Quei diavoli di baschi quindi non faranno mai come tutti? Per quanto appaia incredibile, l’euskara in effetti guadagna locutori in Francia, nello stesso tempo in cui tutte le altre lingue minoritarie di città sembrano in declino. C’è un mistero sul quale si è concentrato il sociologo Eguzki Urteaga (1), di cui è meglio non provare neppure a pronunciare il nome (o allora non mentite: siete bascofoni).
Innanzitutto, i fatti, o piuttosto le cifre. In valore assoluto, il numero totale di locutori di basco è passato da 73000 a 74000 in cinque anni dal lato francese. Una progressione tenue, certo, ma non per questo meno rilevante. Durante questo tempo, infatti, le generazioni degli anni 1920 e 1930, di cui l’euskara era sovente la lingua materna, sono sparite. Tradotto in percentuale, ciò significa che, da Hendaye a Mauléon passando per Hasparren, il 20,5 % degli abitanti sono al giorno d’oggi dei locutori ed il 9,3% dei locutori passivi (persone che comprendono e parlano la lingua, ma meno bene che il francese), sono quasi un terzo della popolazione totale. Se le cifre restano ancora lontane dai livelli registrati dalla Comunità Autonoma Basca in Spagna - 33,9 % di locutori attivi e 19,1 % di locutori passivi - nondimeno sono molto incoraggianti.
Da dove arriva questa ripresa? “Dallo sviluppo massivo dell’insegnamento in lingua basca - risponde senza esitare Eguzki Urteaga - La progressione degli effettivi raggiunge in media il 4,7 % per anno”. Un incremento che permette di “produrre” locutori di qualità sufficientemente numerosi per rimpiazzare la scomparsa dei più anziani. Meglio: sapendo che i censimenti non contabilizzano che i maggiori di 16 anni, c’è fortemente da scommettere che gli effettivi salgano ancora con l’arrivo all’età adulta delle giovani generazioni.
Risaliamo ancora la catena esplicativa e tentiamo di comprendere il successo della scolarizzazione basca in Francia, dove questa lingua non dispone dello statuto ufficiale di cui gode il lato spagnolo, che sia all’università, nei media, o nelle amministrazioni. “Lo sviluppo di una lingua dipende da tre fattori principali” - spiega il sociologo - la densità di locutori di cui si dispone attorno a sé, il sentimento di competenza linguistica e la motivazione di ciascuno. Questo ultimo fattore, decisivo, comprende a sua volta due dimensioni. Un aspetto utilitario: una persona sarà più incline ad apprendere una lingua se questa permette la riuscita negli studi e l’ottenimento di un impiego (ragione per cui molti francesi cercano di padroneggiare l’inglese). E un aspetto identitario, legato al sentimento di appartenenza, all’’amore per il proprio territorio, all’attaccamento che si possiede verso la propria cultura. Dal lato spagnolo, I due aspetti si coniugano. Dal lato francese, è soprattutto l’aspetto identitario a giocare, benché l’aspetto utilitario sia in progressione”, riassume Eguzki Urteaga.
L’infatuazione della società civile per la cultura bascha è così forte da assumere ormai un risvolto politico. Durante le elezioni dipartimentali del 2015, I nazionalisti si sono piazzati in cinque cantoni su 12 possibili. E come ci si poteva aspettare, gli altri partiti hanno inteso il messaggio…”Tutti, ad eccezione del Rassemblement national, fanno ormai loro le rivendicazioni linguistiche”, nota Eguzki Urteaga. Bisogna inoltre tener conto dell’esempio del Paese basco spagnolo dove, dalla caduta del franchismo, l’esuskara si è sviluppato in tutti i settori ed ha conquistato un’immagine di modernità, investendo i mezzi d’informazione audiovisuali e internet. È seguendo il suo esempio che il Paese basco francese si è anch’esso dotato di una politica linguistica ambiziosa, che inizia visibilmente a portare I suoi frutti.
Questi risultati sono tanto più meritori in quanto Parigi, temendo mire separatiste, si mostra tuttora reticente su questo argomento. “Ecco che in due anni la progressione degli effettivi nelle ikastolas necessita la creazione di 25 posti. Il ministero non ne ha accordati che 5,5”, punta il dito Eguzki Urteaga. Non importa. Grazie ad una mobilitazione impressionante; grazie anche, senza dubbio, alla coscienza che hanno i suoi locutori della sua origine misteriosa, della sua singolarità e della ricchezza del suo patrimonio, il basco sembra dover sfuggire alla sparizione che gli era promessa. Prova, se ce ne fosse bisogno, che le nostre lingue di Francia non sono affatto condannate da una supposta modernità. E che tutto, in materia, dipende dalle politiche linguistiche di cui esse beneficiano. O no.
MICHEL FELTIN-PALAS - L'EXPRESS
(1) La nouvelle politique linguistique au Pays basque, Eguzki Urteaga,Editions L'Harmattan, 20,50 €
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