“Non essere relegati in un “ghetto” di cui pochi conoscono l’esistenza”: così si conclude l’intervista realizzata a Roger Williams, Premio Cinema in lingua gallese della scorsa edizione del Premio Ostana. Difficile trovare qualcosa di più lapidario, di più sintetico, di più forte per rappresentare al meglio le intenzioni e per certi versi la “missione” che un autore si è dato. Non usa la parola “ghetto” a sproposito, Roger Williams. Si sente privilegiato perché dice di aver realizzato il suo sogno più importante, quello di scrivere, e di scrivere in particolare sceneggiature per il cinema. Il privilegio sta nell’appartenere alla minoranza in lingua gallese del Regno Unito, una minoranza che vede la propria lingua difesa da istituzioni e norme ben consolidate, a differenza di tante altre minoranze linguistiche che in Europa e nel mondo lottano per la propria sopravvivenza o quasi. Il privilegio di essere gallese è anche quello di vivere in un paese dove si può accendere la televisione e trovare il canale S4C che trasmette programmi e contenuti esclusivamente in Cymraeg (gallese). Il canale televisivo è nato nel 1982, dopo una lotta politica senza precedenti raccontata proprio nel film prodotto e sceneggiato da Roger Williams e diretto da Lee Haven Jones: “Y Sŵn”, un grandissimo film distribuito in Europa e nell’America del Nord. A Ostana abbiamo avuto il piacere di vedere “Y Sŵn” e di conversare con il regista grazie al Babel Film Festival e al suo direttore Antonello Zanda, che ha accompagnato e presentato l’autore nelle giornate di fine giugno in alta valle Po. Il film è quindi ispirato ad una storia vera e si vede come Gwynfor Evans, un politico gallese, arriva addirittura a fare uno sciopero della fame ed è pronto a morire pur di favorire la nascita del canale televisivo, promessa prima e impedita poi dal governo centrale britannico, presieduto da Margaret Thatcher. Quando la lotta ha successo e la prima trasmissione in gallese va in onda, Roger Williams ha otto anni. Non è dunque una storia che ha vissuto in prima persona, anzi. Ma ha voluto raccontarla, e lo ha fatto mettendo insieme formati e linguaggi diversi. Si passa dal bianco e nero al 4/3 a colori, si usano immagini di repertorio, scritte e titoli in sovraimpressione, si tiene un ritmo concitato dall’inizio alla fine, con le legittime pause di riflessione, si passa dal thriller politico al dramma famigliare, con un linguaggio che a volte strizza l’occhio al videoclip. Gwynfor Evans ha dei momenti di profonda crisi personale, esistenziale e sicuramente politica, e trova pace in riva ad un lago, dove incontra gli spiriti ideali di Martin Luther King e Gandhi, due uomini che hanno segnato la storia delle rivendicazioni politiche e sociali di chi vive soggetto alle maggioranze cosiddette democratiche o all’autoritarismo dei governi coloniali. Sono spiriti guida, determinati, le cui lezioni porteranno al successo.
Roger Williams si sente privilegiato, dice, perché per lui scrivere in lingua gallese è naturale, normale. Eppure non è scontato, e dice di averlo compreso ancor di più nei tre giorni di partecipazione al Premio Ostana. Sente una certa responsabilità come autore. Crede che non si debba mai trascurare l’attenzione verso il mondo, il mondo tutto, quello che si incontra al di là dei propri confini linguistici e culturali. Williams suggerisce implicitamente di abbandonare l’osservazione ossessiva (e per certi versi autocompiacente e vittimistica) del proprio ombelico. I registi - e in generale gli autori in lingua madre - devono parlare al mondo. Devono pensare e scrivere una forma di cinema che possa parlare a tutti, ma che lo faccia con la propria sensibilità e unicità, irrinunciabile. Solo così potremo uscire dal “ghetto” e creare un mondo dove lingue e culture possano entrare in dialogo tra loro attraverso l’arte. Solo così i lavori in gallese potranno essere disponibili insieme a quelli in inglese, in italiano, ma anche in occitano o in galiziano, per fare alcuni esempi tra i tanti. I “ghetti” (nell’accezione più generale possibile) sono luoghi in cui si finisce per coltivare una sorta di benessere, perché dove ci sono mura e portoni sembrano esserci anche sicurezze e comfort, e l’omogeneità culturale può anche essere vista come sinonimo di pace e tranquillità. Eppure vivere in un “ghetto” è anche vivere in una prigione, essere soggetti ad un potere dominante, morire di fame e stenti. A Roger Williams il “ghetto” non piace. E se durante la premiazione è l’unico a prendere la sedia e a spostarla per poter vedere in faccia il collettivo Premio Ostana che esegue in suo onore una canzone in lingua gallese – quando tutti gli altri premiati diligentemente (e a volte con un certo imbarazzo) si limitavano ad ascoltare la musica suonata alle proprie spalle – vuol dire che Roger Williams è sì interessato alle regole del contesto in cui si trova, ma è sempre pronto a metterle in discussione, pur di vederci meglio e sintonizzarsi con un’idea, un pensiero, una forma d’arte. L’invito del Premio Cinema 2024 è semplice ed è dettato dalla propria esperienza, esemplare: “uscite dal “ghetto”, vedrete che farà bene a voi e agli altri”.
Intervista a Roger Williams, Premio Ostana 2024, Lingua gallese, Regno Unito
Roger Williams, riceve il Premio Ostana 2024, Premio Cinema
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