Molto tempo fa, alla fine del XIV secolo, le remote valli della Dora Riparia erano un crocevia di uomini, merci e soprattutto di fede. In un'epoca in cui i libri erano rari e la gente semplice, le storie dei santi e le parabole divine, come la cavalcata dei vizi e delle virtù, prendevano vita sui muri delle chiese, dipinte da mani abili e ispirate. Non erano solo decorazioni, ma vere e proprie finestre sull'infinito, portatrici di speranza e insegnamento.
Si narra che un gruppo di artisti itineranti, veri e propri maestri della pittura, percorreva queste valli montane. Provenivano da terre lontane, e si dice che la loro conoscenza artistica affondasse le radici dalle migliore scuole artistiche in Italia e in Provenza. Non erano comuni artigiani: possedevano cartoni già prestampati, veri e propri modelli che garantivano la perfezione delle scene. La loro arte era all'avanguardia, e i loro colori, di una vivacità sorprendente, erano il frutto di pigmenti naturali ricavati dalle rocce e dalle erbe di montagna, mescolati con segreti tramandati di generazione in generazione.
Questi maestri portarono la loro luce divina in ogni angolo della valle. A Salbertrand, diedero vita a un ciclo di affreschi dedicati alla Vergine Maria, con figure così dolci e pure che si dice le madri vi portassero i loro bambini per riceverne la benedizione. A Savoulx, dedicarono le loro opere a San Bernardo di Mentone, il protettore dei viandanti, con immagini che sembravano guidare i pellegrini attraverso i passi montani.
A Bardonecchia, nella piccola Cappella Coignet, comparvero figure di Sant'Agata e Santa Lucia, protettrici dal male e dalle malattie legate agli occhi in particolare, con sguardi così compassionevoli da infondere coraggio anche nei cuori più timorosi. Nelle chiese di Millaures e Chaffaux, gli artisti diedero lustro rispettivamente a Sant'Andrea e Santa Caterina, con scene della loro vita che parlavano di forza e devozione. Era evidente che dietro queste opere c'era un'unica mano, o quantomeno un'unica scuola, la bottega dei Serra di Pignerol, capace di trasmettere la stessa profondità e maestria in ogni luogo.
Il loro talento era così riconosciuto che, agli inizi del 1500, quando gli abitanti di Bousson desiderarono ardentemente ricostruire la propria chiesa parrocchiale, il cuore spirituale del loro villaggio, si rivolsero ai monaci della prevostura d’Oulx. Ottenuta la licenza di fondare la Chiesa di Santa Maria delle Nevi – un nome scelto per la devozione degli abitanti alla Vergine protettrice dalle intemperie alpine – la loro scelta cadde su due tra i più rinomati architetti e scultori dell'Alta Valle di Susa e del Briançonnais: Matteo Roude del Melezet e Remì Fantin di Nèvache. Si narra che mentre Matteo Roude firmava le sue opere con le cifre gotiche, Remì Fantin firmasse con le note musicali RE MI FA, un segno della sua armonia con la materia e della melodia che infondeva nelle sue creazioni, proprio come aveva già fatto a Chateau Beaulard. Furono loro a progettare e dirigere la costruzione della nuova chiesa, unendo la maestria architettonica alla sensibilità artistica.
Così, arte, architettura e affreschi prestigiosi della valle tra la fine del 400’ e l’inizio del 500’ non furono solo testimonianze di fede, ma anche la prova tangibile di un'arte itinerante e profonda, capace di unire comunità e di lasciare un'eredità eterna divenendo simbolo della devozione popolare e del talento dei maestri di luoghi sacri, capaci di irradiare luce e bellezza attraverso i secoli.

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