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Nòvas n.249 Febrier 2025

Tre saggi di politica delle minoranze in friulano a cura di Fabian Ros

Tres satges de política de las minoranças en friulan a cura de Fabian Ros

di Fredo Valla

Tre saggi di politica delle minoranze in friulano a cura di Fabian Ros
italiano

Conobbi Fabian Ros (Fabiano Rosso) al CEC di Udine, Centro di Espressioni cinematografiche, verso la fine degli anni ‘90. Aveva creato un festival di cinema delle minoranze linguistiche, la Mostre del cine furlan. Mi invitò ad alcune edizioni con i i miei lavori cinematografici ed altre volte come giurato per la sezione sceneggiature. Fabian si rivelò un nazionalista friulano, un militante con le idee chiare, indenne da ogni folclorismo, capace di pensare a un’alleanza tra minoranze e per nulla imbarazzato ad affrontare temi quale l diritto all’autodeterminazione dei popoli. Esperto di cinema, pensava che attraverso la settima arte il mondo delle minoranze linguistiche potesse crescere e migliorare la propria lotta, le rivendicazioni, in una visione internazionalista. Nel frattempo Fabian Ros aveva fondato, nell’ambito delle pubblicazioni del CEC, la rivista in friulano Segnâi di lûs. Un periodico ben fatto, elegante, con ottima impaginazione, bellissimi articoli, reportages e fotografie, a cui ebbi modo di partecipare con articoli e interviste.

Ciò tra la fine degli anni ‘90 e i primi anni del 2000.

Dopodiché, i contatti si allentarono. Raggiunta (credo) l’età della pensione, Fabian scomparve dal mio orizzonte. Da poco ci è tornato: complice l’amico Giorgio Placereani, critico cinematografico e collaboratore del CEC.

È stato Giorgio a darmi notizie, soprattutto a passarmi l’indirizzo email di Fabian. Ho scoperto così che la sua militanza non è mai venuta meno. Anzi, in un certo senso si è rafforzata. Rinvigorita.

Fabian infatti è autore di tre libri saggio, Indipendence (399 pag.), La ideologie evoluzioniste (121 pag.), La invenzion dal stât (150 pag.), scritti in friulano dalla prima all’ultima pagina, e badate bene, senza traduzione italiana a fronte o in qualsivoglia altra maniera. Il che è una prova di volontà, di fiducia nella propria lingua, e per estensione nelle lingue minorizzate, per cui una lingua è tale se è capace di esprimere ogni concetto, ogni cosa, per citare il nostro Joan Bodon. Quindi, non solo prosa, non solo poesia, etnologia ecc.

Fabian mette in atto, concretamente, una prova di forza del friulano, mostra i muscoli e afferma senza tentennamenti che “in friulano si può dire, si può scrivere”. In friulano egli conduce il lettore attraverso una raffinata analisi politica delle società contemporanee, le ideologie e i movimenti che hanno segnato il Novecento, le contraddizioni nella lotta per l’autodeterminazione dei popoli (nazioni) sottomessi, colonizzati. Un’analisi che si spinge (finalmente) verso nuove proposte e a concepire il fallimento e la fine dei cosiddetti stati nazionali che non possono più essere un obiettivo delle minoranze linguistiche senza stato.

Scrive Fabian (traduco dal friulano) in La invenzion dal stât:

In questi tempi in cui popoli e nazioni prendono coscienza della loro identità, e mostrano la volontà di prendere in mano il loro destino, appare sempre più chiaramente che a contrastare le nazioni storiche e le identità dei popoli non è solo una politica centralista e antinazionalitaria ma la forma stessa dello Stato. E se da una parte la voglia di autodeterminazione dei popoli viene fuori con una forza sempre più marcata, questa si manifesta spesso in un modo contraddittorio, a volte ambiguo. Infatti, resta in piedi l'interrogativo principe, cioè quello di sapere se per indipendenza dei popoli storici si vuole riproporre il modello istituzionale statalista dove ogni realtà etnica venga inserita in una maniera più coerente e omogenea oppure se occorre una organizzazione alternativa a quella che abbiamo conosciuto fino ad ora, una alternativa al giogo statalista che permetta ai popoli di emanciparsi e si sbocciare completamente. In altre parole si tratta di sapere quali sono gli obiettivi dei movimenti nazionalitari: liberarsi da uno Stato centralizzato per formarne un altro o se, per una vera liberazione, occorra elaborare un altro sistema di convivenza civile”.

Il libro saggio Indepedence, mi ha ricordato per alcuni suggestivi rimandi, La clef di Ben Vautier - atlas collectif ethno-linguistique, contenant analyses, cartes, textes théoriques et propositions pour régler les conflits ethniques dans le monde. Un saggio che, al di là delle intenzioni e dei narcisismi del curatore, perdonabili a un artista, analizza, a partire dalle lingue, i popoli del mondo secondo i principi di François Fontan. L’indice di Indipendence mostra come Fabian Ros abbia saputo spaziare fra i popoli dei vari continenti, dando conto delle loro lotte, delle ideologie, delle affermazioni e dei fallimenti, ma qui mi limito a proporre ai lettori di Nòvas l’introduzione (sempre tradotta dal friulano):

La questione del diritto dei popoli all’autodeterminazione viene qui affrontata partendo da tre fattori determinanti: quello economico, quello statuale e quello internazionale. Sul piano economico si tratta di superare il preconcetto primario secondo cui ogni discorso critico e interpretativo (e quindi propositivo) che tocca l’economia deve essere affrontato all’interno di un impianto precostituito, di una cornice ineluttabile, di una struttura mentale che vede il sistema esistente come organismo naturale, tenuto insieme da leggi naturali, dove quindi ogni analisi critica può essere fatta solo all’interno di quel paradigma. Allo stesso modo in cui un ingegnere o un architetto può sì ideare e progettare ponti o palazzi in forma, struttura o materiale del tutto originali, ma non può però prescindere dalle leggi della fisica, della geologia e della natura in generale.

Questa assimilazione delle scienze umane con quelle naturali porta ad una visione del mondo in cui l'economia è calcolata scienza e messa al posto di comando. In cui, inoltre, il termine “economico” deve essere sempre coniugato con “mercato” in un incontro che dovrebbe corrispondere alle leggi della natura. Un sistema descritto come inevitabile e come l’unico possibile. Il pensiero dominante, analizza la vicenda storica dell'uomo secondo questo modello spacciato per “scientifico” e al quale ogni comunità (civile e politica) deve adeguarsi.

Prima di tutto si tratta di mettere in discussione questo teorema, altrimenti ogni ulteriore passo risulterebbe un fallimento. Si deve quindi sostenere che tale adeguatezza è discutibile sul piano metodologico e falsa sul piano storico. Se si vuole affrontare la questione dei cambiamenti politici, bisogna prima cambiare quel paradigma perché all’interno di quel paradigma qualsiasi mutamento si rivelerebbe illusorio.

Se è vero che Marx definisce l'economia di mercato come una delle forme possibili dell'economia, egli tuttavia calcola l'economia come elemento strutturale della società ma non calcola il peso (come Weber o Polanyi) dei dati culturali.

La struttura della nostra società si fonda su due pilastri: il primo è rappresentato dall’economicismo figliastro della filosofia materialista, da un materialismo che calcola la comunità umana come un aggregato di individui il cui impiego è produrre per nutrirsi e sopravvivere (l'uomo sarebbe solo ciò che mangia) e lo fanno sotto la spinta di quello che oggi chiamiamo “mercato”.

In quest’ottica, l’organizzazione di una società deve portare in primo piano la questione produttiva, che in un contesto capitalista si traduce nell’ossessione produttivistica.

Il secondo aspetto è rappresentato dallo statalismo.

Questo secondo pilastro calcola l’istituzione dello Stato come telaio insuperato e insuperabile della vita civile.

È a partire da queste basi che si sviluppa il discorso politico dominante ed è a partire da lì che bisogna attingere per contestualizzare il discorso identitario.

Il discorso e la battaglia per l’identità e l’indipendenza dei popoli dovranno essere inscenati e sviluppati in opposizione all’ideologia statalista ed economicista, dove lo Stato e il terreno ideologico in cui si innesta tendono ad escludere ogni rivendicazione e ogni battaglia di natura identitaria e nazionalitaria calcolata un pericolo per il sistema dominante nel suo complesso.

Il terzo pilastro: quello etnico.

Quando si parla della questione etnica questa viene spesso travisata e reinterpretata o in senso “etnografico” (inserita nel campo della ricerca antropologica) o in senso contrario al suo significato primario, cioè interpretata in forma “identitaria”, con una colorazione ideologica suprematista o con intenti di chiusura ed esclusione. In realtà, lo Stato e l’ideologia suprematista sono sempre stati la tomba dei popoli “storici”, cioè la tomba delle realtà etniche, della loro cultura, lingua e identità. Il coerente appello alla difesa e all’autodeterminazione dei popoli mette in discussione l’esistenza dello Stato, e la contestazione dell’esistenza dello Stato è coerente e realizzabile solo nella misura in cui mette in discussione non solo il sistema economico dominante, ma l’ideologia materialista che ne rappresenta il fondamento.

Ancora di più. Non esistono, salvo casi del tutto eccezionali e incidentali, stati etnici. Lo Stato è uno strumento il cui scopo è assumere non la rappresentanza e la rappresentazione di un popolo storico, ma il dominio territoriale e centralizzato in funzione e per la difesa di un sistema produttivo e dei suoi proprietari e rappresentanti. Il “popolo” entro il quale è costretto, non è altro che un miscuglio di popoli uno diverso dall’altro, inquadrati nelle sembianze e dietro la maschera di un "popolo" artificiale, artefatto, inventato per fare da carne da cannone, massa di consumatori e forza lavoro del sistema produttivo. Di questi popoli, una minoranza ha conservato la coscienza identitaria, altri, quelli che sventolano due bandiere, solo parzialmente, altri ancora per nulla.

...

La realtà di oggi ci sta mostrando che altre forme sono possibili perché questo sistema non è assoluto, naturale e inalienabile ma è il risultato di una scelta arbitraria che, una volta accettata socialmente, appare naturale.

L’alternativa può essere solo quella di un processo che mostri e dimostri con atti e fatti un altro mondo possibile, fatti e atti che possono essere espressi solo da un’autorialità in grado di proporre valori che trascendono il dato economicista.

...

Per ottenere questo è necessario ribaltare la scala delle priorità che pone l’economia in alto, la politica in basso e infine il sapere. Una società così strutturata vede tutte le scelte come asservite agli interessi economici e quindi, in effetti, la produzione di conoscenza deve essere isolata in un contesto di tensione materialista poiché la subordinazione all’economia richiede una conoscenza funzionale alla materialità. Una conoscenza subordinata all'economia si occuperà dell'interpretazione del mondo materiale e del suo sfruttamento in modo diretto o indiretto, perché è da quel mondo che l'economia trae il suo profitto. E dal momento che è il mondo economico che si trova nella parte più alta del sistema di potere, è il mondo economico che finanzia e dà direttive alle istituzioni scientifiche, interpretative e formative. Conoscere sarà conoscere solo tutto ciò che è materiale.

Per un cambiamento radicale della società occorre quindi, innanzitutto, liberare la conoscenza dalla schiavitù del materialismo e di un'ideologia che limita e condiziona in tutti i sensi la realizzazione dell'uomo e della comunità in cui vive e che lo identifica.

L’opera di Fabian Ros purtroppo non conosce una diffusione adeguata (quella che a mio avviso meriterebbe); i tre libri sono stati stampati ed editi in proprio dall’autore e conoscono tutti i limiti di diffusione su cui evito di dilungarmi. Sono tuttavia importanti, e in un certo senso rivoluzionari, sia per le tesi che propongono, sia perché pongono l’accento sulla necessità di elaborare un pensiero politico originale in quanto minoranze consapevoli, e per essere interamente scritti in una lingua minorizzata, il che non è affatto usuale nel nostro mondo di popoli sottomessi che per comodità, facilità, scarso impegno e scarsa volontà di mettersi in gioco preferiscono (come faccio io stesso) scrivere nelle lingue dominanti. Con ciò accelerando la fine delle nostre lingue. La loro scomparsa.

(n.d.r: i libri di Fabian Ros sono consultabili presso la Biblioteca di Espaci Occitan – Dronero)

occitan

Ai conoissut Fabian Ros (Fabiano Rosso) al CEC de Udine, Centro Espressioni Cinematografiche, vèrs la fin di ans ’90. Avia creat un festival de cínema de las minoranças linguísticas, la Mostre del cine friulan. M’a envidat a qualque edicion abo mi travalhs cinematogràfics e d’autri bòts coma jurat per la seccion scenejaturas. Fabian s’es revelat un nacionalista friulan, un militant abo las ideas claras, salv da qual se sie folclorisme, capable de pensar a un’aleança entre las minoranças e pas ren embarrassat a afrontar de tèmas coma lo drech a l’autodeterminacion di pòples. Expèrt de cínema, pensava que a travèrs la setena art lo mond de las minoranças linguísticas polesse créisser e melhorar sa lòta e sas revendicacions, dins una vision internacionalista. Entrementier Fabian Ros avia fondat, dins lo quadre de las publicacions dal CEC, la revista en friulan Segnâi di lûs. Un periòdic ben fach, elegant, abo un’impaginacion excellenta, de bèls articles, reportatges e fotografias, al qual ai porgut partecipar abo d’articles e d’entervistas.

Aquò entre la fin di ans ‘90 e lhi premiers ans dal 2000.

Après, lhi contacts se son relamats. Rejonch (creo) l’atge de la pension, Fabian es despareissut da mon orizont. Da gaire lhi es tornat: còmpliç l’amís Giorgio Placereani, crític cinematogràfic e collaborator dal CEC.

Es istat Giorgio donar-me de nòvas, sobretot a passar-me l’adreça email de Fabian. Ai descubèrt parelh que sa militança es jamai mancaa. Ansi, dins un cèrt sens s’es renforçaa, fortificaa.

Fabian, de fach, es autor de tres libres satge, Indipendence (399 pag.), La ideologie evoluzioniste (121 pag.), La invenzion dal stât (150 pag.), escrichs en friulan da la premiera a la darriera pàgina, e fasetz ben atencion, sensa traduccion italiana a front o dins qual se vuelhe autra maniera. Çò que es una pròva de volontat, de confiança dins sa lenga e per extension dins las lengas minorizaas, parelh que que una lenga es tala se es capabla d’esprímer qual se sie concèpt, tota causa, per citar nòstre Joan Bodon. Donca, pas masque de pròsa, pas masque de poesia, d’etnologia etc.

Fabian buta en act, concretament, una pròva de fòrça dal friulan, mostra lhi muscles e afèrma sensa esitar que “en friulan se pòl dir, se pòl escriure”. En friulan mena lo lector a travèrs un’anàlisi política rafinaa de las societats contemporàneas, las ideologias e lhi moviments que an marcat lo Nòu Cent, las contradiccions dins la batalha per l’autodeterminacion di pòples (nacions) somés, colonizats. Un’anàlisi que nos possa (finalment) vèrs de nòvas proposicions e a concepir lo faliment e la fin di se disents estats nacionals, que pòlon pus èsser un objectiu de las minoranças linguísticas sensa estat.

Escriu Fabian (traduso dal friulan) dins La Invenzion dal stât:

Dins aquesti temps ente lhi pòples e las nacions pilhon consciença de lor identitat, e mostron la volontat de pilhar en man lor destin, apareis sempre pus clarament que a contrastar las nacions estòricas e las identitats di pòples es ren masque una política centralista e antinacionalitària, mas la forma mesma de l’estat. E se d’ un cant la vuelha d’autodeterminacion di pòple ven fòra en maniera sempre pus marcaa, se manifèsta sovent en maniera contradictòria, de bòts ambígua. De fach, rèsta l’interrogatiu prince, o ben aquel de sauber se per l’indipendença di pòples estòrics se vòl repropausar lo modèl institucional estatalista ente chasque realtat ètnica vene inseria en maniera pus coerenta e omogènea o se chal un’organizacion alternativa a aquela que avem conoissut fins aüra, un’alternativa al jog estatalista que permete a lhi pòples d’emancipar-se e de florir completament. En d’autras paraulas se tracta de sauber quals son lhi objectius di moviments nacionalitaris: liberar-se da un Estat centralizat per ne’n formar un autre o se, per una vera liberacion, chale elaborar un autre sistèma de convivença civila”.


Lo libre satge indipendence, m’a navisat, per cèrti remands suggestius, La clef de Ben Vautier – atlas collectif ethno-linguistique, contenant analyses, cartes, textes théoriques et propositions pour régler les conflits ethniques dans le mond. Un satge que, al delai de las intencions e di narcisismes dal curator, perdonables a un artista, analiza, a partir da las lengas, lhi pòples dal mond second lhi principis de François Fontan. La taula de Indipendence mostra coma Fabian ros àbie saubut espaciar entre lhi pòples di divèrs continents, en donant còmpte de lors batalhas, de las ideologias, de las afermacion e di faliments, mas icí me límito a propausar a lhi lectors de Nòvas l’introduccion (sempre traducha dal friulan):


La question dal drech di pòples a l’autodeterminacion ven afrontaa icí en partent da tres factors determinants: aquel econòmic, aquel estatual e aquel internacional. Sal plan econòmic se tracta de sobrar lo preconcèpt primari second lo qual qual se sie descors crític e interpretatiu (e donca propositiu) que trucha l’economia deu èsser afrontat dins aquel paradigma. Parelh coma un engenhier o un arquitèct pòl sí idear e projectar de pònts o de palais abo de formas, estructuras o materials dal tot originals, ma pòl pas inhorar las leis de la física, de la geologia e de la natura en general.

Aquesta assimilacion de las scienças umanas abo aquelas naturalas mena a una vision dal mond ente l’economia es consideraa una sciença e butaa al pòst de comand. Ente, en mai d’aquò, lo tèrme “econòmic” deu èsser sempre conjugat abo “marchat” dins un encòntre que devaria correspònder a las leis de la natura. Un sistèma descrich coma inevitable e coma lo solet possible. Lo pensier dominant analiza l’estòria de l’òme second aqueste modèl presentat coma “scientífic” e al qual chasque comunitat (civila e política) deu adeguar-se.

Derant tot se tracta de butar en descussion aqueste teorèma, chasque autre pas resultaria un faliment. Chal donca sostenir que aquela adeguatessa es descutíbila sal plan metodològic e faussa sal plan estòric. Se se vòl afrontar la question di chambiaments polítics, derant chal chambiar aquel paradigma perqué dins aquel paradigma qual se sie chambiament se revelaria illusòri.

Se es ver que Marx definís l’economia de marchat coma una de las formas possiblas de l’economia, totun consídera l’economia coma element estructural de la societat mas ren lo pes (coma Weber e Polanyi) di elements culturalss.

L’estructura de nòstra societat se fonda sus dui pilastres: lo premier es rapresentat da l’economisme filhastre de la filosofia materialista, da un materialisme que consídera la comunitat umana coma un agregat d’individus dont l’emplec es de produire per norrir-se e sobreviure (l’òme saria masque çò que minja) e lo fan dessot la possaa d’aquel que encuei sonem “marchat”.

Dins aquesta prospectiva, l’organizacion d’una societat deu portar en premier plan la question productiva, que dins un contèxt capitalista se tradutz dins l’obsession per la produccion.


Lo second aspèct es rapresentat da l’estatalisme.

Aqueste second pilastre consídera l’institucion de l’Estat coma telier insobrat e insobrable de la vita civila.

Es a partir d’aquestas basas que se desvolopa lo descors polític dominant e es a partir d’aquí que chal pilhar per contextualizar lo descors identitàri. Lo descors e la batalha per l’identitat e l’indipendença di pòples devarèn èsser enscenats e desvolopats en oposicion a l’ideologia estatalista e economicista, ente l’Estat e lo terren ideològic ente s’enta tendon a exclúder qual se sie revendicacion e batalha de natura identitària e nacionalitària jutjaa un pericle per lo sistèma dominant dins son ensem.


Lo tèrç pilastre: aquel ètnic.

Quora se parla de la question ètnica aquesta ven sovent destravisaa e reinterpretaa o en sens “etnogràfic” (inseria ental champ de la recèrcha antropològica) o a l’envèrs de son sinhificat primari, o ben interpretaa en forma “identitària”, abo una coloracion ideològica suprematista o abo d’intencions de embarrament e d’exclusion. En realtat, l’Estat e l’ideologia suprematista son sempre istats la tomba di pòples “estòrics”, o ben la tomba de las realtats ètnicas, de lor cultura, lenga e identitat. L’apèl coerent a la defensa e a l’autodeterminacion di pòples buta en descussion l’existença de l’Estat, e la contestacion de l’existença de l’Estat es coerenta e realizabla masque se buta en descussion ren masque lo sistèma econòmic dominant, mas l’ideologia materialista que ne’n rapresenta lo fondament.

Encà mai. Existon pas, gavats de cas dal tot excepcionals e incidentals, d’estats ètnics. L’Estat es un enstrument dont la mira es ren d’assúmer la rapresentança e la rapresentacion d’un pòple estòric, mas lo domini territorial e centralizat en foncion e per la defença d’un sistèma productiu e di siei proprietaris e rapresentants. Lo “pòple” ental qual es constrech es ren d’autre que una mèscla de pòple un diferent da l’autre, enquadrats dins las semblanças e dins la màsquera d’un “pòple” artificial, fint, inventat per far da charn da canon, una massa de consumators e de fòrça de travalh dal sistèma productiu. D’aquesti pòples, una minorança a gardat una consciença identitària, d’autri, aquilhi que ventalhon doas bandieras, masque en part, d’autri pas ren.

...

La realtat d’encuei es en tren de mostrar-nos que d’autras formas son possiblas perqué aqueste sistèma es ren absolut, natural e inalienable, mas es lo resultat d’una chausia arbitrària que, un bòt acceptaa socialament, apareis naturala. L’alternativa pòl masque èsser aquela d’un procès que mostre e demostre abo d’acts e de fach que un autre mond es possible, de fachs e d’acts que pòlon èsser exprimuts masque abo un’autoritat en grad de propausas de valors que despasson la donaa economicista.

...

Per obtenir aquò es necessari reversar l’eschala de las prioritats que buta l’economia en aut, la política en bas e enfin lo saber. Una societat estructuraa parelh ve totas las chausias coma asservias a lhi interès e donca, en efèct, la produccion de conoissença deu èsser isolaa dins un contèxt de tension materialista já que la subordinacion a l’economia demanda una conoissença foncionala a la materialitat. Una conoissença subordinaa a l’economia s’ocuparè de l’interpretacion dal mond material e de son esfruchament en maniera dirècta o indirècta, perqué es da aquel mond que l’economia trai son profit. E vist que es lo mond econòmic que se tròba dins la part pus auta dal sistèma de poer, es lo mond econòmic que finança e dona de directivas a las institucions scientíficas, interpretativas e formativas. Conóisser sarè conóisser masque tot çò que es material.

Per un chambiament radical de la societat chal donca, derant tot, liberar la conoissença da l’esclavatge dal materialisme e de n’ideologia que límita e condiciona en tuchi lhi sens la realizacion de l’òme e de la comunitat ente vivo e que lo identífica.


L’òbra de Fabian Ros malurosament conois pas una difusion adeguaa (aquela que a mon avis meritaria); lhi tres libres son istats estampats e editats en pròpri da l’autor e conoisson tuchi lhi límits de difusion sus lhi quals évito de pèrder-me. Totun son importants, e dins un cèrt sens revolucionaris, sia per las tèsis que propauson, sia perqué pauson l’accent sus la necessitat d’elaborar un pensier polític original en tant que minoranças conscientas, e per èsser escrichs entierament dins una lenga minorizaa, çò que es pas dal tot usual dins nòstre mond de pòples somés que per comoditat, facilitat, escars empenh e escarsa volontat de butar-se en juec preferisson (coma fau decò mi) escriure dins las lengas dominantas. En accelerant coma aquò la fin de nòstras lengas. Lor desparicion.



(n.d.r: lhi libres de Fabian Ros son consultables a la èedi Espaci Occitan – Dronier)


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