Andava il buon Giuseppe, un giovane e vigoroso contadino, guidando i tardi bovi che traevano l'aratro pel vasto campo della cascina di Môncareth prossima ad Alba, quando d'improvviso i buoi s'arrestarono, agitandosi in preda a folle terrore. Ma anch' egli, il buon Giuseppe, tostochè vide la causa di tanta agitazione, si sentì mancare le forze e invadere da una paura che non aveva mai conosciuta. Passava poco lungi tra i solchi una biscia enorme, tinta di strani colori, con occhi che gettavano lampi: ed anche quando quella si fu dileguata nel vicino bosco ancora luccicante della rugiada di quel fresco mattino, lo spavento rimase nel cuor di Giuseppe così da indurlo a tornarsene a casa.
Ma anche nei giorni seguenti, e sempre nell'ore prime, quella gran biscia ricompariva. Strisciava pel campo orrida, sibilando, non senza esercitare sul contadino una misteriosa malia: e se egli più non fuggiva a quella vista, ne provava tuttavia un turbamento profondo. Non aveva più pace.
Risolvette allora di confidare la cosa ad un pio prete chiedendogli consiglio. E il buon sacerdote, dopo una lunga meditazione e opportune ricerche nei libri sacri, gli consegnò una corona del rosario benedetta, accompagnando il dono con queste parole: « Domani mattina, tornando al campo, attacca questa corona al pungolo, e appena la biscia comparirà fa di toccarla: se è una persona così tramutata, essa riprenderà certamente le sue naturali sembianze ».
L'indomani la biscia ritorna, viscida, luccicante, orribile: ma appena il contadino, con un gran tremito in cuore, ha fatto quanto il prete avevagli consigliato, si compie dinanzi ai suoi occhi estatici una metamorfosi prodigiosa.
La biscia si erge sulla coda; e di punto in bianco, sparite le squame e la pelle maculata, appare al buon Giuseppe esterrefatto la sua padrona, in costume di una bellissima Eva. Donna di facili costumi, la graziosa donnina, con l'aiuto delle potenze infernali, andava così ad offrire le sue grazie in notturni convegni a chissà quali amanti, nel bosco vicino o in altri luoghi...
Al povero giovane, più tremante e spaurito che mai, la donna così scoperta fa senz'altro una proposta che ad entrambi potrà giovare. « Non dir nulla a nessuno su ciò che hai visto or ora, - ella gli insinua dolcemente: - se tu conserverai, nel modo più assoluto, questo segreto, avrai ogni mattina uno scudo sotto il guanciale. Ma se ne parlerai ad anima viva, - aggiunge mutando tono, - se ti lascierai indurre a confidare qualcosa a chicchessia, ricordati bene che la pagherai col tuo sangue ». E, ciò detto, rifattasi biscia sull'istante, si dilegua un'altra volta, seducente e terribile.
Da quel giorno Giuseppe ebbe regolarmente il lauto compenso al suo silenzio, che mantenne con gran fedeltà fino a diventar ricco, senza aver più bisogno di lavorare. Di questa sua misteriosa fortuna erano molto stupiti quanti lo conoscevano: ma nessuno riusciva a strappargliene la spiegazione. Avvenne però finalmente che alcuni suoi amici, volendo ad ogni costo scoprire il mistero, a bella posta l'ubbriacarono, e tanto sepabbindolarlo che egli se lo lasciò sfuggire. Nè si tosto tornò in sè che subito, comprendendo il gravissimo errore commesso, si mise al collo una medaglia benedetta, tremando al pensiero che la signora si vendicasse. Intanto il quotidiano scudo più non veniva, ed egli dovette rimettersi al lavoro, evitando più che fosse possibile d'incontrare la bella e sdegnata peccatrice.
Ma un giorno che egli, in una stanza della cascina di Môncareth, si stava lavando, sotto il gran caldo del luglio, con maggiore cura del solito, poichè quella medaglia al collo gli dava fastidio, ebbe la malaugurata idea di levarsela d'addosso. «Non verrà mica subito in questo momento!» pensò tra sè. E invece fu proprio così.
L'aveva appena deposta su deposta su un tavolo che vide entrar d'improvviso un mostro orrendo, nero, spirante fuoco dalla bocca e dalle nari, munito di braccia poderose e d'artigli immani. Agghiacciato dal terrore, non ebbe nemmeno la forza di gettare un grido. E il mostro - il quale altri non era che la stessa padrona, da gran tempo vigilante alla vendetta - afferratolo, lo stritolò in tal modo che quando, poco dopo, i famigliari entrarono in quella stanza, videro il Giuseppe ridotto ad una poltiglia di carne e d'ossa in un lago di sangue. Il mostro, naturalmente, era già scomparso: v'era però sempre a Môncareth la bella signora, dagli occhi lampeggianti di malizia e di sensualità.
E oggi ancora, sul pavimento della stanza che fu teatro all'orribile tragedia, scorgesi una macchia oscura che in nessun modo s'è mai riusciti a lavare; macchia indelebile, lasciata dal sangue del servo infelice, così crudelmente punito per aver visto e parlato.

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