L’esilio, la lotta politica, il potere dell’arte: il Premio Internazionale si racconta in un’intervista.
Ovidio, Seneca, Dante, Victor Hugo, Bertolt Brecht, Pablo Neruda, Milan Kundera: la storia della grande letteratura europea e mondiale è costellata di autori che hanno dovuto prendere la strada dell’esilio, e nell’esilio hanno prodotto i loro più grandi capolavori, guardando alla terra natia con nostalgia e forza, acume e disincanto. La “letteratura dell’esilio” finisce per essere quasi un genere a sé stante, che non smette di crescere, considerate le tante ragioni che costringono intellettuali e scrittori a lasciare i propri paesi e a diventare rifugiati, vittime di minacce politiche e personali, e di un’oppressione che colpisce – là dove le istituzioni democratiche traballano – innanzitutto la libertà di espressione e di critica dei poteri dominanti.
La letteratura in lingua curda di Firat Cewerî, Premio Internazionale al Premio Ostana 2024, è una letteratura in esilio, che non rinuncia alla sua lingua madre per poter accedere ad un pubblico più ampio (come spesso accade per grandi scrittori) ma che fa della lingua madre la linfa vitale della propria scrittura, la sua ragione d’essere, il sine qua non. Lo ha raccontato molto bene l’infaticabile Aldo Canestrari, il tutor di Cewerî, che lo ha accompagnato nelle giornate di Ostana evidenziando negli incontri con il pubblico l’importanza dell’asilo politico offerto dalla Svezia, un’accoglienza che ha permesso allo scrittore curdo di vivere al sicuro continuando a coltivare la sua arte (oltre ai suoi libri ha tradotto in curdo opere di Dostoevskij, Cechov, Steinbeck e ha curato antologie di poesia e di racconti). Non è stato l’unico scrittore curdo a lavorare fuori dalla propria terra: nella generosa intervista che oggi pubblichiamo sul canale youtube del Premio Ostana, Cewerî racconta di come la letteratura curda si sviluppò in esilio nel momento in cui la lingua curda fu bandita in Turchia. Solo negli ultimi quindici o vent’anni la letteratura in esilio è tornata in patria. “La lotta linguistica è essa stessa una lotta politica”, sostiene lo scrittore, aggiungendo “Oggi in Turchia ci sono dozzine di case editrici curde, ma l'ondata di assimilazione è forte, e se al curdo non viene concesso uno status ufficiale in Turchia, questa forte ondata di assimilazione potrebbe sommergere i curdi”. Anche una lingua come il curdo, che secondo le stime potrebbe essere parlata da 20 a 30 milioni di persone in quell’area mediorientale che comprende parti di Turchia, Siria, Iraq e Iran, ha sempre bisogno di un’attenzione costante e di una lotta politica continua, per evitare di essere schiacciata non solo dai poteri locali, ma da condizioni politiche internazionali che mutano con il mutare delle condizioni geopolitiche, indifferenti alle popolazioni e alle lingue che si trovano su quei territori.
La ricetta sappiamo che non esiste. Non esiste una terapia universale, capace di dare linfa alle lingue madri quando queste sono costrette in un angolo, o peggio ancora sono al tappeto, incapaci di alzarsi e tornare sul ring. Eppure esistono tante attività, molti metodi, diverse prospettive utili e a volte molto efficaci: sono gli autori che invitiamo ad Ostana a ricordarcelo, ognuno a modo suo. Forse dal gentiluomo pacato e sorridente di nome Firat Ciwerî, capace di una scrittura inquieta, onirica, quasi surreale come accade nel romanzo “Il matto, la prostituta e lo scrittore” (tradotto in italiano da Francesco Marilungo per Calamaro Edizioni) possiamo apprendere una lezione tanto complessa quanto affascinante. L’idea è quella di riuscire ad aprirci all’arte al punto da esserne contagiati: “Per me la letteratura è come un virus”, dice, “Il virus della lingua è entrato nel mio corpo attraverso la lingua di mia madre”. Quel virus, una sorta di “sana malattia”, può aiutarci a decifrare il presente, per dare voce ad una realtà, per inventarne di nuove. Sono in pochi ad aver sperimentato la possibilità di essere veri e propri interpreti e portavoce di coscienze, animi e sensibilità. Sono convinto che Cewerî sia tra questi, e lo si capisce da un aneddoto che racconta nell’intervista video. Un giorno camminava in una strada di Diyarbakır (sud est della Turchia, area curda), quando ha visto un passante venire verso di lui. Era un po’ spaventato, perché vedeva in lui delle somiglianze con il personaggio Temo, protagonista de “Il matto, la prostituta e lo scrittore”, un uomo che si sveglia una mattina con una voce in testa che gli dice che dovrà uccidere qualcuno. Così Firat Ciwerî si è chiesto se il passante avesse un coltello con sé, pronto per essere usato, perché nel romanzo Temo si ritrova proprio a camminare per le strade di una città con un coltello in tasca. Il passante ha però sorriso, ha fermato lo scrittore e gli ha detto che il suo romanzo sembrava raccontare la sua storia. Anche lui era stato in prigione, anche lui aveva vissuto lo stesso dolore del protagonista del libro: il romanzo sembrava raccontare la sua stessa vita. Cewerî non aveva mai incontrato prima quel passante, non lo conosceva, non aveva mai sentito la sua storia. Eppure il virus era entrato in azione, e il risultato era davanti ai suoi occhi. Non si scappa da quel virus, dice lo scrittore curdo: “Quando il virus della scrittura si impadronisce di te, continua fino alla morte”.
Intervista a Firat Cewerî Premio Ostana 2024, Lingua Curda, Turchia
Firat Cewerî riceve il Premio Ostana 2024, Premio Internazionale
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