(Le parti di testo in grassetto sono scritte di mia mano; il resto è opera degli autori dei testi ed è stato riprodotto integralmente).



La rivista "Valados Usitanos", nata nel 1977, ideò un proprio sistema ortografico di tipo fonematico.

Qui di seguito ripercorrerò le tappe fondamentali che hanno portato all'affermazione sulle pagine della rivista di quella che ho definito "grafia semifonetica" (da alcuni chiamata "fontaniana"), citando quanto pubblicato dalla redazione a proposito delle proprie scelte ortografiche nel corso degli anni.

I primi testi di "Valados Usitanos" scritti in grafia semifonetica apparvero sul N.7 del 1980. Riporto qui di seguito integralmente le due tabelle delle corrispondenze tra grafemi e pronunce come sono state pubblicate dagli autori nella premessa al testo:

Glossario del dialetto bovesano:

K e g sono sempre occlusive velari come in "casa" o in "ghepardo"

s è sibilante dentale sorda come in "sera"

z è sibilante dentale sonora come in "casa"

th e dj sono occlusive palatali rispettivamente come in "ciabatta" e in "fagiano"

ñ è palatale come in "pugno"

la vocale tonica è sottolineata da un trattino. La dieresi sulle vocali ne indica la palatalizzazione.

La y rappresenta la semivocale.

L'accento su e indica l'apertura (è) o la chiusura (é).

Lu fuletun a La Chanal. Frammenti di un ciclo narrativo:

K e g sono sempre occlusive velari come in "casa" o in "ghepardo"

ch e j sono occlusive palatali come in "ciabatta" e in "fagiano"

s è sibilante dentale sorda come in "sera"

z è sibilante dentale sonora come in "casa"

La dieresi sulla u ne indica la palatalizzazione (u francese)

y é sempre semivocale

L'accento tonico è sempre segnato se cade sulla e: in questo caso è indica l'apertura ed é la chiusura

L'accento tonico sulle altre vocali è indicato soltanto se cade sull'ultima sillaba (parole ossitone)

Dopo due giornate di studio sulla grafia tenutesi a Frassino, alle quali erano presenti la associazioni Valados Usitanos e Lou Soulestrelh, la rivista pubblicò sul N.8 del 1981 le motivazioni e le indicazioni per la lettura della nuova ortografia che intendeva adottare, premettendo alcune osservazioni che riporto qui di seguito.

L'articolo era preceduto da tre interventi di eminenti personaggi del mondo occitanista sul problema della grafia da adottare per la trascrizione dell'occitano: uno di F.Fontan (Conversazione registrata del 1967), uno dell'I.E.O. (Gli argomenti dell'I.E.O), l'ultimo di Jean Louis Veyrac (Proposte operative per una lingua unificata delle valli Occitane). La pubblicazione della grafia suscitò un'aspra critica da parte dell'associazione Lou Soulestrelh, - pubblicata sul N.16 di "Novel Temp" con il titolo Ahi, ancora una grafia – a cui "Valados Usitanos" replicò con l'articolo Considerazioni e riflessioni sul problema della grafia apparso sul N.10 del 1981.

Riporto qui di seguito alcuni estratti dell'articolo redazionale E la grafia che oggi proponiamo, pubblicato sul N.8 del 1981:

I convenuti si sono trovati d'accordo sulla necessità di adottare una grafia fonematica come strumento di studio, documentazione e riproposta del patrimonio culturale delle valli. Va tuttavia detto che questa unanimità circa il lavoro immediato da fare non ha messo in ombra la complessità obbiettiva del problema linguistico, complessità che nessuno si nasconde. È indubbio infatti che il discorso sulla grafia porta lontano, perché non si può fare una scelta definitiva sulla grafia senza aver prima fatto una scelta altrettanto definitiva sulla lingua che si vuole parlare (oggi, ma soprattutto domani e cioè quando i dialetti locali avranno esaurito la loro funzione). E cioè: una lingua di tipo regionale per il nostro versante, modellata su una variante dialettale centrale e conservativa, come potrebbe essere, ad esempio, quella di Argentera? Oppure una lingua unica per tutta l'Occitania, modellata sul linguadociano o sul provenzale mistraliano del basso Rodano? O altro ancora? Ma a sua volta, una scelta linguistica di questo tipo suppone altre scelte di carattere politico: e cioè, dove vogliamo andare, a tempi lunghi? Verso una reale unificazione, e quindi verso la creazione di una cultura nazionale occitana, oppure pensiamo che il lavoro di documentazione e riproposta esaurisca in sé stesso le proprie finalità. Vogliamo dare un domani alla cultura occitana, oppure pensiamo che l'oggi (e più ancora l'ieri) non abbia prospettive di sviluppo?

Ma proprio perché nelle nostre valli manca ancora - bisogna ammetterlo - una precisa coscienza occitanista, come pure manca nell'Occitania transalpina una forza popolare capace di finalizzare a un obiettivo politico la vita culturale, proprio per queste ragioni, le grandi scelte linguistiche vanno rinviate. Abbiamo la fortuna, sul nostro versante, di avere dei dialetti vivi e vitali, magari inquinati e depauperati, ma sostanzialmente integri: ebbene, sta proprio qui, in questo variopinto mosaico di dialetti, il punto di riferimento a cui si dovrà fare capo per i prossimi venti anni. Nel frattempo matureranno le grandi scelte politiche.

Le scelte odierne sono dunque provvisorie. Si tratta di adottare un codice grafico - semplice e funzionale - che, rinunciando a qualsiasi pretesa di definitività, fornisca all'utente (a tutti i livelli di utenza) uno strumento immediato di espressione, una specie di minimo comune denominatore che permetta la traduzione grafica fedele dei tratti dialettali essenziali, tralasciando le particolarità minime, le inflessioni, etc.

In questa direzione, i lavori di Frassino hanno rappresentato un grosso passo in avanti. Da Frassino siamo usciti con due ipotesi. La prima, che sembra sostenuta dal Soulestrelh, rilancia il sistema grafico adottato all'inizio degli anni '70 dall'Escolo dou Po. (1) La seconda, più integralmente fonematica, è la nostra. Le due ipotesi hanno un'ampia base comune di intesa. Anche noi siamo partiti dalla grafia dell'Escolo dou Po, accettandola in gran parte, ma chiedendone una razionalizzazione in riferimento a tre punti:

-l'impiego alternativo dei grafemi qu e gu (davanti ad e, ë, i) e rispettivamente c e g (davanti ad a, o, oe, ou, u) rappresenta una grave deviazione dal principio fonematico. Proponiamo di impiegare rispettivamente k e g con valore sempre velare.

-il fenomeno della palatalizzazione delle vocali ha nelle nostre valli una estensione notevolissima: sotto questo profilo, il sistema grafico mistraliano cui fece riferimento la commissione dell'Escolo dou Po (modellato su un dialetto in cui il fenomeno è limitato ad u) si dimostra inadeguato. Proponiamo l'impiego, molto più semplice e funzionale, della dieresi.

-riteniamo opportuna una notazione delle semivocali y (notazione frequente nella nostra tradizione grafica, soprattutto in campo toponomastico e onomastico), w e (molto più frequenti e caratterizzanti nelle nostre valli che non nei dialetti di riferimento mistraliano). Sull'impiego e sul valore delle semivocali può essere di preziosa guida il ben noto saggio di C. Grassi, "Correnti e contrasti di lingua e cultura....". Grassi ha adottato, ben prima di noi, questo stesso sistema di notazione delle semivocali.

Ma attenzione: il sistema grafico che oggi proponiamo, prima di essere un punto di arrivo, vuole essere un momento di sperimentazione. Proviamolo, e poi ritroviamoci a discuterne e magari a modificarlo, semplificarlo o completarlo.

Ch e j sono occlusive palatali come in "ciabatta" o in "gioco"

k e g sono sempre occlusive velari come in "casa" o in "ghiro"

dz è affricata come in "zebra"

ts è sibilante interdentale sorda come in "azione"

s è sibilante dentale sorda come in "sera"

z è sibilante dentale sonora come in "casa"
lh è palatale come in "famiglia"
nh
è n palatale come in "pugno"

sh è sibilante palatale sorda come in "scena"

zh è sibilante palatale sonora come nel francese "joli"

th si usa nelle valli Chisone e San Martino. Es.:"unth"(unto)

n finale è faucale. Es.:"pan"(pane)

nn finale è palatale. Es.:"pann"(panno)

y e w sono semivocali come in "ieri" e "uovo"

la dieresi sulle vocali ne indica la palatalizzazione come nelle voci francesi "subir", "oeuf","peser". Lo stesso vale per la semivocale w.

L'accento tonico è sempre segnato se cade sulla e: in questo caso è indica l'apertura ed é la chiusura. L'accento tonico sulle altre vocali è indicato soltanto se cade sull'ultima sillaba o su sillabe precedenti la penultima (parole ossitone e proparossitone: si impiega l'accento grave)

L'accento circonflesso serve ad evidenziare situazioni affatto particolari, caratteristiche di determinate zone, come intermedio fra l ed r, caratteristico di un'area intorno ad Oulx.

Come si evince dal confronto tra la tabella sopra riportata (N.8 del 1981) e quella pubblicata sul numero precedente (N.7 del 1980) nel Glossario del dialetto bovesano, il digramma <ch> sostituisce <th> ed il grafema <j> sostituisce il digramma <dj>.

Sono scritti nella grafia semifonetica di "Valados Usitanos": Essere pastore a otto anni (N.8, 1981); Hänsel e Gretel a Pontebernardo (N.9, 1981); La frémo vendüo, La minà dezmentyà, Nosto vito ero tut akò, Proverbi di Val Corsaglia (N.10, 1981), Lu chalùn l'avìa ncharmà, Proverbi di Pontechianale (N.15, 1983), Estu séra me kuyju, Sant Antoni, Stu séra m'kujaréy (N.16, 1983).

Clelia Bouvet Baccon, in Frasi idiomatiche di Salbertrand (N.22, 1985) adotta una grafia, così la definisce la redazione, "di tipo fonematico"; simile alla grafia adottata da "Valados Usitanos", essa integra con i grafemi: <ŕ>, <ş>; il trattino sulle vocali indica allungamento. Inoltre, <ch> e <j> sono pronunciati rispettivamente come nel francese "chançon" e "jour".

Proverbi e modi di dire di Sauxe d'Oulx (N.8, 1981) e El Sause d'ûn viaje (N.10, 1981) sono scritti nella grafia personale di Duccio Eydallin; riporto qui di seguito le indicazioni per la lettura fornite dall'autore nella prefazione al testo:

Â: intermedio tra a ed e

ö: come nel francese "oeuf"

ch: come in francese

r: raschiata come in francese

e: semimuta

ř: dolce come in "cuore"

è: pronunciata in modo pieno

s: dura

gh: suona duro come in "gara"

ŝ: come in "rosa"

gl: come in cogliere

u: come in italiano

gn: come in "cognato"

û: come in francese
j: cone in francese

Antichi mestieri di montagna (N.13, 1982; N.14, 1983), come spiega la redazione, è scritto in una grafia che segue le regole di pronuncia della lingua italiana ed integra con i seguenti grafemi:

-z va letta come s aspra

-ô è a velare

-ö deve leggersi come nel piemontese "föia"(foglia)

-sc si legge come nell'italiano "sci".

In Le mercre dous Tourtiào (N.13, 1982), "la grafia del testo è modellata sul francese. All'italiano ci si é ispirati soltanto quando mancava un modello francese (ad esempio per -l palatale). Al fenomeno dell'allungamento vocalico corrisponde graficamente il raddoppio della vocale stessa. È per questa via che l'infinito dei verbi del primo gruppo si distingue dal participio passato (masch.sing.) dei verbi dello stesso gruppo: a déivinàa e chantàa si contrappone infatti attrapà. Il raddoppiamento vocalico è pure presente al plurale dei nomi in /a/ tonica finale: la qualitàa, lous invitàa...

Adottano invece la grafia mistraliana Costanzo Rey in L'or de Brindouira (N.13, 1982); Pietro Ponzo in La coumunioun remanda (N.14, 1983), Lou dèbit vira al cougna (N.16, 1983), La lissìo d'outourn (N.17, 1984), Lou termometrou desmentia (N.20, 1985), Lou predicatour fourestier (N.24, 1986); Pietro Antonio Bruna-Rosso in Quouro anavou en pasturo (N.21, 1985), Ero na recolto prousperouso (N.22, 1985), Magia e superstizione a Elva (N.23, 1986) e Lou micoun de Sant Esteve (N.53, 1996); Tavio Cosio in Lou mal dal martel (N.23, 1986) e Giovanni Bernard in Proverbi di Bellino (N.17, 1984). Per quanto riguarda quest'ultimo autore, la redazione pubblicò una tabella di riferimento che riporto qui di seguito:

La grafia adottata dall'autore ricalca in maniera abbastanza fedele le ben note regole della grafia mistraliana: ne riportiamo un breve prospetto sintetico:

ch è palatale come in "c'è"

gue, gui si pronunciano rispettivamente ghe, ghi

que, qui si pronunciano rispettivamente che, chi

j è palatale come in "già"

ou = u

z = s dolce come in "rosa"

ss = s aspra (davanti a vocale o dopo consonante)

s = s aspra (davanti a consonante)

ë = e tendente a indistinta

u = u francese

h = indica iato

Rispetto alla mistraliana usata da Pietro Ponzo, da Costanzo Rey e da Pietro Antonio Bruna-Rosso, nella grafia adottata da Giovanni Bernard è assente il grafema <ç>.

In Na prufesìa (N.14, 1983) Domenica Picca Crespo adotta una grafia personale che, come spiega la redazione, è "in pratica quella italiana, che abbiamo però integrato con alcuni segni della grafia proposta da Valados Usitanos" (ü, ë).

La fete dou pai de Sezane (N.19, 1984) è scritto in una grafia ideata dall'autore, "basata sull'italiano" con alcuni accorgimenti:


u, ou, eu, e finale atona, z si pronunciano come in francese;

lh si pronuncia come nell'italiano "figlio";

k è usato regolarmente davanti a e ed i;

j quando è presente indica la semivocale

l'accento circonflesso indica la presenza di un fenomeno di allungamento vocalico.