma continua a non riuscirci. La canzone termina con l’osservazione che il mondo intero è entrato in una fase di stallo.
TESTO FRISONE
Wat moatte wy dwaan
as wy gjin jild hawwe (track 07)
Wat moatte wy dwaan as wy gjin jild hawwe
Oh myn leaf, wat moatte wy dan dwaan
Rinne wy nei de stêd foar in muntstik of twa
En we sjonge de soarch fan ús ôf
En wat moatte wy dwaan as d’r in bern komt
Oh myn leaf, wat moatte wy dan dwaan
Jouwe wy har dan mei, oan dyn mem en dyn heit
En we sjonge de soarch fan ús ôf
En wat moatte wy dwaan as ien fan ús siik wurdt
Oh myn leaf, wat moatte wy dan dwaan
Triuwst do my út dyn nêst, bring ik dy nei dyn grêf
En we sjonge de soarch fan ús ôf
En wat moatte wy dwaan as de himel him stilhâldt
Oh myn leaf, wat moatte wy dan dwaan
Hearre wy it bazún, gean wy op yn it fjoer
En we sjonge de soarch fan ús ôf
Wat moatte wy dwaan as wy gjin jild hawwe
Oh myn leaf, wat moatte wy dan dwaan
Rinne wy nei de stêd foar in muntstik of twa
En we sjonge de soarch fan ús ôf
TESTO ITALIANO
Cosa faremo quando non avremo soldi (track 07)
Cosa faremo quando non avremo soldi
Oh, amore mio, cosa faremo allora
Dovremmo camminare verso la città per un’affamata corona
E canteremo via le preoccupazioni
E cosa faremo quando avremo un bambino
Oh amore mio, cosa faremo allora
Dovremmo passare da tua madre e tuo padre
E canteremo via le preoccupazioni
E cosa faremo quando uno di noi si ammalerà
Oh amore mio, cosa faremo allora
Mi spingerai via dal mio nido, ti porterò
alla tua tomba
E canteremo via le preoccupazioni
E cosa faremo quando il paradiso diventerà silenzioso
Oh amore mio, cosa faremo allora
Sentiremo il richiamo delle trombe, saliremo nel fuoco
E canteremo via le preoccupazioni
Oh, cosa faremo quando non avremo soldi
Oh, amore mio, cosa faremo allora
Dovremmo camminare verso la città per un’affamata corona
E canteremo via le preoccupazioni
Ma l’album è anche nato in casa, l’anno scorso, nel mio studio al piano di sopra qui ad Amsterdam. Qualcuno aveva postato sui social media la canzone “What will we do when we have no money?” della band irlandese Lankum. Mi ha colpito perché l’argomento della canzone mi coinvolgeva direttamente dopo che la pandemia di COVID19 aveva portato alla cancellazione di molti tour e concerti. Volevo fare mia la canzone, ho preso il primo verso e l’ho tradotto in lingua frisone, poi ho continuato componendo con versi miei. Da alcune interviste alla band “Lankum” ho appreso che loro l’anno ascoltata per la prima volta dal cantante Dublinese Barry Gleeson. Ci sono anche parecchie registrazioni di archivio della canzone, le fonti ci riconducono a una certa Mary Delaney. Mary, una viaggiatrice irlandese, era stata intervistata a Londra nel 1973 dai ricercatori Jim Carrol e Pat Mackenzie i quali teorizzarono che questa canzone potesse essere una variante di “What would you do if you married a soldier” con la quale c’è molto più di una vaga somiglianza.
dal disco Witst noch dat d’r neat wie:
Artist + title: Zea - Witst noch dat d’r neat wie
Format: CD // 12” LP // digital
Label + Cat. Nr: Makkum Records (MR 33) / Subroutine (SR119)
Release date: 19 / 11 / 2021
Distribution: Xango (Benelux) / CDbaby (digital / world)
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