Nel 1977 nasceva Valados Usitanos, rivista trimestrale del Centro Studi e Iniziative "Valados Usitanos", definita nell'editoriale del primo numero come "una nuova voce per l'occitanismo militante" e "una iniziativa
«diversa»".

Il Centro nasceva "grazie al contributo determinante del M.A.O. e di alcuni suoi militanti", ma annoverava tra i suoi collaboratori anche "intellettuali, operai, studenti, uomini e donne di diversa età, alcuni militanti del MAO, altri che attualmente non vi si riconoscono o che probabilmente non vi si riconosceranno mai".

La rivista si proponeva come "iniziativa aperta, a più voci" - soprattutto di coloro che "vivono l'esperienza sovente amara dell'emigrazione" – caratterizzata da un approccio all'occitanismo "globale e non localistico (di valle, di paese)".

Nella presentazione la redazione enunciava gli intenti e gli scopi della rivista:

La battaglia per l'autonomia politica-amministrativa, la rinascita economica delle valli, l'organizzazione delle condizioni per un possibile "ritorno" di una parte degli emigrati, la lotta alla speculazione ed al dissesto del notro territorio, il recupero del nostro patrimonio culturale e linguistico, l'applicazione dei nostri diritti sanciti dalla Costituzione dello Stato italiano, il chirimento dei nostri rapporti con i partiti italiani, con i piemontesisti, con le altre minoranze: questi sono i nostri obiettivi generali, su cui si dovrebbe sviluppare "Valados Usitanos". (...) Una cosa sola non vorremmo fare: una rivista "culturale", almeno non in senso stretto. Preferiremmo fare (...) una rivista di lotta civile, democratica, pluralistica per una presa di coscienza e per la soluzione il più possibile dei nostri problemi. (1)

La prospettiva occitanista della rivista, almeno al momento della sua fondazione e per i primi numeri, non si limitava all'attività culturale ma investiva anche il piano politico ed economico, in quanto, secondo la redazione, "la realtà linguistica di un popolo non è separabile dalla sua realtà socio-economica e politica" (2).

Le associazioni culturali e le riviste che si proponevano di operare soltanto sul piano culturale sono duramente criticate, in primis il felibrismo (3) e a seguire "Novel Temp", altra rivista occitanista nata nel 1976.

In Lettera aperta a "Novel Temp", la redazione di "Valados Usitanos" rispondeva all'editoriale pubblicato sul N.6 di "Novel Temp" nel 1978 (4):

La questione è questa: voi ci tenete molto a sottolineare che volete occuparvi solo di cultura. Contemporaneamente riconoscete - bontà vostra – ad altri problemi, quelli economici, sociali e politici, un ruolo importante: ma non volete occuparvene.

Questa divisione di ruoli – a voi la cultura, agli altri (a noi) il resto no ci sta affatto bene e, credeteci, non è comoda nemmeno per voi!Ma che occitanisti siete?Di quelli che credono che esista una cultura indipendente da certi processi sociali, economici, ecc.? Una cultura cioè sterilizzata, posta un gradino più in alto del resto? Se è così, vi sbagliate! La lotta per l'autonomia delle valli occitane non lascia spazio al lavoro culturale fine a se stesso; e siamo certi che, se realmente volete battervi nel campo dell'occitanismo, il vostro contributo non potrà restare a lungo così pulito, così «neutrale»neutrale" (...) Perché battersi vuol dire sporcarsi le mani, uscire allo scoperto, prendere posizione direttamente, «schierarsi», uscire dalle nuvole di un paradiso culturale altrimenti destinato alla sola «conservzione», prossimo ormai alla museificazione. (...) Anche noi cerchiamo di fare lavoro culturale, con la nostra associazione che bene o male si muove, agisce, fa rumore e insieme fatti, ed anche con la nostra rivista. È un modo diverso di lavorare, molto diverso dal vostro: ma qual'è il più funzionale alla nostra gente, ai suoi interessi primari?Provate un po' a pensarci, ma fatelo - per favore – liberandovi della presunzione che si possa «produrre cultura» stando al di sopra di quei problemi materiali in mezzo ai quali, invece, noi tentiamo di calarci per «fare lavoro culturale» e cercare di «produrre coscienza»". (5)

"Valados Usitanos" si collocava dunque in quella linea dell'occitanismo politico sorto nelle valli agli inizi degli anni Settanta che riconosceva in François Fontan il padre e fondatore (6).

Espressioni ricorrenti – le stesse che ritroviamo in quegli anni anche sul periodico "Ousitanio Vivo", nato nel 1974 come organo di stampa del M.A.O. - erano infatti "colonizzazione politico-economica", "assimilazione linguistico-culturale" e "presa di coscienza nazionale occitana" (7).

Conseguenze di questa colonizzazione delle valli occitane da parte dello Stato italiano e del decentramento politico-amministrativo nella pianura piemontese erano, secondo la redazione, il mancato sviluppo di un'economia locale, con il conseguente mancato sfruttamento delle risorse, l'emigrazione della forza-lavoro, lo spopolamento dei paesi montani, la speculazione edilizia e l'espansione di un turismo poco rispettoso dell'ambiente e della cultura valligiana; sul piano culturale, strettamente collegato a quello socio-politico-economico, la penetrazione nelle valli della cultura piemontese e italiana, in particolare nei paesi delle basse valli la cui economia è strettamente dipendente da quella della pianura.

Per i motivi sopra elencati, per i fondatori della rivista "fare lavoro culturale è soprattutto azione" che guardi ai "problemi materiali, che sono certamente quelli di una rivitalizzazione della nostra cultura, della nostra lingua ecc." ma "sono soprattutto quelli della difesa materiale delle nostre comunità, del rinvigorimento della nostra economia, della ricostruzione faticosa ma necessaria di un tessuto sociale e culturale nelle valli" (8).

Emblematico è lo slogan sulla copertina del N.3-4: "Vulén ese libres din ün païs che vol viure".

Le rivendicazioni linguistiche e politiche si estendevano sulle pagine della rivista alle altre minoranze linguistiche ed etniche (10); l'affermazione che compare sul N.1 è esplicita: "Molti occitanisti sono accusati di essere antieuropeisti. È vero! Siamo contro l'Europa degli Stati; vorremmo un mondo, non solo un'Europa, delle etnie" (11). Frequenti erano gli articoli che trattavano di questi argomenti, tra i quali anche un intervento di François Fontan sulle Lotte di liberazione nazionale e rivoluzioni socialiste nel "Corno d'Africa" (12).

"Valados Usitanos" ospitava, accanto agli articoli sulle rivendicazioni politiche occitaniste, e strettamente collegati ad esse, studi sulla lingua e sulla cultura occitana; la redazione dichiarava infatti sull'editoriale del N.5 del 1980 che

la riappropriazione – attraverso la documentazione e la riproposta – di una cultura in cui mondo contadino e radici etniche sono strettamente legati è l'obiettivo dei prossimi anni. L'occitanismo dispone oggi di un centro culturale – quello che Valados Usitanos ha costituito a L'Armo /Macra in Val Maira – destinato a diventare un riferimento insostituibile per studiosi e operatori culturali occitani e non. (...) Raccoglierà documenti, pubblicazioni, tesi di laurea e le metterà a disposizione degli studiosi. Organizzerà convegni e seminari. Coordinerà i diversi settori della ricerca e ne garantirà la più ampia fruibilità. Perché è questo uno dei nostri più prcisi impegni: garantire il libero accesso a quelliche sono, nel campo della cultura occitana, gli strumenti della conoscenza.

Le ricerche pubblicate sulla rivista trattano di economia, demografia, storia, linguistica, toponomastica e sociolinguistica delle valli occitane.

Vi si trovano inoltre ricerche su fonti orali e d'archivio, documenti e materiale iconografico e pubblicazioni di lavori di ricerca.

Non mancano inoltre i testi in lingua occitana (9): testimonianze di vita, come ad esempio l'intervista a Pietro Ponzo e a sua moglie (Nosto vito ero tut akò), i ricordi di infanzia di Antonio Allais, affittato da un pastore a otto anni (Essere pastore a otto anni) o ancora Lu chalùn l'avìa ncharmà, documenti orali racconti in val Pellice; i proverbi e i modi di dire (Proverbi e modi di dire di Sauze d'Oulx; Proverbi in Val Corsaglia; Proverbi di Pontechianale; Proverbi di Bellino; i proverbi e le frasi idiomatiche di Salbertrand, 1985); le filastrocche (Trae troe); i glossari (Glossario del dialetto bovesano; La canapa; Le castagne; Il latte); i racconti popolari (Lu fuletun a La Chanal. Frammenti di un ciclo narrativo; Hänsel e Gretel a Pontebernardo; La frémo vendüo; La minà dezmentyà); i racconti (La coumunioun remanda; Lou dèbit vira al cougna; La lissìo d'outourn; La fete dou pai de Sezane; Lou termometrou desmentia; Quouro anavou en pasturo; Ero na recolto prousperouso; Me sieu buta soubre a Coustantin; Lou mal dal martel; Magia e superstizione a Elva; Lou predicatour fourestier; Lou micoun de Sant Esteve); le poesie (Na prufesìa); le preghiere (Estu séra me kuyju, Sant Antoni, Stu séra m'kujaréy); le leggende (L'or de Brindouira).

Ancora a proposito della lingua, "Valados Usitanos" concesse spazio anche alla questione della grafia; il problema di come trascrivere i dialetti dell'occitano cisalpino era iniziato sul N.44 di "Coumboscuro" e proseguito sulle pagine de "Lou Soulestrelh" (13).

Su "Valados Usitanos" il dibattito proseguì con la pubblicazione di un'intervista a François Fontan (F.Fontan. Conversazione registrata del 1967) seguita da un intervento di Jean Louis Veyrac (Proposte operative per una lingua unificata delle valli Occitane), entrambi concordi sull'adozione di una grafia fonetica o fonematica; interveniva poi l'Institut d'Estudis Occitans con Gli argomenti dell'I.E.O. a favore delle grafia cosiddetta "normalizzata"; ed infine l'articolo redazionale E la grafia che oggi proponiamo, in cui la rivista si schierava a favore di una grafia fonematica, rimandando al futuro la scelta di un grafia per un occitano unificato; sul N.10 fu infine pubblicato un articolo (Considerazioni e riflessioni sul problema della grafia) in risposta all'editoriale polemico del N.16 di "Novel Temp".

Nel corso degli anni si affievolì sulle pagine di "Valados Usitanos" l'impegno politico occitanista, che lasciò sempre più spazio agli studi sulla lingua e sulla cultura delle valli.

A distanza di dieci anni, l'impostazione del giornale era già decisamente cambiata, come attestava l'editoriale del N.28 del 1987; il bilancio degli ultimi dieci anni di vita della rivista è messo a confronto con un'analisi complessiva degli sviluppi dell'occitanismo politico tra la fine degli anni Settanta e la fine del decennio successivo:

Nel dicembre del 1977, con pochi mezzi e tante idee, usciva il primo numero di Valados Usitanos. (...) Il primo editoriale si lanciava, come di prammatica, in alcune dichiarazioni di intenti e di programma che, riviste oggi, possono strappare un sorriso per l'ottimismo e l'ingenuità che ne traspare, soprattutto se commisurate alle difficoltà che l'occitanismo si sarebbe ben presto trovato ad affrontare. Non siamo poi riusciti, malgrado la buona volontà e il rigore del nostro impegno, ad essere "la voce di tutti gli occitani, specie di quelli che vivono l'esperienza sovente amara dell'emigrazione". Non ci siamo riusciti perché il compito era realmente superiore alle nostre capacità, ma non viviamo la cosa come un fallimento poichè la rivista – divenuta comunque espressione informale (e voce) d'una tendenza non trascurabile dell'area occitanista – si è conquistata un prestigio e un'aliquota di lettori fedeli (...). D'altronde, rispetto agli entusiasmi di allora, le successive vicende dell'occitanismo cisalpino ci avrebbero posti ben presto di fronte allo spaccato triste delle divisioni interne, delle gelosie rancorose, delle pressioni ricattatorie e altro, di tutte quelle cose che fanno parte del bagaglio dei colonizzai e che finiscono ben presto col vanificare (o ritardare) anche le intenzioni migliori. Abbiamo potuto valutare col tempo quanto fossimo stati buoni profeti allorchè, riconoscendo il ruolo non secondario avuto dal MAO (in termini di consenso, di appoggio e di spinta) al momento della fondazione della rivista, sottolienavamo insieme la distanza che avrebbe separato dal MAO alcuni dei redattori e collaboratori, distanza che sarebbe andata approfondendosi anche se eravamo lontani dal supporre che di lì a qualche anno altre separazioni gravi, altra distanza, si sarebbero aggiunte (15).

I dissidi con il M.A.O. si iniziarono ad avvertire sin dai primi numeri (15), ma fu soltanto nel 1987, ovvero nell'articolo sopra citato, che ne venne sanzionata esplicitamente la rottura.

Tuttavia, i contrasti di visione tra il M.A.O. e Valados Usitanos assunsero i toni di uno scontro aperto soltanto a partire dall'inizio degli anni Novanta.

Già nell'editoriale del N.34 del 1989, la redazione rispose alla critica del M.A.O. che, nella relazione introduttiva ai lavori del III congresso del movimento, usò con accezione negativa il termine "culturalisti" applicandolo a quelle associazioni occitaniste che si limitavano allo studio ed alla ricerca. "Valados Usitanos" rispose:

Beh, credo che nella nostra situazione specifica l'etichetta "culturalismo" possa essere utilizzata per coprire un doppio impegno: un impegno di studio al servizio della cultura occitana e insieme la rivendicazione, per quella cultura, di un ruolo che non sia in alcun modo subalterno. I "culturalisti", dunque, pur lavorando in campi diversi, con varie metodologie, sovente in aperto disaccordo tra di loro, sono accomunati dalla convinzione dell'urgenza e dell'importanza prioritaria di un lavoro di recupero e di salvataggio di quanto resta del nostro patrimonio culturale. (16)

La scelta di "Valados Usitanos" di operare soltanto nel campo culturale era ormai definitiva.

Tale scelta fu condivisa da altri militanti e, in generale, si assistette negli anni Novanta ad una scomparsa del movimento politico occitanista (17).

Nel 1992 l'editoriale di "Valados Usitanos", intitolato C'è ancora una presenza poltica occitanista?, attestava la fine della politica occitanista e del M.A.O.:

Crediamo di no, anzi, ne siamo certi. Ciò che esisteva agli inizi degli anni ottanta – già nel dopo Fontan – è andato lentamente squagliandosi lungo una china discendente solo apparentemente senza fine. A questo si è arrivati, è ormai evidente a tutti. Non si parla più, non più, del Mov.Pol. "Coumboscuro", da tempo privo di spinta politica (posto che esista ancora) benchè ancor capace di influenzare certe frange del mondo cattolico. Al termine di quella china, ora, si parla della fine del M.A.O.: è arrivata, non manca che la sanzione ufficiale. (...) Finito il M.A.O., si è spenta ogni parvenza di occitanismo politico. (...)

Tutto ciò ci viene impietosamente rammentato, in altra parte della rivista, da Antonio Rovera: anche noi di "Valados Usitanos", malgrado l'impegno profuso, cosa rappresentiamo infatti sul versante politico? Nulla, o molto poco. E dobbiamo convenire con Antonio rispetto al fatto di non essere riusciti – se non con sempre più rari accenni o platoniche testimonianze – a mantenere l'impegno programmatico, anche "politico", che compariva nel primo editoriale della rivista (dic.'77). Anche noi siamo lentamente scivolati lungo la china della rinuncia all'impegno politico. (...) Di fronte alla non-crescita della coscienza nazionale, cui non siamo evidentemente stati capaci di contribuire, abbiamo finito anche noi per desistere dal "politico" dedicandoci sempre più (magari anche bene) al terreno culturale. Un ripiegamento, insomma, anche se non una resa completa. (18)

Attualmente "Valados Usitanos", spiega Luisa Pla-Lang, "esprime un giudizio molto negativo per tutto ciò che rappresenta il nuovo e porta avanti una strenua difesa della lingua e delle tradizioni del passato" (19).

Il giudizio di Gianpaolo Giordana, attualmente a capo della redazione della rivista, sul futuro della lingua è decisamente pessimista:

Francamente non credo che vi sia un futuro (...). Siamo in una fase pre-agonica nelle valli, agli ultimi respiri nell'area occitana di Francia. È una realtà, protrattasi per tanto tempo, se si considerano tutti gli elementi che hanno portato all'indebolimento dell'occitano: lo spopolamento, il turismo irrispettoso, i bombardamenti linguistici avvenuti dapprima con la scolarizzazione di massa e con la radio, poi con i super-bombardamenti televisivi. A dispetto di tutto, di una lingua dimenticata dallo stato (che solo dopo troppi decenni s'è ricordato del dovere di occuparsi delle lingue minoritarie), dei "bombardamenti"suddetti e quant'altro, le parlate occitane delle valli resistono ancora, dove più, dove meno: è una resistenza che sta per spegnersi, anche se nessuno può dire quanti altri anni ci vorranno prima che cessi d'esistere. Questa durata inopinata ha garantito alle associazioni culturali più attive di lavorare, avvalendosi delle testimonianze di tanti anziani, alla conservazione della memoria: pensare però a prospettive di recupero e rivitalizzazione della lingua e di una cultura occitanica sempre più aggredita, è pura utopia. (20)

NOTE.



(1)Redazione, Una nuova voce per l'occitanismo militante in "Valados Usitanos", N.1, 1977, p.3-4.

(2)Dino Matteodo, Lotta linguistico-culturale e lotta politica in "Valados Usitanos", N.2, 1978, p.6.

(3)"L'errore più grave che si può commettere è quello di separare la lotta linguistica e culturale da quella politica ed economica. È stata questa un'esperienza comune a molte nazionalità, e non è stata risparmiata, soprattutto in passato, nemmeno quella occitana. Il Felirismo, infatti, oltre ad imporre una connotazione prettamente regionalistica e «provenzale», ha fatto di questa separazione la sua linea ieologica: a che risultati abbia portato questa strategia, basta la quasi scomparsa del movimento felibrista a dimostrarlo. Anche i suoi «epigoni» italiani, come il movimento di "Coumboscuro", hanno dovuto invertire la marcia e, in qualche modo, entrare nel vivo dei problemi delle valli per poter continuare a sopravvivere.", ibid.

(4)"Noi ci occupiamo di culturam riconoscendo alla politica e alla sociologia tutta l'importanza necessaria. Siamo sicuri che il nostro lavoro si integra bene con quello di coloro i quali trattano gli altri problemi. Il loro lavoro senza il nostro, in ultima analisi, rimarrebbe privo di giustificazioni culturali, linguistiche e scientifiche", Drant prepaus in "Novel Temp", N.6, 1978, p.5.

(5)Redazione, Lettera aperta a "Novel Temp", in "Valados Usitanos", N.3-4, 1978, p.17-18. Gli stessi argomenti ricorrono nell'editoriale del medesimo numero: "Occuparsi di cultura oggi significa, ne siamo certi, non limitarsi soltanto alla ricerca di vecchie canzoni e danze, alle pubblicazioni di dotte biografie, di poesie e racconti a "nosto modo". Non basta cioè dedicarsi alla ricerca del "tempo passato", nemmeno se i prodotti di questa ricerca vengono poi riproposti dinamicamente in chaive di recupero e di presa di coscienza.

Fare lavoro culturale è soprattutto "azione" fra la nostra gente, dall'interno dei suoi problemi materiali, che sono certamente quelli di una rivitalizzazione della nostra cultura, della nostra lingua ecc., sono soprattutto quelli della difesa materiale delle nostre comunità, del rinvigorimento della nostra economia, della ricostruzione faticosa ma necessaria di un tessuto sociale e culturale nelle valli. Occorre quindi confrontarsi senza indugi con i problemi economici e sociali della nostra gente. Fare finta che questi problemi non esistano (e, peggio ancora, delegarli agli altri) significa ridursi a fare dell'occitanismo da salotto. Che fare, allora? (...)Essere fra la gente, come ora, per parlare, discutere, proporre, ma in modo meno episodico. Portare fra la nostra gente i canti e le danze, vecchie e nuove, ma accentuare il lavoro di sensibilizzazione etnica e sociale, la presa di coscienza della nostra condizione di colonizzati.

Tutto questo va fatto alla luce del sole, esplicitamente, dicendo con chiarezza chi siamo e cosa vogliamo: militanti occitanisti che si battono per la decolonizzazione della propria terra e per l'autonomia politica, economica e amministrativa della stessa, contro il colonialismo culturale, economico e politico che ci soffoca a poco a poco, che ci obbliga all'emigrazione, all'abbandono dei nostri paesi, per poterci più facilmente – domani - ridurre all'assimilazione totale" in "Valados Usitanos", N.3-4, 1978, p.4-5.

(6)François Fontan fu tra i collaboratori della rivista nei N.1 e 3-4. Nell'epitaffio pubblicato sul N.5, Fontan è descritto come "fondatore del P.N.O. E del M.A.O., padre dell'occitanismo politico", "per tanti occitanisti il maestro che ha insegnato tutto o quasi sulla nostra terra, i nostri diritti, il nostro futuro", in "Valados Usitanos", N.5, 1980, copertina.

(7)Citando il libro di L.J.Calvet Linguistica e colonialismo, Dino Matteodo commenta: "non dobbiamo dimenticare che esse (le sue affermazioni) sono tanto più vere in un contesto europeo (e in particolare italiano) dove la colonizzazione ha perso quelle caratteristiche di repressione fisica , per utilizzare invece quegli strumenti di pressione ideologica come la scuola, i mass-media, etc., sostegni sempre più indispensabili alla colonizzazione economico-politica"; Matteodo prosegue più avanti: "Ed è così che, se per la prima volta ci avviamo verso un decentramento della programmazione e della gestione, per le nostre valli questo decentramento si arresta nella confinante pianura piemontese e pone le premesse politiche e istituzionali per quell'integrazione ed assimilazione linguistico/culturale che dovrà fare di noi occitani delle persone "finalmente civili e al passo coi tempi""; e infine, in chiusura: "Alla base di tutto deve esserci una forte presa di "coscienza nazionale occitana" fra la popolazione, presa di coscienza che si fondi sulla consapevolezza della molteplicità e dell'interdipendenza dei fattori di colonizzazione. Suscitare questa presa di coscienza è il compito principale degli occitanisti, dei loro movimenti politici, delle loro associazioni culturali, e di tutti quegli occitani che lavorano come pubblici operatori, nelle scuole come nelle amministrazioni", op.cit., p.6-10.

Nell'editoriale del N.3-4 ritornano le espressioni "decolonizzazione" e "colonialismo culturale".

(8)Redazione, editoriale di "Valados Usitanos", N.3-4, 1978, p.4.

(9)Sono citati qui di seguito soltanto i testi in lingua occitana che sono stati archiviati nel Corpus Testuale.

(10)"Valados Usitanos" si definisce nel N.3-4 una "rivista aperta anche ai problemi delle nazionalità minoritarie, delle minoranze linguistiche disperse e dei loro problemi specifici", Gianpaolo Giordana, Le lingue «citate» in "Valados Usitanos", N.3-4, 1978, p.19.

(11)Redazione, Uno sguardo all'Europa, in "Valados Usitanos", N.1, copertina.

(12)L'intervento è stato pubblicato su "Valados Usitanos", N.3-4, 1978, p.6-13. Si vedano anche Le minoranze etnico-linguistiche dello Stato italiano, ispirato a Le lingue tagliate di Sergio Salvi, in "Valados Usitanos" N.1, 1977, p.15-38; Sardegna: una legge per la tutela della lingua sarda: luci e ombre, in "Valados Usitanos", N.2, 1978, p.46; sulla minoranza ialo-albanese Le lingue «citate» in "Valados Usitanos", N.3-4, 1978, p.19, etc.

(13)Per un approfondimento si veda Le grafie.

(14)I dieci anni della rivista, in "Valados Usitanos", N.28, 1987, p.2-3.

(15)Già nel N.2 del 1978 si legge di un ""timore, politicamente errato e che riscontriamo sopratt in una parte di militanti del MAO – di creare confusione fra due sigle (MAO e VALADOS USITANOS) : anche qui abbiamo detto più volte che non è così, che la paura della confusione nasconde altre paure, che queste paure suonano offesa al buon senso ed alla capacità della nostra gente di distinguere tra il lavoro politico puro e semplice e il lavoro socio-culturale".

In un'intervista, Gianpaolo Giordana, oggi figura-leader di "Valados Usitanos", spiega: "Per quanto concerne la domanda sui rapporti con il M.A.O., devo dire di averne fatto parte, per un non lungo periodo di anni. Poi le cose sono mutate, il discorso sulle autonomie si è via via ridotto, la dirigenza "storica" del movimento ne ha cambiato l'indirizzo. C'è stato un periodo, all'inizio degli anni Ottanta, abbastanza drammatico, quando la maggiornaza degli appartenenti alla nostra associazione dovette difenderne l'autonomia da una sorta di "golpe" ispirato dalla dirigenza del M.A.O. che avrebbe voluto assicurarsene il controllo. Il tentativo fallì e tante persone (interne, ma anche esterne alla nostra associazione) lasciarono il M.A.O.", in Luisa Pla-Lang, Occitano in Piemonte: riscoperta di un'identità culturale e linguistica?, Ed.Peter Lang, Francoforte, 2008, p.170.

(16)Cultura, culturalismo, culturalisti..., in "Valados Usitanos", N.34, 1989, p.8-9.

(17)"Il movimento politico è scomparso all'incirca nei primi anni '90. L'autonomia nelle valli occitane non è arrivata, tuttavia qualcosa di nuovo è successo: la nascita del professionismo e l'istituzionalizzazione della lingua e della cultura. Sono nate attività culturali, soprattutto musicali, attività economiche, corsi di lingua e di cultura, ecc.", Naoko Sano, Una lingua in cammino, Ed.Chambra d'Oc, Saluzzo, 2008.

(18)C'è ancora una presenza politica occitanista?, in "Valados Usitanos", N.43, 1992, p.2-3.

Anche alcuni militanti del M.A.O. ne attesteranno la fine verso la fine degli anni Ottanta-inizio degli anni Novanta. In un'intervista del 2008 Dario Anghilante, uno dei fondatori del M.A.O., spiega: "Nella prima parte degli anni '80 il Movimento serbava ancora la speranza di costruire qualcosa, ma in seguito ci siamo resi conto che era un cammino difficile. Non c'erano possibilità, ... la gente delle valli non aveva ancora una coscienza di appartenenza. Il cammino era lungo e non si poteva ancora avere un risultato politico. Abbiamo capito che il risultato politico, che significava una Regione Autonoma, non era possibile ottenerlo in quel momento e quindi abbiamo continuato a lavorare per far crescere questa coscienza. Abbiamo potenziato l'attività del giornale, delle pubblicazioni, di tutto ciò, ma il moviemento politico ha perso la sua funzione verso la fine degli anni '80"; Dino Matteodo, altro fondatore del M.A.O., conferma che "il M.A.O. è finito verso i primi anni '90, ma senza un'assemblea di dissoluzione del movimento"; le interviste sono raccolte in Naoko Sano, Una lingua in cammino, Ed.Chambra d'Òc, Saluzzo, 2008, p.88-90.

(19)Luisa Pla-Lang, op.cit., p.81.

(20)Ivi, p.171.