Nòvas d'Occitània    Nòvas d'Occitània 2024

invia mail   print document in pdf format Rss channel

Nòvas n.236 Genoier 2024

In ricordo di Roland Pécout

En recòrd de Rotland Pecot

di Peyre Anghilante

italiano

Quando i cipressi sentono il fuoco

come una fiamma in fondo

alle mani della notte

quando lo spazio è troppo piccolo

e l’inutile ha fatto il suo nido

negli occhi.

Me ne vado senza dir nulla

per sentieri di povero tempo

e ciò è un bene

Non succede spesso di avere l’onore e il privilegio di conoscere delle persone straordinarie. Il mio primo ricordo vissuto di Roland Pécout mi riporta all’ormai lontana estate del 2007, quando con un’allegra compagnia di valligiani siamo partiti in una cinquantina per andare a Béziers alla manifestazione “Anem ÒC per la lenga occitana!”. Un viaggio e un’esperienza che, a ripensarci, mi hanno dato e lasciato molto: il clima festoso, la fiducia nel futuro della lingua, personificata da quell’enorme sfilata di grida, di energia, di suoni e di colori, l’occasione di visitare luoghi e parlare “amb de monde del mitan”, con gente del luogo e dell’ambiente che si impegna e lavora per difendere la lingua e la cultura occitana, che non ha ancora fatto il suo tempo, tutto ciò è restato, ed è stato impreziosito dall’opportunità che abbiamo avuto di fare la conoscenza di Roland Pécout. Mi hanno subito colpito il suo fare tranquillo, amichevole e la sua modestia, che sovente caratterizza, come dice mia madre, “le persone che sanno davvero”, che non hanno bisogno di mostrare e insegnare a nessuno ciò che pensano e ciò che vivono. Certamente conoscevo il nome e il personaggio in quanto importante umanista, scrittore e poeta occitano, ma all’istante ho percepito, sentendolo parlare – di storia, di cultura, dei suoi viaggi, dall’Africa alla Persia – che sotto quello spessore di intellettuale restava una persona dolce, sincera, un ricercatore innamorato della vita.

Dopo i bei giorni passati a Béziers, al momento del ritorno, una bella sorpresa: sul pullman sono saliti anche Roland Pécout e Jean Roquette, per approfittare di un passaggio fino alle loro città, più vicine alla Provenza. Così, durante una sosta, mentre con la compagnia, al riparo dal caldo sole linguadociano, passeggiavamo sul viale alberato accanto al fiume discorrendo, ad un certo punto, da solo, lui è sceso lungo la riva e camminando piano fra le pietre, rilassato, con uno sguardo spensierato e contento, si è messo a raccogliere pezzi di legno e di ferro portati giù dalla corrente del fiume. Quando è tornato e gli ho chiesto perché facesse ciò, ha risposto che gli oggetti raccontano delle cose. In quel momento ho capito che quell’uomo viveva nella poesia, per egli il mondo era poesia, e tutto ciò che sentiva, vedeva e toccava apparteneva, prendeva quella dimensione.

Cammini solo contro il vento 

sei divenuto trasparente 

ad ogni stagione

non c’entra la Speranza,

la vita va la vita viene

scegliendo oppure no.

Me ne vado senza dir nulla

per sentieri di povero tempo

e ciò è un bene

La vera occasione di incontrarlo, per la Chambra d’oc, è stata l’anno successivo, alla prima edizione del Premio Ostana, quando lo abbiamo invitato nelle nostre valli. Quel primo anno il Premio Speciale è stato conferito di dovere a Max Roquette, figura capitale dell’occitanismo del 900’, deceduto poco tempo prima, con una celebrazione dello scrittore e poeta, seguita da un dibattito. Dice Ines Cavalcanti, direttrice artistica dell’evento: “La presenza del figlio Jean Roquette e di Roland Pécout, che abbiamo premiato in seguito nel 2017, ha reso ancora più storica e fondamentale quell’edizione e ci ha fatto crescere nel tempo. Inoltre, il giorno prima dell’inizio del Premio ci siamo recati a Frassino, dove abbiamo reso omaggio alla tomba di François Fontan”.

E dopo pochi mesi, nello stesso 2008, durante “L’Occitània a pè”, quando ci siamo fermati a La Couvertoirade, nel Larzac. La tappa più lunga (benché non la più faticosa), trentacinque chilometri. Per la camminata quella è stata una serata storica, memorabile. Quando, nel silenzio della sala, fra quelle mura, “in” Occitania, “dins son dintre” (al suo interno), “de son dintre” (dal suo interno), Roland ha iniziato a parlare, raccontare e poi a leggere, le sue parole mi hanno nuovamente fatto entrare nella sua dimensione, risvegliandomi una sensazione già provata: non erano soltanto le parole, ma lui, non soltanto la poesia, ma il poeta, di certo in modo inconsapevole, a creare e far vivere la sua magia. Quella stessa persona affabile e modesta che per ispirarsi, per toccare la vita, raccoglieva pezzi di legno e ferrami lungo il fiume.

Ora Roland è mancato. Un’altra luce, un altro faro si è spento per l’Occitania. “Triste è il cielo, triste è la terra”, questo verso suona terribilmente vero per chi resta, le sue note stridono. Anche qui a Roccabruna, tendendo l’orecchio, volgendo lo sguardo verso ovest e verso sé stessi. È il momento del dolore e della mancanza, che verrà presto riempito da quello ben più gaio, importante e durevole, attraverso le pagine e pagine di scritti, riflessioni e poesie che compongono la sua opera, del beneficio del frutto e del bene della sua testimonianza. “Non è in tutto l’essere suo che stupore, il poeta: / un germoglio di attonito affetto, sì, un lussurreggiante stupore”, scrisse Hafez. Sono sicuro che anche lui conosceva quella poesia (“È stupore in germoglio che cresce…”)  e quei versi, fra i più belli delle 80 canzoni composte qualche secolo fa dal poeta persiano. “Nulla resta, né noi, né lo starcene accanto fra noi, / (...)”. Questo è il mio ricordo di Roland Pécout: una persona dolce e straordinaria, uno spirito sottile, un’occitanista di cuore, e un poeta.

Frecce d’amore nel sole 

la pena è sale la pace è miele 

e il cuore è sangue

frecce d’amore nel sole

domani forse degli uomini 

si scalderanno con esse. 

Me ne vado senza dir nulla

per sentieri di povero tempo

e ciò è un bene

occitan

Quand lei ciprès senton le fuòc

coma na flamba dins lo fons

dei mans de la nuech

quand tot l'espandi es trop pichòt

e que l'inutil a fach son nis

 dedins leis uelhs.

Alara me’n vau dise ren

per de camins de paure temps

e aquò es ben

Arriba pas sovent, dins la vita, de aver l’onor e lo privilègi de conóisser de personas extraordinàrias. Mon premier recòrd viscut de Rotland Pecot me repòrta a la d’aüra enlai luenha l’istat dal 2007, quora abo n’alègra banda de valadencs siem partits dins na cincantena per anar a Besièrs a la manifestacion “Anem ÒC per la lenga occitana!”. Un viatge e n’experiença que, a repensar-lhi, m’an donat e laissat un baron: lo clima festós, la confiança dins l’avenir de la lenga, personificaa da aquela enòrma esfilada de crits, d’energia, de sòns e de colors, l’ocasion de visitar de luecs e parlar “amb de monde del mitan”, de gent dal luec e de l’ambient que s’engatja e trabalha per defénder la lenga e la cultura occitana, que a pas encara fach son temp, tot aquò es restat, e es istat empreciosit da l’oportunitat que avem agut de far la conoissença de Rotland Pecot. M’an súbit colpit son far tranquil, amistós e sa modèstia, que sovent caracteriza, coma ditz mama, “las personas que san da bòn”, que an ren da manca de mostrar a degun çò que penson e çò que vivon. Certament conoissiu lo nom e lo personatge en tant que important umanista, escriveire e poèta occitan, mas sal colp ai percebut, en lo sentent parlar – d’estòria, de cultura, de si viatges, da l’Àfrica a la Pèrsia – que dessot aquel espessor d’intellectual restava na persona dòuça, sincèra, un recerchaire ennamorat de la vita. 

Après lhi bèls jorns passats a Besièrs, al moment dal retorn, na jòlia sorpresa: sal pullman son decò montats Rotland Pecot e Joan Roqueta, per profitar de un passatge fins a lors vilas, pus arramba a la Provença. Coma aquò, durant na sosta, dal temp que abo la companhia, a l’abric dal chaud solelh lengadocian, nos provenàvem sus l’alea alberaa da cant al flum en devisant, an un moment donat, da solet, nele es calat al lòng de la riba e en chaminant plan al metz de las peiras, relamant, abo n’esgard insociant, content, s’es butat a culhir de tòcs de bòsc e de ramaujas menaa aval da la corrent dal flum. Quand es tornat e lhi ai demandat, encuriosit, perqué fasesse aquò, a respondut que lhi objècts còntion de causas. Dins aquel moment ai capit que aquel òme vivia dins la poesia, per nele lo mond era poesia, e tot çò sentia, veïa e truchava apartenia, prenia aquela dimension. 

Caminas sol còntra lo vent

siás vengut ara transparent

a totei sasons

L’esper se mèscla pas de ren

la vida vai la vida ven

Causisses o non.

Alara me’n vau dise ren

per de camins de paure temps

e aquò es ben

La vera ocasion d’encontrar-lo, per la Chambra d’òc, es istaa l’an d’après, ental 2008, a la premiera edicion dal Prèmi Ostana, quora l’avem envidat dins las valadas. Aquel premier an lo Prèmi Especial es istat conferit de dever a Max Roqueta, figura capitala de l’occitanisme dal 900’, mòrt gaire de temp derant, abo na celebracion dal centenari de la naissença de l’escriveire e poèta, seguia da un debat. Ditz Ines Cavalcanti, directritz artística de l’eveniment: “La presença dal filh Joan Roqueta e de Rotland Pecot, que avem puei premiat ental 2017, a rendut encà pus estòrica e fondamentala aquela edicion e nos a fach créisser dins lo temp. En mai d’aquò, lo jorn de derant que comencesse lo Prèmi, siem anats a Fraisse, ente avem rendut omatge a la tomba de François Fontan”.

E après gaire de mes, ental mesme 2008, dins L’Occitània a pè”, quora nos siem fermats a La Cobertoirada, en Larzac, la tapa pus lònja (ben que ren la pus fatigosa), trenta cinc quilomètres. Per la chaminada aquela es istaa na serada estòrica, memorabla. Quora ental silenci de la sala, entre aquilhi murs, “in” Occitània, “dins son dintre”, “de son dintre” Rotland a començat a parlar, contiar e puei a léser, sa paraulas m’an já mai fach intrar dins sa dimension, en me revelhant na sensacion já provaa: eron ren masque las paraulas, mas nele, ren masque la poesia, mas lo poèta, de segur en maniera inconscienta, a crear e far viure sa magia. Aquela mesma persona afabla e modèsta que per inspirar-se, per truchar la vita, rabastava de tòcs de bòsc e de rumenta al lòng dal flum.

Aüra Rotland es mancat. N’autra lutz, n’autre far s’es tupit per l’Occitània. “Triste es lo cèl. Trista es la tèrra”, aquel vèrs sòna terriblament ver per qui rèsta, sas nòtas cresinon. Decò aicí a La Ròcha, en tendent l’aurelha, en virant l’esgard vèrs l’oest e vèrs se mesmes. Es lo moment dal dolor e de la mancança, que venerè lèu emplenit da aquel ben pus urós, important e durable, a travèrs las pàginas e pàginas d’escrichs, reflexions e poesias que compauson son òbra, da benefici dal fruch e dal ben de sa testimoniança. “Es ren dins tot son èsser que d’estupor, lo poèta: / un bruelh estonat de grinor, bò, na drua estupor”, escrivet Hafez. Siu segur que decò nele conoissia aquela poesia (“Es d’estupor en bruelh que creis…”)  e aquilhi vèrs, entre lhi pus bèls de las 80 chançons compausaas fai qualque sècle dal poèta persian. “Pas ren rèsta, ni nos, ni l’istar-nos da cant, / (...)”. Aqueste es mon recòrd de Rotland Pecot: na persona dòuça e extraordinària, n’esperit fin, n’occitanista de còr, e un poèta.

Flèchas d'amor dins lo solèu

la pena es sau la patz es mèu

e lo còr es sang

flèchas d'amor dins lo solèu

deman i aurà d'òmes belèu

que s'i caufaràn.

Alara me’n vau dise ren

per de camins de paure temps

e aquò es ben


Condividi