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Nòvas n.251 Abril 2025

Pensiero laico

Pensier laic

di Fredo Valla

Pensiero laico
italiano

È triste oggi, in assenza di una visione politica e di un autentico progetto di futuro, essere costretti a citare esempi del passato, ma ci fu un tempo in cui gli uomini delle Valli, mossi da spirito di indipendenza, seppero battersi per il pensiero libero. E pensare che in questi nostri anni, le Valli, impoverite dal salasso dell’emigrazione che ahimé le ha private di una classe dirigente capace, avrebbero quanto mai bisogno di lavorare con spirito unitario a un progetto di rinascita, mentre sembrano perdersi in particolarismi e visioni ristrette, e si mostrano incapaci di elaborare un pensiero moderno e originale.

Dalle pagine facebook di Mariano Allocco di Prazzo, protagonista di tante battaglie per la rinascita delle Valli Occitane, traggo questi due esempi.

Libera Chiesa in libero Stato a San Michele di Prazzo

Ci fu un tempo non lontano, in cui le comunità alpine non avevano riserve nel prendere posizione in campo politico e la facciata dell’ex Municipio di San Michele di Prazzo ne è testimonianza.

Libera sia Roma, l’Italia e il Mondo, poi la morte ci riconduca a Dio”, questa scritta laica campeggia dal 1864 sulla facciata dell’ex municipio di fronte alla chiesa parrocchiale a San Michele di Prazzo, in alta val Maira.

Chi passa, turista o valligiano che sia, per solito ne dà una lettura folcloristica, quassù non si è più abituati ad affermare perentoriamente le proprie idee.

La storia del vissuto alpino ora viene declinata all’insegna del folclore, mentre la Politica Montana da qualche decennio ha posto la sua centralità sull’ambiente, non più sull’uomo che quell’ambiente vive.

Eppure proprio quella scritta dovrebbe far riflettere!

Era il 28 agosto 1864, sei anni prima della Breccia di Porta Pia, aperta nelle mura di Roma in un XX settembre 1870, ora dimenticato, quando il Consiglio comunale di San Michele, presieduto dal sindaco Lando Giacomo, deliberò di “illustrare gli uomini celebri della nostra età, i quali favorirono il moto italico… si convenne di doversi dipingere due figure al naturale rappresentanti l’una l’Italia, l’altra il Re e … parimenti dipingere due figure col solo busto, rappresentanti il Conte Camillo Cavour e il Generale Lamarmora, i quali favorirono il moto italico”.

Regnanti Vittorio Emanuele e l’ultimo Papa Re, per i montanari di allora era chiara la separazione della gestione della cosa pubblica da quella delle anime e quali erano le “figure” che rappresentavano l’italianità in cui si riconoscevano.

Quella facciata testimonia un tempo in cui nelle Valli si aveva coscienza del proprio destino e del peso che il Monte aveva nel contesto nazionale.

Un tempo in cui le Parti quassù si confrontavano come altrove in una Italia che usciva dal Risorgimento e la Politica, sul Monte, era vissuta come in pianura, cosa che ora non è.

Se il parroco aveva deciso di ornare la facciata della chiesa con figure di fede, sul lato opposto della piazza il palazzo comunale esponeva un messaggio laico e politico. Le Parti si confrontavano senza remore.

Ovvio che, in un tempo in cui il confronto politico scaldava gli animi, come in ogni altra parte d’Italia, la decisione nel Consiglio Comunale non fu presa all’unanimità e anche questo testimonia il sano dibattito tra opposte ipotesi.

Questo succedeva centosessanta anni fa, ora quale Comune penserebbe qualcosa del genere? Quali sarebbero, poi, gli “uomini celebri della nostra età” da raffigurare ora?

Alcuni argomenti nei Comuni montani sono diventati indiscutibili, possono essere solo oggetto di plauso e condivisione mentre le voci dissonanti sono derise, se va bene, altrimenti catalogate come errori se non orrori.

Dagli anni ’70 per la Politica nelle Valli si è affermato un approccio ecumenico, meglio evitare gli schieramenti che si affermano nel resto della Nazione.

La deriva ultima, che ha visto la soppressione delle Comunità Montane e l’introduzione del metodo maggioritario sia nei Comuni che nelle Unioni Montane, non fa che minare ulteriormente le istituzioni.

Se il Monte vuole uscire da una deriva eterodiretta, da altri decisa, bisogna che riprenda in mano le redini del proprio destino e la strada è una sola, è la strada maestra della Politica.

Di qualche secolo prima è un altro esempio, sempre in val Maira.

Dagli statuti di libertà alla normalizzazione sabauda

Nel 1588 Carlo Emanuele I conquista il Marchesato di Saluzzo e chiede alla Valle Maira un atto di fedeltà, che sarà consegnato dai due Consoli della Valle nelle mani della moglie, Catalina Micaela, figlia di Filippo II re di Spagna, il 27 settembre 1589.

Il documento mostra quale era lo spirito con cui la Valle si confrontava col il nuovo sovrano, unica valle del Marchesato che si oppose in armi al Savoia.

L'Infanta accettò le prime due richieste, la terza, quella di "confermar a quelli della religione pretenduta reformata di viver in libertà di loro coscienza..." fu rimandata al "buon voler di S. A.", di questo se ne occuparono i Cappuccini dall'anno dopo.

La Valle allora aveva un suo esercito: quattrocento uomini si opposero per giorni alle Porte di Lottulo alle truppe sabaude, formate per la quasi totalità da mercenari catalani che parlavano la stessa lingua dei valligiani.

Finito il conflitto alcuni si fermarono, a San Martino di Stroppo uno di loro costruì un mulino a vento, che rimase in funzione per tre secoli.

Con la Pace di Lione del 1601 viene riconosciuta la sovranità dei Savoia sul Marchesato, uno degli articoli disponeva che sarebbero state mantenuti accordi e usanze precedenti alla conquista.

L’anno dopo però Carlo Emanuele infeudò tutta la valle, meno Elva, infeudata solo nel 1610.

Tre Comuni, Prazzo, San Michele e Ussolo, ricorso al tribunale internazionale di Ginevra, ricorso che venne respinto “avendo il sovrano operato per interesse superiore”, anche quella volta prevalse sugli accordi sottoscritti lo “stato di eccezione”.

Nel 1610 Elva venne infeudata ad Antonio Alinei (o Allinei), che assunse il titolo di Conte. Lo stemma di quella famiglia è quello ancora oggi riportato sul vessillo di Elva.

Gli Allinei erano originari di San Michele, il padre di Antonio, Giovan Ludovico, si trasferì a Dronero verso la fine del 1500 e ne divenne Podestà, fu anche capo del partito cattolico, mentre la Valle, proprio per marcare la distanza dai Savoia, passò in gran parte al Calvinismo.

Anche ad Elva il Calvinismo si propagò, i rintocchi di una campana ugonotta sulla cappella della frazione Grange ne sono testimoni.

Infeudare Elva a un cattolico era un segnale chiaro, la “normalizzazione” della Valle fu affidata dal Savoia ai Cappuccini, per tre anni furono impiccati quelli definiti “pretenduti riformati”, poi si procedette “con metodi virili” nei confronti semplicemente di “banditi”, ma questa è un’altra storia.

(…)

Quando il primo feudatario che venne in Valle fu trovato in un formicaio, Carlo Emanuele raccomandò loro di “rimanere nelle loro abituali dimore e non risalire la Valle Maira, abitata da gente infida e crudele”.

Una di quelle famiglie prese il nome del Comune infeudato, il generale Alessandro Lamarmora (La Marmo in occitano) fondò il corpo dei Bersaglieri, il fratello Alfonso comandò i piemontesi nella guerra di Crimea.

L’ultima volta che a Stroppo si riunì la Congrega di Valle, assemblea dei Sindaci dei 12 Comuni, fu nel 1640, la “normalizzazione” sabauda durò un paio di decenni, ma gli Statuti in base ai quali la Valle si era governata dal XII secolo, non sono mai stati abrogati, l'Infanta, a nome di Carlo Emanuele, aveva accettato di mantenerli in vigore!

Autris temps autra gent”, mas (conclude Allocco) “apres un temps ne ven n’autre. Autras gents an viscut la val Maira, autras gents la vivaren”.

occitan

Es trist encuei, en absença d’una vision política e d’un auténtic projèct de futur, èsser constrechs a citar d’exèmples dal passat, mas lhi a agut un temp ente lhi òmes de las valadas, bojats da un esprit d’indipendença, an saubut bàter-se per lo pensier libre. E pensar que dins aquesti nòstri ans, las Valadas, empaurias dal salàs de l’emigracion que malurosament las a privaas d’una classa dirigenta capabla, aurion pus que mai da manca de travalhar abo un esprit unitari e a un projèct de renaissença, dal temp que semelhon pèrder-se dins de particolarismes e de visions restrechas, e se mostron incapablas d’elaborar un pensier modèrn e original. Da las pàginas facebook de Mariano Allocco, de Pratz, protagonista de tantas batalhas per la renaissença de las Valadas Occitanas, traio aquesti dui exèmples.

Una Gleisa libra dins un Estat libre a San Michèl de Pratz

Lhi a agut un temp ren luenh, ente las comunitats alpinas avion ren de resèrvas a pilhar posicion en política e la façada de l’ex Municipi de la Comuna de San Michèl de Pratz n’es una testimoniança.

Libera sia Roma, l’Italia e il Mondo, poi la morte ci riconduca a Dio”, aquesta escricha laica se dreiça despuei lo 1864 sus la façada de l’ex municipi derant a la gleisa parroquiala a San Michèel de preatz, en auta Val Maira.

Qui passa, torista o valijan que sie, de costuma ne-n dona una lectura folclorística, icí amont siem pus abituats a afermar perentoriament nòstras ideas.

L’estòria dal viscut alpin aüra ven declinaa dessot lo senh dal folclòr, mentre la Política Montana da qualque decènni a pausat sa centralitat sus l’ambient, pas pus sus l’òme que viu aquel ambient.

E pura pròpi aquela scricha devaria far reflechir!

Era lo 28 d’avost dal 1864, sies ans derant de la Breccia di Porta Pia, dubèrta enti murs de Roma lo XX de setembre 1870, aüra desmentiat, quora lo Conselh comunal de San Michèl, presidit dal séndic Lando Giacomo, deliberet de “illustrar lhi òmes celèbres de nòstra època, que an favorit lo moviment itàliac... s’es convengut de dever pintra doas figuras al natural, rapresentantas una l’Itàlia, l’autra lo Rei e... parierament pintrar doas figuras masque abo lo bust, rapresentantas lo Cont Camillo Cavour e lo general Lamarmora, que an favorit lo moviment itàlic”.

Renhants Vittorio Emanuela III e lo darrier Papa Rei, per lhi montanhins d’alora era clara la separacion de la gestion de la causa pública da aquela de las ànimas e qualas eron las “figuras” que representavon l’italianitat dins la quala se reconoission.

Aquela façada testimònia un temp ente dins las Valadas s’avia consciença dal pròpri destin e dal pes que la Montanha avia ental contèxt nacional.

Un temp ente las Parts icí amont se confrontavon coma d’autri cants dins un’Itàlia que salhia dal Resorgiment e la Política, en Montanha, era viscua coma dins la plana, çò que aüra es pas.

Se lo curat avia decidat d’ornar la façada de la gleisa abo de figuras de fè, da l’autre cant de la plaça lo palais comunal expausava un messatge laic e polític. Las Parts se confrontavon sensa resèrvas.

Es clar que, dins un temp ente lo confront eschaudava lhi ànims, coma dins qual se sie autra part d’Itàlia, la decision dal Conselh Comunal foguet ren pilhaa a l’unanimitat e decò aquò testimònia lo san debat entre las ipòtesis opausaas.

Aquò se passava cent sessanta ans fa, aüra quala comuna pensaria quarquaren de parier? Quals sarion, puei, phi “òmes celèbres de nòstre temp” da rafigurar aüra?

Qualqui argoments dins la Comunas de montanha son devenguts indiscutibles, pòlon masque èsser laudats e partatjats, mentre las vòutz dissonantas son enriuas, se vai ben, se no catalogaas coma d’errors se ren d’orrors.

Da lhi ans ’70 per la Política de las Valadas s’es afermat un apròch ecumènic, mielh evitar lhi rarinjaments que se afèrmon ental rèst de la Nacion.

La darriera deriva, que a vist la sopression de las Comunità Montane e l’introduccion dal mètod majoritari sia ent las Comunas que dins las Unioni Montane, fai ren que minar enca de mai las institucions.

Se la Montanha vòl salhir da una deriva eterodirècta, decidaa da d’autri, chalque repilhe en man las renas de son destin e lo chamin es un solet, es la via mèstra de la Política.

De qualque sècle derant es un autre exèmple, sempre en Val Maira.

Da lhi estatuts de libertat a la normalizacion sabauda

Ental 1588 Emanuele I conquista lo Marquesat de Saluces e demanda a la Val Maira un act de fedeltat, que sarè consenhat da lhi dui Cònsols de la Valada dins las mans de la frema, Catalina Micaela, filha de Filip II rei d’Espanha, lo 27 de setembre 1589.

Lo document mostra qual era l’esprit abo lo qual la Valada se confrontava abo lo nòu sovran, soleta valada dal Marquesat que s’opauset en armas al Savoia. L’Infanta acceptet las premieras doas demandas, la tèrça, aquela de “confermar a quelli della religione pretenduta reformata di viver in libertà di loro coscienza...” foguet remandaa al “buon voler di S.A.”, d’aquò se ne’n ocuperon lhi Capucins da l’an d’après.

La Valada alora avia un siu exèrcit: quatre cent òmes s’opauseron per de jorns a las Pòrtas de Lòtol a las tropas sabaudas, formaas per la quasi totalitat da de mercenaris catalans que parlavon la mesma lenga di valijans.

Finit lo conflicts quarqu’uns se fermeron, a San Martin d’Estròp un d’eles construet un molin a vent, que restet en foncion per très sècles.

Abo la Patz de Lion dal 1601 venet reconoissua la sovranitat di Savoia sal Marquesat, un di articles dispausava que sarion istats mantenguts lhi acòrdis e las usanças precedentas a la conquista.

Mas l’an d’après Carlo Emanuele enfeudet tota la valada, menc Elva, enfeudaa masque ental 1610.

Tres Comunas, Pratz, San Michèl e Ussòl, recorrut al tribunal internacional de Ginèvra, recors que venet repossat “en avent lo sovran operat perun interès superion), decò aquel bòt prevalet sus lhi acòrdi soscrichs l’2estat d’excepcion”.

Ental 1610 Elva venet enfeudaa a Antonio Alinei (o Allinei), que assumet lo títol de Cont. L’estèma d’aquela familha es aquel reportat encà encuei sus la bandiera d’Elva.

Enfeudar Elva a un catòlic era un senhal clar, la “normalizacion” de la Valada foguet afidaa dal Savoia alhi Capucins, per tres ans fogueron empicats aquilhi definits “pretenduti riformati”, puei se procedet “con metodi virili” vèrs ren que de “banditi”, mas aquesta es un’autra estòria.

(...)

Quora lo premier feudatari que venet en Valada foguet trobat ent un fermisier, Carlo Emanuele lor racomandet de “restare nelle loro dimore abituali e non risalire in ValleMaira,abitata da gente infida e crudele”.

Una d’aquelas familhas prenet lo nom de la Comuna enfeudaa, lo general Alessandro Lamarmora (La Marma en occitan) fondet lo còrpdi Bersaglieri, lo fraire Alfonso comandet lhi piemontés dins la guerra de crimea.

Lo darrier bòt que a Estròp se reuniet la Congrega di Valle, assemblea di Séndics de las 12 Comunas, foguet ental 1640, la “normalizacion” sabauda duret un parier de decènnis, mas lhi Estatuts en basa a lhi quals la Valada s’era governaa despuei lo XII spècle, son jamai istats abrogats, l’Infanta, a nom de Carlo Emanuele, avia acceptat de mantenir-lhi en vigor!

Autris temps autra gent”, mas (conclui Allocco) “apres un temps ne ven n’autre. Autras gents an viscut la val Maira, autras gents la vivaren”.


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