Sulla fine d'un ottobre già freddo e brumoso, in una notte senza luna e senza stelle, un montanaro di Casteldelfino, di nome Luca, camminava lentamente verso il suo paese da una capanna sperduta sul monte ove era stato a vegliare un amico infermo. Quel poveretto, solo al mondo, aveva trovato in lui e in pochi altri coetanei chi l'assisteva nella sventura; e Luca, essendo stato rilevato da uno di quegli altri, tornava dunque, ora, a casa sua.
L'oscurità era tanto fitta che quasi non discerneva la strada; per fortuna egli la conosceva cose bene che avrebbe potuto percorre ad occhi chiusi.L'aria era umida e quasi diaccia; la nebbia faceva strillare i rami degli alberi e delle siepi. Tutto era silenzio; non udiva che il fragore del Varaita, sordo e roco; e Luca, avvolto nei suo pesante tabarro, andava innanzi un po' insonnolito, gravato il corpo dalla stanchezza e la mente da tristi pensieri.
Ad un tratto parvegli che la campanella dell'umile chiesa campestre della Torretta, davanti alla quale avrebbe dovuto passare tra breve, desse alcuni rintocchi lenti e gravi. Ma nel cuor della notte era ciò possibile? Ristette un momento: non sentì più nulla. Rise allora di sè stesso, che aveva creduto suon di campana chissà quale notturno rumore; e si rimise in cammino. Ma qualche leggero fruscio che poco dopo gli parve d'avvertire a sè accanto, come se alcuno lo sfiorasse passando, lo fece un'altra volta trasalire.
- Che cosa m'accade, insomma, stanotte? - chiese a sè stesso - Sono forse impazzito? - E rimase col cuore turbato, lontano però le mille miglia dal prevedere la grande sorpresa che l'aspettava.
Giunto infatti davanti alla cappella della Torretta, vide che due fasci di luce uscivan direttamente dalle finestruole aprentisi ai lati della porta, e tagliavan l'aria perdendosi contro gli alberi della strada. Ma chi, ma chi poteva essere là dentro a quell'ora? Luca non aveva mai sentito dire che in quella rustica chiesa si celebrassero delle cerimonie notturne; nè, d'altra parte, eccettuata la notte di Natale, aveva mai conosciuto altra funzione religiosa che avesse luogo oltre l' Ave Maria della sera. Come mai, invece, la chiesetta che aveva dinanzi era tutta illuminata? S'avvicinò ad una di quelle finestre, e scrutò l'interno: parvegli pieno di gente.
Ancora non s'era riavuto dallo stupore per l'insolito straordinario evento quando la porta si spalancò, e sulla soglia apparve un prete con i paramenti sacerdotali. Era alto e magro; aveva un viso smunto e pallido, con gli occhi cavi e la bocca slabbrata.
- Brav'uomo, - disse quegli a Luca con un filo di voce priva di modulazioni, - sapete voi servire la messa?
- Sì - rispose l'interrogato, che infatti da ragazzo, andando in parrocchia, aveva imparato a compiere quel ministero.
- E allora volete farmi questo servizio? Vi procurerete una grande benemerenza per l'anima vostra.
- Volentieri - balbettò il buon Luca, il quale d'altronde non sapeva nemmeno che cosa dicesse, tanto era sopraffatto dalla meraviglia. Il prete si volse allora l'altare, ed egli lo seguì; s'inginocchiò accanto a lui, e la messa ebbe principio.
Ma dopo il primo dialogo fra il sacerdote e il suo ministro, quando quello fu salito alla sacra mensa tra le candele accese e crepitanti, e Luca, meno occupato nel suo ufficio, potè volgere lo sguardo all' intorno e osservare coloro che assistevano alla messa, provò tale impressione che sentì un gelo corrergli per l'ossa e mancargli il respiro. Non persone vive erano quelle, ma anime di morti! Esse avevano ancora l'apparenza corporea, ma quanto diversa dalla realtà! Erano ombre vane, simili a quelle che noi vediamo di noi stessi attraverso il vetro, o in acque chiare e tranquille; serbavano in parte i lineamenti del corpo in cui eran vissute, e persino le vesti antiche; ma nelle vuote occhiaie, nelle mascelle stecchite, nelle bocche prive del fior del sorriso, nella pelle disseccata e nelle mani scarne e ossute, apparivan più scheletri che persone.
E chi erano? Luca lo comprese facilmente quando s'accorse che la maggior parte eran pastori, alcuno dei quali riuscì a riconoscere: c'erano pure dei contrabbandieri, delle guardie di finanza, dei turisti scalatori di rocce; e non mancavano neppure le donne e le giovinette. C'era persino un pastorello sui dodici anni con la fronte spaccata. Chi erano dunque? Erano i morti rimasti sull'Alpi più eccelse e scoscese, i morti senza sepoltura, caduti per disgrazia o per altrui violenza nel fondo degli abissi e ricordati dalle croci tendenti le braccia sull'orlo degli scoscendimenti che erano stati la loro tomba, lassù dove la bufera o la valanga o la lotta atroce li aveva fatti precipitare. Dio misericordioso aveva perdonato ai loro peccati in considerazione della loro tragica fine così repentina; ma non avendo avuto sepoltura in luogo benedetto, e dovendo pur espiare le loro colpe, essi eran venuti, e venivano forse anche altre volte, a quella messa fatta apposta per loro, celebrata da uno di loro. I rintocchi che Luca aveva creduto di sentire erano stati veramente battuti alla campana della chiesetta per chiamare i dispersi: e questi in un baleno erano accorsi da ogni parte alla pietosa celebrazione.
Il nostro uomo si strinse più fortemente nel suo mantello e concentrò lo sguardo nel sacerdote, evitando di guardare in giro. Ma perché la sua sorpresa s'accrescesse ancora, ecco una di quelle anime battere i denti e avviare la recitazione del Santo Rosario... Le altre rispondevano in coro con un mormorio cupo che aveva una tristezza infinita; parevano voci arcane, non prossime, ma lontane lontane, voci veramente d'oltretomba, simili ad echi di campane portati dal vento tra la bufera. Quando poi la messa giunse al momento più solenne dell' elevazione, la preghiera fu interrotta; e nel silenzio profondo, mentre tutti quei devoti s'inchinavano e battevansi il petto ritmicamente, parve al buon Luca d'udire uno scricchiolio macabro d'ossa dinoccolate... Dovette allora raccogliere tutte le poche forze che gli rimanevano per non cadere a terra privo di sensi.
Il sacro rito finalmente giunse al suo termine. Il sacerdote si rivolse agli astanti, recitò l'« Ite missa est », e impartì la santa benedizione. Poi scese dall'altare, e all'unico essere vivente che vi aveva assistito disse con accento cortese: - Grazie, buon uomo. Potete andare. Dio vi terrà conto della vostra prestazione.
Luca non se lo fece dire due volte; salutò con un inchino e s'incamminò verso la porta tra le due file di scheletri vestiti, che lo guardavano intensamente. Aveva però le gambe così raggranchite e legate dall'emozione che dovette strascicarsi a gran fatica per giungere fin sulla soglia. Nè ancora aveva fatto un passo più oltre per mettersi a sedere sul rustico sedile di pietra ch'era sotto il piccolo atrio, quando senti un breve confuso tramestio, seguito da un gran colpo. La porta era stata violentemente richiusa. Guardò allora per le finestre: le candele già erano spente, la oscurità era tornata fitta e profonda. I morti, i poveri morti venuti ad assistere alla Santa Messa nell'umida mattinata mentre i vivi ancora giacevano quasi tutti nel sonno, avevan già fatto sollecito ritorno alle loro tristi dimore nel fondo dei burroni, negli anfratti delle rocce più impervie, sui gelidi ghiacciai, tra le fosche selve o macchie sospese sugli abissi, dove le loro ossa avrebbero continuato a biancheggiare, polverizzandosi via via, nell'attesa del dì del Giudizio, che ridarà loro e forma e vita.

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