Erano sette fratelli, sette come i peccati capitali. Ed erano malvagi oltre ogni dire. Abitavano a Treiso presso Alba - saranno per lo meno mill'anni fa - e facevano vita in comune; non però in perpetua concordia, chè spesso scoppiavan tra loro risse feroci. E in questi intermezzi di violenza si scambiavano i più turpi epiteti, le più villane imprecazioni, quando non erano botte da rompersi le ossa. Ma se si trattava di far qualche atto di prepotenza contro i vicini o di compiere qualche vendetta, allora si trovavano tutti d'accordo; e poichè a quei tempi non c'era modo di metterli a freno, tutti ne soffrivano, tutti ne avevan terrore. Era una famiglia di briganti: dal più giovane al più anziano, nessuno faceva eccezione.
Soprattutto poi quei sette fratelli erano nemici di Dio e dei Santi, e spudorati bestemmiatori. Non prendevano parte a nessun rito religioso, mangiavano carne in giorni di magro, e per un nonnulla vomitavano parolacce, ove Cristo e la Madonna e gli Angeli e tutti i Sacramenti erano talmente offesi e vilipesi da destare in chiunque li avesse uditi un ribrezzo immenso. Non uomini parevano, ma demoni.
Venne però il giorno in cui Dio fece scontare tanta nequizia e protervia con una punizione degna veramente di Lui, Signore del cielo e della terra. Ed ecco come.
Era la festa del Corpus Domini. Il sole di giugno sfolgorava sulla campagna, rigogliosa di verde e di fiori, e sulle messi biondeggianti; e tutta la popolazione di Treiso e di quegli altri villaggi sparsi per le ridenti colline dell'Albese, lasciati per quel giorno i lavori campestri in omaggio al santo precetto del riposo festivo, accorreva a celebrare la grande solennità. Le campane spandevano intorno i loro lieti concenti; per le vie del paese le comari attendevano a tappezzare i muri di tele, coperte, drappi, quadri, fiori, là dove sarebbe passato il corteo delle Compagnie religiose precedenti il Santissimo Sacramento. E nessuno vi era in Treiso che non prendesse parte alla gioia comune: nessuno, fuorchè i sette fratelli violenti e malvagi.
Essi, quasi per fare pompa della loro incredulità, scamiciati e incolti mentre tutti indossavano gli abiti festivi, si recarono a lavorare in un vasto campo che possedevano presso il villaggio, steso su una specie di altipiano che dominava un vasto orizzonte. E quando già era vicina l'ora del mezzogiorno, mentre ormai tutti gli abitanti erano raccolti insieme a venerare il mistero divino, essi, ghignando, si disponevano a consumare la colazione che la donna di servizio - una poveretta ben diversa, nel suo fondo, da loro - accompagnata dal cane, era venuta, secondo gli ordini, a portare e ad apprestare sul ciglio del campo.
Ma ecco apparire sulla strada il lungo corteo delle varie Compagnie, che, dopo aver percorso il villaggio, ne esce movendo lentamente verso un tabernacolo donde ritornerà con largo giro alla parrocchia. La processione si svolge maestosa e solenne, salmodiando, chiusa dal baldacchino sotto cui il ministro di Dio ostenta l'ostia consacrata. A quella vista la buona serva, che non può più contenersi, si volge ai suoi padroni che stanno sdraiati e indifferenti, e dice loro:
- Ma perché non v'alzate almeno in piedi, e non vi segnate? Fatelo, per amor di Dio!
I sette indemoniati la guardano con superbo disprezzo, sghignazzano torcendo le bocche a smorfie orrende, scoppiano in bestemmie e maledizioni che la fanno più che mai tremare di sdegno e di spavento. Ma d'un tratto avviene un prodigio che mostra l'infinita potenza del Creatore, tanto misericordioso con chi ricorre alla sua bontà quanto implacabile contro i malvagi che non si ricredono. In men che non si dica il cielo s'oscura coprendosi di nembi; guizzano lampi e scoppiano tuoni; la terra sussulta come in convulsione; un lungo cupo rombo risuona nelle sue viscere, e d'improvviso il campo dov'erano gli empi, con un fragore d'inferno sprofonda e dispare tra una nube di vapori giallastri, di fumo e di polvere... Solo una piccola lingua di terra rimane attaccata come un promontorio all'orlo della voragine; e su quella appaiono incolumi la buona serva e il suo cane, risparmiati, perché innocenti, dall'ira divina...
E anche ora l'enorme buca si apre tra i vigneti e i campi nei pressi di Treiso, con la parete a picco nuda e grigiastra segnata da sette solchi che i bestemmiatori formarono precipitando nel vuoto onde furono inghiottiti: ma sull'abisso appare anche tuttora, a guisa di mensola o di poggiuolo, la striscia di roccia che serbò alla vita le creature care al Signore.
Il contadino che dai paesi circostanti, ed anche da più lontano, scorge tra le verdi colline sovrastanti ad Alba quel tratto di terreno scosceso, che sembra, a distanza, una gran macchia cinerea, l'addita ai figli ed ai nipoti con gesto solenne e ammonitore: - Quella è la rocca dei sette fratelli, supplizio e tomba ai bestemmiatori. Dei quali, nelle notti più nere e tempestose, s'odon talvolta ancora giungere, dal fondo dell'abisso, lunghi gemiti e lamenti.

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