Nevischiava in quel mattino scendendo dalla mia borgata per andare al negozio del paese ad acquistare il pane e qualcosa d'altro che serviva in casa. La neve stava coprendo tutta la campagna e i tetti del paese. Quando arrivai in mezzo al villaggio intesi tossire da un angolo dove non vi era alcuna porta di casa ma solamente un pollaio. Mi sono fermato. Che diavolo ho pensato, non è nella stalla, alo caldo,sul posatoio, in questi giorni il pollame? Qualcuno stava dandogli del cibo? Ma faceva un freddo del diavolo, tra pochi giorni l'inverno sarebbe entrato nel suo periodo migliore. Sorpresa, nel pollaio, aggiustato alla meglio con qualche pezzo di lamiera, delle assette e pezzi di cartone, vi era un uomo il quale, buttato in angolo buio, cercava di coprirsi con una copertaccia, una nazionale in bocca e neppure una branda per riposare. Qui era?
Ho guardato meglio, non era lo Stefano, quel poveraccio del servo di Vittorino Eissard, uno dei più intraprendenti commercianti di bestiame del comune.
Cosa fate Steve, li nel pollaio? Al freddo.
E' una storia lunga, non so se ti interessa.
Stefano era arrivato in paese da non molto, un paio d'anni se non mi sbaglio.
Era nato non lontano da qui, aveva avuto una moglie e un figlio. Tuttavia aveva abbandonato tutto e tutti e s'era trovato un lavoro in alta valle dove faceva ciò che aveva sempre fatto e sapeva fare: il contadino.
Un tempo tutti i lavori era fatti a mano ma nell'alta valle tutti avevano un mulo o un asino per raccogliere il fieno, portare il letame, arare. Portare alla grangia la mietitura nei sacchi, e in autunno portarque la servia dins maison..e a casa legna e rami.Meglio che nella bassa valle dove era necessario trasportare tutto sulla schiena, i fasci di fieno, legno e fascine nella gerla e lo strame nel telo.
E dopo quasi trent'anni era tornato e aveva trovato lavoro presso Vittorino.
Forse avrebbe preferito trovarsi un posto in un'osteria ma Vittorino aveva pur esso una piccola osteria, quindi un bicchiere di vino er assicurato. Si, perchè il vino gli piaceva.
Tuttavia Vittorino, tirchio e dalle braccia corte gli avia concesso nient altro che un giaciglio sulla paglia nella grangia o nella stalla d'inverno, il vitto, quattro soldi per le sigarette e un po' di vino.
D'estate saliva all'Alpe del Rochaç con unpo' di viveri e un doppio di vino che terminava nello stesso giorno in cui rimaneva solo lassù.
Il primo giorno salivano Vittorino e suo figlio per aiutarlo con la mandria ma in settimana salivano o l'uno o l'altro per portare pane, qualche patata, delle uova, un po' di mortadella o pancetta, una fetta di toma ma vino poco. Perchè sapevano che la bottiglia piena non durava molto.
Allora di lupi non se ne parlava, la selvaggina era scarsa, cinghiali nessuno.
Solo, lassù raccoglieva un po' di legna, rami piccoli e grossi per la stufa e controllava i suoi bovini. Lo conobbi così un giorno che avevo intrapreso una passeggiata al Rochaç. Buon giorno, come va, fa bello, gli dissi e lui ricambiò. Ai un po' di vino, mi ha detto subito dopo.
Vino ne avevo appena un una bottiglietta da un quarto, che gliela detti. Abbiamo chiacchierato un poco ma dovevo tornare e la strada ancora lunga. Le vacanze erano quasi finite e fra pochi giorni si sarebbe ritornati. Ero ancora iscritto all'Università.
Anche Steve sarebbe sceso con la sua mandria di vacche che era ora di lasciare l'Alpeggio. E dopo, tra poco, ci sarebbe stata la fiera del bestiame.
Avrebbe nuovamente fatto i lavori di tutti i giorni, accudire le bestie, togliere il letame, portarlo al letamaio ch'era al entrata del paese, un po' scartato, in un prato.Ma prima bisognava attaccare al carreto il suo Bibi, un bel mulo che quasi tutti i giorni era da strigliare e accudire. Precedentemente il Vittorino aveva un bel cavallo dalla coda e criniera bianca e dal pelo giallastro che era arrivato dall'Alto Adige, un Avelignese, Bibi anche lui.
Tuttavia non lo sapemmo mai, i due, padrone e servo, Vittorino e il nostro Esteve ebbere a dire per qualche motivo rimasto irrisolto (forse gli avrà chiesto la paga che gli aspettava) e il Vittorino buttò fuori il povero servo. Almeno l'avesse buttato fuori di casa lasciandogli un tetto dove potersi riparare, ma per la strada. Brutta situazione.
Dopo, in piazza, ho trovato qualcuno che avrebbe potuto aiutare quel pover uomo: era il “mansier” massaro del paese e gli raccontai i fatti ricordandogli che nella vecchia sede comunale vi era una camera dove ricoverare quel pover uomo. Subito mi assicurò che ne avrebbe parlato al Sindaco.
Raccontai il tutto ad una donna, la Leontina, una mia lontana parente, che aveva una stalla dove aveva qualche pecora e un paio di capre e gli chiedi di aiutare il povero Stefano, che tutti conoscevano, per qualche giorno, mentre il comune stava pensando al da farsi.
Sarebbe stata un'opera di carità, le dissi. Le feste di Natale aiutarono nel risolvere la cosa. Effettivamente il Sindaco fece mettere in ordine la camera e mise la vecchia stufa della scuola a dispozizione.
Una tavola, una sedia e una vecchia branda, qualche coperta, ecco preparata una camera per il povero Steve. Il Sindaco gli fece avere un sussidio grazie all'ECA (Ente Comunale di Assistenza). Per l'epoca meglio di ulla.
Noi giovani gli portammo della legna per potersi scaldare e pure del cibo e qualcosa per vestirsi e ripararsi dal freddo, ora l'inverno azzannava. E gli inverni di un tempo non eran come quelli di oggi. Di neve ve n'era dei bei manti!
Buon Natale e salute a tutti
Franco Bronzat
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