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Saperi e Sapori in Valle Grana: il Tartufo nero della Valle Grana

Sabers e Sabors en Val Grana: la Trufa niera de la Val grana

di Andrea Fantino

italiano

Ricetta consigliata:

Uovo in crosta con fonduta al Tartufo nero della Valle Grana

La sera prima mettere in un contenitore del formaggio, ad esempio nostrale fontinato, in ammollo con panna e tartufo nero finemente sminuzzato. In questo modo il formaggio si ammorbidisce e il tartufo inizia trasmettere il suo aroma alla fonduta.

Portare ad ebollizione una casseruola di acqua e immergere per sei minuti circa l'uovo in acqua bollente. Dopodiché scolarlo e lasciare freddare in acqua fredda. L'uovo deve rimanere con il rosso ancora liquido. Sbucciare con cura le uova e impanare in farina, uovo sbattuto e pan grattato. 

Preparare a parte degli spinaci e farli saltare in padella con una noce di burro. 

Preparare la fonduta facendo sciogliere il formaggio a bagno maria fino ad ottenere la consistenza desiderata. 

Cuocere l'uovo in olio. La cottura ottimale rende la panatura croccante lasciando il rosso ancora liquido. 

Impiattare su piatto fondo o tipo ciotola disponendo prima gli spinaci, poi la fonduta al tartufo nero e infine l'uovo fritto.

Spolverare l'uovo con il tartufo nero grattugiato.

 

Buon appetito!

Ricetta proposta da "Trattoria del Castello" di Montemale. 



I raccoglitori e i coltivatori del Tartufo nero della Valle Grana si sono oramai abituati alla reazione di sorpresa da parte di chi viene a conoscere la loro realtà sociale e agricola. “Davvero ci sono i tartufi in Valle Grana?”, “Veramente si possono coltivare?”: sono queste le domande a cui devono rispondere di volta in volta. Chi le fa solitamente non ha molta esperienza né con il tartufo in generale, né con quello nero in particolare.

Le prime testimonianze della presenza del tartufo nero in Valle Grana risalgono al 1963, quando Pasquale Borsotto lo trova per caso, zappando in una vigna nei pressi di Montemale. Non sa cos’è, gli tira dei calci e lo schiaccia. La stessa cosa si dice facessero altri contadini intorno agli anni 30’, quando zappavano in mezzo alle vigne o erano intenti nella semina dell’orzo e del frumento sui terrazzamenti esposti a sud. Non riconoscendo i tartufi, li consideravano delle “patate nere” e sentendo l’odore così forte, così intenso, temevano fossero dei tuberi velenosi ed evitavano che i loro cani finissero per mangiarli.

Solo intorno alla meta degli anni ‘70 la presenza dei tartufi non è solo testimoniata, ma riconosciuta e valorizzata. A farlo è G. L. che, emigrato in Francia, ritorna a Monterosso Grana per la pensione. L. andando a caccia scopre che nelle sue terre d’origine esisteva il tartufo nero, un prodotto molto apprezzato in Provenza, dove aveva lavorato quando era giovane. Grazie ad un cane addestrato inizia a raccogliere tartufi. Prova a venderli in zona, in Valle Grana, ma senza successo. Così si reca in Francia e nelle Langhe, dove i tartufi sono conosciuti e apprezzati.

È l’attacco alla diligenza”, sostiene Franco Viano, presidente dell’Associazione Tartuficoltori Valle Grana “in Valle Grana in quegli anni si ha una vera e propria invasione di raccoglitori di tartufi provenienti da Alba, Asti, Mondovì, Ceva… e poi anche da più lontano. Uno è arrivato addirittura da Siena”. G. L. inconsapevolmente aveva attratto i suoi stessi clienti verso la sua valle, e la “cerca” (così si chiama la raccolta del tartufo) era stata così diffusa e capillare da portare rapidamente alla sostanziale estinzione del tartufo nero in natura. “Qualcosa c’è ancora”, sostiene Franco Viano, “ma in quantità così ridotte da non avere più alcun senso commerciale”.

La svolta arriva nel 2002, e il protagonista è proprio Franco Viano. Ex-cacciatore, Viano aveva iniziato ad andare per tartufi con Diego Giordano, la cui passione era nata anni prima, poco dopo l’arrivo di G. L. Quando l’invasione di tartufai divenne insostenibile, Giordano mise al corrente Viano della possibilità di coltivare il tartufo nero, una pratica molto diffusa nell’Italia centrale, in Francia e in Spagna. Viano approfondì le tecniche possibili e si mise in viaggio per apprendere i saperi alla base della coltivazione, nonostante la diffidenza di Giordano. Iniziò i primi esperimenti di coltivazione, e la diffidenza di Giordano verso i risultati delle piantagioni di piante micorizzate venne condivisa da altri tartufai e dalla popolazione locale. Viano non demorse e dopo circa cinque-sette anni iniziò a raccogliere i tartufi sotto le piante a due passi da casa. Alla diffidenza subentrò quindi la sorpresa, e alla sorpresa l’entusiasmo. Oltre a Giordano furono in tanti a ricredersi e a seguire le sue tracce, compresi alcuni giovani, come Fabrizio Ellena, che alla tartuficoltura a Montemale dedicò la sua tesi di laurea, e Gabriele Ellena (fratello di Fabrizio), che inizierà ad usare il tartufo nero in cucina, con un occhio attento alle sue proprietà organolettiche.

Anche a Montemale e dintorni il mondo del tartufo corre parallelo a quello della caccia. Spesso, come Viano, i tartufai sono cacciatori o ex-cacciatori. In comune c’è la presenza del cane, ma non solo, c’è una passione che talvolta sconfina nell’ossessione, la caccia e la raccolta del tartufo in natura diventano quasi “atti predatori inevitabili”, i regolamenti non sempre vengono rispettati, e la pressoché estinzione del tartufo in natura in valle Grana ne è una prova. Realizzare tartufaie coltivate diventa così un modo per ristabilire un ecosistema, un equilibrio, e alimentare la propria passione: “per avere il tartufo bisogna creare un habitat e quindi un sistema”, spiega Franco Viano, “la pianta deve essere predisposta, micorizzata, ma anche il terreno deve essere predisposto. Poi bisogna avere mille accortezze, perché la pianta si bagna, si pota, si cura, va aiutata… e un conto è se ne hai dieci, un conto se ne hai 400. Bisogna sperimentare, non basta copiare dai metodi spagnoli o francesi, si prende il meglio di qua e di là e si fa la quadra. Piantare tartufi non è una cosa scontata, facile. A volte ti trovi a confrontarti nei convegni, allora c’è lo scambio di idee, e capisci che nessuno ha trovato la quadra al 100%”.

Se è vero che il tartufo nero rispetto al bianco può essere coltivato, è altrettanto vero che il prodotto mantiene un certo alone di mistero, una sorta di enigmaticità da svelare di volta in volta. Può sembrare un prodotto la cui diffusione è completamente indipendente dalla presenza umana, ma in realtà la situazione è più complessa, e sfumata. Secondo Fabrizio Ellena “per molti anni si è pensato al tartufo come qualcosa di naturale, di spontaneo, che nascesse, crescesse e maturasse senza che l’uomo in qualche modo intervenisse per aiutare o ridurre il suo sviluppo. Questo vale per il tartufo bianco, forse più che per il tartufo nero. In realtà, quando la montagna e la Langa erano coltivate in un certo modo, i contadini di allora, senza saperlo, inconsapevolmente, creavano delle condizioni idonee allo sviluppo di questi funghi. Infatti ce n’erano, in quantità rilevanti, anche in valle Grana. Quei muretti a secco, quei pianori di muretti a secco che oramai sono invasi dall’incolto erano zappati, c’era chi metteva la segale, chi metteva le patate, veniva portato letame e quindi la fertilità del suolo aumentava. Facevano delle azioni che inconsapevolmente favorivano la produzione di questi funghi. Anche se in valle Grana nessuno li raccoglieva, li trovava, e li cucinava. Questo si è andato un po’ a perdersi con lo spopolamento delle montagne, è mancato il presidio del territorio dell’uomo in natura, nella parte agricola. I boschi si sono chiusi e quindi la produzione è andata molto a calare”.

A Montemale si è costituito un piccolo gruppo di amici che sostiene e promuove il tartufo nero. Per riuscire ad avere risultati migliori bisogna mettersi insieme, la campagna contro i mulini a vento da solo è improponibile. Devi avere il burocrate che legifera, quello che zappa, quello più sul commerciale. Noi abbiamo avuto la fortuna di esserci trovati in un bel gruppo, che si allarga a tutti i soci dell’associazione”.

Il tartufo nero di Montemale ogni anno viene proposto e promosso con alcune cene dove il menù è interamente a base di tartufo, con prezzi convenzionati. Gabriele Ellena, cuoco della Trattoria del Castello, racconta che “all’inizio, i primi tempi, c’è stata un po’ di paura, perché nessuno l’aveva mai cucinato… non sapevamo bene come fare e su quali piatti adattarlo, poi studiando e facendo un po’ di ricerche abbiamo capito che il tartufo nero ha una versatilità enorme rispetto al bianco, che forse è più legato alla gestualità ed alcuni piatti. Il tartufo nero adesso lo abbiniamo dagli antipasti fino al dolce. Bisogna cercare di utilizzarlo caldo e con piatti che abbiano una base grassa nobile, tipo l’olio extravergine, la panna, il burro… cercare un piatto che riesca con il grasso ad imprigionare il gusto per poi rilasciarlo in fase di cattura”.

La valorizzazione del prodotto arriva quindi fino in cucina, e sembra in continua crescita, pur con i tempi e ritmi dati dal ciclo biologico del tartufo e dalla sua sostanziale imprevedibilità, essendo soggetto alle condizioni climatiche come tutti i prodotti della terra.

Mi sono accorto che quando andavo in giro a parlare di tartufo la gente ti ascoltava”, ricorda Franco Viano, “Il tartufo è un prodotto da traino. Adesso, sul nostro territorio il tartufo è presente, sviluppato e in coltivazione, la macchina è pronta, sali sopra, la metti in moto e vai. Il tartufo, legato ad altri prodotti, legato ad un turismo, legato all’ambiente… può essere una cosa importante, che si può sviluppare molto, perché è capace di dare lavoro e sviluppo ad una vallata: il tartufo ha queste potenzialità qua”.

occitan

Receta conselhaa

Uo en crosta abo una fondua a la Trufa niera de la Val Grana

Lo sera derant butar dins un contenitor de fromatge, coma lo nostral fontinat, a mòl abo de crama e de trufa niera finement esmichat. Coma aquò lo fromatge s’acotís e la trufa comença a transméter son aròma a la fondua.

Far bulhir una caçairòla d’aiga e immèrger per sieis minutas environ l’uo dins l’aiga bulhenta. Puei l’escolar e laissar freidar dins d’aiga freida. L’uo deu restar abo lo ros encara líquid. Pelar l’uo e panar dins de farina, d’uo esbatut e de pan gratat.

Preparar a part d’espinaç e far-lhi sautar dins la paela abo una notz de bur.

Preparar la fondua en fasent fónder lo fromatge a banh-maria fins a obtenir la consistença desideraa.

Còire l’uo dins l’ueli. La coison optimala rend la panadura crocanta en laissant lo ros encara líquid.

Presentar dins un plat fonzut o una bòla en dispausant derant lhi espinaç, puei la fondua a la trufa niera e enfin l’uo fricassat.

Espolvilhar l’uo abo la trufa niera gratusaa.


Bòn apetit!

Receta propausaa da "Trattoria del Castello" de Montomal. 



Lhi reculhidors e lhi cultivators de Trufa niera de la Val Grana d’aüra enlai se son acostumats a la reaccion de sorpresa de qui ven a conóisser lor realitat sociala e agrícola. “Da bòn lhi a las trufas en Val Grana?”, “Da bòn se pòlon cultivar?”: son aquestas las demandas a las qualas devon respònder de bòt en bòt. Qui las fai normalament a pas tant d’experiença ni abo la trufa en general, ni abo aquela niera en particular.

Las premieras testimonianças de a presença de la trufa niera e Val Grana remonton al 1963, quora Pasquale Borsotto la tròba per cas, en sapant dins una vinha da pè de Montomal. Sa pas çò qu’es, lhi tira de cauç e l’esnhaca. La mesma causa se ditz que fasesson d’autri païsans a l’entorn di ans 30’, quora sapavon al metz d’las vinhas o semenavon d’uerge e de froment sus lhi terrassaments expausats a l’adrech. Ren reconoissent las trufas, las consideravon de “trífolas nieras” e en sentent l’odor tan fort, tant intens, temion que foguesson de tubèrculs velenós e evitavon que lors chans finiesson per lhi minjar.

Masque d’entorn a la meitat di ans 70’ la presença de trufas es ren masque testimoniaa, mas reconoissua e valorizaa. A lo far es G. L., que, emigrat en França, torna a Montrós, per la pension. L. en anant a chaça descuerb que sus sas tèrras d’originas existia la trufa niera, un produch ben apreciat en Provença, ente avia trabalhat quora era jove. Gràcias a un chan anestrat comença a culhir de trufas. Pròva a las vénder en zòna, en Val Grana, mas sensa succès. Parelh vai en França e dins las Langas, ente las trufas son conoissuas e apreciaas.

Es l’atac a la diligença”, sosten Franco Viano, president de l’Associazione Tartuficoltori Valle Grana, “en Val Grana dins aquilhi ans lhi a una vera e pròpria envasion de reculhidor de trufas provenents da Alba, Asti, Mondví, Ceva.... e bèla da pus daluenh. Un es arribat en dreiçura da Siena”. G. L. Inconscientament avia atrach si mesmes clients vèrs sa valada, e la “cerca” (parelh se sòna la culhia de la trufa) era istaa tan difondua e capillara da portar rapidament a la sostanciala extincion de la trufa niera en natura. “Qualquaren lhi es encara”, sosten, Franco Viano, “mas en quantitats tan reduchas da ren aver pus degun sens comercial”.

Lo viratge es arribat ental 2002, e lo protagonista es pròpri Franco Viano. Ex-chaçaire, Viano avia tacat a anar per trufas abo Dego Giordano, dont la passion era naissua qualqui ans derant, pauc après l’arribaa de G. L. Quora l’invasion di cerchaires de trufas deven insostenibla, Giordano a butat al corrent Viano de la possibilitat de cultivar la trufa niera, una pràctica ben difondua dins l’Itàlia centrala, en França e en Espanha. Viano a aprofondit las técnicas possiblas e s’es butat en viatge per emprene lhi sabers a la basa de la cultivacion, malgrat la mesfiança de Giordano. A començat lhi premiers experiments de cultivacion, e la mesfiança de Giordano vèrs lhi resultats d’las plantasons de plantas micorizaas es istaa partatjaa da d’autri cerchaires de trufas e da la populacion locala. Viano a pas demordut e après environ cinc-set ans a començat a culhir las trufas dessot las plantas a dui pas da casa. A la mesfiança es succedua la sorpresa, e a la sorpresa l’entosiasme. En mai de Giordano son istats en tanti a se recreire e a seguir sas traças, comprés qualqui joves, coma Fabrizio Ellena, que a la cultura de trufas a Montomal a dedicat sa tèsi de làurea, e Gabriele Ellena (fraire de Fabrizio), que començarè a adobrar la trufa en cusina, abo un uelh atent a sas proprietats organolècticas.

Decò a Montomal e alentorns lo mond de la trufa cor parallèl an aquel de la chaça. Sovent, coma Viano, lhi cerchaires de trufas son de chaçaors o d’ex-chaçaors. En comun lhi a la presença dal chan, mas ren masque, lhi a una passion que de bòts esconfina dins ossession, la chaça e la culhia de la trufa en natura deven devenon esquasi “d’acts predatòris inevitables”, lhi reglaments ren sempre venon respectats, e l’esquasi totala extincion de la trufa en natura en Val Grana n’es una pròva. Realizar de trufieras cultivaas deven parelh una maniera per establir un ecosistèma, un equilibri, e alimentar sa passion: “per aver la trufa chal crear un habitat e donca in sistèma”, explica Franco Viano, “la planta deu èsser aprestaa, micorizaa, mas decò lo terren deu èsser aprestat. Puei chal aver mila precaucions, perqué la planta se balnha, se poa, se cura, vai ajuaa... es un còmpte es se n’as dètz, un còmpte se n’as 400. Chal experimentar, basta pas copiar dai metòdes espanhòls o francés, se pren lo mielh d’aicí e d’ailai e se fai la quadra. Plantar de trufas es pas una causa escomptaa, de bèl far. De bòts te tròbes a confrontar-te enti congrès, alora lhi a l’eschambi d’ideas, e comprenes que degun a trobat la quadra al 100%”.

Se es ver que la trufa niera respèct an aquela blancha pòl èsser cultivaa, es decò ver que lo produch manten un cèrt alon de mistèri, una sòrta d’enigmaticitat da desvelar de bòt en bòt. Pòl semelhar un produch dont la difusion es dal tot independenta da la presença umana, mas en realitat la situacion es pus complèxa, e esfumaa. Second Fabrizio Ellena “per un baron d’ans s’es pensat a la trufa coma a qualquaren de natural, d’espontàneu, que naissesse, creissesse e maüresse sensa que l’òme d’un qualque biais intervenesse per ajuar o reduire son desvolopament. Aquò val per la trufa blancha, benlèu mai que per la trufa niera. En realitat, quora la montanha e la Langa eron cultivaas dins una cèrta maniera, lhi païsans d’alora, sensa lo saaber, incoscientament, cravon las condicions idòneas al desvolopament d’aquesti fongs. De fach n’avia, en quantitats relevantas, decò en Val grana.

Aquilhi murets a sec, aquilhi planòls de muret a sec d’aüra enlai envaïts da l’acult eron sapats, lhi avia qui butava la sèel qui de trífolas, venia menat de leam e donca la fertilitat dal sòl aumentava. Fasion d’accions que inconscientament favorion la produccion d’aquesti fongs. Bèla se en Val Grana degun lhi culhia, lhi trobava, e lhi cusineava. Aquò s’es un pauc perdut abo lo despoplament d’las montanhas, es mancat lo presidi dal territòri de l’òme en natura, dins la part agrícola. Lhi bòscs se sonsarrats e donca la produccion a ben baissaa”.

A Montomal s’es constituït un pichòt grop d’amís que sosten e promòu la trufa niera. “ Per arribar a aver de resultats melhors chal se butar ensem, la campanha còntra lhi molins a vent da solet es impropausabla. Chal aver lo burocrat que legífera, aquel que sapa, aquel pus sal comercial. Nosautri avem agut la fortuna de nos èsser trobats dins un bèl grop, que s’eslarja a tuchi lhi sòcis de l’associacion”.

La trufa niera de motemal chasque an ven propausaa e promogua abo de cinas ente lo menú es entierament a basa de trufa, abo de prètz convencionats. Gabriele Ellena, cusinier de la Trattoria del Castello, còntia que “al començament, lhi premiers temp, lhi a agut un pauc de paor, perché degun l’avia jamai cusineat… sabíem pas ben coma far e sus quals plats l’adaptar, puei en estudiant e en fasent un pauc de recèrchas avem capit que la trufa niera a una versatilitat enòrma respèct an aquela blancha, que benlèu es pus liaa a la gestualitat e a cèrti plats. La trufa niera aüra l’abinem da las intraas fins al dòuç. Chal cerchar de l’adobrar chauda e abo de plats que aien una basa grassa nòbla, coma l’ueil extravièrge, la crama, lo bur... cerchar un plat que arribe abo lo gras a empreisonar lo gust per puei lo liberar en fasa de captura”.

La valorizacion dal produch arriba donca fins en cusina e semelha en constanta creissença, bèla se abo lhi temps e lhi ritmes donats dal cicle biològic de la trufa e da sa sostanciala imprevedibilitat, en essent subjècta a las condicions climàticas coma tuchi lhi produchs de la terra.

Me siu avisat que quoraanavo en vir a parlar de trufa la gent t’escotava”, recòrda Franco Viano, “La trufa es un produch da remorcatge. Aüra, sus nòstre territòri la trufa es presenta, desvolopaa e en cultivacion, la màquina es prèsta, montes sus, avies lo motor e vas. La trufa, liaa a d’autri produchs, liaa a un torisme, liaa a l’ambient... pòl èsser una causa importanta, que se pòl desvolopar un baron, perqué es capabla de donar de trabalh e de desvolopament a una valada: la trufa a aquestas potencialitats”.