Nòvas d'Occitània    Nòvas d'Occitània 2025

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Nòvas n.248 Genoier 2025

Gli italiani che non conosciamo

Lhi italians que conoissem pas

di Valter Giuliano

Gli italiani che non conosciamo
italiano

I volumi dedicati alle minoranze linguistiche restano, al più, relegati negli ambiti territoriali di competenza.

Il tema è ancora ai margini e se pure non più fastidioso come un tempo viene relegato ai margini.

Tutto questo nonostante una legge dello Stato abbia riconosciuto pari dignità, rispetto alla lingua nazionale, a dodici lingue minorizzate.

Anche questa è espressione che non piace e le si preferisce definire minoritarie, anche se ci fu un tempo che nei territori di riferimento furono - e talvolta lo sono ancora oggi- maggioritarie.

Aiuta a meglio capire la sostanza dell’argomento, il saggio “Gli Italiani che non conosciamo: Lingue, DNA e percorsi delle comunità storiche minoritarie” a cura di Giovanni Destro Bisol, Erica Autelli, Marco Capocasa e Mauro Caria, promosso dall’Istituto Italiano di Antropologia e realizzato grazie al contributo della Direzione generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali del Ministero della Cultura.

Per comporre questa geografia atipica delle nuove lingue riconosciute il saggio si è avvalso dei contributi di: Giovanni Agresti, Delia Airoldi, Marcello Aprile, Erica Autelli, Nicola Bavasso, Ermenegildo Bidese, Maria Carla Calò, Marco Capocasa, Marco Caria, Federica Cognola, Beatrice Colcuc, Emanuele Coniglio, Andrea De Giovanni, Giovanni Destro Bisol, Maria Dore, Riccardo Imperiale, Vinko Kovačić, Donata Luiselli, Luca Melchior, Carmela Perta, Rosalba Petrilli, Matteo Rivoira, Caterina Saracco, Francesca Sammartino, Stefania Sarno, Matej Šekli, Diego Sidraschi, Giuseppe Vona, Francesco Zuin.

Ma alla fonte le “persone prima di tutto” che aprono la prima sezione del volume, figure impegnate sul territorio nella difesa e valorizzazione delle lingue: Teresa Geninatti (Francoprovenzali); Ines Cavalcanti (Occitani); Piero Rinalodi, Paola Borla (Walser di Rimella); Vito Massalongo (Cimbri veronesi); Sauro Tondello (Cimbri dei Sette Comuni vicentini); Leo Tolfer (Mocheni); Claudia Colle Fontana, Marcella Benedetti, Diego Piller Corre (Germanofoni di Sappada); Augusto Petris  (Germanofoni di Sauris); Velia Plozner, Mauro Unfern, Eddie  Bianchet, Inava Primus Loredano Primus,Velio Unfer (Germanofoni di Tinau); Eleonora De Mattia (Ladini); Maddalena Martini Marzolai, Silvia De Martinis Pinter, Davide Conedera e Nicolai  Cassisi (Ladini di Agordino e Comelico); Maria Moschitz, Luca Mischkot, Anna Weda, Luciano Lister (Sloveni della Val Canale); Francesca Sammartino (Croato-molisani); Freedom Pentimalli (Griko); Daniela Zanfini (Arbëreshë); Fedele Carboni (Catalano Algherese); Maria Carta Siciliano (Tabarchino di Carloforte); Graziano  Alilovic (Romanes). 

Questi ultimi due idiomi non sono tuttavia inclusi nella legge nazionale n.482 e torneremo, più avanti, sul secondo. 

Nel lungo ma doveroso elenco, che deve suonare a tributo di chi non si è arreso e ha tenuta accesa la brace sotto la cenere del conformismo, della stardardizzazione e dell’omologazione che avrebbe voluto soffocare una diversità linguistica patrimonio culturale dell’Umanità sono, per contro, inspiegabilmente assenti i rappresentanti della lingua sarda, del friulano. 

Il volume andrebbe diffuso per farlo conoscere ai tanti nostri concittadini che ancora lo ignorano e non ne sottovalutano, con sufficienza, l’importanza.

Vengono passate in rassegna le dodici lingue riconosciute, dopo un impegno durato decenni, nel 1999 con la legge n. 482. Ma viene meritoriamente evocata anche l’omissione – allora giustificata con la mancanza di un riferimento territoriale specifico (criterio adottato per individuare le 12 lingue) ma con l’impegno di tornarci al più presto – delle lingue romanì del popolo dei camminanti.

La promessa, che è a verbale nei lavori della Commissione parlamentare che licenziò la legge n. 483/99, non è mai stata mantenuta, Da allora – e sono trascorsi ben 25 anni – quelli che vengono volgarmente chiamati “zingari” attendono il riconoscimento anche per il loro antico idioma indoeuropeo. Anche questo rientra tra le discriminazioni cui ci ha recentemente richiamati la Commissione Europea contro il Razzismo e l’Intolleranza (che non è una ONG né una organizzazione militante, ma istituzionale). Tanta ingiustificata irritazione il nostro Paese a cominciare dal Presidente Mattarella. Gli occhi servono se sanno guardare e non solo vedere. Delle due l’una: o, evidentemente, quelli italiani sono affetti da presbiopia, oppure non vogliono guardare la realtà che da lontano segnala le nostre contraddizioni e omissioni. La profilazione da parte delle Forze dell’ordine nei confronti di Sinti e Rom è conclamata e documentata a partire dalla cosiddetta “Emergenza nomadi” del Governo Berlusconi (2008) che con Decreto autorizzava il censimento delle popolazioni nomadi nei campi, compreso il rilievo delle impronte digitali anche dei minori: per fortuna fu dichiarato illegittimo dal Consiglio di Stato. Che ci sia discriminazione lo si evince anche dalla legge istitutiva della Giornata della memoria che escluse il Porajemos, lo sterminio programmato dai nazifascisti che coinvolse oltre 500 mila “zingari”.

Dopo la presentazione dei protagonisti il volume si sviluppa attraverso un successivo capitolo dedicato al tema “Umani, DNA e lingue”, incursione biochimica in cui si evidenza come DNA e lingue contribuiscano alla definizione delle varie identità culturali. L’argomento, che ha portato sovente a parlare di minoranze etno-linguistiche, è approfondito nel saggio successivo dedicato a “Storie (italiane) scritte nei geni e nelle lingue”. Si torna in ambito più strettamente culturale con “Il patrimonio linguistico e culturale in Italia” che introduce le pagine successive in cui si propone una vera e propria mappatura linguistica della penisola. Ad essa vi rimandiamo segnalandone solo i titoli. Nella sezione “Verso Nord: Alpi e dintorni” incontriamo i Cimbri, i Francoprovenzali e i Francesi nell’Italia settentrionale, i Friuliani, i Walser, i Ladini, i Mocheni, gli Occitani, i Sappadini, i Saurani e i tedescofoni dell’Alto Adige/Sudtirol, i Tirolesi e i Valcanalesi. Come vedete il saggio decide di scostarsi dalle scelte legislative per proporre gruppi di lingue locali non riconosciute dalla legge e spesso ridotte al rango di dialetti.

“Verso Sud: arrivi da Est e altre storie” ci porta a conoscere gli Arbëreshë (albanese arcaico), i Croati del Molise, i Francoprovenzali di Puglia, i Griki. E qui va sottolineata la dimenticanza degli Occitani di Guardia Piemontese, insediatisi in Calabria a seguito delle persecuzioni religiose nei confronti dei protestanti valdesi. Infine con “Sardegna: isolamento e approdo” si va nell’Isola per l’Algherese (che la legge ha assimilato al catalano), i Sardi e i Sardo-Corsi e i Tabarchini. Chiude il volume il meritorio capitolo “Attraverso l’Italia: i Rom e i Sinti” che dà conto del “popolo del vento” che come detto, essendo per definizione nomade, senza territori di riferimento non trovò collocazione nella legge nazionale.

Torna circolarmente, in chiusura, una sezione che ragiona sulle minoranze e il corredo genomico delle comunità parlanti le lingue minorizzate cui segue una sorta di invocazione “Ascoltiamoli: presente e futuro delle comunità alloglottone” con le risposte dei parlanti minoritari a una indagine nella quale si è domandato se il senso di identità e l’uso della lingua sia ancora radicato o se invece si avverta una sua perdita.

Per concludere non poteva mancare, in ossequio alle tendenze del costume, una strizzatina d’occhio a un comparto alla moda, l’enogastronomia. Argomento fragile, dove il collegamento linguistico appare, in molti casi, veramente azzardato anche se una recente pubblicistica ci ha fatto fortune.

Il volume, con l’auspicio che si prefigge di portare sotto i riflettori “gli Italiani che non conosciamo” - comunità che hanno saputo conservare con consapevolezza, orgoglio, passione e ostinazione, il patrimonio di diversità culturale e non solo linguistica di cui sono portatori - merita ampia diffusione e il miglior successo. 

occitan

Lhi volums dedicats a las minoranças linguísticas rèston, al pus, confinats dins territòris de competença.

Lo tèma es encà a lhi marges e ben que pas pus genant coma un temp ven tengut d’un cant. Tot aquò malgrat que una lei de l’Estat àbie reconoissut la mesma dignitat, respèct a la lenga nacionala, a dotze lengas minorizaas.

Decò aquesta es un’expression que plai pas e se preferís definir-las minoritàrias, bèla se lhi a agut un temp ente dins lor territòri son istaas – e de bòts son encara encuei – majoritàrias.

Ajua a comprene mielh la sostança de l’argoment lo satge “Gli Italiani che non conosciamo: Lingue, DNA e percorsi delle comunità storiche minoritarie” a cura de Giovanni Destro Bisol, Erica Autelli, Marco Capocasa e Mauro Caria, promogut da l’Istituto Italiano di Antropologia e realizat gràcias al contribut de la Direzione generale Educazione, Ricerca e Istituti culturali dal Ministèri de la Cultura.

Per compausar aquesta geografia atípica de las nòvas lengas reconoissuas lo satge s’es valgut di apòrts de: Giovanni Agresti, Delia Airoldi, Marcello Aprile, Erica Autelli, Nicola Bavasso, Ermenegildo Bidese, Maria Carla Calò, Marco Capocasa, Marco Caria, Federica Cognola, Beatrice Colcuc, Emanuele Coniglio, Andrea De Giovanni, Giovanni Destro Bisol, Maria Dore, Riccardo Imperiale, Vinko Kovačić, Donata Luiselli, Luca Melchior, Carmela Perta, Rosalba Petrilli, Matteo Rivoira, Caterina Saracco, Francesca Sammartino, Stefania Sarno, Matej Šekli, Diego Sidraschi, Giuseppe Vona, Francesco Zuin.

Ma a la fònt las “personas derant tot” que duerbon la premiera seccion dal volum, de figuras empenhaas sal territòri dins la defensa e la valorizacion de las lengas: Teresa Geninatti (Francoprovençals); Ines Cavalcanti (Occitans); Piero Rinalodi, Paola Borla (Walser de Rimella); Vito Massalongo (Cimbres veronés); Sauro Tondello (Cimbres di Sette Comuni Vicentini); Leo Tolfer (Moquens); Claudia Colle Fontana, Marcella Benedetti, Diego Piller Corre (Germanòfons de Sappada); Augusto Petris  (Germanòfons de Sauris); Velia Plozner, Mauro Unfern, Eddie  Bianchet, Inava Primus Loredano Primus,Velio Unfer (Germanòfons de Tinau); Eleonora De Mattia (Ladins); Maddalena Martini Marzolai, Silvia De Martinis Pinter, Davide Conedera e Nicolai  Cassisi (Ladins de Agordino e Comelico); Maria Moschitz, Luca Mischkot, Anna Weda, Luciano Lister (Eslovens de la Val Canale); Francesca Sammartino (Croato-molisans); Freedom Pentimalli (Grèc); Daniela Zanfini (Arbëreshë); Fedele Carboni (Catalan Alguerés);  Maria Carta Siciliano (Tabarquin de Carloforte); Graziano  Alilovic (Romanes). 

Aquesti darriers dui idiòmas totun son exclús dins la lei nacionala n.82 e tornarèm, pus anant, sal second.

Dins la lònja mas doverosa lista, que deu sonar coma tribut vèrs qui s’es pas arrendut e a tengut avisca la brasa dessot la cenre dal conformisme, de l’estandardizacion e de l’omologacion que auria vorgut sofocar una diversitat linguística que es patrimòni cultural de l’Umanitat, per còntra, son insplegablament absents lhi representants de la lenga sarda e friulana.

Lo volum anaria difondut per far-lo conóisser a tanti nòstri concitadins que lo inhòron encà e ne’n sotvàluton ren, abo sufisença, l’importança.

Venon passaas en revista las dotze lengas reconoissuas, après un empenh de desenas d’ans, ental 1999 abo la lei 482. Mas ven evocaa meritoriament decò l’omission – alora justificaa abo la mancança d’una referença territoriala específica (critèri adoptat per trobar las 12 lengas) mas abo l’empenh de tornar-lhi al pus fito – de las lengas romaní dal pòple di chaminants.

La promessa, que es a verbal dins lhi travalhs de la Comission parlamentara que a licenciat la lei n.483/99, es jamai istaa mantengua. D’enlora – e son passats ben 25 ans – aquihi que volgarment venon sonats “sigres” atendon lo reconoissiment decò per lor antic idiòma indoeuropèu. Decò içò fai part de las discriminacions per las qualas siem istats rechamats da la Comission Europèa còntra lo Racisme e l’Intolerança (que es ren una ONG ni un’organizacion militanta, mas institucionala). Lhi uelhs siervon se san beicar e ren masque veire. De las doas l’una: o, evidentement, aquilhi italians sòfron de presbiopia o vòlon ren beicar la realtat que da daluenh senhala nòstras contradiccions e omissions. La profilacion da part de las Fòrças de l’òrdre vèrs lhi Sintes e lhi Rom es conclamaa e documentaa a partir da la se-disenta “Emergença nomades” dal govèrn Berlusconi (2008), que abo un Decret autorizava lo censiment de las popolacions nomadas enti champs, comprés lo relevament de las emprontas digitalas decò a lhi minors: urosament es istat declarat illegítim dal Conselh d’Estat. Que lhi àbie una discriminacion se compren decò da la lei institutiva de la Giornata della Memoria que a exclús lo Porajemos, l’extermini programat da lhi nazifascistas que a emplicat passa 500 mila “singres”.

Après la presentacion di protagonistas lo volum se desvolopa abo un capítol successiu dedicat al tèma “Umani, DNA e lingue”, incursion bioquímica ente s’evidéncia coma lo DNA e las lengas contribuïssen a la definicion de las divèrsas identitas culturalas. L’argoment, que a portat sovent a parlar de minoranças etnolinguísticas, es aprofondit dins lo satge successiu dedicat a “Storie (italiane) scritte nei geni e nelle lingue”. Se torna dins l’esfèra estrechament culturala abo “Il patrimonio linguistico e culturale in italia” que introdutz las pàginas d’après ente se propausa coma una vera e pròpria mapadura linguística de la penísola. Vos remandem a ela ne’n senhalant masque lhi títols. Dins la seccion “Verso Nord: Alpi e dintorni” encontrem lhi Cimbres, lhi Frencoprovençals e lhi Francés de l’Itàlia septentrionala, lhi Friulans, lhi Walser, lhi Ladins, lhi Moquens, lhi Occitans, lhi Sappadins, lhi Saurans e lhi tedescòfons de l’Alto Adige/Sudtirol, lhi Tirolés e lhi Valcavanés. Coma veietz lo satge decid de desrambar-se da las chausias legislativas per propausar de grops de lengas localas ren reconoissuas da la lei e sovent reduchas al rang de dialècts.

“Verso Sud: arrivi da Est e altre storie” nos pòrta a conóisser lhi Arbëreshë (albanés antic), lhi Croats dal Molise, lhi Francoprovençals de la Puglia, lhi Grècs. E icí vai solinhaa la desmentiança de lhi occitans de La Gàrdia, s’estabilits en Calàbria après las persecucions religiosas vèrs lhi protestants valdés. En fin abo “Sardegna, isolamento e approdo” se vai dins l’Ísola per l’Alguerés (que la lei a assimilat al catalan), lhi Sards e lhi Sards Còrses e lhi Tabarquins. Sèrra lo volum lo meritòri capítol “Attraverso l’Italia: i Rom e i Sinti” que dona còmpte dal “pòple dal vent” que coma dich, en essent nomade, sensa territòris de referença a retrobat pòst dins la lei nacionala.

Torna en reond, en clusura, una seccion que rasona sus las minoranças e lo bagatge genòmic de las comunitats que parlon las lengas minorizaas, a la quala seguís una sòrta d’invocacion “Ascoltiamoli: presente e futuro delle comunità alloglottone” abo las respòstas di parlants minoritaris a n’esquèsta ente s’es demandat se lo sens d’identitat e l’usatge de la lenga sie encà enraïsat o se s’avierte na sia pèrda.

Per serrar polia ren mancar, en respèct de las tendenças de costuma de costum, un clinhet d’uelh a un compart a la mòda, l’enogastronomia. Argoment fràgil, ente lo liam linguístic apareis, dins pro de cas, da bòn azardat bèla se una recenta publicística lhi a fach de fortunas.

Lo volum, per sa mira de portar dessot lhi reflectors “lhi Italians que conoissem pas” – de comunitats que an saubut gardar abo consciença, orguelh, passion e obstinacion, lo patrimòni de diversitat culturala e ren masque dont son portators – mérita un’ampla difusion e lo melhor succès.


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