Koumarami Karama, (come Ange Gertrude), è nata il 16 novembre 1984 in Burkina Faso, a Naniagara, regione delle Cascate. Agente tecnica d’allevamento, è conosciuta nell’ambito teatrale come attrice, drammaturga e regista. Ha praticato la scenografia, la tecnica delle luci e audio.
Scrive testi teatrali nella sua lingua madre, il dioula, che affrontano problematiche e questioni sociali e culturali del Burkina Faso. Tratta della difesa dei valori originari burkinabé e di come possano vivere e dialogare nella contemporaneità, come spunto a una riflessione sulle relazioni di genere.
Nel 2020 scrive “La goutte devastatrice” (La goccia devastatrice) e “Le dilemme” (Il dilemma); nel 2021 “Je suis une femme” (Sono una donna) e “Le messager” (Il messaggero); nel 2022 il suo testo teatrale “Bange ko kura” (Rinascimento) è primo premio al festival RITLAMES a Ouagadougou, un riconoscimento che si rinnova nel 2023 con “Kele neemaw” (Le grazie della lotta).
Attrice nei film di Sarah Bouyan “Notre étrangère” (La nostra straniera) e “Tonkré” (Il filo), Koumarami Karama ricopre diverse responsabilità nell’ambito artistico, della cultura e dell’emancipazione femminile. È presidente dell’associazione culturale femminile “Le amazzoni di Santa” (ACFAS) ed è promotrice del festival annuale “La terapia dell’arte”. Fa parte del Comitato d’organizzazione del festival “Niangoloko en fête”, è direttrice artistica della Compagnia teatrale “La Compagnie de l’Arc” e coordinatrice della FENATHEB (Federazione Nazionale del Teatro in Burkina Faso), sezione delle Cascate.
MOTIVAZIONE
Karama Koumarami ha ottenuto due volte il primo premio del festival RITLAMES di Ougadougu, Burkina Faso. Ha vinto grazie a testi scritti in lingua dioula, in cui concilia i valori profondi africani con una modernità che valorizza l’emancipazione femminile e favorisce la presa di coscienza sul problema del terrorismo nel paese.
Attrice, regista teatrale, drammaturga, Karama è una giovane autrice in lingua madre che merita l’attenzione di chi ha a cuore la rivitalizzazione delle lingue. Nel 2022 e 2023 ha vinto il RITLAMES (Rencontres Internationales du Théâtre en Langues Maternelles - Incontri Internazionali di Scrittura Teatrale in Lingue Madri), sorto per iniziativa di Sidiki Yougbaré, giovane burkinabé che ha creato a Ouagadougou un festival di scritture di drammaturgie in lingue madri e minoritarie africane.
Il Premio Speciale della XVI edizione del Premio Ostana va quindi a Karama Koumarami, sia per la sua ricerca autoriale e drammaturgica all’interno del mondo dioula, sia in quanto rappresentante e simbolo del festival RITLAMES: realtà che ci piace immaginare gemella del Premio Ostana, a cui auguriamo un grande futuro. In realtà ad oggi c’è poco di Ostana nel RITLAMES di Ouagadougou, ma da questa edizione ci sarà sicuramente un po’ di RITLAMES ad Ostana.
Offrire la possibilità agli Autori di presentare dei testi nella loro lingua d’origine è stata una vera rivoluzione in Burkina Faso, considerando che nei paesi africani francofoni il francese è la lingua dominante che occupa tutto lo spazio culturale e artistico, nonostante esistano almeno una sessantina di lingue diverse.
PER SAPERNE DI PIÙ:
https://www.infosciencesculture.com/en/node/108
INTERVISTA A KOUMARAMI KARAMA
a cura di Oliviero Vendraminetto
“N’tséé”: “ho il potere di fare”.
Dioula, teatro in lingua madre per più popoli e più paesi
• Karama, presentaci la tua lingua madre: il dioula. Qual è la sua area geografica, quali le sue particolarità linguistiche, quale la sua storia e come è diventata la lingua che scopriamo oggi?
Storicamente, il dioula è una lingua figlia del bamana (bambara), originaria del Mali, a cui è molto vicina sia nella struttura sia nel vocabolario. Il dioula è stato diffuso dalle popolazioni mandinghi, che praticavano come attività principale il commercio. Era dunque una lingua molto parlata dai mercanti che viaggiavano nell’Africa Occidentale (Mali, Burkina Faso, Guinea, Costa d’Avorio, Senegal, Liberia).
Il dioula è la lingua ufficiale del Mali, mentre in Burkina Faso è praticato nell’area occidentale del Paese e fa parte delle tre lingue nazionali insieme al mooré e il fulfuldé.
• C’è un cliché che ci fa credere che l’Africa non sia dotata di scrittura e che quindi non abbia né una grammatica né degli scritti ereditari: che cosa ne pensi?
Penso che sia un cliché che viene dal colonialismo. L’Africa ha dato molto all’umanità. Le prime scritture sono state scoperte in Africa: i geroglifici, i bassorilievi, i petroglifi. L’Etiopia ha una scrittura originale propria. Si potrebbe anche parlare dell’arabo, che potrebbe derivare dai geroglifici. Abbiamo anche la scrittura bamun in Africa Centrale. Se l’Africa non ha una storia scritta non è perché ne sia totalmente priva, ma perché ha scelto la tradizione orale come trasmissione delle conoscenze e dei saperi da una generazione all’altra.
• Esiste attualmente una identità dioula consapevole? A che punto è la lingua oggi?
L’identità dioula è relativamente forte e la lingua è molto praticata. In Mali si trova l’etnia bamana che parla il bambara, da cui deriva il dioula. In Burkina Faso, l’etnia dioula è nella regione delle Cascate e si trova anche in Costa d’Avorio. Possiamo dire che la lingua dioula costituisce un anello fondamentale negli scambi commerciali nella regione sud-occidentale del Burkina Faso e in buona parte dell’Africa occidentale.
• Quali sono le lingue amministrative? Qual è il contesto linguistico del Burkina Faso?
La situazione linguistica è caratterizzata dalla presenza di almeno sessanta lingue parlate da altrettante etnie. Le tre lingue principali sono il moré, il dioula e il dulfuldé. Il 6 dicembre 2023 il francese è stato dichiarato “lingua di lavoro”: ciò significa che esso è ufficialmente la lingua amministrativa del paese.
• Qual è il ruolo della lingua dalla fine del colonialismo?
Nel periodo post-coloniale, il ruolo delle lingue muta a seconda delle lingue stesse. Il francese consente la diffusione delle conoscenze nell’ambito dell’istruzione formale. Inoltre, permette la comunicazione nel settore amministrativo, nelle relazioni internazionali e nei rapporti personali. Le lingue madri sono praticate per la diffusione delle conoscenze nell’educazione informale, nelle relazioni personali, nel mondo rurale e per esprimere concetti che non si possono dire in francese. Servono anche come base per imparare la lingua dominante.
• Come sei diventata autrice, attrice e cantastorie?
Tra l’arte e me c’è una storia di passione. Già da piccola mi sono distinta in recite, canti, danze, teatro... Ho avuto diverse esperienze finché ai tempi della scuola media sono entrata nella compagnia teatrale Nyama, fondata dal mio professore di francese. È stato il mio primo passo e ho finito per prenderci gusto. Mi piaceva molto il contatto con il palcoscenico. Ho deciso quindi di farne il mio mestiere. In fondo non c’è niente di più bello di guadagnarsi il pane facendo ciò che ci piace. L’arte è diventata la mia amica del cuore, un’amica che mi tiene per mano e accompagna i miei passi sia nei momenti difficili che in quelli felici. Provo piacere a sentirmi in armonia con l’arte; mi piace scrivere storie, metterle in scena e presentarle al pubblico. Oggi, io e il teatro siamo inseparabili. Non saprei proprio cosa fare della mia vita se dovessi chiudere con il teatro. Per me è come respirare.
• Qual è l’importanza della donna nelle culture del Burkina Faso?
In Africa, la donna occupa un posto centrale. Si dice spesso che la donna è il sostegno della famiglia: nelle nostre usanze e tradizioni, certe questioni sono considerate tabù per la donna e non devono essere in nessun caso divulgate o praticate in sua presenza. Di conseguenza essa è rimasta a lungo nell’ombra nella cultura e nei mestieri artistici. Oggi vediamo che la situazione cambia. Le donne si interessano sempre più e se la cavano alquanto bene anche nei mestieri di scena che si pensano riservati agli uomini.
• Ti senti investita di una missione particolare?
La mia lotta consiste nell’incitare le donne a combattere per la loro emancipazione senza perdere di vista i valori fondamentali. Vorrei lasciare delle tracce fruttuose di buoni esempi e riflessioni durante questo mio passaggio sulla terra.
• Nell’opera teatrale “Rinascimento” tratti dei valori ancestrali e delle minacce alla vostra cultura…
… i valori ancestrali della nostra cultura resistono nonostante le influenze esterne. Le autorità del Paese e il mondo del teatro portano avanti un lavoro di sensibilizzazione: spero che i nostri valori possano essere salvati.
• Se dovessi definire la tua lingua con una metafora, cosa diresti?
Semplicemente che è un passe-partout nella regione meridionale dell’Africa Occidentale.
• Ci sono parole che non si possono tradurre? Pensi che esista una parola che potrebbe incarnare l’identità dioula? Quali sono le tue parole preferite?
Credo che in ogni lingua ci siano parole testarde che rifiutano ogni manipolazione e il dioula non fa eccezione. Il soumbala, (un condimento) la daba, (l’equivalente di una zappa) il to (un tipo di polenta a base di farina di mais o di miglio) e altre parabole, proverbi ed espressioni idiomatiche non significano più niente quando vengono tradotte.
Le parole che incarnano l’identità dioula? Dioulaya o Bamanaya, semplicemente (il suffisso “ya” è usato per indicare l’appartenenza a una etnia). Ma le mie parole preferite sono quelle che indicano l’amore, l’intesa, la pace, dunque kanuya, ben, héré…
• Quando si dice grazie in dioula, la risposta cambia a seconda se è un uomo o una donna a rispondere?
In italiano a “grazie” si risponde “prego”; in dioula la risposta è diversa a seconda del sesso. L’uomo risponde M’bâà, che si può tradurre “posso farti questo piacere grazie a mia madre, che è colei che mi ha messo al mondo”; la donna N’tséé, che significa “posso farti questo piacere perché ho il potere di farlo”.
• Puoi dirci della “parentela scherzosa”?
È un’usanza ancestrale, un valore, uno strumento di pace fra le etnie in diversi paesi dell’Africa occidentale e centrale. Si tratta di una specie di patto di non aggressione fra etnie e all’interno dello stesso gruppo etnico. Ognuna ha il diritto di stuzzicare e prendere in giro un’altra etnia secondo una modalità stabilita senza provocare dei conflitti, giacché è assolutamente proibito versare il sangue del “parente scherzoso” o diventare nemici. Per esempio i membri del popolo gouin, di cui faccio parte, hanno come parenti scherzosi il popolo lobi. Si tratta di uno strumento molto importante per la pace, la riconciliazione, l’armonia delle relazioni. Favorisce la coesione sociale e la stabilità nelle famiglie, fra i gruppi etnici e le comunità. Le comunità possono affermare certe verità senza offendere, come burlarsi dei modi di vita, delle usanze, delle abitudini alimentari o degli accenti linguistici del parente scherzoso. Per noi è una ricchezza.
• In Burkina Faso, come in altre culture africane, ritroviamo l’uso di maschere in rituali ben definiti. Puoi spiegare?
I riti con le maschere fanno parte dei soggetti tabù per le donne, che si accontentano di guardarle e accompagnarle con canti e danze. Questo privilegio è riservato alle sole donne che hanno seguito un rito d’iniziazione.
• Ci racconti del teatro di sensibilizzazione e del teatro detto “Teatro di polvere”?
“Teatro di polvere” perché si fa nei cortili, nelle piazze, con pochi mezzi in un Paese dove per mesi non piove, quindi la polvere è sempre presente. Il teatro di sensibilizzazione si svolge su palcoscenici improvvisati, è un teatro di prossimità, vicino al popolo. La trama è su temi precisi come le misure di prevenzione del Covid, le modalità di trasmissione di certe malattie, la corruzione, i rapporti uomo/donna. Sono pensati per il pubblico delle zone rurali, dei piccoli paesi e degli istituti scolastici. Il contenuto permette allo spettatore di identificarsi con l’azione, di riflettere sulle proprie convinzioni per modificarle così da favorire il proprio benessere.
• Raccontaci del festival RITLAMES, del suo fondatore Yougbare Sidiki e dell’importanza delle lingue madri.
Eravamo andati a Ouagadougou a presentare lo spettacolo “Le soupir de la conscience” della Compagnia “Sotighi Kuyaté”. Dopo lo spettacolo gli organizzatori ci hanno offerto un bicchiere e Sidiki ci ha parlato del suo festival RITLAMES e della pubblicazione del bando per testi teatrali in lingue madri. Nei Paesi francofoni, tutte le creazioni artistiche e culturali sono dominate dal francese e questa iniziativa di creazione è un’opportunità che permette l’accesso alla cultura alle diverse popolazioni. Al mio ritorno a Niangoloko, mio comune di residenza, ho deciso di competere con l’opera Bange Koura (Rinascimento) che ha vinto il primo premio. Il festival RITLAMES è nato per mettere in risalto i testi di autori in lingue madri africane. Per questo promuove le lingue materne, favorendo il loro l’apprendimento e il loro uso. Oltre alla trasmissione orale, la scrittura è fondamentale per tutte le lingue madri. Essa è importante per perpetuare le lingue. Tutti, anche coloro che non hanno una formazione scolastica devono poter leggere e scrivere nella propria lingua.
ANTOLOGIA
TESTO DIOULA
BANGE KO KURA
Mɔgɔ minw ye o niin don nin tolon ni na
1 - Nanguna
2 - Manatchɔrɛna
3 - Kolɔn
4 - Fatuma
5 - Mɔgɔmakɛ
6 - Djigi
7 - Kobakɛ
8 - Dusu
9 - Kankelen
10 - Matagary
11 - Daamu
12 - Muso kuluw
I
Muso kuluw
Dɔnkili
Hila woo, hila i puona
Hila woo, hila i puona
Bama bie ɲubaba hel i puona
Hila woo, hila i puona
Bama bie tobaba hel i puona
Hila woo, hila i puona
Bama dortʃorama hel i puona
Hila woo, hila i puona
Bama natʃelema hel i pouona
Hila woo, hila i pouona
Hila woo hoo, hila i puona
Hila woo, hila i puona
(cɛɛ kɔrɔba dɔ siginin be lakajan kɔnɔ, tabadaga be a nɔmɔnbolo la, ani fifalan be a kinibolo la. A mamadeen kolɔn dona a fɛ)
Kolɔn: Aw ni su n fa.
Nanguna: Kolɔn, i ka kɛnɛ wa? Mun be i ra?
Kolɔn: N fa, n ye ʃiko dɔ kɛ kunu sura, a yi ne kamana gwan. N fa, n’y’i ye ʃiko ra, i be ka taga ni i kɔ ye. Ne ni n’tɔŋɔgonw le tum bi ŋɔgɔn fɛ. An bɛɛ kabakoyara. An gwɛrɛla ka i ŋiniga.
Nanguna: Ne yi mun fɔ?
Muso kuluw
An ye ɨon ye?
An ka kɔrɔlenkow be tununa
An ka landakow be tununa
An ka ʃiƴakanw be ka sa
An ka tariku be galon tigɛ
Anw ye jon ye?
Anw bɔnɔna an liliwra
Anw bɔnɔna an k tigiya ra
Ole ya to
Ne kamana gwan na kasɔrɔ ne ma fɛn gwani dumu
Anw ye ɨon ye?
M’bi taara nin kɔ, ka n’ka kunu sen nɔn le yaala
Ni bii gwɛlɛyara i ma, sani i ka ŋa chii sini ʃilɔmbali ma, A ka fisa, i bi segi kɔ ka i ka kunu fangatigiya yaala
M’bi n’ka kunu masaya sanuman le yaala la
N’i y’a mɛ ko taga yen, o kɔrɔ ko an ka an kɔ filɛ kunu na, K’an kɔ filɛ koo tɛmɛninw la
N’i maa filila i bɔyɔrɔma, i tagayɔrɔ b’i kɔnɔna gwan
Kunu tɛmɛna, bi be tagara ka n’to, sini ɨɔrɔ bi n’na
Anw ye ɨon ye?
Kolon: N’fa, i ye i ka kuma kunchɛ ko: ni makɔrɔ fanga tun bi see Ni kambeleya hakili tun ka bon.
Nanguna: A kɛra nimisa ye ! Chiko dɔrɔn lo!
Kolon: O tuma, e ka ŋanamaya nimisa b’i ra wa?
Nanguna: Nimisa banbali. Ni dunya tun bi segi kɔ! hum ! Ni n’tun bi see ka segi kɔ ka n’ka kanbeleya sɔrɔ, n’ga o ti se ka kɛ. Ni mɔgɔ sera hɛkɛ dɔ ma ka sɔrɔ k’i ka kɛtaw ye, i bi maakun ka fɔ dɔrɔn ko ni n tun ka lɔn. Ne kɛra makɔrɔye, ne ka surun kaburula ka tɛmɛ ŋanamaya kan n’ga…
Kolon: N’fa, mun kama i be k’i maaku tile fila nina? I te ziirin la an ye tugu, i te fɔlɔ fɔlɔ baro kɛ ni an ye tugu ? tuma dɔ yɛrɛ ne kolon bi kuma i fɛ i t’a laminɛ.
Nanguna: N’deen, dunya seregera. Fɛn min man di sijantigi ye, a ŋan bi ole ye. Ne tununa dunya kɔnɔ kasɔrɔ, dunyan ma yɛlɛma. N ti mbolo kɔ ni a ŋa lon tugu.
Kolon: N’fa, i be ne lasiran na.
Nanguna: N’deen, ele siran kun? N’i wolola (abattoir) ka ban, i man kan ka siran joli kasa ni muru mankan ŋa. Aw wolola a kɔnɔ, nga, aw nana anw sɔrɔ.
Kolon: N’fa, i bi fɛ ka mun le fɔ?
Nanguna: Kolon, san fina, dugu tchii san; Gwangwan wilila, fɔŋɔ duurula, baajiw kumuna, dugukolo kɛra siran fɛn ye. An ti suu ni tile lɔn ka bɔ ŋɔgɔn na tugu. Adamadenw ti filɛli kɛ ka tɛmɛ o nuunɛ jɛŋɛ kan. O kɛwaliw ka jugu ni kongo fɛn ta ye. Ni n miiri la o la, n’ti kun ye n’ka ʃii jan na. Ma be Allah deli i ka sinjii min fɔlɔ ka sɔrɔ ka lii mugan ni e kɔrɔla. N’ga, ne ta kɛra…
Kolon: N’fa, i bi fɛ ka fɔ ko i nimisalen lo i ka
kɔrɔya ra wa?
Nanguna: Kolon, balan min bi nana i ka bolon daara, i mankan k’i kaan sama ka to k’a filɛ. Ni sigi mɛna, tchien bina lɔn. Suu janfara, n’bi na don ka la.
Kolon: N’fa….
Nanguna: Kolon, ni saan ŋagamina, jati te kalo ra tugu. Ni o tɛ, anw ka tile ra, an tun ti chiko lakari sufɛ. Allah ka suu hɛɛrɛ.
Kolon: Amina yarabi.
LINGUA ITALIANA
RINASCIMENTO
1 - Nanguna
2 - Manaciorena
3 - Kolon
4 - Fatuma
5 - Mogomaké
6 - Djigi
7 - Kobaké
8 - Dussu
9 - Kankelen
10 - Matagary
11 - Daamu
12 - Coro femminile
ATTO PRIMO
Coro femminile
Uscite, uscite andiamo a fare festa
Voi, padri di famiglia, andiamo a fare festa
Uscite, uscite andiamo a fare festa
Voi madri di famiglia, andiamo a fare festa
Uscite, uscite andiamo a fare festa
Voi ragazze, andiamo a fare festa
Uscite, uscite andiamo a fare festa
Voi ragazzi, andiamo a fare festa
Uscite, uscite andiamo a fare festa
Uscite, su, uscite andiamo a fare festa
Uscite, uscite andiamo a fare festa
(Un vecchio accomodato nella sua poltrona. Ha una pipa nella mano sinistra e un ventaglio nella mano destra. Kolon, suo nipote viene a trovarlo)
Kolon: Buonasera nonno.
Nanguna: Kolon, come stai, che succede?
Kolon: Nonno, ho fatto un sogno l’altra notte. Mi ha fatto tanta paura. In questo sogno ero con degli amici e ti abbiamo visto te che camminavi a ritroso. Sorpresi ci siamo avvicinati per saperne di più.
Nanguna: E cosa ho risposto?
Coro femminile
Chi siamo?
Le nostre tradizioni si perdono
Le nostre usanze agonizzano
Le nostre lingue muoiono
La nostra storia è falsificata
Chi siamo?
Abbiamo perso le nostre radici
Abbiamo perso la nostra identità
Ecco perché sto bollendo dentro di me, sto morendo
Chi siamo?
Cammino a ritroso, sto cercando il mio glorioso passato
Quando il presente ti è sconosciuto, al posto di avanzare verso un avvenire incerto, è meglio ritornare verso il passato glorioso
Sono alla ricerca del mio passato glorioso
Andare avanti sarebbe anche dare un’occhiata al passato e imparare dagli eventi passati
Quando non si sa da dove si viene, non è sicura la destinazione futura
Il passato è lontano, il presente se ne scappa, l’avvenire è confuso
Chi siamo?
Kolon: Nonno, hai finito con queste parole: “Se la gioventù sapesse, se la vecchiaia potesse…”
Nanguna: Mi dispiace che sia solo un sogno.
Kolon: Perché? Rimpiangeresti la vita?
Nanguna: Solo rammarichi e amarezze. Se la vita sarebbe da rifare! Hm! Se potessi tornare indietro e ritrovare la giovinezza, ma purtroppo! Quando alla mia età ti rendi conto di ciò che avresti potuto fare, puoi solo ruminare dentro di te: “Ah se avessi saputo…” Ormai sono vecchio. Mi avvicino alla tomba. La mia vita è passata. Ma…
Kolon: Nonno, come sei silenzioso. Ci parli appena durante le serate. Finiti i racconti e le storie sugli eventi passati. Spesso, mi rispondi appena quando ti parlo.
Nanguna: Bimbo mio, colui che vive troppo a lungo, vede cose che avrebbe fatto meglio di non vedere. Sono perduto in questo mondo. Non riesco più neanche a fare la differenza tra la palma e il dorso della mia mano.
Kolon: Mi stai facendo paura, nonno…
Nanguna: Tu, non hai alcuna ragione di avere paura. Colui nato in un macello non teme né la vista del sangue né il baccano dei coltelli. Siete nati e avete trovato questo mondo così, ma noialtri l’abbiamo conosciuto diversamente.
Kolon: che vuoi dire, nonno?
Nanguna: Kolon, il cielo è già coperto di nuvoloni, un temporale che minaccia di portarci via se non stiamo in guardia. La tempesta di sabbia è all’orizzonte, l’aria è saturata di sangue e dei resti dei nostri simili, gli oceani sono inquinati, la terra è diventata un inferno. A male facciamo la differenza tra il giorno e la notte. Gli esseri umani non vedono di là del proprio naso. L’uomo è diventato più selvaggio degli animali. A pensarci sopra la mia vita non ha più senso. Chiunque desidera una vecchiaia tranquilla e felice…
Kolon: Nonno, ma cos’è? Rimorsi, nostalgia del passato o rimpianti di una vecchiaia riempita male?
Nanguna: Kolon, vogliamo sapere su colui che se ne sta andando, ma non su colui che sta arrivando. Chi vivrà vedrà. Si è fatto tardi, vado a dormire.
Kolon: Nonno…
Nanguna: “Kolon, ni san gniagamina, djati ti kalo ra tugu”. Ai nostri tempi non si osava raccontare i sogni della notte. Ti auguro una notte tranquilla.
Kolon: Amina yarabi (amen).
(traduzione dal francese di Oliviero Vendraminetto)
1Canto in lingua madre Cerma del Burkina Faso
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