Accanto alla promozione linguistica, un’analisi sociolinguistica… troviamo sovente, molto sovente, un abbandonamento, un disfattismo. Osserviamo la situazione dell’occitano accanto alle lingue vicine e ci circondiamo di un sentimento di posizione terminale, che per nulla valga la pena di lottare… poiché le lingue vicine si mangiano la nostra e non osiamo avanzare. Uno degli errori che commettiamo è che valutiamo solo un indice, quello dei parlanti abituali, e molto spesso ci ritroviamo disorierati nel vedere che di anno in anno la percentuale si riduce a dei livelli scandalosi, avvicinandoci alla scomparsa. Se non ci sono parlanti abituali, pensiamo che non ci sia la lingua. Bisognerebbe analizzare altri fattori. Oggi parliamo di uno studio che li valuta. Ve ne sono altri.
Inizialmente promosso dall’Unione Latina nel 2010, lo studio valuta diversi fattori per poter determinare il potere di una lingua, considerando più di 6000 lingue di tutto il mondo. Nell’ambito dell’occitanismo se n’è parlato poco di questi studi. Jornalet ha trattato la notizia il 23 febbraio 2023. Il risultato dello studio è conosciuto come Barometro Calvet, in riferimento ai suoi autori (Louis Jean Calvet e Alain Calvet). Tale studio prende in considerazione diversi indici ed è pubblicato dal Ministero della Cultura francese ogni cinque anni. Il lavoro valuta il numero di locutori (che adoperano la lingua abitualmente), l’entropia (il disordine linguistico, se la lingua è parlata in divèrsi paesi con valori diversi, se solo in uno…). La veicolarità (la relazione di coloro che la impiegano come prima o seconda lingua), lo status sociale della lingua (la sua ufficialità, il valore sociale,,,), la quantità delle traduzioni in altre lingue e da altre lingue nella lingua esaminata (seguendo l’Indice Translationium dell’UNESCO), I premi letterari internazionali svoltisi, la presenza della lingua su Wikipedia, il suo studio nelle università, l’indice di sviluppo umano e di fecondità nello spazio in cui viene impiegata…
In base a tutti questi valori lo studio elabora una classifica con più di seicento lingue, quelle che mostrano fattori più sviluppati sulle quasi settemila analizzate. Non si tratta solo del valore riguardo all’uso abituale della lingua: si spinge oltre… Si sono ecluse lingue in stato terminale come il Sene (del Papua Nuova Guinea) que nel 1978 era parlata da 10 locutori, o il Berako, che nel 1995 aveva 2 locutori, o il Nunggubuyu, in Australia che nel 1996 contava 360 locutori ... lingue classificate come in serio stato di pericolo.
Nel 2017 la lingua occitana occupava il 77 posto nel Barometro. C’è da dire che davanti ci sono 76 lingue con più potere, una maggiore capacità di sopravvivenza. Naturalmente c’è l’inglese, lo spagnolo, il francese, il tedesco… lo swahili, lo slovacco, l’islandese, lo zulu… l’asturiano, il galiego… però dietro, con più difficoltà, ci sono più di seimila lingue. Questa constatazione non vuole essere un accesso di euforia, di soddisfazione… vuole portare il messaggio che siamo ancora in una posizione di conservazione della lingua, che bisogna continuare a lottare… Ora, questa posizione numero 77 è passata al numero 80 nel 2022 e ciò significa anche che malgrado ci siano movimenti validi e attivi, questi non sono sufficienti; servono decisioni strutturali più determinanti. Negli ultimi cinque anni l’indice del numero di locutori si è rafforzato, come se avessimo guadagnato dei parlanti. Così come v’è una maggiore presenza su internet. Ma il suo status si è ridotto (ha meno valore sociale ora che cinque anni fa), la traduzione di testi da e in occitano è diminuita, così come il numero di premi letterari. In questo barometro del 2023 il Catalano occupa il 12 posto di tutte le lingue, un valore che a noi occitani deve far mantenere la nostra vicinanza e avere una considerazione positiva dello spazio occitanocatalano.
Tenere in conto questi indici ci dà una visione più completa, o almeno differente. Se si considerasse soltanto il numero di locutori il posizionamento del Catalano sarebbe al 108 posto e quello dell’occitano al 286. Invece nel barometro guadagnamo posizioni per l’azione.
Gli autori dello studio considerano che il caso del catalano può evolvere favorevolmente e che il caso delle lingue di minor grado come l’occitano si vedranno gravemente minacciate da lingue come il mandarino, il coreano, l’indi, il vietnamita, l’indonesiano…paesi molto popolosi e con un rapido processo di sviluppo. Abbiamo sempre pensato che il pericolo era un altro.
Da notare che le lingue romanze sono la famiglia linguistica più ben piazzata nel Barometro. Ciò nonostante, il mantenimento delle lingue è “un problema multifattoriale che nulla può dominare totalmente. I parametri sono storici, geopolitici, culturali, sociali… è difficile prevedere l’evoluzione della situazione in un orizzonte di dieci, trenta o cinquant’anni; tuttavia, possiamo essere ottimisti: la romanità è importante [e le sue lingue permarranno nel XXI secolo]" (Alain Calvet-2016).
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