La neve
La nèi
di Marco Rey

Meno male che alcune volte anche gli scienziati sbagliano, su questo argomento non sono tutti concordi ma sicuramente ognuno avrà le sue tesi e buone ragioni.
Se non altro adesso abbiamo un inverno regolare, la neve dicembrina è molto utile alla natura e scioglie solo in tarda primavera.
Sotto la neve, la terra non gela, ne approfitta il ciclo vegetativo delle piante ma purtroppo ci sono anche aspetti negativi: come le valanghe e la morte degli animali selvatici più deboli.
La grande quantità di neve caduta rende impossibile la ricerca di cibo ai selvatici e quindi solo le bestie sane e forti riescono a spostarsi ed alimentarsi.
Ormai avevamo perso l'abitudine a tanta neve! Nel paese di Giaglione ne sono caduti oltre settanta centimetri, A Santa Chiara due metri e più in alto si arriva ai quattro metri.
Da piccoli si attendeva la neve sin dall'autunno. ed arrivava puntualmente, prima sulle cime delle montagne poi la riga bianca scendeva di giorno in giorno fino a che un bel mattino ci svegliavamo con il paesaggio imbiancato.
In lingua abbiamo diversi modi per indicare la caduta della neve, dai fiocchi ghiacciati a quelli freddi o larghi e bagnati e la neve allora si ammucchiava e cresceva.
I bambini preparavano le slitte o gli sci, rigorosamente di frassino e fatti in casa, la neve sui tetti delle case diventava così alta che si toccava da tetto a tetto e nelle strette contrade della borgata si camminava in galleria.
L'unica traccia segnata era quella delle carrette che uscivano dalle stalle sporcando il bianco immacolato, di mattino i mucchi di letame fumavano e le candele di ghiaccio scendevano lunghe dai tetti dalla neve sciolta dal sole della giornata.
La neve fredda non ha peso, quella più bagnata costringeva gli uomini a salire sui tetti e con le pale scaricare il pesante fardello.
Allora tutti aspettavano la neve, grandi e bambini. I primi approfittavano della pausa invernale per riparare gli attrezzi da lavoro, costruirne di nuovi ed utilizzavano la superficie nevosa per molti lavori. I bambini per giocare.
Si ingrassavano gli scarponi per renderli impermeabili, qualcuno indossava vecchie ghette militari e per i pendii più ripidi si calzavano anche i ramponi, tutti procedevano con un lungo bastone ferrato.
Tutti insieme gli abitanti della borgata battevano la pista sulle mulattiere per recuperare con le slitte il fieno lasciato nelle baite in estate, e lunghe file di slitte scendevano così a valle.
La neve serviva anche per portare con la slitta il letame nelle vigne, solitamente esposte a sud dove la neve scioglie prima, e nei colatoi gelati e pieni di neve i tronchi volavano verso i fondovalle, i tronchi gelati a volte urtavano le rocce e si spezzavano volando in mille parti.
I montanari hanno sempre convissuto con la neve, anche con le disgrazie delle slavine; oggi con la prima nevicata siamo tutti bloccati.
Il paesaggio imbiancato pare magico, le montagne coprono la loro asprezza e diventano morbide e flessuose, è tutto pulito e candido, il freddo ti entra in corpo e ti ricorda d'essere vivo, ti ricorda il piacere di godere della grandiosità della natura.
Sono salito a Santa Chiara, come i miei vecchi, ho preparato le stufe ed il camino del rifugio per gli ospiti di fine anno, è un lavoro diverso da un tempo ma il posto è sempre lo stesso.
Salgo nella neve come facevano un tempo e di questo mi compiaccio!
Anche per la motoslitta è difficile, in ogni modo bisogna battere la pista, fin che si rimane a galla sulla neve riesci a proseguire ma se ti infili sotto sei perso.
Quando sprofondi in un metro e mezzo di neve farinosa devi palare e sudare diverso tempo per uscirne.
Ma sono arrivato ai millecinquecento metri di Santa Chiara, lo spettacolo è sublime sembra una cartolina d'altri tempi, è bellissimo le case sono coperte da due metri di neve, non trovo la fontana ed è tutto livellato nessun muro e nessuna recinzione. La tettoia dei cavalli non ha retto, è crollata.
Ora il problema è il camino, prima bisogna liberarlo per permettere al fumo di uscire poi speriamo che il riscaldare la casa non faccia scivolare la gran massa di neve dal tetto ormai conglobata al camino.
Dalle pendici della Punta Mulatera si è staccata una grande slavina, la massa nevosa ha sradicato boschi interi di faggi e conifere ed è scesa quasi a Venaus sul fondo della Val Cenischia.
Quando vedo la ferita sulla montagna mi sembra di sentirla sulla mia pelle!
Un muro di venti metri di altezza sbarra la statale del Moncenisio, terra, neve, rocce e alberi, tronchi... meno male che non transitava nessuno.
Diverse lapidi lungo la statale del Moncenisio ci ricordano che questi eventi non sono nuovi.
Con nevicate di queste intensità le valanghe sono imprevedibili e modificano le loro solite traiettorie, alcune baite pur costruite in luoghi sicuri sono state spazzate via!
Nei valloni soggetti a valanga per sicurezza si transitava solo di notte con il gelo.
Ecco, con la pala si libera la legnaia e si tracciano gli itinerari necessari, i viveri ci sono le stufe cominciano a fare il loro lavoro e allora mi posso godere lo spettacolo del tramonto su una montagna ed una valle da favola.
A Santa Chiara piccola frazione montana ancora si vive!
Meno male que carcol anque li gran proufesou se sbalhoun, soun pa touit dacorde ma et segu que ian touit rèizoun!
Ma se pa d'aoutro ařo aieun in uvert dzeust, la nèi de dezeumbro lhe fèt de bèin a la tera e lhe dure fin an salhò.
Dzot la nèi la tera lhe dzale paa, le planteus itoun pi bèin ma et pa tot bél, le bete d'in la mountanha meuřoun, trovoun pa da mindze è le lavèintseus bèisoun baa.
Tanta nèi lhe fét selesioun dle bete pi debouleus, maque li pi foort peioun arivee a mèiřese è a trouve da mindzee.
Ieřian papi abitua a tanta nèi, a Dzalhoun aieun come de stanta tsentim, aou Truc due metre e pi viot se arive ai catro mètre.
Da petseut atendian la nèi da l'otouin, è lh'arivave... de matin te vaia le pouèinteus de le mountanheus blèintseus è apre la riga touit li dzort lhe se abasave, fin a que in bèl matin iere tot blan.
Coumansave a feloutse, o se ieře pi frét a crezinee, carcol rounflave ma apree venet de nèi, tseizet la nèi è lhe aquitsounave, lhe pouiave.
Li mèinaa aprestavoun le baroteus o li ski, nourmalmeun fét a mèizoun è de frèiseun.
Li tét de le countra se toutsavoun e te tsaminaveus d'in de galerieus, da lh'èitrablo arestave la trasa de le tsarteus que menavoun fořa lou lham.
Li quitsoun de lham de matin fumavoun, è dai tet louèindzeus tsandeileus de glas partioun dezot la nèi viaouta que lhe sourtet fořa.
La nèi frèida lhe fèt pa peu, can llhet banha alouřa foot pouie tsu li tét è deitsardzee.
La nèi alouřa, touit l'atendioun: li mèina per damouřese è le dzeun n'aprofitavoun per faře li travalh a la souta, arèindze li moblo o fařneun de nuva è apre per arbate lou fèin que aioun lèisa an mountanha.
Se aprestave li scarpoun è se fretavoun bèin avè lou gras per faře coule la nèi, carcun iavet de gueteus vielheus di sourdal, maque per li post pi drét se anouvrave de rampoun, touit aioun in loun batoun tipo alpenstok.
Touit ansèin tot le dzeun de ina mèima bourdza alavoun a batre la pita per li tsamin dla leia è apre alavoun tsardze lou fèin que aioun lèisa de tsoutèin e de loun trèino bèisavoun aval.
Se aprofitave de la nèi per mene lou lham avé la leia fin a le vinheus que ieroun aou soulouèilh è aioun meno de nèi.
Apre li coulis dzala è plèin de nèi ieroun adat per bèise da le mountanheus li bilhoun,
Carcol li booc dzala bèisavoun tan fort que se ba aou fun batioun desu ina rotsa se èifrisavoun an mile toc.
Le dzeun de mountanha ian deloun vivou ansèin la nèi, anque li sagrin dle lavèintseus inqué ave doue dèi de nèi seun touit freum!
Can et tot blan et tot poulid, la fret lhe te intre d'in è lhe de ansevien que tsu vii, que foot godre de seunque nou don la tera, le mountanheus catsoun le lou rotseus è vienoun pi douseus tot ondoulaa.
Iei pouia anout aou Truc, queme mi vielh si an pasa, iei apresta le stuveus e lou fournel, aian de dzeun a la «mèizoun» per Tsaleundeus è lou dzort de l'an, et in'aoutro travalh ma lou post et lou mèimo d'in cool.
Bato la nèi queme mi vielh è seun me fét de bèin !
Anque per la motoslitta et pa facil, aieun dèivu batre la pita queme vezioun in cool, fin que te galedseus tsu la nèi te ariveus ale avanti ma se te va dezot te sorteus papi fořa.
Can te antampeus d'in in metre è mes de nei fařinouza per sortre fot pale in bèl moumeun.
Ma sei arivaie, lou Truc ave tanta nèi aseumble ina cartolina d'in tèin, iot pa reun fořa da post, li tet soun catsa da doué mètre de nei, trovo papi lou batsas è iot papi ina muralha, lou bènal di chuval u l'ot pa tchenu, ou l'et aval!
Ařo speřo que la nèi me tiřise pa aval lou fournél, per quei aviscan la stuva è èitsoudan mèizoun peřit coule tot lou quitsoun è ou me tiřeřit ansèin lou fournel.
Di praa dla Melatieřa iot parti ina grosa laveintsa, lhot arivaa caze fin a Veno, can la vèio lou talh d'in li boc m'aseumble de seuntrelo desu ma pél.
Aseumble pa pousiblo... la nèi lhot pourta vio tot li booc de fou e de maleso, raza fin a tera, in quitsoun de vin metre ou sare lou tsamin dou mounseni.
Nèi, tera, rotseus è planteus,planteus. Meno male que iot pa tsapa nun.
Loun lou tsamin dou mounseni iot vèiřo de lapidi que nou ansevienoun que iot dzo ancapitaa.
Le lavèintseus bèisoun caze deloun aou mèimo post, ma fan pa deloun lou mèimo tsamin.
Me ansevieno de mèizoun que soun spaři dezot la laventsa è ieřoun mai ita toutsa!
Can vien tanta nei è tot ansèin d'in li post dle laventseus foot paseie maque can dzale!
Apree d'avee palaa tot la nèi e libeřa lou booc que ou servit per éitsoudenous seun preust per aquelhi le dzeun.
Lou Truc ou viit deloun me in cool!

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