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Lingua e cultura di un territorio montano

Occitania, Montagna, Politica: tre interviste a Fredo Valla

Occitània, Montanha, Política: tre entervistas a Fredo Valla

Qualche estratto per i lettori di Nòvas.

Occitania, Montagna, Politica: tre interviste a Fredo Valla
italiano

Occitania, Montagna e Politica sono al centro di tre interviste a Fredo Valla (della Chambra d’Oc) su “Paesaggi & Sconfini”, mensile curatissimo della Val Susa, “l’Eco del Chisone – mensile” e “Bollettino del CAI UGET di Torino”. La prima a firma Giorgio Cattaneo; la seconda di Daria Capitani, la terza a cura di Fabio Di Gioia. Interviste condotte con sapienza e scrittura curata: due aspetti non così consueti su temi che molti giornalisti affrontano col dilettantismo (o la sufficienza) che ben conosciamo. Qualche estratto per i lettori di Nòvas, con l’avvertimento che i due mensili apparsi in settembre sono tuttora in edicola.

In “Paesaggi & Sconfini”, Valla ricorda François Fontan e il film “E i a lo solelh” che, in cordata con Diego Anghilante, gli fu dedicato nel 1999. «Occitania non è soltanto un’espressione geografica. Ha in se qualcosa di sacro. In “E i a lo solelh”, una sequenza mostra le immagini di un funerale fuori dal comune, sotto la neve della val Varaita: una bara portata a spalle, avvolta nella bandiera di Tolosa, con la croce gialla in campo rosso. L’uomo nel feretro è François Fontan, il teorico dell’etnismo. La sua tesi: ogni popolo ha diritto alla sua nazione, statualmente riconosciuta. L’Occitania? Un’entità nazionale vera e propria, anche se negata dalla geopolitica europea. Una realtà estesa dal Piemonte all’Atlantico, dalle Alpi ai Pirenei, dal Massiccio Centrale al Mediterraneo. Una lingua, una cultura: un’anima collettiva. Quando arrivò nelle nostre valli, François Fontan ci aprì gli occhi: grazie a lui capimmo quale tesoro fosse nascosto nelle nostre radici. Fu allora che rinacque, nelle nostre vallate, lo spirito della cultura occitana. Fontan era un dissidente, pronto a pagare il conto per intero: la giustizia transalpina l’aveva sbattuto in galera per aver parteggiato per la lotta dell’Algeria contro il colonialismo di Parigi».

Con Daria Capitani della rivista mensile L’Eco del Chisone e Fabio Di Gioia del CAI Uget, i temi sono la politica della montagna, i nuovi insediamenti, la vulgata delle Terre alte: «Di solito si racconta la montagna come un ambiente incontaminato sotto tutti gli aspetti, paesaggistico e umano. La realtà non è così. Forse è più utile dire che quell'immaginario non corrisponde alla verità piuttosto che raccontarsi frottole che favoriscono inutili illusioni. Da dove arriva quell'idea di montagna? È la visione che attrae il mondo urbano e lo porta a volte a vivere esperienze velleitarie. C'è chi pensa di venire in montagna e trovare armonia e bellezza. Magari le trova, ma insieme trova anche la fatica. Io ho avuto dei figli e so che non è facile, pur essendo questa una Valle tutto sommato breve, in mezz'ora d'auto siamo a Saluzzo. E poi c’è l’altro aspetto: la socialità. Quando un paese è ridotto ai minimi termini, cosa fanno i ragazzi? Nonostante tutto, non sono pessimista: a Ostana la popolazione è cresciuta grazie agli apporti di famiglie giunte da fuori, non originarie del paese, che hanno avuto il coraggio di fare una scelta. Peccato per la lingua, che pare non interessare i nuovi venuti. Penso che si debba essere consapevoli delle cose per cercare di cambiarle».

Con Fabio Di Gioia, Fredo Valla sottolinea la necessità di sgombrare il campo da un possibile equivoco: «Io non vorrei la montagna solo ripopolata, ma la vorrei con un’identità. Ci sarebbe un discorso gigantesco da fare sul rapporto tra abitanti delle valli e lingue autoctone. Fino alla fine del secolo scorso il discorso identitario era imprescindibile dal discorso linguistico, oggi sono pochi gli adolescenti che parlano queste lingue. Guai, però, a voler cristallizzare identità e radici. Il movimento escursionistico ed alpinistico ha colpevolmente contribuito al congelamento del concetto di tradizione attraverso un malinteso desiderio di esotismo. Per certi versi l’attuale frequentazione della montagna ha portato in quota le storture del modello economicista imperante ovunque che, se già in pianura fa danno, in montagna fa sfracelli. L’infrastrutturazione dei luoghi deve voler dire servizi essenziali in montagna, non facilitazioni per la fruizione di rapina dell’ambiente montano. Alimentata da una narrazione spettacolare che purtroppo va per la maggiore, esiste un’aspettativa nei confronti della montagna che è in sé sufficiente ad arrecarle danno: la mistica delle patate, del burro, del formaggio e della polenta è nociva quasi quanto le frane. Inoltre chi sale in montagna dovrebbe essere sapere che non sta arrivando in un deserto: è ora di smetterla di fare i maestrini che “salgono dalla pianura a portare la civiltà”. In questo i sodalizi possono avere un ruolo: il CAI, ad esempio, dovrebbe condurre per mano i propri soci a una conoscenza approfondita della montagna, dei suoi problemi e delle sue opportunità. La montagna non è solo il sentiero, il rifugio, la cima, l’escursione. Si parla spesso di escursionismo ed alpinismo, non di cultura ed economia di montagna. Si dovrebbe educare il fruitore (ma più in generale il cittadino) ad un rapporto diverso con questo mondo, attraverso la conoscenza, il rapporto, l’ascolto, il rispetto (magari anche trascorrendo un po’di tempo in più rispetto a quello dedicato alla pur legittima escursione o ascensione). Se tu porti le persone a riflettere che la montagna è un organismo vivente perché è nata, si è evoluta, decade e scomparirà, allora spalanchi loro una visione che trascende i cliché e li porta ad interrogarsi sul perché una roccia sia diversa dall’altra, o perché in un determinato luogo ci sia una certa vegetazione e non un’altra, perché un luogo è stato scelto come insediamento e altri luoghi no. Tutto questo aggiunge profondità all’esperienza e, probabilmente, ci insegna ad aver maggior cura di questo corpo vivente, con tutto ciò che di buono può derivarne».

occitan

Occitània, Montanha e Política son al centre de tres entervistas a Fredo Valla (de la Chambra d’òc) sus “Paesaggi & Sconfini”, mensil ben curat de la Val Susa, “l’Eco del Chisone – mensile” e “Bollettino del CAI UGET di Torino”. La premiera firmaa da Giorgio Cattaneo; la seconda de Daria Capitani, la tèrça a cura de Fabio di Gioia. D’entervistas fachas abo sabença e n’escrichura soanhosa: dui aspècts ren parelh abituals su de tèmas que ben de jornalistas afronton abo lo dilectantisme ( o la bòria) que conoissem ben. Quarque extrach per lhi lectors de Nòvas, abo l’avertiment que lhi dui mensils apareissuts a setembre son encara en edícola.


Dins “Paesaggi & Sconfini”, Valla recòrda François Fontan e lo film “E i a lo solelh” que, en cordaa con Diego Anghilante, lhi es istat dedicat ental 1999. «Occitània es ren masque n’expression geogràfica. A quarquaren de sacre. Dins “E i a lo solelh”, na sequença mostra las images de n’enterrament fòra de la comuna, dessot la neu de la Val Varacha: na bara portaa a espatlas, envousaa dins la bandiera de Tolosa, abo la crotz jauna en champ ros. L’òme dins la caissa es François Fontan, lo teòric de l’etnisme.. L’ Sa tèsi: chasque pòple a drech a sa nacion, estatualament reconoissua. L’ Occitània? N’entitat nacionala vera e pròpria, mesme negaa da la geopolítica europèa. Na realitat estendua dal Piemont a l’Atlàntic, da las Alps a lhi Pirenèus, dal Massís Central al Mediterràneu. Na lenga, na cultura: n’ànima collectiva. Quora es arrubat dins nòstras valadas, François Fontan nos a dubèrt lhiuelhs: gràcias a neleavem capitqual tesòr foguesseestremat dins nòstras raïtz. Es istat alora que es renaissua, dins nòstras valadas, l’esprit dela cultura occitana. Es istat alora que dins nòstras valadas es renaissut l’espritdelacultura pccitana. Fontan era un dissident, prompt a pagarlo còmpte per entier: la justícia trandalpina l’avia esbatut en galera per aver pilhat partit per la batalha de l’Algeria còntra lo colonialisme de París».


Abo Daria Capitani de la revista mensila L’Eco del Chisone Fabio Di Gioia dal CAI Uget, lhi tèmas son la política de la montanha, lhi nòus insediaments, la vulgata de las Tèrras autas: «Normalament se còntia la montanha coma n’ambient incontaminat dessot tuchi lhi aspècts, païsatgístic e uman. La realtat es ren parelh. Benlèu es pus útil dir que aquel imaginari correspond pas a la veritat pustòst que contar-se de cucas que favorisson d’inútilas illusuions. D’ente arruba aquela idea de montanha? Es la vision que atrai lo mond urban e de bòts lo mena a viure d’experienças velleïtàrias. Lhi a qui pensa de venir en montanha e trobar d’armonia e de belessa. Magara las tròba, mas ensema tròba decò la fatiga. Miai agut de filhs e sau que es pas fàcil,bèla seaquesta es na valada tot somaa corta, dins mes’ora de màquina siem a Saluces. E après lhi a n’autre aspèct: la socialitat. Quora un país es reduch al mínim, çò que fan lhi filhs? Malgrat tot, siu pas pessimista: a Ostana la popolacion es creissua gràcias a lhi apòrts de familhas arrubaas da defòra, ren originàrias dal país, que an agut lo coratge de far na chausia. Darmatge per la lenga, que semelha pas interessar lhi nòus venguts. Penso que chale èsser conscients de las causas per cerchar de chambiar-las».


Abo Fabio di Gioia, Fredo Valla solinha la necessitat de desbarrassar lo champ da n’equívoc possible: «Voleriu ren la montanha masque repoplaa, mas la voleriu abo n’identitat. Lhi auria un discors gigantèsx da frar sal rapòrt entre abitants de las valadas e lengas autòctonas. Fins a la fins dal sècle passat lo discors leterari era imprescindible dal discors linguístic, encuei son gaire lhi adolescent que parlon aquestas lengas. Mas que la sie ren, voler cristalizar d’identitats e de raïtz. Lo moviment excursionístic e alpinístic a colpevolment contribuït al congelament dal concèpt de tradicion a travèrs un malentendut desir de exotisme. Per cèrti vèrs l’actuala frequentacion de la montanha nosa menats en aut las estorturas dal modèl economicista imperant ente se sie que, se já en planura fai de dan, en montanha fai un desastre. L’infrastucturacuin di luecs deu voler dirde servicis essencials en montanha, ren de facilitacions per l’usatge de rapina de l’ambient de montanha. Alimentaa fa na narracion espectacolara vèrs la montanha que da soleta basta a far-lhi mal: la mística de las trífolas, dal bur, dal formatge e de la polenta es nociva esquasi coma las runas. En pus qui monta en montanha devaria sauber que ista ren arrubant ent un desèrt: es ora de la quitar de far lhi magistret que “monton da la plana a portar la civiltat”. Ent aquò lhi sodalicis pòlon aver un ròle: lo CAI, per exèmple, devaria menar per man si sòcis a na conoissença aprofondia de la montanha, de si problèmas e de sas oportunitats. La montanha es ren masque lo viòl, lo refuge, la cima, l’excursion. Sovent se parla d’excursionisme, e d’alpinisme, ren de cultura e d’economia de montanha. Chalaria educar lhi utilizators (mas pus en general lo citadin) a un rapòrt diferent abo aqueste mond, a travèrs la conoissença, lo rapòrt, l’escòut, lo respèct (magara decò en passant un pauc de temp de mai respèct a aquel dedicat a la totun legítima excursion, o ascension). Se tu menes las personas reflechir que la montanha es n’organisme viventr perqué es naissua, s’es evolgua, dechei e despareisarè, lor duerbes que vai al delai di cliché e lhi mena a interrogar-sesal perqué na ròcha sie diferenta da n’autra, o perqué entun cèrt luec lhi aie na cèrta vegetacion e pas n’autra, perqué un luec es istat ciernut coma ensediament e d’autri luecs no. Tot aquò jonta de profonditat a l’experiença e, benlèu, nos mostra a avev pus soanh d’aqueste còrp vivent, abo tot çò que pòl venir-ne’n de bòn».


Lingua e cultura di un territorio montano

Occitania, Montagna, Politica: tre interviste a Fredo Valla

Occitània, Montanha, Política: tre entervistas a Fredo Valla

Qualche estratto per i lettori di Nòvas.

Occitania, Montagna, Politica: tre interviste a Fredo Valla
italiano

Occitania, Montagna e Politica sono al centro di tre interviste a Fredo Valla (della Chambra d’Oc) su “Paesaggi & Sconfini”, mensile curatissimo della Val Susa, “l’Eco del Chisone – mensile” e “Bollettino del CAI UGET di Torino”. La prima a firma Giorgio Cattaneo; la seconda di Daria Capitani, la terza a cura di Fabio Di Gioia. Interviste condotte con sapienza e scrittura curata: due aspetti non così consueti su temi che molti giornalisti affrontano col dilettantismo (o la sufficienza) che ben conosciamo. Qualche estratto per i lettori di Nòvas, con l’avvertimento che i due mensili apparsi in settembre sono tuttora in edicola.

In “Paesaggi & Sconfini”, Valla ricorda François Fontan e il film “E i a lo solelh” che, in cordata con Diego Anghilante, gli fu dedicato nel 1999. «Occitania non è soltanto un’espressione geografica. Ha in se qualcosa di sacro. In “E i a lo solelh”, una sequenza mostra le immagini di un funerale fuori dal comune, sotto la neve della val Varaita: una bara portata a spalle, avvolta nella bandiera di Tolosa, con la croce gialla in campo rosso. L’uomo nel feretro è François Fontan, il teorico dell’etnismo. La sua tesi: ogni popolo ha diritto alla sua nazione, statualmente riconosciuta. L’Occitania? Un’entità nazionale vera e propria, anche se negata dalla geopolitica europea. Una realtà estesa dal Piemonte all’Atlantico, dalle Alpi ai Pirenei, dal Massiccio Centrale al Mediterraneo. Una lingua, una cultura: un’anima collettiva. Quando arrivò nelle nostre valli, François Fontan ci aprì gli occhi: grazie a lui capimmo quale tesoro fosse nascosto nelle nostre radici. Fu allora che rinacque, nelle nostre vallate, lo spirito della cultura occitana. Fontan era un dissidente, pronto a pagare il conto per intero: la giustizia transalpina l’aveva sbattuto in galera per aver parteggiato per la lotta dell’Algeria contro il colonialismo di Parigi».

Con Daria Capitani della rivista mensile L’Eco del Chisone e Fabio Di Gioia del CAI Uget, i temi sono la politica della montagna, i nuovi insediamenti, la vulgata delle Terre alte: «Di solito si racconta la montagna come un ambiente incontaminato sotto tutti gli aspetti, paesaggistico e umano. La realtà non è così. Forse è più utile dire che quell'immaginario non corrisponde alla verità piuttosto che raccontarsi frottole che favoriscono inutili illusioni. Da dove arriva quell'idea di montagna? È la visione che attrae il mondo urbano e lo porta a volte a vivere esperienze velleitarie. C'è chi pensa di venire in montagna e trovare armonia e bellezza. Magari le trova, ma insieme trova anche la fatica. Io ho avuto dei figli e so che non è facile, pur essendo questa una Valle tutto sommato breve, in mezz'ora d'auto siamo a Saluzzo. E poi c’è l’altro aspetto: la socialità. Quando un paese è ridotto ai minimi termini, cosa fanno i ragazzi? Nonostante tutto, non sono pessimista: a Ostana la popolazione è cresciuta grazie agli apporti di famiglie giunte da fuori, non originarie del paese, che hanno avuto il coraggio di fare una scelta. Peccato per la lingua, che pare non interessare i nuovi venuti. Penso che si debba essere consapevoli delle cose per cercare di cambiarle».

Con Fabio Di Gioia, Fredo Valla sottolinea la necessità di sgombrare il campo da un possibile equivoco: «Io non vorrei la montagna solo ripopolata, ma la vorrei con un’identità. Ci sarebbe un discorso gigantesco da fare sul rapporto tra abitanti delle valli e lingue autoctone. Fino alla fine del secolo scorso il discorso identitario era imprescindibile dal discorso linguistico, oggi sono pochi gli adolescenti che parlano queste lingue. Guai, però, a voler cristallizzare identità e radici. Il movimento escursionistico ed alpinistico ha colpevolmente contribuito al congelamento del concetto di tradizione attraverso un malinteso desiderio di esotismo. Per certi versi l’attuale frequentazione della montagna ha portato in quota le storture del modello economicista imperante ovunque che, se già in pianura fa danno, in montagna fa sfracelli. L’infrastrutturazione dei luoghi deve voler dire servizi essenziali in montagna, non facilitazioni per la fruizione di rapina dell’ambiente montano. Alimentata da una narrazione spettacolare che purtroppo va per la maggiore, esiste un’aspettativa nei confronti della montagna che è in sé sufficiente ad arrecarle danno: la mistica delle patate, del burro, del formaggio e della polenta è nociva quasi quanto le frane. Inoltre chi sale in montagna dovrebbe essere sapere che non sta arrivando in un deserto: è ora di smetterla di fare i maestrini che “salgono dalla pianura a portare la civiltà”. In questo i sodalizi possono avere un ruolo: il CAI, ad esempio, dovrebbe condurre per mano i propri soci a una conoscenza approfondita della montagna, dei suoi problemi e delle sue opportunità. La montagna non è solo il sentiero, il rifugio, la cima, l’escursione. Si parla spesso di escursionismo ed alpinismo, non di cultura ed economia di montagna. Si dovrebbe educare il fruitore (ma più in generale il cittadino) ad un rapporto diverso con questo mondo, attraverso la conoscenza, il rapporto, l’ascolto, il rispetto (magari anche trascorrendo un po’di tempo in più rispetto a quello dedicato alla pur legittima escursione o ascensione). Se tu porti le persone a riflettere che la montagna è un organismo vivente perché è nata, si è evoluta, decade e scomparirà, allora spalanchi loro una visione che trascende i cliché e li porta ad interrogarsi sul perché una roccia sia diversa dall’altra, o perché in un determinato luogo ci sia una certa vegetazione e non un’altra, perché un luogo è stato scelto come insediamento e altri luoghi no. Tutto questo aggiunge profondità all’esperienza e, probabilmente, ci insegna ad aver maggior cura di questo corpo vivente, con tutto ciò che di buono può derivarne».

occitan

Occitània, Montanha e Política son al centre de tres entervistas a Fredo Valla (de la Chambra d’òc) sus “Paesaggi & Sconfini”, mensil ben curat de la Val Susa, “l’Eco del Chisone – mensile” e “Bollettino del CAI UGET di Torino”. La premiera firmaa da Giorgio Cattaneo; la seconda de Daria Capitani, la tèrça a cura de Fabio di Gioia. D’entervistas fachas abo sabença e n’escrichura soanhosa: dui aspècts ren parelh abituals su de tèmas que ben de jornalistas afronton abo lo dilectantisme ( o la bòria) que conoissem ben. Quarque extrach per lhi lectors de Nòvas, abo l’avertiment que lhi dui mensils apareissuts a setembre son encara en edícola.


Dins “Paesaggi & Sconfini”, Valla recòrda François Fontan e lo film “E i a lo solelh” que, en cordaa con Diego Anghilante, lhi es istat dedicat ental 1999. «Occitània es ren masque n’expression geogràfica. A quarquaren de sacre. Dins “E i a lo solelh”, na sequença mostra las images de n’enterrament fòra de la comuna, dessot la neu de la Val Varacha: na bara portaa a espatlas, envousaa dins la bandiera de Tolosa, abo la crotz jauna en champ ros. L’òme dins la caissa es François Fontan, lo teòric de l’etnisme.. L’ Sa tèsi: chasque pòple a drech a sa nacion, estatualament reconoissua. L’ Occitània? N’entitat nacionala vera e pròpria, mesme negaa da la geopolítica europèa. Na realitat estendua dal Piemont a l’Atlàntic, da las Alps a lhi Pirenèus, dal Massís Central al Mediterràneu. Na lenga, na cultura: n’ànima collectiva. Quora es arrubat dins nòstras valadas, François Fontan nos a dubèrt lhiuelhs: gràcias a neleavem capitqual tesòr foguesseestremat dins nòstras raïtz. Es istat alora que es renaissua, dins nòstras valadas, l’esprit dela cultura occitana. Es istat alora que dins nòstras valadas es renaissut l’espritdelacultura pccitana. Fontan era un dissident, prompt a pagarlo còmpte per entier: la justícia trandalpina l’avia esbatut en galera per aver pilhat partit per la batalha de l’Algeria còntra lo colonialisme de París».


Abo Daria Capitani de la revista mensila L’Eco del Chisone Fabio Di Gioia dal CAI Uget, lhi tèmas son la política de la montanha, lhi nòus insediaments, la vulgata de las Tèrras autas: «Normalament se còntia la montanha coma n’ambient incontaminat dessot tuchi lhi aspècts, païsatgístic e uman. La realtat es ren parelh. Benlèu es pus útil dir que aquel imaginari correspond pas a la veritat pustòst que contar-se de cucas que favorisson d’inútilas illusuions. D’ente arruba aquela idea de montanha? Es la vision que atrai lo mond urban e de bòts lo mena a viure d’experienças velleïtàrias. Lhi a qui pensa de venir en montanha e trobar d’armonia e de belessa. Magara las tròba, mas ensema tròba decò la fatiga. Miai agut de filhs e sau que es pas fàcil,bèla seaquesta es na valada tot somaa corta, dins mes’ora de màquina siem a Saluces. E après lhi a n’autre aspèct: la socialitat. Quora un país es reduch al mínim, çò que fan lhi filhs? Malgrat tot, siu pas pessimista: a Ostana la popolacion es creissua gràcias a lhi apòrts de familhas arrubaas da defòra, ren originàrias dal país, que an agut lo coratge de far na chausia. Darmatge per la lenga, que semelha pas interessar lhi nòus venguts. Penso que chale èsser conscients de las causas per cerchar de chambiar-las».


Abo Fabio di Gioia, Fredo Valla solinha la necessitat de desbarrassar lo champ da n’equívoc possible: «Voleriu ren la montanha masque repoplaa, mas la voleriu abo n’identitat. Lhi auria un discors gigantèsx da frar sal rapòrt entre abitants de las valadas e lengas autòctonas. Fins a la fins dal sècle passat lo discors leterari era imprescindible dal discors linguístic, encuei son gaire lhi adolescent que parlon aquestas lengas. Mas que la sie ren, voler cristalizar d’identitats e de raïtz. Lo moviment excursionístic e alpinístic a colpevolment contribuït al congelament dal concèpt de tradicion a travèrs un malentendut desir de exotisme. Per cèrti vèrs l’actuala frequentacion de la montanha nosa menats en aut las estorturas dal modèl economicista imperant ente se sie que, se já en planura fai de dan, en montanha fai un desastre. L’infrastucturacuin di luecs deu voler dirde servicis essencials en montanha, ren de facilitacions per l’usatge de rapina de l’ambient de montanha. Alimentaa fa na narracion espectacolara vèrs la montanha que da soleta basta a far-lhi mal: la mística de las trífolas, dal bur, dal formatge e de la polenta es nociva esquasi coma las runas. En pus qui monta en montanha devaria sauber que ista ren arrubant ent un desèrt: es ora de la quitar de far lhi magistret que “monton da la plana a portar la civiltat”. Ent aquò lhi sodalicis pòlon aver un ròle: lo CAI, per exèmple, devaria menar per man si sòcis a na conoissença aprofondia de la montanha, de si problèmas e de sas oportunitats. La montanha es ren masque lo viòl, lo refuge, la cima, l’excursion. Sovent se parla d’excursionisme, e d’alpinisme, ren de cultura e d’economia de montanha. Chalaria educar lhi utilizators (mas pus en general lo citadin) a un rapòrt diferent abo aqueste mond, a travèrs la conoissença, lo rapòrt, l’escòut, lo respèct (magara decò en passant un pauc de temp de mai respèct a aquel dedicat a la totun legítima excursion, o ascension). Se tu menes las personas reflechir que la montanha es n’organisme viventr perqué es naissua, s’es evolgua, dechei e despareisarè, lor duerbes que vai al delai di cliché e lhi mena a interrogar-sesal perqué na ròcha sie diferenta da n’autra, o perqué entun cèrt luec lhi aie na cèrta vegetacion e pas n’autra, perqué un luec es istat ciernut coma ensediament e d’autri luecs no. Tot aquò jonta de profonditat a l’experiença e, benlèu, nos mostra a avev pus soanh d’aqueste còrp vivent, abo tot çò que pòl venir-ne’n de bòn».